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Un Nuovo Giorno

Apro gli occhi. Sono sdraiato a terra, con il viso schiacciato sul gelido pavimento di marmo. Mi fa male il naso. Sta sanguinando.

Mi alzo. Sento i miei bicipiti bruciare, come del resto ogni altro muscolo del mio corpo.

Ogni volta la stessa storia. Mi sveglio prima dell'alba dopo essermi immerso nelle memorie di un passato che si nascondeva da qualche parte nella mia testa, il corpo estremamente provato, la mente annebbiata come persa nei fiumi dell'alcol o della droga.

Sono solo. Il mio visitatore non è più li con me. Viene, devasta il mio corpo, squarcia la mia anima, avvelena la mia mente. Mi dona qualcosa che sinceramente preferirei non ricevere, e poi se ne va lasciandomi solo.

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Inizialmente pensavo fossero solo il frutto della mia fantasia. Pensavo di essere pazzo. Sono andato dallo psicologo. Uno psicologo molto costoso, che ha deciso di scaricarmi a un suo collega psichiatra, altrettanto costoso, che ha deciso di scaricarmi alle amorevoli cure degli psicofarmaci. Ho trascorso un anno tra le braccia di Valium, Prozac, e Dio solo può ricordare quante altre cose. Anche cose illegali, ma si sa che la legge è uguale per tutti quelli che non possono permettersi di cambiarla.

Io potevo permettermelo.

Dopo la morte dei miei genitori, in un incidente stradale causato dal rampollo di quella che sarebbe poi diventata la mia famiglia adottiva, sono stato adottato. Dovevano pulire la loro immagine. dovevano insabbiare il fatto che il buon Daniel era più fatto di Kurt Cobain, la sera in cui si schiantò con la sua sportiva contro la Lancia Thema di mio padre.

Mio padre, quello vero, fumava Marijuana. E mia madre lo odiava per questo. Forse se non avessero litigato, avrebbero notato l'auto di Daniel sfrecciare col rosso all'incrocio, o forse no. Tuttavia, ufficialmente, la colpa dell'incidente era di mio padre. E della sua dipendenza, abbastanza innocente.

E così, all'età di 4 anni, guadagnai una nuova, ricchissima, sporca famiglia.

Fu per me l'alba di un nuovo giorno, credo. Una nuova vita.

Viziato, ricco.

La mia nuova famiglia era composta dall'allora solo sessantacinquenne Roberto, Un uomo maledettamente ricco. Un imprenditore invischiato fino al collo con la malavita. Un amante del Crack, delle prostitute, del gioco d'azzardo e del tennis. Mi ha sempre dato il voltastomaco. Quando avevo 15 anni lo vedevo uscire con ragazze che potevano avere appena 18 anni, ma che sembravano dimostrarne 12.

Poi c'era julia. Con la J. Sua moglie. 25 anni in meno. Bella come una modella e amante del denaro, dei vestiti costosi, delle feste e dello champagne. La mia nuova mamma. Devo essere onesto, lei ci ha provato, ad essere una madre. E io in cambio, ho sempre finto di volerle bene. Quando sono diventato abbastanza grande, ha iniziato a portarmi alle feste. Il suo cavaliere. Il bambino prodigio. Intelligente, raffinato. Poeta, scrittore, pittore, pianista... Tutto ciò che lei pensava potesse farle fare bella figura si trasformava in un corso privato per me. Devo però ammettere che aveva dei gusti interessanti.

Dopo veniva Daniel. Aveva appena 19 anni. Non lo odiavo. Si sentiva in colpa. Non ha più guidato per anni, ne fatto uso di sostanze. Non ha nemmeno più bevuto. Ha cercato di essere un buon fratello per me. Mi ha insegnato a giocare a calcio, a suonare il basso elettrico. Ancora oggi porto sempre con me il basso che mi ha regalato per il mio diciottesimo compleanno. Un bello strumento, costosissimo, Un Fender Precision Bass, che fece autografare proprio dal nostro bassista preferito, Roger Waters dei Pink Floyd.

E infine c'era lei. Aurora. Aveva 10 anni, e sapeva tutto. Fu lei a rivelarmi che ero stato adottato, in un atto di disperazione. Non lo dimenticherò mai.

Povera piccola Aurora. Un fiore in una famiglia di ortiche. Semplice, dolce, pulita e bellissima. Crescemmo insieme, e fu la mia guida ed il mio riferimento. Le raccontavo tutto, e le volevo cosí bene che divenni l'uomo che lei avrebbe voluto amare. Fu lei a insegnarmi come dovrebbe comportarsi un gentiluomo con le donne, a insegnarmi ad amarmi, e a farmi capire che non bisogna mai venire meno ai propri principi.

Eppure fu proprio lei a tradire i suoi. Avevo 16 anni, e lei 22. E da mesi soffriva nel vedermi stordito dalle dosi massicce di antidepressivi, dall'alcol e dalla disperazione frutto della mia visione. Visione che continuavo a rivivere ogni notte. Era più forte di me. Toccavo il mio misterioso visitatore e la rivivevo.

Una sera, eravamo solo io e lei, mi disse di andare in camera sua. Mi prese per le mani, mi fece sedere sul letto e mi raccontò tutto.

Piansi per più di un'ora, col viso nascosto nel suo collo, le sue piccole mani tra i miei folti capelli neri, il suo profumo e le sostanze che mi annebbiavano il senno. Un pianto silenzioso, di quelli che lei amava, perché diceva che un vero uomo non ha paura di mostrare il suo dolore, ma mai si lascia vincere e annientare da esso.

Quando smisi di piangere mi fece stendere sul suo letto, mi aiutò a cambiarmi, e si mise accanto a me. Mi confessò che avrebbe voluto che non facessi parte della sua famiglia, perché non appartenevo a quel mondo oscuro e corrotto. Mi disse che avrebbe voluto un futuro diverso per me. Giacqui tra le sue braccia.

Quella notte presi consapevolezza del significato della mia visione, e il mio misterioso demone mi concesse una notte di tregua..

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Sono in piedi. Lavato, vestito, e pronto per affrontare un nuovo giorno. Penso ancora ad Aurora. Non la dimenticherò mai.

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