Se ho peccato
Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o custode dell'uomo?
Perché m'hai preso a bersaglio e ti son diventato di peso?
Perché non cancelli il mio peccato e non dimentichi la mia iniquità?
Ben presto giacerò nella polvere, mi cercherai, ma più non sarò!
[Giobbe 7, 20-21]
— Non mi inchinerò davanti a te!
A quelle parole, Mattia sussultò, orripilato, come se avesse appena ingoiato un'anguilla viva. — Guardi, stavo proprio per chiederle di non farlo, la ringrazio per avermi anticipato. E, per la miseria, si tiri giù quella benedetta gonna!
La donna – o, per meglio dire, la mummia – che rispondeva al nome di Rita D'Amante, nostra padrona di casa e Beta dell'ex branco di Mallardo, squadrò Mattia con un'espressione ancora più schifata e scelse saggiamente di restare in silenzio, aggiustandosi la gonna con uno scatto nervoso della mano. — Non posso credere che sia stato tu a uccidere Carmine!
Mattia roteò gli occhi al cielo per quella che mi sembrò l'ennesima volta.
I dieci minuti precedenti erano trascorsi con lui che tentava di capire quale fosse il problema e la D'Amante che, irremovibile, insisteva a ricoprirlo di insulti. Unendo al brodo anche Chrysta e Trish, che fino a un minuto prima non avevano fatto altro che urlare addosso alla lupa, e Logan, pericolosamente sul punto di ficcarle il mio pugnale d'argento in gola, quella era la peggior situazione in cui un tipo pratico come Mattia potesse capitare.
— Che cosa vuole, una dichiarazione scritta? — fece quindi, esasperato. — Tra l'altro, perché le sto ancora dando del lei?
— Perché mi devi rispetto, cosa che io non devo a te — replicò la D'Amante, con un ringhio che più che altro sembrò un pigolio.
Mattia assottigliò le labbra. — Non le serve una dichiarazione scritta, vero? — scandì con calma, incurante della provocazione di lei. — Non le serve in quanto mi riconosce come Alpha. Lo percepisce. Lo sa.
Rita sbatté la borsa sull'isola al centro della cucina. Mallardo doveva averla pagata bene: era una Michael Kors. Un tale accessorio d'alta moda su una persona come lei faceva l'effetto di una lampada da tavolo dell'Ikea alla quale fossero state attaccate gocce di cristallo di Murano. — Inammissibile! Inammissibile! — strillò, gesticolando animatamente con le mani inanellate ricoperte da scure ragnatele di vene e rughe. Aveva le dita sottili, ma non nel modo che le avrebbe rese affascinanti: sembrava quasi che ci fosse solo l'osso. — L'impero dei Mallardo affidato a un bambino!
Mattia alzò lo sguardo verso il soffitto e proclamò in tono lamentoso: — Gesù, Giuseppe, sant'Anna e Maria, ma perché tutte a me?!
Dovetti trattenere una risata.
— Mi dite da chi altro ho già sentito questa solfa? — riprese Mattia, parlando in direzione del piano cottura contro al quale si erano appoggiati i miei cugini. Adriano aveva saggiamente scelto la via del terrazzo non appena eravamo arrivati Mattia ed io e se l'era svignata borbottando improperi a mezza bocca.
— Facendo una stima... più o meno tutto il branco — gli rispose Trish.
— Esattamente — confermò Mattia. — Perciò, che me lo ripeta anche lei non fa una grande differenza.
Rita lanciò un'occhiata alle scale. — Adriano è a favore? Mi sorprende.
— Adriano l'ho convinto — precisò Mattia, appollaiandosi sull'isola e mostrando perfetta padronanza di sé e dell'ambiente. Già stando in piedi poteva guardare Rita dall'alto in basso: ora lei doveva sentirsi una formichina a suo confronto.
Rita emise un verso di disprezzo. — Adriano non si fa convincere.
— Con un poco di zucchero la pillola va giù... — canticchiò Mattia. Nascosi un sorriso: se la stava magistralmente mettendo in tasca. — Non è umiliando la gente che si ottengono risultati, Rita cara.
— E tu non pensi di averlo umiliato costringendolo a sottostare a te, ragazzino?
— Dipendesse da me, sotto ci starei io — commentò Mattia con tranquillità. — Purtroppo le cose sono andate come sono andate; certo io non me la sono cercata.
Trish incrociò le braccia sul petto e indirizzò uno sguardo di fuoco alla D'Amante, impedendole di ribattere. — Oltretutto, su, quanti anni ha Adriano in più di lui? Uno? Due?
Rita scoprì i denti macchiati di rossetto nella patetica imitazione di un ghigno intimidatorio. — Che c'è, signorina, vuoi sapere quante primavere ti separano dal tuo amante e magari contare quelle che gli rimangono?
Dopo un millesimo di secondo, Trish le era a un palmo dal naso. — E lei ha per caso intenzione di continuare a peggiorare la sua posizione attuale, dottoressa? — le sibilò in faccia. — Mi lasci dire una cosa, Rita: lei da qui non uscirà né migliore di prima né uguale a prima. Ne uscirà ridotta a brandelli, per opera di Mattia, perché lui non è il fanciullo debole e inesperto che tutti ritenete che sia. Vada un po' a chiedere in giro cos'ha fatto a chi l'ha tradito, vada, vada pure, e vediamo come ritorna. E se si permette di sprecare anche solo un'altra parola invece di starsene zitta e iniziare a subire, piuttosto che infliggere, e specialmente se tale parola sarà riferita ad Adriano, le garantisco, le prometto, le giuro che da quella porta non passerà altro che la sua anima.
Saggiamente, la donna non fiatò.
— Patricia ha tenuto testa a Sabrina, Rita — rincarò Mattia, visibilmente soddisfatto, mentre Trish indietreggiava senza fretta e con fierezza. Notai che dal provare fastidio per un determinato genere di complimenti era passato ad esserne compiaciuto. — Le assicuro che fa sul serio.
— Come se le minacce di una sedicenne...
— Diciassettenne!
— ... potessero farmi effetto — brontolò la D'Amante. — Ne ho ricevute di ben più orribili.
Mattia aveva stampato sul volto il ritratto dell'esasperazione. — Mallardo la minacciava e lei seguitava a lavorare per lui?
— Avevo fiducia in Carmine. Fiducia che in te non ho.
Questione di poco e Mattia l'avrebbe riempita di schiaffi: si poteva quasi vedere la pazienza scivolargli via dal corpo. — Ancora con questa storia? Finiamola qui, per carità cristiana, e rimandiamola a un altro giorno. Ora, per cortesia, si può sapere perché diavolo ci ha degnati della sua rimarcabile presenza, mia cara dottoressa dei miei stivali?
Rita arricciò le labbra. Ringraziai che non avesse optato per il botulino, o l'effetto sarebbe stato assai più terrificante. — Le notizie corrono veloci, Nardone. Il branco è dappertutto e ha orecchie dappertutto.
— È in ritardo per il funerale di Carmine — la precedette Mattia, secco. — Pertanto adesso cosa ha intenzione di fare, tornare a farsi ribollire in una spa o godersi il suo nuovo ufficio al Palazzo?
Rita indicò il soffitto sogghignando. — Il mio ufficio è due piani più su, tesoro.
— Ma io gliene darò uno nuovo. — Mattia batté le mani, fintamente deliziato. Gli scappava da ridere: si stava divertendo un mondo a giocare con lei. — Non è contenta?
La D'Amante sbiancò. — E con quale autorità lo faresti? — chiese. Le tremava la voce.
Un lampo pericoloso balenò nelle pupille di Mattia. Saltò giù dall'isola con un balzo repentino e fronteggiò Rita con solennità. — Io sono il tuo Alpha, Rita D'Amante — sillabò, calcando ogni singola lettera. — Io sono il successore di Carmine, che ti piaccia o no. Se ti ordino di fare una cosa, tu la fai e non provi nemmeno a protestare. Intesi?
— Intesi un corno — sibilò Rita tra i denti. A furia di tormentarsi l'orlo di pizzo della blusa se lo stava quasi sfilacciando. — Ho sentito cosa dicono di te, fuori. Tu predichi pace e bene, ma in fondo sei più nero di tutti noi. Uccidere Carmine... — Scosse la testa, disgustata. — Uccidere Carmine è stato solamente l'inizio.
Mattia allargò le braccia e abbassò lievemente il capo in segno di assenso. Sorrideva. Non c'era nulla di solare o spensierato in quel sorriso. Era il sorriso del mulo che ha provato la violenza del bastone e scoperto che la carota è marcia, e non gli resta altro che tirare l'aratro unicamente con le sue forze.
— Hai ragione, è stato solo l'inizio — concordò. — Hai sentito anche cos'ho fatto a chi mi ha tradito, Rita? Stamattina li ho visti fuggire lontano da me come conigli spaventati. Vuoi per caso provare anche tu la stessa sensazione? Mi basta un colpo di telefono.
Rita schioccò la lingua sul palato. — Come pensavo. — Batté un pugno sul massiccio legno dell'isola per sottolineare l'ovvietà delle circostanze. — Non l'hai fatto tu di persona.
— Avrebbe avuto scarsa possibilità di scelta, se l'avesse fatto lui di persona — intervenni, ormai stanca di stare lì soltanto ad osservare. — La sua decisione è stata la migliore.
Mattia staccò gli occhi da Rita giusto per un secondo e mi rivolse uno sguardo che non riuscii a interpretare. C'era rimprovero, nelle sue iridi scure; c'era riconoscenza, disapprovazione, e distanza. — Grazie, Lorianne, ma so difendermi da solo.
Incassai il colpo e mi stetti zitta. Non aveva torto: quello era un duello e doveva combatterlo alla pari con Rita, senza privilegi o aiuti esterni. Avrebbe conquistato la vittoria onorevolmente e correttamente.
Mattia riprese: — Prima o poi Carmine sarebbe morto comunque. Magari non oggi, magari non domani, magari tra qualche anno, ma sarebbe morto. Qualcuno avrebbe raccolto il coraggio necessario – lo stesso Adriano, forse? Sabrina? – e l'avrebbe ammazzato.
— Oh, non partire col discorso sul karma, il destino e quelle stronzate là, per amor del cielo — sbottò Rita. — Risparmiamelo.
Mattia la ignorò: — Dovresti aver capito che, per la particolare struttura di questa organizzazione, è raro che un boss stia al comando per moltissimo tempo, e un raid ben programmato potrebbe risolvere tutto in pochi minuti. Io già mi guardo le spalle, e farlo mi è servito.
— Uuuh, che novità, l'autorità di Mattia Nardone è stata sfidata!
Se Mattia me ne avesse dato modo, le avrei spinto nell'esofago lo straccio per i pavimenti.
Sfortunatamente, lui fu più veloce. — Chiudi quella fogna — le intimò, premendole una mano sulla bocca e tenendole l'altra dietro il collo. Le guance di quel surrogato di donna si chiazzarono di rosso. — Carmine ha ucciso i suoi genitori per ottenere il comando. Io ho ucciso lui. Mi ha fatto puntare una pistola alla tempia e mi ha detto di sparare. Ho sparato.
La D'Amante si divincolò, ma la stretta di Mattia era ferrea. — Nei miei panni, Rita, cosa avresti fatto? Avresti salvato la tua vita o la sua?
Le labbra della dottoressa si mossero sotto la mano di Mattia, ma non ne provenne alcun suono. Lui sembrava totalmente a proprio agio, come se avesse ripetuto quelle azioni milioni e milioni di volte. Quella consapevolezza mi arrivò come una pugnalata al cuore: Rita era un essere ripugnante, è vero, e si meritava tutto il trattamento che stava ricevendo; eppure, sebbene fino a un paio di minuti prima mi stessi godendo la disfatta della D'Amante ad opera del ragazzo di cui mi ero innamorata, in quel momento non potevo più ricavarne piacere.
Mi trattenni a stento dal correre verso di lui e spingerlo via, via, in un'altra stanza, sul balcone, all'aperto sotto il sole. Un'immagine si sovrappose alla scena che si stava svolgendo davanti a me: Mattia, sull'orlo di un burrone, un piede nel vuoto; e Rita, aggrappata alla sua caviglia, che tentava di trascinarlo giù con sé. Sarebbe caduto.
Mi tornò alla mente la conversazione che avevamo avuto meno di un'ora prima, in spiaggia.
— Non cadere, Mattia.
— Non cadrò.
Era facile credergli, a sentirlo parlare. Era difficile credergli quando lo vedevi compiere un altro passo sul cammino che aveva portato Carmine Mallardo alla pazzia.
— Non avresti salvato la tua vita, Rita — proseguì Mattia, respirando velocemente. — Avresti salvato la sua. Perché la tua non vale niente. Sei miserabile. Anch'io preferirei lui a te.
Con un acuto grido, Rita riuscì a liberarsi. — Sparite da casa mia, fottuti Nephilim! — strillò, sputacchiando saliva nell'aria. Le stavano spuntando artigli e zanne. Mattia le latrava contro. — Questa è la mia proprietà e queste sono le mie regole! Fuori da casa mia!
Si udirono dei passi concitati scendere le scale e Adriano comparve sotto l'arco della porta. — Mattia, è in menopausa, fermala o te ne pentirai!
— Sarà lei a pentirsene — ringhiò Mattia di rimando. — Rita, la tua proprietà è mia! Mia!
La D'Amante si azzardò ad avvicinarsi di dieci centimetri. — Non può essere tua.
— E invece sì — continuò lui. — Io sono il tuo Alpha, Rita. Tutto ciò che è tuo è mio.
I dieci centimetri guadagnati furono subito ripercorsi a ritroso. — Non puoi averla rivendicata.
— No, infatti — concesse Mattia. — La rivendico ora.
Percepii Adriano bisbigliare: — Brutto figlio di puttana.
— Io rivendico Villa Orlando, dottoressa Rita D'Amante, e tutte le cose al suo interno e le persone che abitano al suo interno. — Mattia assunse un tono solenne, come un sovrano che parla ai suoi sudditi. — Tu, come chiunque altro del branco, avrai un alloggio e un ufficio al Palazzo. Villa Orlando sarà mia e mia soltanto.
Adriano scivolò alle spalle di Mattia e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio. Mattia, per tutta risposta, lo scansò in malo modo. — Consegnami le chiavi, Rita — ribadì. — Non hai più potere qui.
Rita strinse i pugni, conficcandosi le unghie appuntite nella carne. Arretrò fino a trovarsi con la schiena contro la parete, gli occhi ora bassi a fissare il pavimento. Mi fece quasi pena: chissà quante volte doveva aver subito soprusi di quel genere, ma in ogni caso questo non giustificava il suo comportamento riprovevole.
— Ave, Alpha — pronunciò dunque, sputando via le sillabe. Si frugò in tasca e ne estrasse un mazzo di chiavi che lanciò a Mattia. — Ode al nuovo eroe. Ma non illuderti di star scrivendo la storia. Tempo qualche anno, e sarai diventato la leggenda di un passato da dimenticare.
Mattia trasse un respiro profondo, rigirandosi il freddo metallo fra le dita. — Gli eroi vengono sempre ricordati, Rita. La storia la scrivono loro, dopotutto. Ma la storia si ripete, generazione dopo generazione, e gli eroi muoiono per fare spazio ad altri eroi.
Si concesse un sorriso gelido. — Le leggende, al contrario...
Fu Adriano a concludere la frase per lui: — Le leggende non muoiono mai.
~ • ~
Mattia passò gli orali col massimo dei voti. Nella seconda settimana di luglio – la stessa settimana in cui si scoprì che Silas Housley era diventato signore dei vampiri dopo aver brutalmente ammazzato il vecchio capo, che aveva organizzato gli attacchi ai licantropi e fornito l'aconito ai traditori – gli notificarono che aveva conseguito la maturità con 100 e lode. Questione di altri due giorni e la Basiliade lo inserì nel suo programma di formazione medica.
La raccomandata con cui gli comunicavano di averlo accettato in facoltà arrivò a Villa Orlando insieme a una lettera scritta sua manu da Daniel Cartwright, segretario personale di nonno Robert, che richiedeva ad Alicante la presenza degli ambasciatori delle varie razze in vista dell'imminente nomina dei nuovi Console ed Inquisitore e l'ormai certa ratificazione dei Dodicesimi Accordi. In quelle righe, Mattia venne ufficialmente riconosciuto come rappresentante dei mannari.
La cosa che mi sorprese, però, fu che sebbene quasi chiunque, nel Mondo Invisibile, avesse saputo dell'inaspettato cambio della guardia tra i licantropi di Gaeta – come aveva detto Rita, le notizie corrono veloci – nessuno al di fuori del branco aveva idea di come stessero veramente le cose. Non era trapelata una singola voce circa l'affiliazione dei lupi con la camorra, né tantomeno erano venuti a galla i rapporti che questi intrattenevano con nient'altri che il Ministero della Sanità. Per la maggior parte della popolazione Mattia era semplicemente il sopravvissuto di una delle tante lotte all'ultimo sangue così frequenti tra i mannari: nulla faceva riferimento alle decine e decine di violazioni degli Accordi commesse da Carmine Mallardo prima che Mattia lo uccidesse.
In effetti, volendo mettere i puntini sulle i, le prove contro Mallardo che avevamo trovato in quel mese scarso in cui avevamo rivoltato come calzini tutti i benedetti archivi del Palazzo, sia i cartacei che i digitali, erano perlopiù di carattere soggettivo e impossibili da confermare o confutare con supporti oggettivi: le testimonianze dei vari Beta che, come Mattia, erano stati morsi di proposito valevano ben poco senza qualcosa di materiale da poter eventualmente portare in corte d'assise. Purtroppo, verba volant.
Si giunse a una scioccante svolta nel caso quando Trish e Adriano riuscirono a desecretare l'ultima cartella ancora inesplorata: una volta rimosso ogni sistema di sicurezza e decifrato ogni codice di criptaggio, il titolo risultò essere Vendite, prestiti e donazioni sotto Carmine Mallardo – 2011-presente.
Ci volle più di una settimana perché potessimo leggerne il contenuto senza che si inceppasse il computer o la stampante, ma l'attesa fu degnamente ricambiata.
Trascorso il periodo degli esami, Mattia aveva felicemente lasciato i libri di scuola ad ammuffire sulla scrivania di casa sua e si era invece dedicato – di nuovo – a studiare la storia criminale del suo branco. Vendite, prestiti e donazioni era il suo documento preferito: vergate nello stile estremamente criptico e sintetico di Carmine Mallardo, centinaia e centinaia di annotazioni accumulate in più di vent'anni testimoniavano entrate e uscite economiche, pesi, prezzi, orari e luoghi di smercio di carichi di farmaci o droghe, date di inizio e di fine dei lavori di costruzione di determinati edifici, vittorie su clan rivali e conseguenti acquisizioni. Mattia considerava quel registro come una sorta di Ab Urbe condita: una fonte imprescindibile e insostituibile.
Non avendo nulla da fare, lo aiutavo nel suo lavoro di ricerca. In due potevamo dimezzare i tempi dell'opera, e all'occasione si univano anche Trish, Logan e Chris.
Ero da sola, però, nel momento in cui cambiarono le carte in gioco.
Avevamo esaminato il 2011, il 2012 e il 2013, e avevo appena cominciato col 2014. A differenza degli altri, gli appunti di quell'anno partivano direttamente nel mese di marzo, per la precisione il 7. E stavolta non furono le parole del lupo quelle che la fecero da padrone.
Di Mallardo c'era solo una breve introduzione, posteriore di parecchi mesi alla data del 7 marzo, che spiegava per sommi capi come fosse venuto in possesso della successiva lunga serie di scannerizzazioni delle pagine più disparate – fogli bianchi, di quaderno e di giornale, carta assorbente, tovaglioli, cartone e cartoncino... – e perché non avesse mai fatto menzione, precedentemente, dei fatti presentati.
Il 10 agosto mi hanno riferito che è morto il 4. Volato in America il 13, presi i sottostanti il 14. Di lui non so nient'altro e nient'altro ho trovato segnato, ma queste informazioni devono restare in mano mia. Se tale questione si era mai aperta – e so bene di non averlo mai fatto, in passato – ora, ma forse solo per ora, è chiusa.
Il boss, enigmatico, la concludeva qui.
Meno enigmatico, invece, era lo scrivente delle pagine scannerizzate. Si poteva quasi toccare la differenza nel modo di esprimersi tra costui e l'ex Alpha: avrei scommesso che, diversamente dal lupo, avesse imparato come porsi e come esporre grazie a un percorso di studi mirato all'arte oratoria e non per semplice abitudine.
Mi aveva detto di chiamarsi Carmine Mallardo.
Principale e subordinata. Semplici ma incisive. Grafia ordinata e regolare. Grafia familiare.
Sulle prime mi rifiutai di credere ai miei occhi. Si faceva cenno ad armi, molte armi – armi bianche – e a un esercito di Nascosti. Si discuteva di trattative, di scambi, di patteggiamenti e negoziazioni. Si menzionavano Idris e New York. Si menzionava anche il mio cognome.
Era una coincidenza talmente improbabile – avrei osato dire impossibile – che il mio scetticismo raggiunse altezze stellari. Eppure non mi azzardai a chiedere conferma a chi di dovere se non dopo aver fatto tornare il mio battito cardiaco ai normali livelli.
Papà rispose al mio messaggio chiamandomi sul cellulare. Promisi che gli avrei spiegato la versione integrale della storia non appena avessi rimesso piede a casa, ma pure con i pochi punti che avevo potuto fornirgli per dargli perlomeno un quadro generale della situazione era riuscito ad avere sufficiente sicurezza per asserire che la mia supposizione era fondata.
Ricostruii la vicenda per com'erano andate le cose soltanto in seguito; tuttavia avevo avuto ragione su ogni singolo aspetto.
Nell'agosto del 2014, mese della mia nascita, gli Shadowhunters di New York e le loro truppe ausiliarie dovettero combattere contro un manipolo di Nascosti ribelli che Mallardo aveva armato e contribuito a formare. Era stato poco prima di quella battaglia, oltretutto, che Silas Housley aveva abbandonato il clan del Dumort.
E non aveva detto Silas che Stephen Herondale aveva contatti a Gaeta?
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Dunque, veniamo subito a un paio di precisazioni a proposito di questo capitolo: le frasi con le quali termina il primo paragrafo sono liberamente ispirate a due versi di Emperor's New Clothes dei Panic! At The Disco: Heroes always get remembered/But you know legends never die, ossia "Gli eroi vengono sempre ricordati ma, sai, le leggende non muoiono mai".
Colgo l'occasione – vi sembreranno cose scollegate ma vi assicuro che per me ha senso – per porgervi una domanda: se doveste smistare Mattia in una Casa di Hogwarts, quale Casa sarebbe? Sono curiosa di vedere cosa ce ne esce. E chissà se così riesco a farvi parlare un po'.
Seconda sottolineatura: sono stata volutamente criptica e poco comprensibile nell'ultima parte – no, non è vero, la realtà dei fatti è che non sapevo come altro scrivere e cosa altro scrivere e dovevo finire – perché tutta la backstory della collaborazione di Mallardo e Stephen Herondale (risalente ai tempi di Remembering the Past) verrà ampliata e ben raccontata nelle Houses.
Vi rinfresco la memoria anche a proposito di Rita D'Amante e vi ricordo che la banda dei cugini Nephilim™ è irrispettosamente entrata, capitoli fa, nel suo ufficio a Villa Orlando e vi ha trovato, in aggiunta a una prescrizione a nome di Adriano – che poi è la stessa prescrizione che, vista in fotocopia da Lorianne e Trish al Palazzo, aiuta Trish a mettere insieme tutti i piccoli pezzi del puzzle e realizzare infine che Adriano è Imperator (capitolo Vita informe) – anche una finta laurea in Medicina che "giustifica" le prescrizioni di cui sopra. Rita è perciò un medico abusivo, oltre che una pessima psicologa.
Ci tengo a dire inoltre che altre eventuali questioni rimaste aperte o irrisolte verranno riprese o nell'epilogo o nelle Houses. Mi è dispiaciuto liquidare il coinvolgimento dei vampiri negli attacchi ai Beta di Mattia con mezza frasetta, ma purtroppo non ne ho avuto i mezzi né i modi e dovete pure considerare che il POV di Lorianne mi limita moltissimo (infatti nelle Houses mi sono decisa a scrivere in terza persona, alleluia alleluia).
Bene, speriamo di risentirci al più presto e come sempre mi raccomando di votare e commentare, specialmente ora che la storia è al suo termine!
Alla prossima,
Federica
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