Capitolo 15: Protezione
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La prima luce dell'alba colorava il cielo di sfumature tenui, quando Ingrid si alzò dal suo giaciglio. I ricordi della notte precedente, la conversazione con suo padre e la lunga passeggiata con Halfdan, le ronzavano ancora nella mente, ma non c'era tempo per indugi. La battaglia contro Sigvard incombeva, e ognuno doveva essere pronto a fronteggiare il nemico.
Mentre si preparava, Ingrid pensava alla conversazione con Halfdan. Aveva percepito qualcosa di nuovo in lui, qualcosa che non aveva mai immaginato di trovare in quel guerriero spietato: comprensione, persino rispetto. Quella notte si erano aperti l'uno con l'altra in un modo che l'aveva lasciata confusa, ma anche... confortata.
Il rumore dei preparativi per la battaglia riempiva l'aria. Gli uomini di Vestfold e di Rogaland si radunavano, pronti a marciare verso l'accampamento di Sigvard. L'alleanza tra Ulf e i fratelli aveva stabilito un fragile equilibrio, ma Ingrid sapeva che sarebbe bastato un solo errore per far crollare tutto. Dovevano essere pronti a combattere non solo contro Sigvard, ma anche contro i loro stessi dubbi e paure.
Nella sala principale di Vestfold, Ulf, Harald, e Halfdan si riunirono attorno a una grande mappa della regione, tracciando le linee del piano di battaglia. Ingrid si unì a loro poco dopo, con uno sguardo attento e deciso.
Harald, sempre il leader strategico, parlò per primo. «Sigvard è arroccato nelle sue terre, e crede che ci affronteremo frontalmente. Non sa che siamo già uniti e pronti a tendergli una trappola.»
Halfdan annuì, lo sguardo concentrato sulla mappa. «Attaccheremo da tre lati. Le sue difese non reggeranno. Quando ci vedrà arrivare, sarà troppo tardi per organizzare una resistenza.»
Ulf rimase in silenzio per un attimo, osservando attentamente il piano. Il suo sguardo era duro, ma non vi era più traccia della tensione del giorno precedente. «Vestfold attaccherà frontalmente,» disse infine. «Distrarremo Sigvard e le sue truppe, mentre le forze di Rogaland lo colpiranno dai fianchi.»
Ingrid ascoltava in silenzio, il cuore che le batteva forte. Era consapevole del rischio, ma sapeva anche che non c'era altra scelta. Se avessero fallito, Sigvard avrebbe distrutto tutto ciò che avevano costruito, e sarebbe stato impossibile fermarlo.
«Dobbiamo essere rapidi e letali,» intervenne finalmente Ingrid, posando una mano sulla mappa. «Sigvard è arrogante, ma non è stupido. Se gli diamo tempo di reagire, potrebbe organizzare una difesa che non siamo pronti ad affrontare. L'elemento sorpresa è la nostra unica speranza.»
Harald la fissò per un lungo istante, poi annuì lentamente. «Ha ragione. Non possiamo permetterci esitazioni.»
Halfdan si voltò verso di lei, uno sguardo che sembrava valutare ogni sua parola. «Sei pronta per questo?»
Ingrid lo guardò dritto negli occhi. «Lo sono sempre stata.»
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L'armata era pronta, i guerrieri bardati e armati attendevano il segnale di partenza. Ingrid si fermò per un momento, osservando le schiere di uomini e donne che si preparavano a marciare contro Sigvard. Sapeva che non tutti sarebbero tornati, e la consapevolezza di quel sacrificio le pesava sulle spalle come una cappa di ferro. Ma non si poteva tornare indietro.
Astrid, sempre al suo fianco, si avvicinò in silenzio. «Hai parlato con tuo padre?» disse con un sorriso leggero.
Ingrid annuì, il viso serio. «Sì, abbiamo finalmente trovato un'intesa. Ma non è facile per lui accettare che io combatta in prima linea.»
Astrid sorrise, lo sguardo colmo di affetto. «Sarà fiero di te, Ingrid.»
Ingrid sorrise debolmente, poi abbracciò Astrid. «Stai attenta,» sussurrò. «Questa battaglia sarà pericolosa.»
Astrid annuì, determinata. «Sempre. Ma non combatteremo da sole.»
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Il vento soffiava forte sulle colline innevate mentre l'esercito di Vestfold e Rogaland si spostava silenzioso verso le linee di Sigvard. Ingrid cavalcava accanto a suo padre, il cuore che batteva forte nel petto. Ogni passo del cavallo la avvicinava alla battaglia, ma dentro di sé sentiva una strana calma, un'energia che non provava da molto tempo. Era pronta.
Mentre si avvicinavano alla posizione nemica, il suono delle urla di battaglia dell'esercito di Sigvard si faceva sempre più vicino. L'aria era carica di tensione, e ogni guerriero sapeva che quello sarebbe stato lo scontro decisivo. Harald diede il segnale, e le forze di Rogaland si spostarono lateralmente, pronte ad attaccare dai fianchi.
Halfdan si posizionò con i suoi uomini sul versante più ripido della collina. Da lì, avrebbe guidato l'assalto principale. Ingrid si trovava al centro delle truppe di Vestfold, accanto a Ulf. Il suo arco era teso, le frecce pronte, e il suo sguardo non vacillava.
Le urla di battaglia esplosero nel momento in cui l'esercito di Sigvard apparve all'orizzonte, avanzando con ferocia verso le linee di Vestfold. Ulf sollevò la spada, e con un ruggito ordinò l'assalto.
«Per Vestfold!» gridò Ingrid, lanciando la prima freccia verso il nemico.
L'impatto fu brutale. Le due armate si scontrarono come due onde furiose che si infrangevano una contro l'altra. Il clangore delle spade, il ruggito dei guerrieri, il suono delle frecce che fendevano l'aria: tutto si mescolava in un caos assordante.
Ingrid combatteva con la determinazione di chi non ha nulla da perdere. Ogni colpo, ogni affondo era preciso, letale. I guerrieri di Sigvard cadevano sotto la sua furia, ma anche i suoi compagni di battaglia stavano subendo gravi perdite.
Mentre il combattimento infuriava, Ingrid intravide la figura massiccia di Sigvard tra le sue truppe. Il conte, avvolto in un'armatura scura e imponente, combatteva con ferocia, abbattendo chiunque osasse avvicinarsi a lui.
«Sigvard!» gridò Ingrid, spingendosi tra le linee nemiche.
Sigvard si voltò, i suoi occhi freddi e crudeli che si fissavano su di lei. «Ingrid di Vestfold,» ringhiò, sollevando la spada. «Hai commesso un errore a venire qui.»
Era facile riconoscere quell'uomo. Aveva dei capelli piuttosto lunghi, scuri, che gli ricadeva lungo le spalle e degli occhi piccoli e neri. La sua mano destra aveva un leggero difetto e risultava più grande della sinistra.
Ingrid lo fissò con odio, la sua spada pronta. «No, Sigvard. L'unico errore è stato il tuo. Hai sottovalutato mio padre, e ora pagherai per il tuo tradimento.»
Sigvard rise, un suono basso e minaccioso. «Tuo padre non può proteggerti. Non può proteggere Vestfold.»
«Non ho bisogno della sua protezione,» replicò Ingrid, avanzando verso di lui con passo deciso. «Questa battaglia è mia.»
E con un grido di guerra, si lanciò verso Sigvard, pronta ad affrontarlo faccia a faccia.
Lo scontro tra Ingrid e Sigvard esplose con una furia che nessuno dei due avrebbe potuto prevedere. La spada di Ingrid colpiva con precisione, ogni movimento mirato a colpire il punto debole del nemico. Sigvard, però, era un avversario temibile, un uomo che aveva combattuto in molte battaglie e che conosceva ogni trucco per sopravvivere. Ogni colpo che Ingrid tentava di infliggere veniva parato o deviato con la stessa brutalità con cui lui attaccava.
«Ti arrendi già, ragazza?» sibilò Sigvard, schivando l'ennesimo colpo della guerriera. La sua voce era carica di disprezzo.
Ingrid serrò i denti, facendo finta di non sentire. Non aveva mai odiato così tanto qualcuno come in quel momento. La sua spada si abbatté con tutta la sua forza, ma Sigvard, con un sorriso maligno, sfruttò l'occasione: parò il colpo, fece un passo indietro e improvvisamente le diede un calcio violento che la fece volare all'indietro, sbattendo contro il terreno fangoso.
Il fiato le mancò per un attimo, e quando si rialzò, Sigvard non c'era più. Era sparito, sfruttando la confusione della battaglia per fuggire tra le sue truppe. Ingrid lo cercò disperatamente con lo sguardo, ma il caos della guerra le impediva di vederlo chiaramente. Aveva quasi avuto l'occasione di ucciderlo, ma ora doveva trovarlo di nuovo.
Mentre Ingrid cercava Sigvard, un altro duello stava per consumarsi nelle retrovie. Ulf si faceva strada tra le fila nemiche, tagliando gli uomini di Sigvard con rabbia. Era un guerriero esperto, ma anche lui sapeva che il tempo stava per raggiungerlo; la stanchezza si faceva sentire.
E fu allora che lo vide. Sigvard, il traditore, si stava allontanando dal cuore della battaglia. Ulf serrò la mascella e lo seguì, determinato a porre fine a quel traditore una volta per tutte.
Sigvard, accortosi della sua presenza, si voltò con un ghigno crudele. «Ulf! Finalmente hai deciso di affrontarmi, vecchio?»
Ulf non rispose, lasciando che fosse la sua spada a parlare. Si gettò su Sigvard con una forza che sembrava rinvigorita dalla rabbia e dall'odio, e i due uomini si affrontarono in un violento duello. Le spade si scontravano con un clangore assordante, mentre i loro corpi si muovevano con agilità sorprendente per la loro età.
Dopo qualche scambio di colpi, il traditore riuscì a trovare un'apertura nella difesa di Ulf, affondando la lama nella sua spalla. Ulf barcollò all'indietro, il sangue che iniziava a scorrere copioso dalla ferita.
«Sei finito, Ulf,» ringhiò Sigvard, sollevando la spada per il colpo finale.
Il tempo sembrò rallentare, e per un attimo, tutto sembrò perduto. Ma prima che Sigvard potesse colpire, una figura imponente apparve alle sue spalle.
Harald.
Con un grido di battaglia che echeggiò tra i guerrieri, Harald affondò la sua spada nel fianco di Sigvard, facendolo cadere in ginocchio.
Sigvard ansimò, incredulo, il sangue che colava dalla ferita mortale. Harald lo guardò freddamente, senza un briciolo di compassione. «Questo è per Rogaland.»
Con un ultimo affondo, Harald pose fine alla vita di Sigvard, lasciando il suo corpo a terra tra il fango e il sangue. Nessun gesto d'onore sarebbe stato rivolto nei suoi confronti. Sarebbe morto come il traditore che era; dimenticato da tutti.
Harald si chinò su Ulf, aiutandolo a rimettersi in piedi, nonostante la ferita.
«Hai combattuto bene, Ulf,» disse Harald con rispetto. «Ma ora dobbiamo finire ciò che abbiamo iniziato. La battaglia non è ancora conclusa.»
-
Mentre la battaglia si spostava verso il villaggio, Ingrid si fece strada tra le strade strette e le case in fiamme. Gli uomini di Sigvard, ormai disorganizzati, si ritiravano verso le loro ultime difese, ma alcuni di loro erano ancora determinati a combattere fino alla fine.
Ingrid entrò in una delle case in fiamme per assicurarsi che non vi fossero civili intrappolati. La casa era silenziosa, ma non appena varcò la soglia, un'ombra si mosse rapida alle sue spalle. Prima che potesse reagire, venne colpita alla testa da un colpo brutale che la fece cadere a terra. Il mondo attorno a lei iniziò a girare, la vista offuscata mentre cercava di riprendersi.
Un uomo grande e robusto, un guerriero nemico, si avvicinò a lei con un ghigno feroce. Non cercava di ucciderla, no. Le sue intenzioni erano ancora più crudeli. Con uno sguardo viscido, l'uomo le afferrò le braccia, bloccandola sotto di sé mentre Ingrid cercava disperatamente di divincolarsi.
«Lascia che ti faccia un favore, ragazzina,» sibilò l'uomo, la sua voce piena di desiderio. Il suo respiro era pesante, la sua presa feroce.
Ingrid lottava con tutta la sua forza, ma l'uomo era troppo forte, troppo grande. I suoi pensieri erano un turbine di disperazione e terrore. Non poteva permettere che accadesse, ma il peso dell'uomo la schiacciava, rendendo i suoi movimenti sempre più deboli. Sentiva le mani callose dell'uomo che cercavano di strapparle i vestiti, il cuore che le martellava nel petto mentre cercava di gridare, ma le sue parole venivano soffocate.
La lotta sembrava persa, il nemico stava per avere la meglio, quando improvvisamente una furia esplose nella stanza. Prima che l'uomo potesse infliggerle un dolore ancora più grande, un colpo brutale alla schiena lo sbalzò di lato. Ingrid non capì subito cosa fosse successo, ma la vista di Halfdan che sovrastava l'uomo le fece tornare il respiro.
Halfdan, con un'espressione di pura rabbia, afferrò l'uomo per i capelli e lo sbatté contro il muro con una forza selvaggia. Gli occhi del nemico si spalancarono per il terrore, ma prima che potesse dire una parola, Halfdan lo colpì con la sua ascia. L'urlo soffocato dell'uomo si spense mentre l'arma si abbatteva ripetutamente sul suo corpo, finché Halfdan non si fermò, coperto di sangue, il petto che si alzava e si abbassava furiosamente.
Si girò verso Ingrid, il viso ancora segnato dall'odio, ma quando vide lei, ferita e spaventata, l'ira nei suoi occhi si dissolse lentamente. Le corse accanto, sollevandola delicatamente da terra.
«Ingrid,» mormorò, la voce ancora roca per la rabbia. «Sei ferita?»
Ingrid lo guardò per un momento, ancora confusa, ma poi scosse la testa. «Sto bene... grazie,» riuscì a dire, anche se la sua voce tremava.
Halfdan fece un sospiro di sollievo e riprese a parlare: «Non avrei mai permesso che ti accadesse nulla.»
Ingrid lo fissò, il cuore ancora pesante per lo scontro appena finito.
«Grazie.» sussurrò di nuovo. «La battaglia...abbiamo vinto?»
L'orrore di quei momenti le bruciava ancora dentro, ma la presenza di Halfdan la faceva sentire protetta, come se, almeno per un momento, non fosse più sola.
Ma non era il momento di distrarsi. La battaglia non era ancora finita.
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