Cap 49
La risata di Robin si fa sempre più acuta nelle mie orecchie.
Dicono che quando stai per morire rivedi tutta la tua vita. E forse hanno ragione.
Mi rivedo da piccola, coi miei pattini striminziti, ad annaspare sul ghiaccio, un paio di guantini più grandi di una taglia. Rivedo la mamma che mi grida di stare attenta, mentre cerco di fare la giravolta come una delle pattinatrici che ho visto in televisione.
Poi vedo Paolo e la prima volta che abbiamo giocato. Erano semplici giravolte, capriole nell'erba. Ma la sua risata mi tintinna ancora dentro. Il viso di Paolo e il primo asse della casa sull'albero. La faccia perplessa di Mario, quando ce l'ha costruita proprio come volevamo noi.
I capelli di Geo mentre mi passa accanto, quel giorno sul lago.
Non ho potuto scorgere i colori dei tuoi occhi, ma ho visto quelli della tua anima. Ciò che luccica per me è colorato. E tu sei un punto luminoso, dentro di me. Non lasciarmi da sola in questo buio. Tirami fuori di qui.
La lama di Robin si abbassa sul mio collo.
Un rumore infernale lo fa voltare. La porta ha ceduto e l'ha mancato per pochi centimetri.
Paolo adesso è di fronte a noi e tiene i pugni serrati.
«Lasciala andare!», urla.
Robin mi prende per la gola e punta il coltello verso di me.
«Fai un altro passo e giuro che la uccido»
Guardo Paolo e leggo lo stesso terrore che ho nei miei occhi.
Mi sembra di sentire le sirene della Polizia, ma forse sono solo nella mia testa.
«Lasciala andare, per favore», dice adesso Paolo, pacato «se vuoi un ostaggio o qualcosa per fuggire, prendi me»
«Fuggire da chi? Da te?», ribatte Robin. Gocce di sudore gli imperlano la fronte. Sta fingendo di non essere preoccupato, ma credo che sia in difficoltà.
«Togliti di mezzo!», urla a Paolo, mentre con una mano cerca di slegarmi il polso rimasto bloccato alla gamba della sedia.
«Adesso ce ne andiamo», mi sussurra «qui è diventato un po' troppo affollato»
Paolo è paralizzato di fronte a me, ma adesso sono più tranquilla. E' assurdo: potrei morire da un momento all'altro, invece il fatto di averlo di fronte mi rende calma.
Tengo la testa alta e cerco di infondere in lui la stessa sicurezza: andrà tutto bene.
Robin si piega per liberarmi la gamba dalla corda, e Paolo gli salta addosso.
Non so perché abbia deciso di fare l'eroe, mi pare una follia.
Il coltello sfugge di mano a Robin. Io mi strappo di dosso la corda e lo recupero. Si stanno azzuffando sul pavimento. Non so che fare, perché ho paura di far del male a Paolo nel tentativo di ferire Robin.
Poi Robin ha la meglio e si avventa sul collo di Paolo con entrambe le mani. Allora lo colpisco alla testa con il manico del coltello. Pensavo di stordirlo, invece lui si avventa su di me e cerca di riprendersi l'arma. Bella mossa, Laura. Ma dove pensavo di essere, nel film degli Avengers? Non ho i super poteri e nemmeno questa grande forza fisica. D'istinto mi libero del coltello, che finisce sotto un vecchio mobile,
Paolo si è rialzato e riesce a colpire Robin con un ciocco di legno. Questa volta riesce a stordirlo. Gli sferra un altro colpo secco in piena fronte.
La Polizia irrompe nella stanza.
Ma Paolo sta già venendo verso di me e mi abbraccia forte.
«Laura», esclama e mi stringe a sé.
Mi accorgo che, avvolta dalla sua presa sicura, ho iniziato a tremare. Non riesco a parlare e le gambe si muovono da sole. Un medico mi invita a salire su una barella.
«Paolo, vieni con me, vieni con me», inizio a ripetere.
Paolo annuisce e mi tiene la mano. Parla un istante con l'infermiere, che vorrebbe far sdraiare anche lui.
«Io sto bene», urla, seccato «pensi a lei»
Mi gira la testa. Ho freddo. Guardo il corpo di Robin steso a terra. L'abbiamo ucciso?
E Geo? Cosa gli ha fatto, Robin? E Prisca dov'è? Cosa dirà mia madre quando saprà tutto? O forse già lo sa.
Mentre mi caricano sull'ambulanza, vorrei parlare, ma mi rendo conto che dalla mia bocca escono solo suoni incomprensibili.
Paolo mi accarezza i capelli.
«Non devi dire niente, adesso sei al sicuro», mi sussurra.
Qualcuno punge il mio braccio. Non ho più paura del dolore.
«Pensa alla nostra casa sull'albero», dice ancora Paolo «pensa di essere lì con me, adesso. E' il nostro rifugio sicuro. Quello che nessuno ci potrà mai portare via»
Paolo mi sorride. I muscoli si rilassano, poco a poco. Probabilmente mi hanno sedata. Continuo a guardare il viso di Paolo sopra di me e per un attimo mi sembra di vedere i suoi occhi. Sono azzurri come il mare a mezzogiorno. Azzurri come il cielo in agosto, come la sambuca con il ghiaccio. Azzurro. E' il colore che sento tutto sulla pelle.
Sorrido e vedo Paolo nella casa sull'albero. Mi dà una mano per aiutarmi a entrare.
«Vieni, Laura. Guarda, ho rimesso tutto a posto. Non c'è più traccia di Ester. Ho scaricato dei film nuovi e ho sistemato i tuoi cuscini»
«Sono così stanca»
«Siediti qui, sul nostro divano. Io metterò un film, in bianco e nero. Accoccolati su di me»
«Sei così caldo»
«Abbracciami»
Paolo mi abbraccia e io sento il suo profumo.
«Paolo, non volevo andarmene da te. Non volevo farti soffrire. Tu sei tutto per me»
«Non devi parlare»
«Non parlare», dice Paolo tra le lacrime.
«Ci vorranno dei punti», esclama l'infermiera.
«Sedatela ancora, non vedete che si sta svegliando?»
Cerco di sfiorare il viso di Paolo, ma è uno sforzo troppo grande.
Quando mi addormento, mi sembra di avere nelle orecchie la voce di Geo.
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