Capitolo 6
Feliciano non aveva mai pensato di essere uno dei tanti ragazzi che etichettano le persone per il loro carattere. Certo, era molto suscettibile alla cattiva interpretazione e all'inganno, tuttavia una volta che si faceva un'idea su una persona non la cambiava tanto facilmente. Eppure la sua percezione era cambiata con Ludwig.
Il tedesco era seduto al proprio tavolo, la colazione era davanti a lui ma non accennava alcun movimento verso essa. La severa compostezza e la posizione dominante del biondo si ridussero a ciò che Feliciano poteva descrivere di un uomo distrutto. I suoi occhi erano arrossati ed era pallido in volto, presumibilmente il risultato della brutta nottata. Eppure Ludwig in qualche modo conservava ancora un po' del suo potere, nessuno aveva dato l'impressione di comportarsi diversamente col biondo. L'italiano si chiese perché.
Lo stesso Feliciano sapeva che non doveva comportarsi diversamente, anche se era meno aspro. Le grida di Ludwig lo avevano tenuto sveglio per quasi tutta la notte. Se non fosse stato per l'aspetto disordinato del tedesco e il suo silenzio insondabile quando si erano svegliati presto quella mattina, il piccolo moro avrebbe potuto autoconvincersi di essersi sognato tutto.
Ovviamente non lo aveva fatto; era fin troppo reale e Feliciano moriva dalla voglia di sapere cosa avesse causato al compagno di cella tale dolore, un dolore contorto, emotivo.
«Arthur...» Feliciano abbandonò il vassoio sulla stazione di servizio e si avvicinò al britannico. Pensò che fosse meglio per Ludwig se Arthur avesse saputo cosa stava succedendo.
Arthur alzò lo sguardo, sorridendo gentilmente. «Oh, ciao Feliciano, stai bene? Ieri ho notato che andavi d'accordo con Ludwig.» disse, ripensando al giorno prima in cui i due detenuti aveva avuto una conversazione quasi amichevole nell'ufficio del medico della prigione.
Feliciano annuì sorridendo leggermente. «Sì, ma penso che lo abbia fatto solo perché è stanco di essere cattivo con me...» mormorò, fissando il tedesco dall'altra parte della mensa.
Anche la guardia carceraria gli diede una breve occhiata. «Forse, ma non è una cosa necessariamente negativa.»
L'italiano annuì brevemente. «Sì...ehm, Arthur...» disse piano, rivolgendosi al britannico.
«Yes?»
Feliciano si morse il labbro, sperando che stesse facendo la scelta giusta. «Questa notte...Ludwig faceva dei rumori strani...e si muoveva molto.»
Arthur sospirò leggermente. «Oh, sì. Alfred mi ha detto che è successo ancora, era di guardia.» Lo informò senza una nota di sorpresa nella voce.
L'italiano lo fissò. «Ancora?» chiese stupito.
L'inglese annuì, piuttosto abbattuto. «Incubi orribili, in realtà accade spesso. Alcuni detenuti gli spaventa a morte per il modo in cui urla come un malato mentale.»
«È terribile.» ansimò il moro, coprendosi la bocca aperta con una mano. Si mordicchiò una nocca e spostò lo sguardo sul malinconico tedesco. «...continuava a ripetere cose strane...» mormorò per poi sgranare gli occhi. «...avrà qualcosa a che fare col motivo per cui è qui?» chiese pensieroso.
Improvvisamente Arthur parve piuttosto imbarazzato. «I...I wouldn't know...» mormorò.
Lo sguardo dell'italiano si spostò dal detenuto al britannico. «Arthur...credi di potermi dire perché Ludwig si trova qui?»
«Non posso.» rispose il biondo sorprendentemente fermo e diretto.
Feliciano si accigliò confuso. «Sei sicuro?»
Arthur sospirò. «Si, mi dispiace Feliciano, ma la riservatezza dei detenuti è una delle regole più importanti qui. Non dovremmo parlarne neanche tra noi guardie, ma soprattutto tra i carcerati...per protezione.»
«Protezione?» domandò il giovane.
Il britannico annuì, abbassando la voce mentre parlava con l'italiano. «Potresti non pensarlo, ma qui la gente non capisce il concetto di indecenza, alcuni crimini sono considerati barbari e disumani anche da parte degli stessi detenuti che gli hanno commessi.» sospirò. «...sai...abusi sessuali, anche su bambini...» mormorò lanciando un'occhiata al moro. «Dobbiamo mantenere i segreti dei detenuti, altrimenti rischierebbero la vita e anche la loro famiglia al di fuori della prigione.»
Feliciano annuì avendo capito. All'improvviso sentì una dolorosa fitta all'altezza della bocca dello stomaco mentre un dubbio atroce lo pervase. «...e Ludwig, non lo è, voglio dire...non ha...?» balbettò.
Il britannico scosse la testa. «No, posso dirti che non ha commesso alcun crimine di quella natura.» disse con fermezza.
Feliciano annuì con un sospiro di sollievo. Il suo sguardo fu nuovamente attratto dal tedesco; era stato abbastanza a lungo in quella prigione da essersi fatto una reputazione di sé stesso e dei suoi incubi notturni, si morse il labbro al pensiero. «E...puoi dirmi qual è la durata della sua pena?» chiese sorridendo.
«A vita.»
L'italiano riavvertì la fitta allo stomaco. «D-davvero? Quindi quello che ha fatto deve essere stato terribile!» balbettò sentendo una fastidiosa fitta anche all'altezza del petto.
«...bene, meglio che vada via.» borbottò Arthur frettolosamente mentre cercava di sfuggire alle domande del piccolo moro.
«Aspetta Arthur...» chiamò Feliciano seguendolo. «Credi che Ludwig mi parlerebbe del suo crimine se glielo chiedessi?» domandò in un sussurrò.
«Non lo so, potrebbe essere che non lo dirà mai.» disse l'inglese imbarazzato, spostando lo sguardo sul volto seccato di Alfred. «...comunque» mormorò tornando all'italiano. «...se la curiosità avrà la meglio su di te ti consiglierei di scegliere accuratamente le parole e...dovrai sforzarti di essere comprensivo.»
Detto ciò Arthur andò dal proprio amico, fidanzato, coniuge...o qualunque cosa fossero quei due, lasciando solo il moro. Feliciano non era più spaventato dai detenuti come all'inizio; tutti credevano che fosse la puttana di Ludwig e perciò off limits, il tedesco lo aveva difeso numerose volte e perciò nessuno lo metteva in dubbio. L'italiano non aveva appetito, perciò uscì nel cortile cercando di schiarirsi le idee e trovare un modo per chiedere al biondo il perché fosse lì.
~O~
Feliciano fu sorpreso da ciò che fece Ludwig quando, quel pomeriggio, furono fatti rientrare nelle loro celle. Aveva trascorso un pranzo piuttosto imbarazzante dal momento che il tedesco non parlò né tocco cibo e il moro temette di risentire quella solitudine una volta in cella.
Piuttosto che rimanere steso nel letto per ore, il biondo si sedette sulla sedia di fronte a quella dell'italiano e distribuì le carte da scala quaranta sul tavolo tra loro in un solitario. Iniziò a giocare in silenzio; non aveva riconosciuto nemmeno una volta la presenza di Feliciano da quando si erano seduti alla mensa.
Per molto tempo l'italiano lo guardò. Le mani del tedesco si muovevano sul tavolo ma lo sguardo del moro era fisso sul viso. Le labbra sottili e chiare erano socchiuse, gli occhi azzurro ghiaccio si spostavano sul tavolo e qualche ciocca bionda ricadeva davanti a loro. La gamba sinistra di Feliciano cominciò a tremare e fu costretto a posare un mano sul ginocchio per fermarla. Era ansioso di parlare con quell'uomo così concentrato e in più non sapeva come cominciare il discorso. Il giovane deglutì pesantemente e il cuore sussultò quando Ludwig fermò il movimento delle mani.
Il biondo alzò gli occhi facendoli incastonare con quelli ambrati di Feliciano, che non riuscì a distogliere lo sguardo in tempo. «...cosa c'è?» grugnì con un cipiglio.
Il moro batté velocemente le palpebre e le gambe cominciarono a tremare. «...come?» mormorò.
«Perché mi stai fissando?» borbottò il tedesco senza battere ciglio o distogliere lo sguardo, eppure in quest'ultimo non c'era la solita freddezza.
Feliciano scosse la testa cominciando a guardare le carte per non incrociare nuovamente gli occhi con quelli del biondo.
Ludwig inarcò un sopracciglio e tornò al solitario. L'italiano si morse il labbro, il cuore batteva a disagio mentre la sua mente lo spingeva disperatamente a chiedere al tedesco cosa avesse fatto per trovare un modo per farlo stare meglio. Tornò a guardargli il volto in cerca di indizi. Il biondo non dovette staccare gli occhi dalle carte per sapere che aveva nuovamente lo sguardo del più piccolo su di sé.
«Smettila.» ringhiò.
Feliciano deglutì. «Cos-»
Ludwig sospirò frustrato colpendo il tavolo con un pugno. «Smettila di fare il finto tonto, sai cosa intendo! Solo...» si interruppe, stringendo la mascella. «...smettila di fissarmi. Mi fai venire i brividi.» sibilò costringendosi a tornare alle carte. I suoi denti si strinsero mentre cercava di concentrarsi sul gioco, ma la presenza di Feliciano lo deconcentrava. «E adesso?» disse freddamente continuando a tenere la testa abbassata.
Il moro sembrava confuso, quella volta non stava guardando nemmeno nella sua direzione. Si mosse goffamente sulla sedia. «Io...io non ho detto-»
«Non dovevi.» mormorò il tedesco, fissandolo. «Posso leggerlo dalla tua stupida espressione, vuoi dirmi qualcosa ma hai paura che io ti possa fare del me in caso parlassi.» scosse la testa incredulo. «Cosa credi che ti farei se parli?»
La mascella di Feliciano tremò leggermente. «Tu...mi hai detto di non parlarti...mai.» riuscì a sussurrare.
Ludwig sospirò. «...se questa regola fosse ancora in vigore credi che ti farei delle domande adesso?»
«...no?» disse il piccolo moro in tono interrogativo.
Il biondo alzò gli occhi al cielo. «Sei proprio un genio, sai?» borbottò. Incrociò le braccia al petto facendo risaltare i muscoli dei bicipiti; Feliciano deglutì a vuoto. «Continua.»
«Cosa?»
«Cosa vuoi sapere?» chiese lentamente.
Feliciano si morse il labbro. «Ehm...»
«Dai, puoi dirlo.» grugnì Ludwig, facendo schioccare le nocche annoiato.
L'italiano sussultò per quell'azione. «...è ehm, è...» balbettò nervosamente ricominciando a tremare.
Il tedesco perse la poca pazienza che aveva. «Sputa il rospo!» abbaiò.
«Tutti pensano che io sia la tua puttana!» strillò il moro chiudendo gli occhi. Rimase scioccato da sé stesso per ciò che aveva detto, di certo non era quello l'argomento che voleva affrontare, ma sotto pressione aveva detto la prima cosa che gli era passata in testa.
Quando Feliciano sbirciò da un occhio di sollevato nel constatare che il biondo non sembrava arrabbiato, solamente confuso. «...e dovrei preoccuparmi perché...?» chiese.
L'italiano deglutì irrigidendosi. «Tu...mi avevi detto che non lo sono...e che dovevo negare...se me lo chiedevano...» mormorò.
«...e qualcuno te lo ha chiesto?» domandò il tedesco arcuando un sopracciglio.
«...no.»
«Bene allora.» grugnì Ludwig sistemando le carte. «Negalo se lo chiedono, ma se quei fottuti idioti la pensano ancora così, allora è un problema loro. Non mi interessa, non danneggia la mia reputazione.» borbottò.
Feliciano annuì brevemente, il cuore batteva ancora a un ritmo inquieto; si schiarì la voce. «Ludwig...»
«...cosa c'è?» chiese senza distogliere gli occhi dal tavolo.
L'italiano si morse il labbro. «Non era quello che volevo...» sussurrò.
Il biondo alzò la testa per guardarlo. «Che cosa?»
Il moro strinse le mani per impedire loro di tremare. «...non era quello che volevo dirti...volevo chiederti un'altra cosa...» disse piano.
Ludwig sembrava incuriosito. «...ja?»
Feliciano trasalì leggermente mentre parlava. «Io...volevo solo sapere se...se stessi bene e se ne volessi parlare...non lo dirò a nessuno, giuro! Continuo a chiedermi...specialmente riguardo a ciò che è successo ieri sera-»
«Ieri sera?!» abbaiò il tedesco spalancando gli occhi.
Il giovane sussultò, il battito del cuore aumentò rapidamente. «...stavi...gridando...» si bloccò immediatamente quando vide il viso dell'uomo arrossarsi e una vena iniziare a pulsare sulla sua fronte. Iniziò a tremare spaventato. «S-scusami...n-non dirò più n-niente...io-»
«...cosa volevi chiedermi?» chiese il biondo, il suo temperamento regnava ancora, ma i suoi occhi si erano fatti scuri.
Feliciano non volle farlo arrabbiare ulteriormente, perciò, con voce sommessa e tremante, rispose. «...volevo sapere che crimine hai commesso per essere stato imprigionato.»
Gli occhi dell'uomo si strinsero in due fessure. «Perché vuoi saperlo?» mormorò scuotendo la testa. «Ti darà solo incubi.» grugnì per poi distogliere lo sguardo.
«...non peggiori dei tuoi.» si lasciò scappare il moro.
Immediatamente si portò una mano alla bocca spalancando gli occhi. Ludwig sospirò. «Bene, Vargas...sono qui perché ho ucciso un uomo, okay?. Sono un assassino.»
I campanelli d'allarme suonarono nella testa di Feliciano. Aveva passato le ultime ore rimuginando su quale potesse essere il crimine che il detenuto potesse aver commesso, e crimini di quella natura gli erano passati per la mente. «O-oh...» un brivido percorse la sua schiena. Stava condividendo la cella con un assassino, era seduto a pochi centimetri da un uomo che aveva tolto la vita ad un altro! All'improvviso si sentì male per la paura, non riusciva nemmeno a sentire i battiti del proprio cuore.
Ludwig fece una smorfia. «Fantastico.» sputò, le palpebre si contrassero. «Ti ho spaventato, vero?» il più giovane non disse nulla, mentre tremava sotto lo sguardo dell'altro. Il moro vide qualcosa di oscuro negli occhi azzurri dell'uomo e in un istante il tavolo si era schiantato sulla parete della cella. Feliciano cadde all'indietro per lo spavento, incespicò mentre provava ad alzarsi e finì con le spalle al muro, Ludwig fu su di lui. «Ludwig, per favore! Per favore, non farlo!» gridò spaventato mentre gli occhi si riempirono di lacrime.
«Per favore non fare cosa?!» urlò il biondo mentre i suoi occhi ardevano. «UCCIDERTI?! È questo che volevi dire?!» tuonò per poi afferrare Feliciano per la maglia alzandolo, schiacciandolo contro il muro. «Perché è tutto ciò che pensi di me, vero?!» sputò in faccia al giovane.
Il moro tremava per la paura e una lacrima gli rigò una guancia. «C-cosa...Ludwig io...non-»
«Pensi che io sia solo un assassino a sangue freddo?!» ringhiò. «Pensi che ucciderei un uomo per il solo gusto di farlo?!»
Feliciano scosse rapidamente la testa mentre le lacrime gli inondavano il viso. «N-no! Non l'ho mai detto!» pianse.
«Sei proprio come TUTTI gli altri!» Ludwig gli si scagliò contro. «Sentono la parola omicidio e sono già pronti a etichettarti con il titolo di ASSASSINO SENZA CUORE!» imperversò. «Beh, ho una novità per te. TU NON C'ERI! NON CONOSCI LA MIA STORIA! NON SAI COSA HO DOVUTO SUBIRE!»
All'improvviso il giovane sussultò quando il biondo lasciò la presa liberandolo. Quest'ultimo si allontanò e si sedette sul letto del primo, i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo fisso sul pavimento.
Il cuore dell'italiano batteva così forte che non poteva essere sicuro che sarebbe mai tornato al battito normale. Il suo corpo tremava ancora mentre i suoi occhi erano fissi sull'uomo. Per parecchi minuti l'unico suono percepibile in quella cella era il respiro intenso e pesante del biondo. Alla fine il suo fiato si calmò e Feliciano si alzò.
Ancora tremante, si diresse lentamente verso il tedesco. Pensò alle parole di Ludwig, a come tutti lo saltavano sulle loro conclusioni senza ascoltare spiegazioni dal parte dell'uomo...e la reazione spaventata del moro non aveva certo aiutato. Si sentì immediatamente in colpa per quello che era appena successo; il biondo aveva ragione, lui non sapeva cosa fosse realmente accaduto e quali fossero le sue motivazioni, qualunque fossero.
Feliciano si sedette delicatamente vicino a Ludwig, mantenendo comunque un po' di spazio tra loro. Il detenuto rimase perfettamente immobile, ma la velocità del suo respiro aumentò. Il moro deglutì, aprendo la bocca per parlare.
«Dimmi.»
Ludwig alzò lentamente lo sguardo. «Che cosa?»
Si voltò verso di lui per affrontarlo. «Dimmi cosa è successo.» sussurrò.
«Non capiresti.» grugnì il tedesco per poi riabbassare la testa.
Feliciano si morse il labbro. «Allora aiutami.»
Ludwig alzò il busto e lo guardò dritto negli occhi. «...come?»
«Aiutami a capire.» disse piano. «Per favore.»
Il tedesco scosse la testa. «Perché diavolo vuoi saperlo?»
«...perché so che vuoi dirmelo.» mormorò. «...vuoi giustificarti con me.»
Il biondo lo fulminò con lo sguardo. «Non è ciò che voglio!» scattò irritato, puntando un dito sul petto del moro. «Non mi frega niente l'opinione che hai su di me!»
Feliciano rabbrividì leggermente. Continuò guardandolo. «...allora...me lo dirai perché te l'ho chiesto...?» sussurrò avvicinandosi maggiormente a lui.
Ludwig aveva ancora quell'espressione arrabbiata sul volto, ma rimase fermo dov'era. L'italiano poté vedere la sua mente lavorare furiosamente, in cerca di una controproposta. Con un forte e profondo sospiro l'uomo cedette.
«L'uomo che ho ucciso...» cominciò, evitando deliberatamente lo sguardo del moro. «Gli ho tolto la vita perché lui ha preso la mia.» Feliciano stava per obbiettare ma Ludwig continuò. «Tutto ciò che avevo era sparito in un battito di ciglia, preso da quell'uomo...la mia vita era finita...» mormorò. «...so che l'omicidio non era la soluzione migliore, ma...se tutto ciò che hai ti viene sottratto davanti agli occhi da qualcuno...» si mise diritto, fissando il vuoto. «...tu che faresti?» sussurrò.
Feliciano lo fissò. «...in che modo ti ha preso tutto quello che avevi?» chiese piano. Ludwig chiuse gli occhi, nella sua voce si sentì un fremito mentre rispondeva.
«Ha ucciso mio fratello.»
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