37. Is this possible?
Sono sul letto e mi sto guardando intorno da circa un'ora per capire dove vi sia cacciato Harry, poiché sono le due del pomeriggio e il mio ragazzo non è accanto a me.
Così, rassegnata, porto una mano sopra gli occhi e cerco di raccattare tutti i pensieri che invadono ininterrottamente la mia testa. Sento le tempie pulsare fortemente ed è come se il sangue che scorre nelle mie vene si fosse congelato, non lasciando passare all'intero di quest'ultime l'ossigeno necessario. Mi mordo il labbro inferiore, ripercorrendo ciò che ieri notte è successo tra me e quel bel moro dal nome strano, Ian. Onestamente non so con certezza il motivo per il quale sono stata al suo gioco in quelle poche ore, ma penso sia dovuto al litigio che è scoppiato dal nulla tra me ed Harry. Tecnicamente non si è evoluto dal nulla, ma da quel deficiente di Harry, quindi...
«Allora, di dove sei?» mi chiede muovendosi sensualmente contro di me, quasi appiccicato al mio corpo sudato.
«Sono di Miami, ma vivo da tutta la vita a Londra.» rispondo sorridendo lievemente, ricordando i vecchi tempi, quando ancora quel trasferimento mi dava problemi.
«Sono nato a Londra,» mi guarda afferrandomi un fianco per avvicinarmi a lui e farmi sentire meglio ciò che ha da dire, «ma abito in America da circa venticinque anni.» conclude passandosi una mano tra i bei capelli neri corvini e spettinati.
«Venticinque anni?» sbarro gli occhi al sentire quel numero e porto una mano alla mia bocca, ridacchiando istericamente.
«Perc-» si blocca prima di concludere la sua domanda ed alza un sopracciglio fino a nasconderlo sotto il ciuffo scuro.
«Aspetta, quel "da tutta la vita abito a Londra,» dice guardandomi «a quanti anni equivale?» finisce di chiedermi praticamente la mia età e si morde il labbro inferiore che, seppur non carnoso, noto essere molto sensuale. Mi rimprovero mentalmente.
«Da diciannove anni.» rispondo semplicemente avvicinandomi a lui.
«Oh Dio.» ribatte semplicemente per poi avvicinarsi a me e spostarmi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
«Beh, sono maggiorenne per lo stato Europeo.» dico alzando le spalle e ridacchiando, il mio intento non è quello di sembrare una gallina, e penso di esserci riuscita pienamente.
«Sai quanti anni ho io?» mi domanda afferrandomi la mano ed intrecciando le nostre dita, facendomi avvertire il freddo metallico dei suoi tanti anelli.
Comunque scuoto la testa, non sapendo chiaramente quanti anni abbia l'uomo che mi ritrovo davanti da più di mezz'ora.
«Ho trentun anni.» ammette sicuro di sé stesso massaggiandosi la nuca, mentre io spalanco gli occhi e ridacchio in modo isterico. Ha dodici anni più di me!
Comunque continuiamo a ballare per tutta la notte praticamente e, se devo essere del tutto sincera, Harry non mi passa neanche mezzo secondo per la testa. Okay, magari non proprio, però comunque meno di quanto mi aspetti e questo mi fa molto riflettere sulla relazione che lega me ed il riccio che, spero, a quest'ora stia dormendo e non stia facendo qualche schifezza - come quella che sto facendo io.
«E se uscissimo?» mi chiede arricciando intorno ad un suo dito un mio lungo e rossiccio boccolo.
«Così magari parliamo con un tono di voce normale.» grida al mio orecchio per sovrastare quest'assordante musica che avvertiamo attorno.
«E magari ti conosco senza che questa tipa qui dietro mi tocchi il culo, no?» ridacchia e si gira con uno sguardo maniacale e scherzoso in viso verso una ragazza molto grossa dietro di lui.
«Sei veramente bellissima,» dice Ian alla ragazza minuendo alla sua stessa affermazione e poggiandole una mano sulla spalla tozza, «ma ci sto provando con questa tipa dietro di me che trovo veramente interessante e molto sexy. Quindi che ne dici se ti dò un abbraccio e ti saluto?» sorride lievemente e successivamente avvolge le sue braccia intorno al corpo della ragazza bassa e torchiata che, però, sembra molto carina.
Così, usciamo da questo meraviglioso pub ed iniziamo a camminare sul lungomare chiacchierando un po' su tutto ciò che ci passa per la testa.
«E così ho iniziato a lavorare nell'azienda di un amico di mio padre e, beh, sono diventato l'imprenditore di adesso.» finisce di spiegarmi le sue assurde esperienze lavorative ed io resto a bocca aperta seguendo ogni sua minima parola. Ma, d'altronde, non dovrei scioccarmi più del dovuto, in quanto, avendo trentun anni, è normale che il ragazzo accanto a me abbia molta più esperienza di quanto io ne possa solamente immaginare.
«Tu invece?» mi domanda sorridendo lievemente e, da quello che posso notare
conoscendolo solamente da due ore, è sul serio interessato a quello che potrei dire.
«Mh, io sono stata bocciata e quindi sono ancora al liceo. E, sinceramente, ancora non ho idea di cosa possa farne della mia vita.» sorrido scuotendo la testa impercettibilmente poiché mi imbarazza davvero moltissimo il fatto che non abbia ancora un piano.
«Beh, sei giovane. Hai tempo.» dice semplicemente, leccandosi in modo leggermente sfacciato le labbra piccole e rosee, facendomi incantare.
Non so cosa stia facendo, ma ingoio il nodo enorme che si è formato lungo la mia gola e deglutisco la poco saliva che mi è rimasta. Chiudo gli occhi e inspiro pesantemente, dicendomi che tutte queste sensazioni sono solamente dovute all'alcol che scorre nelle mie vene imperterrito, facendomi girare violentemente la testa. Di scatto si avvicina a me ed io, come se fosse una reazione uguale e contraria, mi allontano facendo un lungo passo all'indietro.
«Ascolta, io sono impegnata.» dico velocemente appoggiando la mano sulla ringhiera dietro di me che divide il mio corpo dall'acqua marina sotto di me.
«Oh Cielo, scusami.» si allontana da me così velocemente che è come se abbia ricevuto una scossa elettrica sulla spina dorsale.
«No, è okay.» balbetto grattandomi la testa e pensando a qualcosa da dire per non sembrare una deficiente.
«Insomma, te l'ho detto solamente adesso.» continuo sentendo l'imbarazzo che cresce intorno a noi; Dio, è quasi palpabile.
Giuro di non sapere cosa mi passa per la testa quando faccio un passo verso di lui e, afferrando la sua nuca, gli stampo un bel bacio sulle labbra morbide e chiare.
E, sempre senza la minima idea di ciò che il mio corpo stia facendo, continuo a baciarlo e, dopo qualche secondo, sento la sua lingua scivolare nella mia bocca umida e calda. Ed iniziamo ad essere anche un po' più aggressivi in questo contatto clandestino che, prego Dio, rimanga tra di noi ed in questo angolo di strada. Se solo Harry lo venisse sapere, sarebbe tutto finito ed io potrei dire addio a tutte le cose che ho costruito o fatto nell'ultimo anno della mia futile vita.
Una delle mani di Ian si posa sul mia fianco, mentre l'altra si va ad incastrare tra i miei folti capelli, al che sospiro. È così diverso dal baciare Harry, quest'ultimo è sempre così dolce nel afferrarmi i fianchi o la bassa schiena come per abbracciarmi e farmi sentire a mio completo agio. Mentre con Ian credo sia molto diverso: il tutto è un po' più rude ed è come se volessimo entrambi arrivare a qualcos'altro, nonostante la nostra conoscenza risalga a solamente due ore fa. Infatti, non mi accorgo di essere impazzita del tutto nel compiere un gesto del genere nei confronti di Harry (che sicuramente non lo merita) fino a quando l'erezione di quest'uomo bellissimo di fronte a me preme sulla mia coscia nuda.
Mi fermo e, in pochissimi secondi, sono lontana dall'uomo e lo guardo con degli occhi persi e malinconici: cos'ho appena fatto? Ecco cos'ho fatto... Mi sono appena condannata, da sola, ad una vita da sporca traditrice e ho appena concluso un patto con il diavolo che mi da due scelte (entrambe difficili): andare avanti e mantenere il segreto con Harry o dirglielo e farla finita - poiché inevitabilmente ci lasceremmo.
«Scusami, io mi sa- mi sarei dovuto fermare.» dice abbassando lo sguardo e mordendosi le labbra in modo impacciato, facendomi sentire ancora di più una stupida.
«Non è colpa tua, ti sono saltata io addosso.» annuisco come per ricordarlo a me stessa piuttosto che a lui. Ho tutto, perché dovrei rovinarlo? Eppure eccomi qui, sul lungomare di una delle spiagge più belle del mondo a riflettere su cosa fare per non deludere il mio ragazzo dopo tutto ciò che abbiamo vissuto e che abbiamo superato per poter stare insieme.
Ma sono seria? Perché ho baciato un uomo che non conosco, sapendo benissimo che c'è Harry nel nostro letto ad aspettarmi magari per scusarsi del litigio con un mazzo di rose? Onestamente non capisco neanche i movimenti che sto compiendo quando meccanicamente avvolgo le mie braccia intorno al busto di Ian che, sorpreso, mi abbraccia e mi accarezza i capelli. È tutto troppo strano per me: io che bacio un maschio che non è Harry, Ian, quest'ultimo, che mi sta coccolando mentre piango ed io che penso che non ci sia più via d'uscita.
«Ascolta, possiamo risolvere la cosa.» mi dice tirandosi un po' più indietro e afferrandomi il viso per guardarmi negli occhi. È pure molto bello, dannazione.
«Io dico al tuo ragazzo che sono stato io a baciarti e che tu ti sei tirata subito indietro...» propone sorridendo lievemente, come se volesse calmarmi da questo stato di pieno panico ed ansia.
«È pur sempre una mezza verità, no?» mi domanda ridacchiando ed io abbasso lo sguardo ai miei piedi che improvvisamente sono interessanti quanto lo sarebbe un pinguino in spiaggia.
«Ho paura.» ammetto semplicemente mentre egli mi accarezza il viso.
«È la prima volta che tradisci qualcuno?» mi chiede, come per non farmi pensare al mio attuale fidanzato, ed io scuoto la testa pensando di aver dato un bacio sulla guancia ad un bimbo che non era Shawn, il mio ragazzino, ma riflettendo sul fatto che avessi solo quattro anni lasciai perdere.
«E allora digli la verità.» Ian annuisce alle sue stesso parole come per tranquillizzarmi e convincermi di fare come sta dicendo lui. Infondo, ha trentun anni, ne sa più di me della vita, no?
Così arrivo a casa accompagnata da Ian che cerca invano di tranquillizzare i demoni che mi stanno logorando l'anima e, dopo avermi dato il suo numero, con le lacrime agli occhi e i singhiozzi bloccato in gola, varco la porta d'ingresso trovando però l'appartamento completamente vuoto.
Ed Harry, da quel fatidico momento che vorrei dimenticare con tutta me stessa, non è più tornato e così mi ritrovo da sola, in una casa estremamente grande e malinconica per me. Sto male, ma ne sono felice, insomma... lo merito appieno, quindi sono contenta. Sorrido ironicamente tra le lacrime al pensiero di cioè che ho fatto per un momento di debolezza del mio autocontrollo e della mia instabilità mentale.
Decido di mandare un messaggio ad Harry perché, sinceramente, adesso inizio a preoccuparmi e la cosa mi infastidisce alquanto. Per adesso il mio corpo è formato da un sessanta percento di sensi di colpa e di un buon quaranta percento di ansia e preoccupazione. Dove sarà mai finito quel deficiente? Sto male, qui, da sola. Mi sento veramente uno schifo e provo pena per me stessa, come se avessi ucciso una persona a sangue freddo, senza voltarmi o guardarmi indietro. È una sensazione orribile e sento che non sarà poi così facile riprendersi, ecco perché mi dispiace molto anche per Harry.
Insomma, se non riesco a perdonarmi io stessa, perché dovrebbe farlo lui? Ebbene sì, penso che questa sia la volta buona che io e lui poniamo fine al nostro rapporto per sempre. Mi sento così maledettamente pentita, che al momento preferirei prendere un coltello e tagliarmi sia la lingua che le mani, come per punirmi di quell'azione ormai purtroppo compiuta.
Da Holland: Harry? Potresti venire a casa? Inizio ad essere molto preoccupata.
Appena invio il messaggio, respiro profondamente, cercando di fare mente locale. Come potrò dirglielo una volta che sarà qui, poiché penso che un semplice "ehi, ti amo, ma non so perché mi stavo per trombare un tizio di trentun anni" non basti per sistemare le cose. Innanzi tutto, prima di dare delle spiegazioni o di cercare di farlo calmare con un mio meraviglioso monologo (l'ironia è molto percepibile), devo vuotare il sacco e dirgli ciò che è accaduto.
Ma dentro di me, un po' come so con certezza che la cucina di mia madre è la cosa più disgustosa a questo grande mondo (non considerando i ragni, ovviamente), so che appena vedrò il riccio mi bloccherò. Quindi, in conclusione, spero che le parole vengano fuori da me senza troppi indugi o vari problemi che, so per certo, mi fermerebbero del tutto dal dirglielo. Perché, come si suol dire: o la va, o la spacca; ed io sono sicura che se solo questo pomeriggio non aprirò bocca, non lo dirò ed i sensi di colpa mi attanaglieranno le viscere fino ad uccidermi silenziosamente e in modo doloroso.
«Ehi.» neanche mi accorgo, in mezzo a tutti quei pensieri che mi annebbiano la vista in modo lento e pacato, che la porta d'ingresso si è appena aperta, rivelando il riccio.
«Mi dispiace essere andato via.» mi lascia un bacio sulle labbra e posa le chiavi sul comò di fonte e a me.
«Ma dovevo schiarirmi un po' le idee.» continua a parlare ed io ho solo voglia di afferrarmi i capelli e strapparli ad uno ad uno e di piangere senza essere interruzioni... e, magari, anche di urlare fino a spezzare le mie corde vocali e morire di un emorragia lenta e logorante e agognante.
Mi rendo conto di star formulando pensieri un po' troppo forti per la mia povera sanità mentale (che essa sia ancora lì?), così distolgo lo sguardo dalla schiena di Harry e prendo un profondo respiro.
«Harry.» lo richiamo e lui si gira sorridendomi lievemente e in modo molto dolce, forse poiché si sente in colpa per le cose che mi ha detto la scorsa notte.
«Devo parlarti e chiederti scusa.» dice avvicinandosi a me ed io mi scanso un po' dal materasso affinché si sieda senza però sfiorarmi. Non voglio che mi tocchi, perché so che il mio cervello farebbe troppo caos e non sarei in grado di reggerlo durante momenti del genere.
«No, parlo io.» dico duramente.
«Ieri, hai presente che sono uscita di casa, no?» inizio rivivendo quelle poche ore che, però, mi sembrano essere fatali per quello che è stato un anno della mia vita.
Comunque era una domanda retorica, infatti lui non risponde ma annuisce nella mia direzione invitandomi a continuare con il mio assurdo discorso che, so per certo, si trasformerà in un pianto o in uno stupidissimo monologo. Ma, anche in tal caso, non sarei in grado di far uscire a normali parole i pensieri dalla mia testa, quindi, in poche parole, mi arrendo alla realtà e vado avanti sospirando.
«Ho conosciuto un ragazzo, Ian.» proseguo e vedo il suo corpo irrigidirsi contro le candide lenzuola e la sua mascella serrarsi.
«Abbiamo chiacchierato, è stato molto cordiale e simpatico.» continuo con il mio lungo racconto e, quando vedo che il ragazzo dinnanzi a me prova ad interrompermi per chiedermi qualcosa o, forse, per mandami a quel paese, lo blocco. Non mi devo interrompere in momenti come questi, è già dannatamente tanto se io stia riuscendo a parlare di una cosa così delicata senza delirare o, peggio, vomitare senza sosta.
«Mi sono divertita e dopo un po' siamo usciti dal locale perché, sì insomma, volevamo un po' parlare senza dover urlare le cose all'orecchio...» dico passandomi una mano tra i capelli e sbuffando subito dopo; ho troppa paura di ciò che possa accadere da qui ai prossimi cinque minuti.
«E abbiamo camminato per un bel...» Harry mi blocca iniziando a sbraitare, come se si aspetti la fine che, ahimè, dovrò purtroppo raccontare.
«Cos'è successo?» quindi taglia corto, dandomi modo di pensare a tutto ciò che ho fatto con una calma agognante.
Sento un singhiozzo bloccarmisi in gola, come se l'universo voglia che io eviti di parlare, ma trovo il coraggio e respiro profondamente, ingoiando la bile.
«Harry, l'ho baciato.» pronuncio queste parole e, subito dopo, le lacrime scendono attraverso il mio viso e si vanno a depositare sul cuscino che sto stringendo.
La scena è veramente indescrivibile: Harry rimane a bocca aperta e, che mi caschi il mondo addosso, posso giurare che non si è mosso di una virgola; io sembra un'isterica perché piango silenziosamente; l'atmosfera è improvvisamente carente d'ossigeno e si fa più cupa. E c'è silenzio. Un silenzio maledettamente assordante che voglio necessariamente rompere, Santo Cielo. Al momento l'unico desiderio che invade la mia subdola e contorta mente è quello di aver una pala, per sotterrarmi e morire soffocata dalle macerie che io stessa ho creato. Perché, onestamente, occupiamo la maggior parte della vita ad uscire da un fosso che noi stessi ci siamo creati.
«Holland...» sorride amaramente scuotendo impercettibilmente la testa e poggia una mano sulla mia guancia rigata dalle lacrime.
«Non sono arrabbiato, piccola.» mi dice accarezzandomi dolcemente la pelle con il suo pollice morbido.
«Sono deluso, ma nulla che non si possa risolvere.» dice e mi lascia un bacio sulle labbra, a stampo.
«Davvero, sta' tranquilla, amore.» continua a cercare di farmi calmare ed io lo ammiro, perché non mi sta urlando contro le cose peggiori che gli potrebbero vende in mentre, come invece il restante novantanove percento delle altre persone farebbe - compresa me.
«Sto bene.» annuisce alla sua stessa affermazione come per convincere se stesso più che me ed io mi mordo il labbro inferiore che sta tremolando per via del pianto.
«Non capisco, Harry. Ti ho tradito, cazzo. Mi faccio schifo, capito?!» urlo e mi alzo passando una mano tra i miei lunghi capelli ormai arruffati per lo stress.
«Holland, sì, mi hai tradito. E sì, mi hai deluso, ma non sono arrabbiato. Mi hai detto la verità, posso leggerlo nei tuoi occhi e lo hai fatto subito dopo ciò che è successo, hai solo aspettato che arrivassi qui.» dice, spiegandomi con calma ciò che pensa lui al momento.
Sto zitta e ascolto la sua voce attentamente, cercando di capire quello che sente realmente in questo momento. Insomma, dalle parole che sta dicendo ciò che capisco... lui non è arrabbiato poiché io, invece di mentire od omettere gli avvenimenti accaduti la scorsa notte, ho detto subito la verità, cercando di non creare dell'inutile caos? Onestamente, non sto capendo niente.
«Sono felice che tu abbia detto la verità, pazienza se sto male, passerà.» sorride nuovamente ed io vorrei strapparmi i capelli ad uno ad uno - come per dimostrare alle persone esterne a questa situazione, che sono disperata a tal punto da farmi del male fisico. Poco importa se anch'io stessa stento a credere al mio stato d'animo al momento, so che sto uno schifo e che mi perforerei un polmone pur di sottrarmi da questa situazione con una scusa plausibile e, quale meglio di ehi, non respiro più?Quindi, sostanzialmente, meglio non mentire a sé stessi.
«Harry è tutto così sbagliato, non te ne rendi conto?» dico sbuffando e continuando a lacrimare; vorrei solo farla finita, con tutto.
«Potremmo essere sbagliati insieme, ricordi? Eh Holland, ricordi cazzo?» alla fine, dopo tutto ciò che sta accadendo, inizia a gridare anche lui per cercare di sfogare l'angoscia, la delusione e la rabbia che sicuramente starà provando.
«Ti amo, da morire, te lo giuro.» piange anch'egli ed io mi alzo da quel materasso che sta diventando troppo piccolo per ospitarci entrambi. Vorrei scappare così lontano che, se mi dovessi girare, dovrei vedere il vuoto e non ciò che mi sono lasciata indietro, così da non tornare più alla mia vecchia vita.
«Anch'io ti amo, Harry e mi dispiace che sia successo tutto questo. Ma per quanto ancora possiamo andare avanti così, eh?» sostanzialmente ciò che dico è sempre lo stesso concetto, solo che ci rimugino così tanto che ripeterlo mi dà una specie di sollievo che avverto lievemente.
«Non lo so, ma possiamo provare.» mi prega ed io non ho altra voglia che piangere e provare a fare qualcosa per aggiustare la situazione; ma, siamo onesti, cosa potrei fare al momento?
E poi succede l'inaspettato, ciò che non avrei mai potuto sognare accadesse in un momento del genere, con la tristezza che aleggia in modo perfettamente percepibile in questa grande stanza dove, adesso, si sentono solo i nostri respiri affannati.
Mi sta baciando ed il bacio è umido da far quasi schifo per le lacrime che abbiamo gettato pochi secondi fa. Le sue labbra si muovono in modo dolce contro le mie che, al momento, sono ferme e paralizzata per l'assurda sorpresa che mi ha imposto. Le sue mani raggiungono il mio viso e lo stringono mentre i suoi pollici accarezzano delicatamente la pelle soffice delle mie guance abbronzate. Dopo qualche minuto, quella dolcezza che si era andata a creare tra di noi, svanisce, lasciandomi interdetta.
La sua lingua si intrufola nella mia bocca e, ora, gli unici suoni che si sentono sono quelli emessi dalle nostre labbra appiccicate tra loro. Le sue mani raggiungono la mia schiena bassa e, come già mi aspettavo da un po', le sento sul mio sedere e lo stringono leggermente, avvicinandomi ancora di più al suo corpo slanciato.
Raggiungiamo in poco tempo il letto ed io non so veramente cosa stia accadendo, quando Harry mi getta sopra quest'ultimo e si mette sopra di me sovrastandomi del tutto. Divarico abbastanza le gambe, in modo tale da permettergli di mettersi tra di esse ed egli lo fa senza farsi alcun problema.
«Harry, cosa stiamo facendo?» chiedo tra un bacio e l'altro, quando inizia a leccarmi il collo in modo così sensuale da farmi bruciare gli ultimi tre neuroni che penso mi siano rimasti.
Sento che il suo bacino aderisce al mio e mi sento svenire dal piacere perché tra le nostre intimità frementi va a crearsi una piacevole frizione. Mordo il suo labbro fortemente e sento che mugola qualcosa che assomiglia ad un "ti amo" al mio orecchio, per poi succhiare il lobo bagnandolo di saliva. Mi passa una mano tra i capelli e mi accarezza la testa, come sa che adoro.
«Hol-Holland.» balbetta impercettibilmente sul mio collo per poi succhiare un lembo di pelle, lasciandomi sicuramente il segno.
Mi stacco lievemente, allora; perché marchiare il "territorio" in un momento del genere era la cosa più sbagliata che potesse fare. Ma mi lascio trasportare dalle assurde emozioni ed ansimo, come se fosse la prima volta che un ragazzo mi tocca così profondamente. Mi sento nuda davanti a lui, nonostante io sia perfettamente vestita.
«Harry, no.» ripeto fino allo sfinimento, nonostante già senta la sua erezione pulsare contro la mia coscia. Voglio e devo fermarmi.
«No!» esclamo quando inizia a toccarmi da sopra le mutande. Non per essere fraintesa, ma se non lo bloccassi ora, non lo farei più in quanto io conosca i miei limiti e sappia che, se inizia a farmi eccitare adesso, non sarei in grado di stopparlo dopo.
«Harry, siamo problematici. Passiamo dall'urlarci contro e piangere come bambini al fare sesso.» esclamo e sorrido lievemente in modo ironico, insomma, siamo veramente una strana coppia.
«O magari speciali.» mi corregge invece lui, passandosi una mano in mezzo ai corti ricci che alloggiano disordinati sulla sua testa.
«Smettiamola.» sorrido amaramente e scuoto la testa con fare drammatico.
«Di far cosa?» chiede disperato.
«Harry...» mi scanso da sotto di lui e raggiungo la porta del nostro appartamento in affitto, afferrando la maniglia e piegandola verso il basso con fare estremamente lento, come a voler ponderare su ciò che sul serio devo fare.
«È sul serio finita.» piango amareggiata ed esco senza voltarmi per guardare cosa succede alle mie spalle.
Esco da quella casa e, arrivata sul marciapiede sotto l'hotel, inizio a camminare senza una meta, senza saper cosa sia appena successo. È una sensazione orribile e non so come affrontarla né come comportarmi.
È sul serio finita, parole dure ma che rispecchiano ciò che ho pensato in quel momento e ciò che credo tutt'ora.
È sul serio finita.
Angolo autrice.
Ed eccoci qui con un nuovo capitolo! È stranissimo che io sia riuscita ad aggiornare una settimana e mezza dopo e non un mese dopo, quindi sono molto contenta.
Allora, so che mi odierete perché la storia secondo voi sta prendendo una "brutta piega", sempre se essa di può definire tale. Ma vi prego di continuare a leggere e di non maledirmi.
Commentate e votate per farmi capire se siete ancora qui con me, ve ne prego. So che è patetico cercare sollievo in persone che neanche conosco, ma fidatevi quando dico che mi siete più vicini voi che altri che abitano con me.
La vostra Tori.
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