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Terza Traccia

Quel giorno il cielo era limpido, senza nemmeno una nuvola a rovinarne il blu. Il vento era leggero e fresco, carico degli odori della campagna. Si sentiva il profumo dei fiori appena sbocciati; la freschezza dell'erba che stava ricoprendo i campi e i colli dopo un freddo e rigido inverno; il cinguettio degli uccelli usciti da poco dal nido, che reclamavano il cibo ai loro genitori, indaffarati ad accontentarli; lo scorrere di un ruscello poco lontano, segno che il ghiaccio se ne era andato. 

Sembrava incredibile: l'inverno finalmente era finito, per lasciare posto alla primavera. 

Erano stati i mesi più duri della sua vita, non solo a causa del gelo. La guerra stava avanzando ed entrambe le parti volevano ottenere un'unica cosa: il potere che i superstiti di un'antica civiltà avevano coltivato per decenni, secoli, millenni. Un potere devastante, tanto grande che, caduto in mani buone, avrebbe reso l'umanità invulnerabile dai nemici provenienti da altri mondi o tempi, e ne avrebbe aiutato il progresso; ma che, in mani "cattive", avrebbe potuto distruggere, sterminare milioni di creature, sia umane che non, non solo di questo mondo e del futuro di esso, ma anche dei secoli precedenti e di altri universi, collegati ad esso. Un potere così devastante che aveva costretto quell'antica civiltà a scomparire, per preservare il loro amato mondo, e solo pochi – soprattutto bambini - erano sopravvissuti al Grande Incendio di dieci anni prima. E quei pochi, erano costretti a nascondersi, a rimanere nell'ombra per non essere catturati dalle due fazioni.

Molti si chiedevano perché i grandi capi continuassero ancora questa "caccia all'uomo", quando c'erano solo bambini, che molto probabilmente non sapevano nulla. Non era così. Girava una voce che, da alcuni secoli, i nuovi nati di quell'antica civiltà avessero sviluppato la capacità di "assorbire" le conoscenze dai loro genitori, in modo tale da non dimenticare nulla nel corso del tempo e potersi concentrare su apprendere e ricercare nuove cose. La cosa strana era che i bambini dovevano lo stesso imparare a camminare, a parlare, a scrivere e a leggere come qualsiasi altro bambino della Terra.

Edda era una di loro. Una Prescelta di quel mondo. Una Sopravvissuta al Grande Incendio. Una bambina, quando era successo. Una donna, in quel momento, su un colle, ad osservare la primavera nel suo splendore. Una fuggitiva, una nascosta, che doveva decidere se andarsene da quel villaggio che in tre mesi aveva imparato ad amare insieme a tutte le persone e agli animali del posto, o rimanere, ma far rischiare ancora di più la vita di quelle persone. Doveva andarsene. Doveva. Per il loro bene, per tutte le cose che le avevano insegnato, per quanto insignificanti. Se ne doveva andare. Avevano già rischiato abbastanza accettando una perfetta sconosciuta nelle loro case, dandole tre pasti caldi al giorno, dei vestiti, un tetto sopra alla testa e una cosa che lei credeva non avrebbe mai potuto ricevere e provare. 

L'amore.

L'amore di quella che avrebbe potuto essere la sua famiglia. La casa che l'aveva ospitata, in quei rigidi e lunghi mesi, le aveva fatto provare un calore tale che aveva iniziato ad alzarsi presto la mattina per dare una mano alla madre di quella famigliola nelle faccende domestiche. Quel calore l'aveva spinta a correre dietro ai due bambini e a dare da mangiare agli animali della piccola fattoria. Quel calore l'aveva spinta a imparare a mungere le mucche, con il padre dei bimbi dietro di lei, con una pipa in mano, che rideva dei suoi movimenti impacciati. Quel nuovo e inaspettato calore l'aveva portata ad essere curiosa, curiosa della vita e delle sue sfumature. Aveva iniziato ad andare al villaggio per piccole commissioni, all'inizio con passo incerto, per paura di essere scoperta, poi con uno più deciso. Aveva iniziato ad aprirsi lentamente agli abitanti del villaggio, che spesso la guardavano incuriositi, soprattutto per il suo aspetto. Si chiedevano come fosse possibile che, una bella ragazza dagli occhi chiari come il ghiaccio, i capelli neri come la notte e dall'esile figura, fosse capitata nel loro minuscolo e sperduto villaggio tra le montagne. L'avevano trovata in una notte di bufera, quasi completamente ricoperta dalla neve, sul punto di morire congelata. E l'avevano salvata. Appena si era svegliata, Edda aveva cercato di alzarsi e di andarsene da quelle persone che rischiavano di morire solo per la sua vicinanza. Ma non c'era stata storia. L'avevano costretta a starsene sotto le coperte per giorni, forse una settimana. E lei aveva iniziato a bearsi, per la prima volta dopo tanto, di quella gentilezza inaspettata. 

Aveva anche trovato l'amore di un ragazzo. 

Edda aveva capito subito che Fred ci stava provando in tutti i modi con lei, mentre lei cercava in tutti i modi di allontanarlo, anche con modi bruschi e poco femminili. Ma quel ragazzo era troppo testardo. Se lei lo respingeva, lui tornava qualche ora dopo con una nuova trovata, e cercava di farla sorridere. Era l'unico che, dopo un mese di rifiuti, continuava ad insistere, a differenza degli altri ragazzi del villaggio che, dopo qualche volta, avevano smesso di provarci, ma non di osservarla con la coda dell'occhio. Era l'unico che, con cose semplici e con gesti dolci, le aveva fatto battere il cuore.

Ma Edda se ne doveva andare, anche per il bene di Fred. 

Al solo pensiero di doverlo lasciare, senza neanche salutarlo, le spezzava il cuore, glielo distruggeva in mille pezzi. Ma non poteva rimanere. L'inverno era finito e la pace stipulata per il terribile gelo era anch'essa conclusa. Presto, molto presto, le due parti si sarebbero mosse per distruggere e conquistare. Avrebbero invaso villaggi come quello, avrebbero fatto inchinare i suoi abitanti sotto un sistema dittatoriale, sconosciuto a loro, gente libera e di campagna. Ma se avessero trovato una Sopravvissuta tra loro, sarebbe cambiato tutto. Li avrebbero torturati, usati e resi schiavi, solo per il fatto di aver accolto una sconosciuta importante tra loro. Avrebbero incendiato il villaggio in cui era stata felice, per essere traditori, seppure inconsapevoli. Edda non voleva. Non voleva vedere ancora una volta le fiamme alzarsi verso il cielo, mentre esse continuavano a mangiare, a saziarsi del legno, della paglia, delle persone intrappolate all'interno delle case. Non voleva vedere i suoi ricordi felici essere tramutati in ricordi dolorosi, in cenere e in polvere. Per questo si trovava su quel colle. Voleva abbracciare con lo sguardo tutto il paesaggio, imprimere nella sua memoria quei colori così brillanti e pieni di speranza, l'odore del pane appena sfornato nei forni che quasi sovrastava il profumo dei fiori, il suono del villaggio di mattina presto, sul punto di svegliarsi, il continuo fluire del ruscello e il cinguettio degli uccelli. 

Chiuse gli occhi e l'immagine di Fred, ancora a dormire nel suo letto, le comparve. Un dolore fortissimo le colpì il petto, quasi soffocandola. Avrebbe tanto voluto buttare il suo sacco a terra e correre tra le sue braccia. Avrebbe tanto voluto dormire ancora una volta appoggiata al suo petto e dimenticarsi chi era davvero. Avrebbe tanto voluto... ma non poteva. Non poteva e non doveva. Lei lo aveva illuso di tanto. Del fatto che sarebbe rimasta con lui nel villaggio, a vivere una vita normale e monotona. Del fatto che non lo avrebbe mai abbandonato, che avrebbero potuto amarsi per sempre. Del fatto che fosse una normale forestiera, svenuta a causa della fame e del freddo.Ma lei non sarebbe rimasta con lui, lo avrebbe abbandonato, facendolo soffrire ancora. 

Aprì gli occhi, con uno sguardo ancora più deciso di prima, una lacrima solitaria che le solcava il volto. Lo avrebbe fatto per permettergli di vivere ancora, di innamorarsi ancora una volta, stavolta di una persona migliore, di una persona che lo avrebbe reso davvero felice. Perché se lei fosse rimasta, o se lui l'avesse seguita, avrebbero solo vissuto una vita triste, una vita piena di fughe e di segreti che lei non poteva svelargli senza fargli rischiare la vita. Non doveva sapere.

Con la manica del cappotto, si asciugò la lacrima e si mise in viaggio, ancora una volta, da quando aveva otto anni.

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