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Cap 40

Geo mi strappa via le mutandine e mi prende con forza. Assecondo i suoi movimenti e gli mordo le spalle. Voglio lasciargli i miei segni ovunque.

La camera si trasforma in una bolla calda, dove noi due continuiamo a lottare e finiamo stesi sul pavimento, le mie gambe a cingergli la vita e le sue mani sui mie seni.

«Ancora», mormoro.

Lui continua, fino a che chiude gli occhi e lancia un urlo.

Veniamo insieme, poi lui riversa il suo corpo sul mio. Mi sento schiacciata, mi fanno male le vertebre, ma rimarrei sotto di lui per sempre se questo significasse che resta con me.

Non so quanto tempo passa. Forse ci addormentiamo.

Dopo un po' iniziamo a tremare e ci infiliamo sotto la sua coperta di lana.

Geo mi abbraccia.

«Dimmi dove trovi un'altra con cui stai così», lo sfido. «Se c'è mi rivesto e me ne vado»

Lui sembra sul punto di scoppiare a piangere.

«Non c'è», dice «questa volta non voglio mentirti»

«E allora perché mi vuoi mandare via?»

Geo mi accarezza i capelli.

«Perché la mia vita si è complicata e tu non ne puoi più fare parte»

«Andrò a denunciare Robin. Se ti sta ricattando io...»

Geo mi mette un dito sulla bocca.

«Per favore, Laura. Non dire più niente. Rimaniamo qui e basta. Quando te ne andrai, ci guarderemo negli occhi e ci diremo addio. Ognuno prenderà la sua strada e io continuerò a essere vicino a te, solo che non ci sarò fisicamente»

«Sembra che tu debba morire», ribatto, seccata «questi discorsi mi fanno solo ridere»

«Non essere sciocca. Sai che lo dico per il tuo bene. Sai che se ci fosse un modo per proteggerti e allo stesso tempo farti restare con me, lo troverei»

«Non ti stai impegnando abbastanza», ribatto.

Rimaniamo un attimo in silenzio e quando torno a guardarlo mi accorgo che si è già addormentato.

Deve essere veramente a pezzi. La sua mano è appoggiata sulla mia schiena e appena mi muovo penzola fuori dal divano.

Gli accarezzo la barba e cerco sul suo corpo un segno che mi dia un indizio. Come se stessi leggendo Geo per capire cosa c'è all'ultima pagina. Ma la sua pelle non mi dice niente.

Si è fatto davvero tardi. Mi alzo e mi rivesto lentamente, per non svegliarlo.

Mi avvio verso la porta, quando lo sento muoversi e chiamare il mio nome.

Mi volto e noto che ha ancora gli occhi chiusi.

«Dove stai andando?»

«A casa, Geo»

«Vieni qui. Dammi un ultimo bacio»

«Non te lo meriti»

Lui si riprende dal torpore e spalanca gli occhi.

«Laura», bisbiglia «vieni qui e diciamoci addio come si deve»

Stringo i pugni.

«Non ci penso neanche», ribatto «non assecondo i tuoi giochetti e non ho alcuna intenzione di non vederti più»

«Ma io sì», ribatte lui «per il bene di entrambi»

«Sei un cretino»

«E tu una testona. Sei peggio del mio gatto»

«Almeno lui lo accetti, nella tua vita»

«Non essere ridicola. Lo sai quanto tengo a te»

«Quando una persona ci tiene davvero, lo dimostra», ribatto.

«Ti prego, ho bisogno di un altro abbraccio»

Mi lascio convincere e torno verso di lui. Affondo il viso tra la coperta e il suo collo, mentre lui mi accarezza la schiena e mi stringe forte.

«Addio, Laura», mi bisbiglia in un orecchio.

«Tanto lo sai che non è un addio», ringhio. Poi mi giro di scatto e me ne vado sbattendo la porta.

Quando una persona ci tiene davvero, lo dimostra.

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