Capitolo 8
Una brezza fredda tagliò l'aria e mosse una nuvola bianca sopra alla prigione eclissando il sole brillante; i primi indicatori della nuova stagione autunnale. Se ci fosse stata una sola foglia sull'unico albero del carcere, senza dubbio avrebbe assunto una tonalità marroncina e sarebbe bastato un alito di vento per farla cadere a terra. Feliciano era appoggiato al tronco di quell'albero robusto e ne fissava i rami secchi e spogli.
Accanto a lui sedeva il suo unico amico e compagno di cella, Ludwig, senza cognome, solo Ludwig. Il tedesco era diventato un amico sorprendentemente apprezzato in poco tempo. Molte cose erano cambiate da quando si era confidato col moro raccontandogli la storia della sua vita; aveva avviato la loro amicizia e dato all'italiano la sicurezza di cui aveva bisogno. Non che in precedenza non fosse protetto, Ludwig lo aveva tenuto d'occhio dal primo giorno, sebbene solo per pietà.
Ora che la loro amicizia si era cementata il biondo si comportava molto bene con Feliciano, era perfino più gentile. A Ludwig non sembrava importare di sembrare debole davanti agli altri detenuti; difendeva e proteggeva l'italiano anche se tutti credevano che quest'ultimo fosse la sua cagna.
Il moro lanciò un'occhiata all'altro; erano seduti sotto l'albero spoglio da quasi un'ora a chiacchierare. Con il passare dei giorni si sentiva molto a suo agio con il tedesco, ricordava che nei primi giorni dopo la "rivelazione" si sentiva a disagio ogni volta che voleva iniziare una conversazione.
Feliciano notò un detenuto camminare vicino all'albero e lanciare un'occhiata a Ludwig che fu ricambiata. Poi cercò di sembrare rilassato mentre si affrettava ad andarsene dando alla pianta un'ampia circonferenza, come se temesse che il biondo gli sarebbe saltato addosso. L'italiano osservò l'uomo con curiosità prima di rivolgersi all'amico. «Sei qui da molto tempo, vero?»
«Cosa te lo fa credere?» chiese l'altro.
«Arthur mi ha detto che sei qui da cinque anni.» rispose il moro con una scrollata di spalle. «Ma è comunque intuitivo.»
«Da cosa?»
Feliciano scrollò nuovamente le spalle, guardando tra il mare di tute arancioni verso l'uomo che si era avvicinato a loro; stava ancora lanciando occhiate ansiose verso il loro albero. Ogni tanto sembrava accadere la stessa cosa, i detenuti li guardavano con avversione, paura, irritazione o confusione. Ludwig non sembrò accorgersene, forse c'era abituato. «Beh...qui sembrano tutti conoscerti.»
«Conoscono me, ma non sanno chi sono.» confermò il biondo. «Sono l'uomo di cui tutti hanno paura.»
Feliciano poggiò la testa al tronco dell'albero. «Perché?»
Ludwig inarcò un sopracciglio. «Perché?» chiese incredulo. «Fino a poco tempo fa eri terrorizzato da me.»
«Sì...ma io sono terrorizzato dalla maggior parte delle cose.» ammise il giovane con un timido sorriso. «Intendevo dire che non sei la persona più spaventosa qui.» disse mentre faceva vagare lo sguardo tra i detenuti. «Non sei né il più alto né il più grosso.»
Il tedesco seguì il suo sguardo e quando i loro occhi si rincontrarono sorrise. «L'apparenza inganna.» disse passandosi una mano tra i capelli. «Penso che le storie che si raccontano sul mio crimine siano molto esagerate qui. Ecco perché tutti mi stanno alla larga come se fossi un piccione malato.»
«In che senso esagerate?» chiese l'italiano mentre incrociava le braccia al petto. «Insomma, anche altre persone qui devono essere degli assassini.»
Trasalì leggermente credendo di aver offeso Ludwig, ma fortunatamente quest'ultimo non sembrava influenzato dalla parola con la "A". «Non credo che ce ne siano altri.» asserì.
«Sicuro?»
«Ja...sai, sono stato fortunato a finire in questa prigione. Non è un carcere di massima sicurezza, ed è lì che si hanno più probabilità di morire.»
Il moro sbatté lentamente le palpebre. «Veramente?»
Ludwig annuì. «Sono stato mandato qui perché la prigione a qualche miglio da qui era già al completo.» disse quasi con sollievo. «Quei posti sono quelli dove dovrebbero finire le persone come me. È lì che gira la droga, che ci sono gli stupri e lì tre o quattro detenuti vengono uccisi in una settimana.»
«...e qui non accadono episodi simili?» chiese ripensando con un brivido all'asta del sesso.
«Oh, ci sono stupri e traffici di droga, ma gli omicidi sono molto rari...la maggior parte delle persone qui sono delle mezze seghe con tatuaggi ridicoli e capelli rasati. Si credono chissà chi solo per aver commesso qualche piccolo reato ma appassirebbero se li guardassi negli occhi.» sogghignò.
Feliciano sorrise leggermente. «È per questo che sei il ragazzo più duro qui?»
Ludwig lo guardò, sembrava quasi lusingato. «Ja, ma se fossi nell'altra prigione sarei nei guai.» disse piano, mordendosi l'interno di una guancia. «...uccidere un uomo non è nulla in confronto a quello che hanno fatto le persone lì dentro. E questa prigione va bene, c'è più libertà qui che in molte altre.»
«...è una strana parola per descrivere una prigione.» disse Feliciano per poi rabbrividire quando si alzò una raffica di vento freddo che si insinuò nei suoi abiti leggeri.
Il sopracciglio di Ludwig si sollevò al tremore involontario. «Beh, un principiante come te non può capire certe cose.» spiegò brevemente, e Feliciano poté giurare che il tedesco gli si fosse avvicinato, dato che in quel momento poteva sentire l'ampia spalla dell'altro contro di lui. «Potrebbe essere ancora peggio, per quanto devi stare qui?»
«Due anni.» rispose con un sospiro.
«Che cosa hai fatto?» chiese il tedesco con interesse.
Feliciano lo guardò, facendo del proprio meglio per mantenere un'espressione seria. «...ho aggredito qualcuno, che ora è in coma in ospedale.»
Ludwig annuì lentamente mentre un angolo della sua bocca si sollevava. «Va bene, com'è andata veramente?» chiese con un tono di divertimento nella voce.
«Mh?»
«Dai, ti aspetti veramente che io creda che uno come te possa mandare qualcuno in ospedale?» disse con un ghigno mentre scuoteva la testa.
L'italiano trattenne un sorriso. «Chissà, potrei essere segretamente un maestro di Kung Fu o qualcosa di simile.» disse con un'alzata di spalle.
Il biondo sbuffò leggermente. «Ja, giusto.» mormorò.
«L'apparenza inganna.» ridacchiò il più piccolo.
Ludwig lo guardò con uno sguardo scettico; Feliciano gli sorrise dolcemente e il primo non riuscì a trattenersi dal sorridere a sua volta, alzando gli occhi al cielo. «...quindi, vai avanti. Cos'è successo?»
Feliciano sospirò, si portò le gambe al petto e le avvolse con le braccia. «Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato.» mormorò poggiando il mento alle ginocchia.
«Quindi sei innocente.» disse piano l'altro.
«Sì...vorrei che anche la giuria ci avesse creduto.» mormorò tristemente.
«Quindi, cos'è successo veramente?» chiese il tedesco spingendo la spalla dell'italiano un po' troppo energicamente.
Feliciano inciampò di lato e dovette mettere una mano a terra. Si rimise seduto poggiandosi al tronco. «Era molto tardi, circa mezzanotte, e stavo tornando a casa da un pessimo appuntamento. Avrei dovuto prendere un passaggio, ma ho preferito andare a piedi per stare un po' da solo.» rivelò, il tedesco annuì perché continuasse. «Vivo in un quartiere molto carino, per cui non credevo che ci sarebbero stati problemi nel camminare lungo quelle vie e a quell'ora...» disse quasi con un gemito. «Però, mentre mi guardavo attorno, ho notato che c'era qualcuno steso per terra in un vicolo. Inizialmente pensai che si trattasse di un senzatetto.»
Feliciano si morse leggermente il labbro. «Sono entrato nel vicolo per vedere se stava bene, ma quando mi sono avvicinato ho notato che era un ragazzo dai tratti asiatici steso in una pozza di sangue. L'ho scosso per svegliarlo, ma non lo fece. Respirava a malapena. Così ho chiamato l'ambulanza e ho detto dove ci trovavamo, poi...» si interruppe, chiuse gli occhi, si strinse i capelli ed emise un gemito di frustrazione. «Poi ho fatto qualcosa di veramente stupido.» piagnucolò.
«Cosa?» chiese Ludwig.
L'italiano lasciò le ciocche ramate che stringeva tra le dita sospirando. «...sono scappato.»
Il biondo lo fissò. «Cosa?...Perché?» disse con totale stupore.
Feliciano scrollò le spalle. «Sono andato nel panico, credevo...credevo che avrebbero pensato che fossi io il colpevole, perciò sono corso a casa.»
Il tedesco annuì, ma sembrava ancora confuso. «...hanno pensato che fossi stato tu?»
L'italiano annuì. «Sì, qualcuno deve avermi visto, perché la polizia si è presentata due ore dopo a casa mia. Avevo ancora il sangue di quell'uomo sui vestiti, nessuno mi avrebbe mai creduto.» mormorò.
«Probabilmente sarebbe stato meglio se tu fossi rimasto con quel tale finché non sarebbe arrivata l'ambulanza. Così saresti apparso come un innocente spettatore.» disse Ludwig quasi dolcemente.
Feliciano sospirò. «Sarebbe stata la scelta più saggia. Alla corte credevano che stessi mentendo, e la famiglia della vittima voleva giustizia.»
Il biondo scosse la testa. «Non va bene...probabilmente sei l'unico innocente qui dentro.»
«Già, non appartengo a questo posto.»
«Dipende tutto dalle circostanze.» disse il tedesco. «È incredibile, vero? Come tali piccole azioni possano avere un impatto così grande nelle nostre vite...forse non saresti qui se non fossi uscito all'appuntamento con quella ragazza.» guardò l'italiano inarcando un sopracciglio. «Spero che ne sia valsa pena.»
Il moro sorrise mentre le sue guance si arrossavano. «Oh...in realtà era un lui...e no, non lo è stato.»
«Un lui?» disse Ludwig piuttosto bruscamente prima di schiarirsi la gola, voltandosi dall'altra parte. «Beh, neanche il tipo con cui sono stato a letto lo è stato.»
Feliciano lo fissò, sorridendo leggermente. «Sai, non mi aspettavo davvero che tu...fossi così.»
«Veramente?» chiese l'altro con un lieve sorriso. «Neanche dopo che ti sei offerto a me?»
Il giovane arrossì violentemente al ricordo, si voltò dall'altra parte imbarazzato. «Credevo che se due uomini facessero sesso tra loro in prigione, ciò non li rendeva automaticamente gay.» mormorò sentendo improvvisamente caldo nonostante l'aria fosse gelida.
«Non hai del tutto torto.» disse ridacchiando. «Ma nein, so di esserlo da quando avevo quattordici anni.»
«Così giovane?» domandò stupito l'italiano, voltandosi per guardarlo negli occhi; lui stesso aveva messo in chiaro la sua sessualità solo pochi anni prima.
Il biondo annuì. «All'inizio non ne ero del tutto certo, ma poi mi ero confidato con Gilbert...» sorrise dolcemente. «Sapeva sempre la cosa giusta da dire, ero terrorizzato perché credevo che lo avrei disgustato e che mi avrebbe odiato...ma fu magnifico.»
Anche Feliciano sorrise. «Sembra un ragazzo eccezionale.»
«Lo era...teneva davvero molto a me.» disse piano Ludwig. «Mi aveva insegnato tutto quello che sapeva e aveva accettato tutto quello che ero...non dimenticherò mai il giorno in cui glielo dissi.»
~O~
«Ehi Luddi!» Gilbert aprì il cancello posteriore del suo vecchio orfanotrofio. Gli assistenti sociali gli avevano dato il permesso di vagare nel giardino - e lo aveva fatto tutti i pomeriggi degli ultimi cinque anni - purché si ricordasse di richiudere il cancello quando se ne andava. Il suo fratellino stava seduto sulla muretta di mattoni. Solo Ludwig era lì: gli altri bambini avevano imparato ad anticipare le visite dell'albino e così se n'erano andati per lasciarli soli. Quando il tedesco vide il maggiore gli andò incontro abbracciandolo.
Gilbert sorrise, sollevando il giovane da terra mentre si abbracciavano. «Caspita, Diventi più grande di giorno in giorno!» lui rise, la sua voce leggermente tesa. «Come stai?» chiese il maggiore mentre lo rimetteva a terra.
«Bene...tu?» chiese Ludwig piano, giocando con l'estremità delle maniche del suo vecchio maglione verde, entrambe logore e strappate.
«Sto benissimo! La prossima settimana compirò diciotto anni, così mi lasceranno portarti via da qui perché sarò legalmente un adulto! Ti porterò al cinema, in spiaggia, ti comprerò da bere a patto che tu non lo dica a nessuno, e...» si fermò quando vide le maniche del maglione verde. «Ehi, che ti è successo alle maniche? Sei stato inseguito da un cane affamato o cose del genere?» chiese confuso.
Ludwig si morse il labbro, ripiegando le maniche. «No, non mi è successo niente...» mormorò.
Gilbert sembrava un po' sospettoso. «Ricordami di comprarti un maglione nuovo quando riceverò lo stipendio, okay?» disse arruffandogli i capelli. Il biondo fece un sorriso distorto. «Stai bene, fratellino?»
«J-Ja...ehm...ti va di salire sull'altalena?» chiese frettolosamente, andando nell'area giochi.
Gilbert lo seguì lentamente, afferrò entrambe le catene rimanendo in piedi. «Sei sicuro di stare bene, Ludwig? Sembri a disagio...nessuno ha fatto dei casini con te, vero? Perché se mi dici chi è stato se la vedrà con me.» disse deciso.
Ludwig si sedette provvisoriamente sull'altra altalena. «Nein, nessuno mi ha disturbato.» mormorò.
«Bene, allora qual è il problema? Sai che riesco a capire quando qualcosa ti turba.» disse con fermezza andando davanti a lui.
Ludwig annuì, il labbro inferiore tremava. «Ja, lo so.» sussurrò, non aveva senso mentire a Gilbert.
«Va bene, che succede?» chiese ammorbidendosi all'istante, posando una mano sulla spalla del fratello minore.
Ludwig poggiò le mani sulle ginocchia per impedire loro di tremare. «Uhm...beh, ricordi quando quella ragazza...Lisa...mi ha detto che le piaccio...» cominciò piano. «Dopo...mi ha baciato e io...non mi è piaciuto...» si morse il labbro. «...temo di aver capito il perché.»
All'improvviso il biondo scoppiò a piangere e si coprì il volto con le mani.
«Ehi...» Gilbert si chinò di fronte a lui. «Odio vederti così...cosa c'è che non va? Puoi dirmi tutto.» disse con tono gentile.
Il minore singhiozzò. «G-Gil...io...non credo di...» scese dall'altalena e abbracciò il fratello. «...non credo che mi piacciano le ragazze...» pianse più rumorosamente mentre stringeva la giacca del più grande.
Gilbert strinse il minore tra le braccia. «Aww Ludwig...non ti devi arrabbiare, non c'è niente di sbagliato in tutto ciò.» disse tranquillamente.
Il tedesco strofinò gli occhi sulla spalla dell'albino, il suo respiro era spezzato. «M-ma è solo che io...credo che mi piacciano i ragazzi...» sussurrò.
Gilbert sembrò piuttosto sorpreso dalla confessione dell'altro, ma continuò a tenerlo stretto, cercando di calmarlo. «...va bene, shhhh...»
Improvvisamente Ludwig si staccò da lui mentre si strofinava disperatamente gli occhi. «Mi dispiace tanto Gil...ti prego...ti prego non odiarmi.» singhiozzò.
«Che cosa?» sbottò l'altro incredulo. «Non essere stupido.» scosse la testa, gli si avvicinò e gli afferrò le mani per allontanarle dal viso, in modo da guardarlo negli occhi. «Non potrei mai odiarti.»
Il biondo tirò su col naso, le lacrime continuavano a scendere sulle sue guance arrossate. «Davvero? Anche se...anche se sono disgustoso?» sussurrò.
«Cosa? Ludwig non sei disgustoso!» Gilber sembrava scioccato, trascinò suo fratello in un altro abbraccio. «Scherzi a parte, non c'è nulla di sbagliato nel preferire i ragazzi.» disse mentre gli accarezzava i capelli biondi.
«...sicuro?»
L'albino gli sorrise. «Certo! Non importa chi ti piaccia o di chi ti innamori, l'importante è che tu rimanga te stesso.»
Ludwig ricambiò il sorriso. «Davvero?»
Gilbert annuì, baciandogli la cima della testa. «Non c'è mai nulla di sbagliato nell'amore.» disse sorridendogli. «Quindi...hai una cotta per qualche ragazzo qui?» chiese malizioso.
Il biondo arrossì e si allontanò da suo fratello imbarazzato. «No!» scattò.
Gilbert rise. «Quando sarai abbastanza grande ti aiuterò a prendere tanti cazzi!»
«Gil!» disse Ludwig sbigottito; il più grande scoppiò a ridere e lui non poté fare a meno di unirsi a lui.
L'altro sorrise e gli avvolse le spalle con un abbraccio. «Adesso ridi, ma fidati di me...avrai bisogno del mio fantastico aiuto per scovare i gay.»
«Lo terrò a mente.» ridacchiò Ludwig.
~O~
Feliciano sorrise dolcemente. «Sei stato fortunato, mio fratello si è arrabbiato molto quando gliel'ho detto.»
Ludwig sembrò comprensivo prima di corrugare la fronte per la confusione. «Aspetta, pensavo che mi avessi detto che tuo fratello aveva un fidanzato.»
«Appunto, era arrabbiato perché non vuole che lo copi.» ridacchiò piano il moro.
Il tedesco sbuffò, scuotendo la testa. «Caro Gott, è una scusa terribile.»
«Lo so, ma ora è d'accordo.» disse piano. «A proposito...qualcun'altro sa di Gilbert qui?»
Ludwig rimase in silenzio prima di annuire lentamente. «Ja, Arthur lo sa...la guardia carceraria.»
Feliciano sorrise. «Arthur è davvero gentile.»
«Ja, è un bravo ragazzo.» concordò il biondo. «Era presente al mio processo, perciò ha sentito tutta la storia...era l'unico a cui importava.» mormorò.
Il moro annuì, tutto sembrava avere più senso. «Mi chiedo se è qui...» si chiese. L'italiano allungò il collo per cercare di localizzare il britannico; le guardie erano facilmente individuabili nelle loro divise, solitamente camminavano lungo il confine del giardino.
Lo vide conversare con Alfred; l'americano stava sfoggiando la nuova pistola che gli avevano assegnato. Il moro non era del tutto sicuro della relazione che c'era tra i due, discutevano come una coppia sposata, ma non era certo che fossero coinvolti romanticamente; forse Ludwig conosceva la risposta. «Ehi, sai se quei due stanno insieme?» chiese voltandosi verso l'amico che non rispose. «Ludwig?»
Il tedesco non stava prestando attenzione all'italiano vicino a lui, stava guardando altrove, davanti a sé; il suo viso era corrucciato, come se avesse sentito un cattivo odore. Feliciano seguì il suo sguardo. A poca distanza da loro, un detenuto stava fissando Ludwig. L'uomo era piuttosto alto, anche se più basso del biondo, i suoi capelli erano castani e disordinati, mentre i suoi occhi erano di un grigio scuro. Era magro anche se le sue braccia sembravano gonfie di muscoli, il viso era piatto e il mento appuntito.
Per una frazione di secondo l'italiano poté quasi giurare che lo sguardo dell'uomo si fosse posato su di lui, ma prima che potesse confermarlo, il detenuto si era voltato e si era mescolato tra la folla di detenuti. Feliciano sembrò piuttosto confuso, si voltò verso l'amico biondo. «Ludwig?»
Ludwig scosse rapidamente la testa e si schiarì la voce. «Non è niente, scusa. Che cosa avevi detto?»
«Non importa...» disse piano il moro.
«Vuoi giocare a carte più tardi?» gli chiese il tedesco.
L'italiano sorrise leggermente, annuì. «Certo.»
~O~
«Scala.» disse Ludwig mostrando le sue carte. «Cosa hai ottenuto?»
«Ehm...» Feliciano si morse il labbro, guardando la propria mano con sguardo vuoto. «Ne ho tre...» mormorò prima di far cadere accidentalmente qualche carta. «Ops...»
Il tedesco sospirò. «Non mi avevi detto di saper giocare a poker?»
L'italiano si guardò attorno imbarazzato mentre riprendeva le carte. «Credevo che sarei stato in grado di imparare le regole mentre giocavamo.»
Ludwig alzò gli occhi al cielo. «Non puoi giocare a poker se non conosci le diverse mani...guarda.» prese le carte dell'altro e le dispose sul tavolo. «Hai un quattro, che fa coppia con il quattro sul tavolo...avresti potuto giocarlo.»
«Vale tanto?»
«Non è eccezionale, ma è meglio di niente.» spiegò mentre riconsegnava le carte al moro. «Ecco perché devi bluffare, perché se gli altri giocatori pensano che tu abbia una buona mano folderanno e potrai vincere anche con carte terribili...anche se solitamente si bluffa quando ci sono soldi in palio.» aggiunse, spostando il mucchietto di stuzzicadenti che usavano come fiches. «Ricominciamo? Stavolta ti aiuterò.»
Feliciano annuì lentamente mentre raccoglieva le proprie carte, provò a imitare il modo professionale in cui Ludwig teneva le sue. «Ehm...quindi cosa devo fare con le mie carte?»
«Devi abbinarle a quelle sul tavolo per ottenere la mano migliore.» disse semplicemente. L'italiano lo fissò senza espressione. Ludwig sospirò, poggiò le proprie carte sul tavolo a faccia in giù e trascinò la sedia dall'altra parte del tavolo per sedersi vicino al moro. «Va bene, qui hai una donna e un sette, ma da soli non sono sufficienti. Guarda le carte sul tavolo.»
Feliciano socchiuse gli occhi verso le carte scoperte. «Va bene...»
«Qui non ci sono né donne né sette, perciò non puoi fare alcuna coppia. Però entrambe le carte sono quadri, così come due carte sul tavolo. Puoi fare colore solo con cinque carte, perciò devi sperare che la prossima carta che verrà svelata sia una di quadri. Se non lo è perdi...ma è qui che entra in gioco il bluff.»
Feliciano provò a concentrarsi sulla spiegazione che gli stava dando il tedesco, ma a quella vicinanza non ci riusciva proprio. Improvvisamente Ludwig gli diede un colpetto sulla spalla e l'altro sobbalzò, rendendosi conto che l'altro gli aveva fatto una domanda. «Come scusa?»
Il biondo sospirò. «Ti avevo detto di darmi la tua mano.» disse mentre gli tendeva una mano.
Il più giovane lo fissò, deglutendo leggermente. «...va bene.» mormorò confuso; la sua mano tremava lievemente quando la sollevò e afferrò delicatamente quella del tedesco. Fu sorpreso di quanto quella dell'altro fosse più grande e il suo palmo incredibilmente caldo. Feliciano teneva fisso lo sguardo sulle loro mani unite, avvertiva le proprie guance scaldarsi. Le dita del biondo si contrassero in una sorta di impulso e l'italiano scoprì che le sue stesse dita venivano trascinate tra gli spazi di quelle dell'altro, si incastrarono perfettamente insieme, bloccandosi in quella posizione.
Diede un'occhiata al volto di Ludwig e notò che anche lui stava guardando le loro mani unite. Il tedesco catturò lo sguardo del compagno di cella e si schiarì goffamente la voce, il suo viso pallido si arrossò. «Ehm...intendevo le tue carte...»
«Oh.» Feliciano arrossì e gli porse a disagio le carte che teneva con l'altra mano. «Scusa.»
Ludwig fece una smorfia, prese le carte che poggiò successivamente sul tavolo e fece sciogliere la presa tra le mani. «Ehm...penso che dormirò per un po'.»
Il moro si sentì giù di morale. «Va bene.»
«...puoi ancora giocare con le carte se vuoi.» aggiunse mentre saliva sul proprio letto. Si sdraiò sulla schiena e incrociò entrambe le braccia dietro alla testa prima di chiudere gli occhi, sospirando lentamente.
Feliciano lo osservò per qualche istante; la mano che aveva stretto quella del tedesco era poggiata sul tavolo. La chiuse, le dita si arricciarono sul palmo, le punte formicolavano. Quando senti il respiro pesante del biondo fu certo che si fosse addormentato. Raccolse le carte decidendo che avrebbe fatto un gioco meno complicato. Ogni tanto lanciava qualche occhiata all'altro detenuto, il più piccolo dei sorrisi spuntava sul suo volto; Ludwig sembrava molto dolce quando dormiva.
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