Peter x Gwen |one-shot|
Sono le 7:56 del mattino e sto correndo disperata lungo le vie di New York, pregando che nessuno mi intralci lungo il percorso.
Mi infilo in stradine nascoste di cui solo un cittadino esperto è a conoscenza, illudendomi di poter arrivare in tempo a scuola. Tuttavia, sono vane speranze, non ce la farei neanche se sapessi volare.
Mi chiamo Gwen. Gwen Stacy. Sono una normale studentessa newyorkese, una teenager come tante altre. Se questo fosse un libro, racconterei le mie avventure farcendole di avvenimenti interessanti e dettagli succosi. Convincerei i lettori che sono la protagonista di un romanzo e che ho una storia interessante da raccontare.
Purtroppo, non sono un eroina di un libro, solo la tipica ragazza della porta accanto.
Almeno, questo è il mantra che mi ripeto mentre raggiungo la mia meta.
Non sono mai arrivata in ritardo in vita mia, solitamente sono una persona piuttosto puntuale (persino pignola, direbbe scherzosamente il mio amico Harry), ma in questi giorni mi passano così tante idee per la testa che non riesco a concentrarmi.
Entro dall'ingresso principale, scivolo lungo i corridoi, raggiungo il mio armadietto e riempo lo zaino dei libri che mi servono.
Mi dirigo verso l'aula di scienze, spalanco la porta di colpo e sbiascico un frettoloso "buongiorno" senza dirigerlo a nessuno in particolare, prima di sedermi al mio posto.
Stranamente, il professor Milton si trattiene dal fare battutine sarcastiche, si limita ad apostrofarmi con un <<Di nuovo in ritardo, signorina Stacy?>> a cui rispondo con un classico <<Scusi, ma sa, c'è traffico in questi giorni...>>
Sono le 8:10, non è neanche così tardi come immaginavo. Sono sfinita, ho il fiatone a causa della corsa e, soprattutto, odio sentirmi osservata.
E non mi riferisco ai miei compagni o al professore, che ha assunto l' espressione corrucciata che lo contraddistingue e lo fa assomigliare a un cane bastonato, ma a un altro paio di occhi neri che mi scrutano timidi, nascosti dal libro di chimica.
Appartengono a Peter Benjamin Parker, niente meno che la mia cotta da quando ho iniziato a frequentare questa scuola, all'inizio del semestre scorso.
La maggior parte delle mie coetanee stravede per Flash Thompson, il bullo pluripalestrato del terzo anno, ma io ho sempre preferito il cervello ai muscoli.
Inoltre, è vero che se da un lato potrei battere facilmente Parker in un corpo a corpo, dall'altro la sua intelligenza è fuori dalla media.
Mi giro lentamente verso di lui ma, non appena i nostri sguardi si incrociano, Peter si volta da un'altra parte.
Non capisco se la sua timidezza derivi da una completa indifferenza o da un disprezzo nei miei confronti, tuttavia ho l'impressione che la risposta sia ben diversa.
La lezione termina in fretta, poichè Milton come al solito riesce a renderla interessante.
Esco dalla classe per ultima e, appoggiato il piede fuori dall'uscio, mi trovo davanti una scena tanto usuale quanto orrenda: nel corridoio, una folla di studenti è ammassata attorno a due figure, una enorme e l'altra minuta.
Flash ha preso di mira un nuovo ragazzino, un primino dall'aspetto gracile, e si diverte a torturarlo psicologicamente.
<<Ehy, sfigato! Dove stai andando?>>
Flash è piazzato proprio davanti al poveretto, gli sbarra la strada e, di conseguenza, ogni via di salvezza.
Il ragazzino non ha il coraggio necessario per parlare, deve sforzarsi per balbettare una risposta.
<<I-in cl-classe.>>
È terrorizzato, non lo si può biasimare per questo: Thompson non eccelle sicuramente in acume, tuttavia ha una corporatura intimidatoria, così possente da sembrare un armadio. Insomma, non è il genere di persona che uno desidera avere propria nemica.
<<Qual è il problema, ti sei perso? Posso indicarti la strada, se vuoi.>>
Flash sorride e, nel frattempo, uno dei suoi amici, sorridendo, sfila un portafoglio dalla tasca della vittima e comincia a giocherellarci.
<<No, grazie... posso ria-riavere il mio por- portafogli?>>
<<Ma certo. Ragazzi, non siate così cattivi. Ridate al bambino il suo giocattolo.>>
Sebbene uno degli scagnozzi di Flash esegua prontamente l'ordine, il ragazzino preso di mira non fa in tempo a tornare in possesso dei suoi soldi che questi sono inspiegabilmente caduti per terra, colpiti da una forza invisibile.
<<Accidenti, che sfortuna!>>
Flash comincia a ridere sguaiatamente, facendosi beffe del giovane che tenta di rimettere a posto le monete sparse sul suolo.
È a quel punto che, inorridita, decido di intervenire.
Ho intenzione di fare un bel discorsetto a Flash, o almeno di prendere tempo per permettere al piccoletto di scappare. Mi avvicino a Thompson con passo sicuro e...
<<Fermo!>>
Sono piuttosto sicura di non aver aperto bocca, a meno che i miei pensieri non siano fuoriusciti spontaneamente.
Mi giro in direzione della voce. I miei occhi non credono a ciò che vedono:
Peter Parker, il nerd solitario, timido e un po' sfigato, che affronta a testa alta Flash Thompson, il bellimbusto temuto da tutti.
Non finirà bene, me lo sento.
<<Parker? Che accidenti fai?>> Flash è tanto scioccato quanto divertito da quell'entrata in scena inaspettata.
<<Mi sembra ovvio, Flash. Ti sto sfidando.>>
L'altro comincia, com'era prevedibile, a sghignazzare, seguito dai suoi amici -o, per definirli più correttamente, alleati-.
<<Sei serio? Con quel fisico lì, non durerai un secondo.>>
<<Questo è tutto da vedere.>>
Solo adesso mi accorgo che negli occhi di Peter c'è una luce nuova, strana, viva. Nelle ultime settimane avevo notato che sembrava meno esile, ma non avevo fatto caso a quanto il cambiamento fisico trasparisse nel suo carattere.
In ogni caso, temo che la rinnovata determinazione non sarà sufficiente a condurlo alla vittoria.
<<D'accordo, Parker. Sentiamo che cosa proponi.>>
<<Una lotta corpo a corpo. C'è solo una condizione: se ti batto, lascerai in pace questo ragazzino e qualunque studente di questa scuola per sempre. Intesi?>>
Flash sogghigna beffardo, incredulo da una tale determinazione.
<<Mettiamo il caso che io accetti. Se vinco io, cosa ottengo in cambio?>>
Peter sospira, soppesando le varie possibilità.
<<Ti lascerò in pace e ti regalerò la mia paghetta fino alla fine del semestre.>>
<<D'accordo, Parker. Accetto.>>
I due sfidanti, seguiti da una folla di studenti, si dirigono in una piazzetta all'esterno dell'edificio, in modo che nessun professore possa disturbarli.
Il primo a prendere la parola è Flash.
<<Mi chiedo come mai il tuo lato coraggioso sia esploso solo adesso. Qual è il problema, la morte di tuo zio ti ha lasciato un vuoto dentro e senti l'occasione di riempirlo?>>
In quel momento intravedo un barlume di esitazione negli occhi di Peter, che presto lascia spazio a una volontà ferrea.
<<La perdita di mio... della mia figura paterna mi ha segnato. Hai ragione, forse non avrei tutta questa smania di batterti, se non lo avessi visto morire. Ma non mi aspetto che tu comprenda cosa significhi essere colpiti da un lutto, le uniche cicatrici che porti tu sono quelle che ti ha recato quell'alcolizzato di tuo padre.>>
Appena Peter termina di parlare, sembra che il mondo intero si immobilizzi e trattenga il fiato in attesa dell'atto successivo.
Le sue parole sono incredibilmente dure, così poco tipiche di lui.
Mi chiedo cosa sia davvero successo quella notte, la stessa in cui il signor Benjamin è morto. Mi domando cosa Peter abbia passato in questi ultimi mesi e mi sento in colpa per non aver cercato di aiutarlo.
Flash rimane per un attimo paralizzato da quella frase, è la prima volta da quando lo conosco che sembra aver timore di qualcosa o, meglio, di qualcuno. Sembra che Peter abbia fatto centro, con la storia del trauma familiare di Flash.
Ovviamente, la tensione viene spezzata dallo stesso Thompson, che si fionda addosso a Peter con una velocità impressionante.
Il combattimento che si verifica in seguito è degno di un match professionale. La forza e la rabbia repressa a causa di anni di sofferenza permettono a Flash di incassare la maggior parte dei colpi, mentre l'agilità e l'astuzia di Peter gli consentono di contraccambiare gli attacchi.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma è una lotta alla pari.
E Peter sta vincendo.
Sebbene alcuni pugni ben assestati mettano alla prova entrambi i combattenti, alla fine Flash viene messo ko, assicurando la vittoria non solo di Parker, ma di tutta la scuola.
Ragazzi in visibilio, provenienti da ogni classe, acclamano Peter come un eroe. Si congratulano con lui donandogli affettuose pacche sulle spalle, carezze sulla testa, pugni amichevoli sul braccio e persino dei baci riconoscenti da parte di alcune ragazze.
Non nego che tali smancerie mi infasidiscano un pochino, ma sono anche gioiosa e fiera di Peter.
Flash si rialza barcollante, gli scocca un'occhiataccia e scappa, forse per paura o forse per vergogna.
Aspetto con ansia che la folla si dirami, così da poter discorrere con Peter in totale tranquillità.
Quando siamo rimasti solo noi due, mi incammino nella sua direzione.
<<Ehy, Peter. Sei stato grande oggi.>>
Lui, che evidentemente prima non si era accorto della mia presenza, alza la testa di scatto e sgrana gli occhi.
<<Oh, c-ciao Gwen. È molto gentile da parte tua, ma ho solo agito nella maniera più opportuna.>> Come al solito, sembra agitato e trova ogni scusa per evitare il mio sguardo.
<<Beh, il primino che hai aiutato ti sarà riconoscente a vita.>>
<<Tu avresti fatto lo stesso.>>
Si gratta la nuca, imbarazzato. È ancora più carino del solito...
accidenti, Gwen, rimani concentrata.
<<Sicuramente ci avrei provato, ma senza ottenere lo stesso risultato.>>
<<Non sono d'accordo. Hai il dono di portare alla luce il lato migliore delle persone, Gwen Stacy.>>
Sorrido a quelle parole così spontanee, in parte stupita del complimento ricevuto.
Dopodichè, rimaniamo a fissarci per un minuto intero, in silenzio, imbarazzati dalla situazione.
Faccio per andarmene, quando lui richiama la mia attenzione.
<<Ehy, Gwen, ti andrebbe di... ehm... uscire con me venerdì sera? Potremmo andare al cinema. Trasmettono una pellicola poliziesca alle nove, so che ti piacciono tanto.>>
In seguito a quella proposta, perdo un battito. Sono in estasi, ma cerco di non darlo a vedere.
<<Certo, grazie. Mi farebbe molto piacere.>>
A quel punto, sorridiamo entrambi timidamente, ci salutiamo e ci separiamo, andando ognuno per la sua strada.
Tornata a casa, salgo in fretta le scale, spalanco la porta di camera mia, la richiudo dietro di me e caccio un urlo euforico.
Non posso credere che Peter mi abbia invitata a uscire con lui. Sembra una specie di sogno.
La mia parte razionale mi impone di calmarmi. In fondo, è solo un primo appuntamento.
Si, ma con il ragazzo più carino e gentile della scuola, controbatto.
Sto discutendo con me stessa, devo essere impazzita.
Il venerdì successivo si rivela una delle serate più belle di tutta la mia vita. Peter è fantastico: divertente ma non esuberante, romantico senza essere melenso, galante ma non forzato. A scuola non abbiamo mai occasione di stare assieme... sembra quasi un controsenso, dal momento che condividiamo gli stessi amici. Ma la verità è che tra la morte di suo zio e il trasferimento di mio padre in un'altra città, abbiamo avuto ben poco tempo per divertirci ultimamente.
La pellicola trasmessa non è male, tuttavia Peter sembra più interessato a guardare me.
Per una volta, non mi dispiace essere fissata. All'inizio faccio finta di non notarlo, poi gli tiro un pop-corn in faccia.
<<Ehy! Quello per che cos'era?>>
<<Hai intenzione di guardare il film o continuerai a fissarmi tutto il tempo?>>
<<Scusa.>> Lui sorride imbarazzato. <<È solo che il tuo volto è uno spettacolo molto più affascinante di un vecchio poliziotto bavoso.>>
Alzo gli occhi al cielo, in parte divertita e in parte deliziata da quel complimento.
<<Stavi andando bene prima di diventare melenso, Parker.>>
<<Oh, andiamo! Mio zio non scherzava ad affermare che voi donne non vi accontentate mai.>>
<<Nemmeno mia madre si sbagliava sul tuo conto.>>
<<E cosa diceva su di me?>>
<<Diceva che eri tanto carino quanto imbranato.>>
Scoppiamo entrambi a ridere, ma dopo essere stati zittiti da una signora seduta di fronte a noi decidiamo di continuare il discorso una volta usciti dalla sala.
Poso la testa sulla sua spalla, ricercando un contatto fisico. Lui, esitando per paura di essere troppo affrettato, mi stringe a sè dolcemente e appoggia il suo capo sul mio.
Rimaniamo in quella posizione sino alla conclusione del film.
È tutto perfetto.
Chissà, magari la nostra diventerà una relazione seria.
Una di quelle che durano anche oltre la morte.
Angolo autrice:
Per una volta ho scritto una one-shot genuina e allegra senza sfociare in omicidi di massa, depressioni collettive o guerre apocalittiche, sono stupita di me stessa.
Senza contare che ho utilizzato la prima persona, quando generalmente preferisco la narrazione in terza.
Lo ammetto, considerando come si evolve in seguito la relazione tra Peter e Gwen la tentazione di inventare una tragedia era tanta.
Tuttavia ho resistito, limitandomi a una frecciatina che mi sarei potuta risparmiare ma, essendo una persona sadica, non l'ho fatto.
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