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26. VERO BACIO.

Il silenzio calò pesante nell'ufficio mentre le parole di Sir Kita risuonavano nell'aria. Maya rimase immobile, con il viso arrossato e gli occhi lucidi, mentre Sir Kita si passò una mano tra i capelli, cercando di calmarsi e riflettere su come gestire la situazione.

«Maya, dobbiamo mettere fine a questo. Non possiamo continuare così. Non è giusto per te, per me, né per gli altri studenti», disse con risolutezza.

Maya abbassò lo sguardo, «Capisco, preside. Mi dispiace se ho fatto qualcosa di sbagliato».

Sir Kita si avvicinò a lei, cercando di essere comprensivo, «Non è colpa tua, Maya. La responsabilità è mia. Sono io che devo proteggerti e mantenere il giusto comportamento. Ho sbagliato io per primo a portarti a letto a casa mia».

Maya annuì, cercando di trattenere le lacrime, «Hai ragione. Forse è meglio che io vada».

E mentre la ragazza si rivestiva, Kita la osservava, raccogliendo i documenti firmati.

«Maya, per favore, ricordati sempre che sei una studentessa talentuosa e hai un futuro brillante davanti a te. Non permettere a nulla di offuscare la tua luce. Poi, sai quanti tuoi compagni Ombra potrebbero innamorarsi di te? Intendo della tua età? Dimenticati... di me», disse.

Maya finì di riallacciare la camicetta e si avvicinò alla porta, Sir Kita la seguì e le porse i documenti firmati, «Puoi portarli in segreteria, e mi raccomando...», sussurrò appena prima di baciarla intensamente mantenendole il mento con la mano, «Non fare follie, piccola mia».

Maya uscì dall'ufficio con il cuore in tumulto, stringendo i documenti firmati contro il petto.

Ogni passo che faceva sembrava pesante, come se stesse lasciando dietro di sé un capitolo importante e doloroso della sua vita. Non appena chiuse la porta, si appoggiò per un momento al muro del corridoio, cercando di raccogliere i pensieri.

All'interno dell'ufficio invece, Sir Kita rimase in piedi accanto alla porta, sentendosi sopraffatto dai rimorsi e dalla tristezza. Sapeva di aver fatto la cosa giusta, ma il peso delle sue azioni passate lo opprimeva.

Improvvisamente, qualcuno si mosse nell'angolo della stanza. Sir Kita alzò lo sguardo e vide Joka emergere dall'ombra, con un'espressione di sorpresa e divertimento.

«Complimenti! Sei stato davvero unico nel tuo stile, proprio come il tuo dipinto che ritrae me, nudo. Ma che ti passa per la testa? Non sarà quella cosa... l'amore?», disse stuzzicandolo.

Sir Kita si passò una mano sul volto, «Joka, neanche tu ti smentisci mai, folle»

Joka si avvicinò lentamente alla tela, osservandola attentamente.

«Ah. Lo capisco, ma non puoi negare che c'è qualcosa di profondo e sincero in ciò che provi, Kita. Questo dipinto lo dimostra. Guardalo. Ogni pennellata parla di un legame speciale, una connessione che va oltre il semplice errore».

Sir Kita si avvicinò al dipinto, fissando il volto di Joka e il suo corpo sinuoso e prezioso che aveva catturato con tanta passione, «Oh, Joka. Devo mettere ordine miei sentimenti. Non posso permettere esse feriscano chi mi sta intorno. E Maya... lei è troppo importante per me. Deve essere libera di seguire il suo cammino senza l'ombra dei miei errori».

«Parli di ombre nel Metaverso?», lo punzecchiò Joka.

Sir Kita sospirò, «Tra tutte le mie studentesse, Maya è stata diversa, mi ha portato su un altro livello, quasi mi faceva dimenticare la nostra differenza e pensaci... sto sbagliando? Perché fare la cosa giusta nell'universo dove vige maggiormente quella sbagliata?».

«E io? Cosa ho fatto per meritare di essere ancora il tuo soggetto principale?», chiese Joka.

«Mi hai rubato il corpo, l'anima e anche... il cuore», rispose Kita con voce tremante, «Non posso negarlo. Tu sei una parte di me, che mi ispira e mi spinge a esplorare i miei limiti».

Joka si avvicinò ancora di più, addolcendo lo sguardo, «Kita, capisco il tuo dilemma, ma non puoi vivere nell'ombra dei tuoi errori passati. Devi affrontarli e andare avanti».

Sir Kita rise, «Come se tu non avessi un lato debole, molto debole, che così come me, parliamo di Maya, non riesci ancora a sopprimere. Sai di cosa o chi sto parlando...».

«Akira...», borbottò Joka, abbassando lo sguardo.

«Ti piace tanto baciare, toccare, leccare le zone inesplorate del tuo io umano, eh?», stuzzicò Kita.

Joka rimase in silenzio.

«Beh, la stessa cosa vale per me, con Maya», concluse Sir Kita, incrociando le braccia al petto.

Joka rimase in silenzio per un momento, poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Sir Kita, «Sì, Akira... è la mia debolezza. Ma, a differenza tua, non mi nascondo dietro di essa. L'affronto, e la accetto. Se davvero vuoi andare avanti, devi fare lo stesso».

«Inoltre», aggiunse dopo una breve pausa di silenzio, «Voglio capire cosa ha significato per te la notte scorsa. La cena, i baci e tutto il resto. Quel dipinto dimostra che... io sono più di una semplice ispirazione per te. Maya ti ha fatto dimenticare di noi?».

«No», mormorò Sir Kita, «Come potrei? La scorsa notte è stata splendida».

Joka si avvicinò al preside e lo bloccò con uno stretto abbraccio, «Cos'ha Maya più di me?».

«Rettifico. Cos'ha Akira più di me?», domandò Sir Kita, abbracciando Joka a sua volta.

Erano così vicino che il loro respiri diventarono uno solo.

In quel momento di stretto contatto, Sir Kita sentì il calore del respiro di Joka sulla pelle, un calore che risvegliava sensazioni sopite e desideri repressi, poi, le mani di Joka cominciarono a scorrere lungo la schiena del preside, creando un legame intimo che andava oltre le parole.

«Non so cosa abbia Maya in più di te», disse Sir Kita, con voce sommessa, «Forse è il suo modo di essere così autentica, vulnerabile eppure così forte. Forse è la sua innocenza che mi ricorda chi ero una volta, o forse è la sua capacità di amare senza riserve».

Joka lo guardò intensamente, cercando di leggere ogni sfumatura del suo viso. 

«E cosa mi dici di me?», chiese, con un'espressione di desiderio e speranza.

«Tu, Joka», disse Sir Kita, prendendo il viso di Joka tra le mani, «Sei l'incarnazione della passione e della libertà, la luce che illumina l'oscurità della mia anima, la musa che mi ispira a creare, a esplorare, a osare, la mia notte stellata».

I loro sguardi si incrociarono, le labbra erano a pochi centimetri di distanza. E poi successe, le loro labbra si unirono in un abbraccio ardente, mentre il fuoco della passione bruciava, cancellando ogni dubbio, paura, incertezza.

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