Stronger
-Domani sera, capisci? Domani sera!- cercava di tranquillizzarsi, senza alcun successo. Erano mesi che non provava una tale agitazione, mista a male nello stomaco. Non come le solite farfalle che girano selvagge dentro le ragazze innamorate, cercando di liberarsi in qualche modo dalle catene che le tenevano all'interno, no. Il suo era dolore. Un piacevole dolore. Così intenso da poterla spezzare in due, per poi ricostruirla come se nulla fosse mai successo. O come se fosse successo tutto. La sua pancia era un groviglio di fili rossi che andavano a finire legati ad un solo mignolo: Lui. Ovviamente. Chi altrimenti?
Nessuno poteva essere oltre al ragazzo dai suoi stessi, strani, alternativi, gusti musicali. Dall'amore per i vecchi film in bianco e nero, le sempre di moda commedie italiane e i cari vecchi drammi americani. Sì, perchè anche se agli occhi degli altri, quel moro scatenato era solo un ragazzo, per lei era molto, molto di più. Le sue guance chiare ogni volta che lo vedeva prendevano colore, andavano a fuoco e ardevano, mentre il cervello le andava in fumo e lo stomaco le esplodeva come il fuoco d'artificio finale ai botti di capodanno. Le cose che condividevano, gli sguardi sognanti che si scambiavano sotto la luna e le stelle, cercando di riconoscere ogni figura formata da esse. Le giornate intere a leggere e disegnare fumetti di strani protagonisti che sfociavano in cose tragicomiche. Come loro.
Era la sera e andava tutto a meraviglia, anche troppo. Diamine, doveva aspettarselo.
Entrò nel locale vestita di un abito blu notte, corto fino a sopra il ginocchio e i capelli biondi le ricadevano con onde irregolari sulle spalle coperte da un solo scialle bianco.
Un cartello appeso a parte a parte la aspettava, coprendo il nome del ristorante di lusso.
"Solo per te"
I fuochi d'artificio scoppiarono, la testa le girava, il cuore implodeva nella propria felicità.
Entrò e il rosso e il blu delle poche luci al neon presenti, insieme alla calda luce del lucernario si riflettevano sul parquet vuoto. Non c'era neppure un tavolo, nessuno. Niente. Solo una canzone degli anni '50 che la tranquillizzava e rilassava. Improvvisamente, senza nessuna itinerenza con il brano di prima un ritornello strano si fece strada nelle sue orecchie, poi al cervello ed in fine allo stomaco, che smisero di macchinare e funzionsre. Nulla. Non sentiva niente e il respiro che teneva bloccato tra lei e il mondo era freddo e consumato.
Non sentì niente, apparte un liquido freddo e rossastro scenderle giù da corpo e poi le lacrime, mentre una voce si faceva largo tra gli altoparlanti.
"Solo per te, sfigata." le risa di ragazze in sottofondo alla sua la distrussero, ferirono, vaporizzarono. Non si accorse neppure delle piume che cadevano dal soffitto e che le si attaccavano alla pelle per via di quella strana sostanza appiccicosa.
Tornò a casa e fu lì che si chiuse in camera, a piangere di lacrime amare e singhiozzare respiri sporchi. E fu lì, che decise di dover essere forte. E fu lì che cambiò per sempre. E fu lì che prese in mano se stessa. E fu lì che si schiacciò. Reprimendo tutto quello che era.
Perchè era così che la volevano.
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