A pezzi
Devo capire.
Spengo tutte le luci, tiro le tende, chiudo le persiane, accendo la candela e mi siedo a terra.
Sono agitato, non riesco a calmarmi. Spero davvero che non mi faccia aspettare.
Molte volte mi sono interrogato su cosa fosse la creatura che mi visitava la notte, e di tutte le ipotesi formulate, la più plausibile è quella che più mi spaventa.
Il mostro sono io.
Non sono sempre stato così. Un tempo ero un ragazzo normale, provavo emozioni, e non avevo paura di mostrarle.
Ciò che fece nascere in me il desiderio di provare a cambiare ciò che ero fu un particolare evento. Anche se ci volle molto tempo perché questo avvenisse.
Avevo 19 anni ed il mio viaggio era appena iniziato. Mi sentivo bene, lontano da quella famiglia, lontano dalla routine.
Il mio pellegrinaggio mi portò in una città bellissima, forse una delle più belle d'italia: Firenze.
Conobbi Alessandra la sera del mio arrivo. Mi ero fermato a bere un caffè in un bar. Il viaggio era stato lungo ed io ero stanco.
Il locale era molto affollato, e l'unico posto libero era al suo tavolo. Non mi notò nemmeno. Era strana, come se non fosse davvero li, ma persa in qualche fantasia. Una fantasia triste per la precisione.
Ricordo perfettamente il suo aspetto. Capelli biondi ricci non troppo lunghi, occhi nocciola, abbronzata, alta e magra. Indossava una camicia bianca e dei blue jeans lunghi e stretti. Aveva le mani esili, dita lunghe ed affusolate, il viso dolce, un pochino di eyeliner e rossetto rosso.
La salutai, e lei trasalì. Davvero non si era resa conto della mia presenza. Le chiesi scusa per aver occupato quel posto, ma non ce n'erano altri, e cominciai a chiederle informazioni sulla città.
Mi rispose sempre in maniera gentile, ma era evidente che qualcosa non andava. Riuscivo a percepire un'immensa tristezza dentro di lei.
Lei ordinò un cocktail molto forte, e cominciò a bere. Più beveva più diventava triste, e pian piano, rivolgendole garbate domande sul suo conto, giunsi alla radice del problema.
Si trattava di uno dei problemi sociali che affliggono spesso i giovani: il bullismo.
Non è bullismo solo quello dove un debole viene picchiato, ma anche quello dove qualcuno viene ripetutamente umiliato.
La storia in breve è questa. Alessandra si era innamorata di un ragazzo più grande di lei che da qualche giorno le faceva la corte. Dopo qualche settimana, erano stati a letto, lui l'aveva lasciata il giorno dopo e dopo poco meno di una settimana il clip della loro performance sessuale girava per la scuola dove lei frequentava il quinto anno. La sua vita è andata in frantumi come uno specchio lanciato contro il muro.
Alessandra adesso sta bene. La chiamo ogni settimana. Siamo "amici", diciamo, è una delle poche persone che hanno il mio numero e di cui mi preoccupo. Perciò penso che la parola amici sia corretta.
Quello che le è successo non è assolutamente una novità, in questo mondo. E proprio per questo, ho iniziato a provare paura. Paura di amare. Paura di essere ferito.
Ho paura. La visione che sto vivendo, in queste ultime notti, consiste in una figura umana, sporca, incatenata e ferita, che giace a terra. Ed io mi volto e mi allontano, mentre questa allunga una mano verso di me.
Ma che cosa significa? Possibile che io, nonostante il mio timore sia soffrire, possa fare del male e diventare un carnefice?
Le ore passano, lentamente, una dopo l'altra. Ho finito il pacchetto di sigarette e non ho con me l'altro... Nella stanza sembra quasi esserci la nebbia, tanto ho fumato, addirittura mi bruciano i polmoni.
Finalmente lo vedo. Non c'è un momento da perdere. Sfioro la mano dell'ombra.
Stavolta dovrò prestare più attenzione.
Mi trovo in un luogo incredibile. Sono circondato da un bianco accecante. Le pareti e il soffitto, ammesso che ci siano, sono troppo lontani e l'unica certezza è il freddo pavimento, anch'esso bianco, sotto i miei piedi.
Davanti a me un essere umano. È completamente nudo, ha i capelli lunghi e sporchi che coprono il suo viso, è legato con delle catene alle gambe, che lo costringono a stare in ginocchio, mentre la stanchezza lo tiene carponi.
Lo guardo, ed egli si accorge della mia presenza. Alza lo sguardo, ed i suoi occhi neri mi trafiggono. Allunga una mano verso di me e mi sorride.
Ed io mi volto e inizio a camminare, allontanandomi da lui.
Sento un mormorio... Una voce pronuncia il mio nome.
Gabriel.
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