Cap 30
«Ehi», dico, entrando in casa di Geo.
«Ehi», risponde lui e il mento quasi gli cade per terra dallo stupore.
«Laura...», mormora «ma cos'hai fatto?»
Lo ammetto. Io e Viola forse abbiamo un po' esagerato. Ma lei non si è limitata a mettermi la treccina nei capelli: ha voluto rifarmi il look per una sera.
Così indosso i suoi tacchi vertiginosi, una minigonna nera, così come il top. Ho un trucco molto pesante, rigorosamente dark, e smalto nero sulle unghie.
«So che per Halloween è ancora presto...», cerco di sdrammatizzare.
Il top è rinforzato sul seno. Geo non mi stacca gli occhi di dosso. Mi prende tra le sue braccia e mi dà un bacio talmente appassionato che finiamo subito appoggiati contro la porta.
«Geo...», sussurro «mi sei mancato da morire»
«Anche tu», risponde «ma sei matta a presentarti così dopo mesi che non lo facciamo? Altro che saltarti addosso!»
«Viola ha insistito tanto...», rispondo.
Lui fa un sorrisetto. «Dovevo immaginarlo che c'era lei di mezzo. Stai uno schianto. So che ami i colori, ma questa sera sei bianca e nera, e sei fantastica».
Riprende a baciarmi e mi passa una mano dietro la nuca.
«Spostiamoci da qui», dice e mi fa sedere sul divano.
Mentre le nostre bocche si uniscono nuovamente, la sua mano scivola sul mio seno.
«Mi fai impazzire», sospira, e scende ancora, mentre con le ginocchia mi apre leggermente le gambe.
Quando mi tocca lì, sono bagnatissima.
«Oddio, Laura», dice «questa notte ti terrò con me, non ti lascio scappare»
«Dovevamo anche parlare», butto lì, senza nessuna convinzione. Preferisco lasciarmi travolgere dalle ondate dei suoi baci.
Mi sfila la gonna e scosta le mutandine con un dito. Poi si mette in ginocchio davanti a me e comincia a leccarmela.
«Come sei bravo», sussurro, spostando appena i capelli dalla faccia, per vederlo meglio.
Lui continua a baciarmi lì e ogni tanto mi guarda.
«Geo, ti voglio...», mormoro.
«Non ancora», risponde, con un altro sorriso, «non ancora, mia piccola impaziente»
Mi toglie anche il top e mi bacia la pancia.
Io armeggio con i suoi jeans. Quando riesco a slacciare il bottone, lui sale sul divano.
«Adesso prendilo in bocca», sussurra «e fanne quello che vuoi»
Inizio a leccarglielo, mentre lui mi sfila le mutandine e si succhia un dito.
«Cosa fai?», gli chiedo, fermandomi. Ha un'espressione strana.
«Tu non preoccuparti. Dimmi solo se ti faccio male»
Mi infila un dito dentro e io ricomincio a succhiarglielo, mugolando dal piacere.
Poi sposta un altro dito più dietro.
«Hai un sedere così bello...», dice.
Non gli rispondo e lui spinge quel dito un po' più dentro.
«Non mi fermo fino a che non mi fai venire», dice e questa frase mi manda letteralmente fuori di testa. Mi sento sua, in una maniera diversa dal solito. Mi domina e questo gioco mi piace. Lascio che mi tocchi e quando infila un altro dito mi spinge ancora di più il pene dentro la bocca.
Più mi tocca lì più mi bagno dall'altra parte e vorrei che smettesse per fare l'amore. A un certo punto non resisto e gli monto sopra. Non se l'aspettava. Mi guarda con gli occhi che scintillano, mentre lascio che entri dentro me e inizio a muovermi. I miei seni seguono il movimento del corpo. Geo me li bacia.
Si ferma solo un istante per mettersi il preservativo, poi mi stende sul divano e ricominciamo. Sto per raggiungere il culmine del piacere. Gli stringo i capelli e urlo il suo nome.
Anche lui sta per venire. Ma proprio quando mi sembra che entrambi siamo al limite del piacere, suona il citofono.
«Non rispondere», lo prego.
Ma Geo ha già cambiato espressione. Si stacca da me e vedo che le mani gli tremano.
«Non rispondere», ripeto e questa volta il mio tono è minaccioso.
«Non posso. E tu devi nasconderti!»
«Cosa?», protesto. «Non ci penso neanche. Chi è, la tua amante?»
Sto per affacciarmi alla finestra, quando Geo mi afferra per i fianchi e mi carica su una spalla.
«Geo!», urlo «mettimi giù! O è l'ultima volta che mi vedi»
«Credimi, lo faccio per te», risponde lui.
Si dirige verso il bagno.
Il campanello suona ancora, questa volta due volte di fila.
«Ma non puoi far finta di non esserci?»
«C'è la mia macchina di sotto»
«Chi diavolo è?»
Geo mi lascia cadere sul pavimento del bagno.
«Stai ferma e zitta. Arrivo subito»
Il suo viso è pallido, quando chiude la porta.
«Geo!», lo chiamo ancora e do qualche pugno alla parete.
«Merda», esclamo.
Mi guardo intorno e trovo il suo accappatoio. Non fa freddo, ma sono nuda come un verme e arrabbiata. Cerco di sbirciare dalla finestra del bagno, ma ci sono le grate e non vedo altro che il muro della casa di fronte.
«Merda», ripeto, e picchio ancora sulla porta.
Ho lasciato anche il telefono in sala.
Mi siedo sulla tavola del water e sospiro.
E' chiaro che non sto capendo niente di quello che succede a Geo e lui non ha alcuna intenzione di dirmelo. Ogni volta che citofoni o campanelli squillano, il suo viso diventa quello di un cadavere.
Decido che è inutile rimanere qui a urlare. Geo non ha fatto salire in casa la persona che ha citofonato e di certo, dopo come mi ha trattato, dovrà spiegarmi qualcosa.
Non posso far altro che aspettare.
Stava andando tutto troppo bene. Inizia a farmi male la testa e anche se fa ancora caldo, ho i brividi. Mi appoggio alla parete e inizio a contare i lividi sul mio corpo. Vado fiera delle mie botte.
Passa un'ora e Geo ancora non arriva.
Riempio la vasca di acqua bollente e mi ci immergo. Nessuno mi aveva mai rinchiuso da qualche parte, né trattata in questo modo. Sto pensando alla lista di insulti che gli dirò non appena aprirà quella porta.
Sei un idiota. Anzi, no, un coglione. Uno stronzo. Non ti voglio più vedere. Mi crogiolo nelle frasi che potrebbero farlo stare più male.
Quando finalmente, un'altra ora dopo, la porta si apre, mi sono quasi appisolata.
Ci metto un po' a mettere a fuoco la faccia di Geo.Dopodiché, caccio un urlo.
amore,amore mio questa passione ,passata in fame ad un leone,dopo che ha divorato la sua preda a abbandonato le ossa ai avvoltoi ,tu non ricordi ma eravamo noi,quei 2 abbraciati sotto la pioggiamentre tutti correvano al riparoe il nostro amore è polvere da sparoil tuono è solo un battito di cuore e il lampo illumina senza rumore,e la mia pelle è carta bianca per il tuo racconto...
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