Cap 11
La signora Lina ci guarda con occhi vacui e spenti. Sembra non riconosca nemmeno suo figlio.
«L'abbiamo sedata», ci spiega lo psichiatra «e abbiamo parlato con tuo padre, Paolo. E' disposto ad aiutarvi per portare tua madre in una casa di cura dove potrà stare per un po'»
Trattengo il fiato. Non ho detto a Paolo di suo padre. Immagino che per lui tutte queste notizie messe insieme siano peggio di schiaffi in faccia.
«Mio padre...»mormora Paolo «è qui?»
«Sì», dice il dottore «tornerà tra poco. Gli abbiamo chiesto di firmare alcuni moduli»
Paolo si appoggia alla sedia e mi guarda.
«Non voglio...», mormora. Diventa bianco come il lenzuolo che sua madre continua a tormentare con le mani.
Gli prendo una mano e lo faccio sedere.
«Una cosa alla volta», sospiro.
Come sul ghiaccio. Un salto alla volta. Un passo e poi un altro.
«Respira», sussurro «e inizia a mettere in ordine i pensieri»
«Mia madre verrà internata», dice Paolo.
«Verrà curata», lo correggo «e starà meglio, una volta fuori»
Lui mi stringe la mano così forte da farmi male.
«Starà meglio», ripete.
Lei lo guarda.
«Mamma, starai meglio», ripete lui «e poi potrai tornare a casa»
Lina sorride leggermente. Paolo si avvicina e le accarezza i capelli. Distolgo lo sguardo per non scoppiare a piangere.
Alberto, il padre di Paolo entra proprio mentre Lina sta per dire qualcosa. Lei si zittisce.
«Ciao, Paolo».
«Papà, non dovresti essere qui», risponde lui «ce la caviamo benissimo anche senza di te. Come abbiamo sempre fatto»
Alberto mi guarda.
«Laura, digli qualcosa tu, aiutami a farlo ragionare»
«Non provare a coinvolgere Laura in questa storia», ringhia Paolo. Non l'ho mai visto così arrabbiato. Gli accarezzo la schiena.
«Sono qui per dare una mano», dice Alberto.
Paolo trattiene le lacrime. Lina ha un guizzo negli occhi. «Alberto!» dice con una voce strana.
Lo psichiatra alza gli occhi su di noi. Era fermo a guardare le sue carte, in procinto di andarsene.
«Ora potete uscire», ci ordina «credo che la signora abbia bisogno di riposo. Non vi preoccupate.»
Si rivolge al padre di Paolo: «Posso parlare un attimo con lei, da solo?»
Usciamo dalla stanza e Paolo ha ancora i pugni serrati.
«Non doveva venire qui», mormora «è colpa sua se mia madre è così. Non doveva abbandonarci. Per lei era morto. Non capiscono che sta peggio, se lo vede qui?»
Le lacrime adesso gli scendono sulle guance. Si è trattenuto fin troppo.
Lo stringo forte.
«Si risolverà tutto, vedrai», gli dico «tuo padre non starà qui molto. Il tempo di sistemare le cose. Io sono sempre qui con te»
«Non lasciarmi, Laura», bisbiglia Paolo.
Ross fa capolino dall'altro lato del corridoio. Mi stacco da Paolo e le vado incontro.
«Mamma, cosa ci fai qui?».
«Credo di aver combinato un pasticcio», bisbiglia e mi guarda come se avesse ucciso qualcuno.
«Che hai fatto?»
«Signora Rossella», ci interrompe Paolo «non l'ho ancora ringraziata per ieri sera. Ero sconvolto»
Ross si avvicina e lo stringe a sé.
«E' più che comprensibile, tesoro. Puoi stare da noi finché vuoi. Puoi dormire in sala oppure se preferisci puoi stare nella stanza degli ospiti»
«Grazie», mormora Paolo.
«Adesso che le vacanze stanno per arrivare, si potrebbe organizzare qualche giorno al mare», azzarda mia mamma.
«Io ho gli stage», ribatto.
«Non se i tuoi occhi la pensano diversamente», dice pronta Rossella.
Alberto viene verso di noi.
Lui e Rossella si guardano. Credo si conoscano da lungo tempo.
«Come stai?», chiede Alberto.
«Io bene. Mi spiace per quello che è successo»
«Anche a me», dice Alberto « non sai quanto»
«Cosa voleva lo psichiatra da te?», chiede Paolo secco.
«Mostrarmi alcune strutture dove tua madre potrebbe passare un periodo. Ce n'è una a Pavia, che sembra fare al caso nostro»
«Pavia?», ribatto «ma non è un po' lontano?»
«Paolo potrebbe farle visita solo una volta a settimana in ogni caso», mi spiega Alberto. «Quella di Pavia è la più costosa, ma anche la più rinomata»
«Certo, adesso arrivi tu e con i tuoi soldi sistemi tutto, vero?»
Rossella e Alberto si lanciano uno sguardo di comprensione reciproca.
Non la sopporto quando deve per forza fare quella che capisce le situazioni.
«Mamma, noi andiamo a prendere un po' d'aria», dico e prendo Paolo per un braccio. Mia mamma gesticola, ma non riesco proprio a capire cosa voglia dirmi.
«Tua mamma conosce mio padre», mormora Paolo.
«Naturale. Erano vicini di casa».
«Forse si ricorda di come sono andate le cose con quella giapponese»
«Può darsi», rispondo, evasiva.
Non voglio che coinvolga la mia famiglia in questa faccenda. Ma credo che ormai sia tardi, dato che mia madre lo sta ospitando a casa nostra.
Ci sediamo sui gradini dell'ospedale e Paolo mi poggia la testa sulla spalla.
«Sarà la scelta giusta?», mi chiede. «Non farla tornare a casa, intendo»
«Io mi fido dei dottori», dico «vedrai che lo è di sicuro».
Mentre gli accarezzo i capelli, ascolto distratta il rombo delle auto e delle moto che passano. Osservo il viavai delle persone e mi sembra di essere incredibilmente tranquilla.
Quando Geo compare davanti a noi, ho un sussulto. Era l'ultima persona che mi aspettavo di vedere qui.
C{^
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro