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Cap 2


Tirare fuori questo discorso adesso mi infastidisce, ma sono giorni che ci penso e non mi sto confidando con nessuno.

«Ti va di parlarne?»

«Forse sì», rispondo.

«Provo a indovinare. Prisca?»

Quel nome mi fa male, ormai.

«Prisca», ammetto, e abbasso gli occhi.

«Ho notato che non siete più così affiatate», azzarda lui.

«Da quando ha ripreso a tutti gli effetti gli allenamenti, sembra la Prisca di una volta. Competitiva, arrogante, superficiale. Io so che non è davvero così, ma...»

Mi salgono le lacrime agli occhi.

«Forse ha solo paura di non farcela. Ti vede come un avversario»

«Due avversari non possono essere amici?»

Paolo stringe le labbra.

«Non lo so», ammette «suppongo di sì, almeno fino a che non partecipano alla stessa gara»

«Il punto è proprio questo. Lei non è ancora qualificata per la Coppa Italia e forse non ce la farà. Ha fatto così tanto per me quando stava male. E adesso... Non la capisco. Mi tratta in modo strano anche fuori dal ghiaccio»

«Hai provato a parlargliene?»

«Mi evita. Quando sono con lei c'è sempre qualcun altro accanto. Si è rimessa a uscire con Nic, ma non mi ha mai invitato»

Paolo sospira.

«Prisca è sempre stata il tuo punto debole, Laura. Vorrei dirti che tornerete amiche come qualche mese fa, ma le cose a volte cambiano, senza che noi possiamo farci nulla.»

Ha ragione lui.

Mi blocco e guardo il lago. Mi appoggio alla balaustra e mi rendo conto che anche Varenna è diventata mia nemica. Ogni luogo mi ricorda Geo.

Lo rivedo mentre urla che mi ama e riceve una secchiellata d'acqua in testa.

«Se ne avessi la possibilità, mi trasferirei», bisbiglio.

«A chi lo dici», commenta Paolo.

«Verresti con me?»

«Ti seguirei ovunque...»

Mi stringo a lui e mi immergo nel suo profumo.

«Andiamo al nostro rifugio e ti faccio un po' di coccole?», propone Paolo, e mi strizza l'occhio.

«Stasera meglio di no. Domani abbiamo una verifica e vorrei ripassare»

«Hai ragione», ammette lui.

Ci salutiamo davanti al recinto di Annibale, ormai vuoto. Entrambi evitiamo di guardarlo: mette troppa malinconia. La primavera è tutta un ribollire di colori e fiori. Per una volta, ringrazio di non poterli vedere. Me ne sto volentieri nel mio mondo in bianco e nero.

A casa non c'è nessuno. Mamma e papà sono usciti a cena per il loro anniversario. Mi hanno lasciato due spiedini da riscaldare. Non ho molta fame. Accendo la tv, mentre mangio, e cerco di non farmi abbattere dalla tristezza. Lo sguardo mi cade sullo specchio e la treccina mi scivola sulla spalla. Ha resistito tutto questo tempo. Vado in cucina e prendo un paio di forbici. Mi posiziono davanti allo specchio e prendo un bel respiro.

«Ciao, Prisca», dico e mi metto a piangere.

Poi taglio la ciocca di capelli, imprigionata dai fili colorati. La butto nella spazzatura.

Se Prisca vuole la guerra, io sono di nuovo pronta acombattere. 

E voi dove vorreste trasferirvi, se ne aveste la possibilità?

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