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35. I wrot this.

Mi rendo conto di essere innamorata di Harry. Lo amo, come non avevo mai fatto. Sono  sicura non sia solo una cotta, lo sento e gli altri lo vedono. Non so se esserne felice o no, ed una cosa che mi sta piano piano logorando l'anima; ma me ne sono fatta una ragione. Come me ne sono accorta? Ahimè, penso che tutto sia iniziato da quando il mio ragazzo ha scoperto che ho letto il suo diario.

Da quel giorno, non mi ha più rivolto la parola e l'unica volta che ha osato guardarmi per più di un millesimo di secondo è stata quando Zac, con mia grande sorpresa, mi ha lasciato un bacio sulla mandibola. Ero scioccata ed Harry altrettanto, o almeno questo la sua espressione lasciava trapelare.
«Che merda.» l'ho sentito successivamente pronunciare quando mi ha oltrepassato non degnandomi di un semplice saluto. Non la meritavo sicuramente la sua seppur minima attenzione, ma sembrava che non avessimo mai fatto sesso: sembravamo sconosciuti. Ma, in realtà, lo siamo? Cioè, noi cosa conosciamo l'uno dell'altra a parte il corpo?

Ma, onestamente, sento che lui mi conosca meglio di tutti coloro che mi possono venire in mente in questo o in altri momenti della giornata. Sa che odoro quando mi accarezza il palmo della mano o che quando piango le mie labbra tremano ed i miei occhi diventano molto più verdi di quanto non siano già... Tutte piccole cose che, però, vanno a costituire una singola persona.

A parte tutte queste assurde domande che girovagano imperterrite nella mia testa, cerco di non fare molta attenzione allo stress quotidiano. Se solo lui fosse con me, riuscirei a non pensare a tutto ciò e prendere ogni cosa come se fosse un gioco il cui premio è la serenità. La sensazione che provo è particolare: non penso si possa spiegare con delle semplici parole; sarebbero necessari degli esempi pratici che, ahimè, in tale contesto non posso riportare.

Sono passate tre settimane e quattro giorni, il che significa che, in realtà, tale tempo può essere considerato un mese.

«Gemma, Angie, vi dico che è ancora incazzato con me, basta.» mi lamento tirando un pugno al tavolo della mensa dove siamo comodamente seduti e successivamente mi alzo per poi recarmi in giardino da sola. La solitudine, al momento, è l'unica compagnia di cui voglio circondarmi.

Voglio sinceramente stare in pace con me stessa, senza nessun altro che mi venga a dire che "tutto si sistema" - parole di Gemma, non mie. E sono stanca, manca pochissimo alla fine della scuola (per essere precisi una settimana) ed io e miei amici avremo l'esame e ciò mi preoccupa alquanto; non so dire se sia pronta o no. Fatto sta che l'ansia cresce di ora in ora.

Stacco qualche filo d'erba che mi circonda e sospiro pesantemente; non solo mi sto annoiando, sono pure soprappensiero. Così, presa da una voglia stranamente improvvisa, vi alzo e mi dirigo verso il tavolo in legno che vi è in un angolo in ombra del giardino: spero che nessuno venga qui a chiedermi se può mangiare accanto a me.

Prendo un pezzo di pergamena (la comprai tempo fa per scrivere i miei più bei temi) dal mio zaino ed inizio a scrivere con la mia meravigliosa penna a sfera piena di pigmento blu così scuro, da sembrare nero.

Caro Harry,
so perfettamente che questa è una delle cose più stupide che io possa fare in un contesto del genere. Ma scrivere, mi sembra l'unico modo per poter esprimere tutto ciò che al momento mi passa per la testa; perché se dovessi parlare, rimarrei bloccata e non meriti di sprecare tempo.
Non volevo ferirti, men che meno perdere la tua fiducia, perché chiaramente l'ho persa. Ma devo dirti la verità, non mi pento di ciò che ho fatto, insomma... il tuo diario mi ha aperto gli occhi di quanto tu stesso potessi fare. Comunque, hai una calligrafia così bella che provoca i brividi ed il tuo modo di scrivere è così soave che mi fa emozionare e commuovere. Dio, perdo sempre il filo del discorso per questa mia sorta di "puntualizzare".
Sto scrivendo ciò che non riesco a dire a parole. Harry, mi manchi da morire. È stato un mese a dir poco orribile senza di te e, per quanto io voglia fare la dura del cazzo, sono debole. Tale perché te ne sei andato, lasciando una scia di dolore dietro di te.
Quando ti guardo non so cosa mi prende, l'unica cosa di cui sono sicura è che il mio cuore si ferma per un po'. È come se tu fossi troppo per me, troppo pur tutti, in realtà; sei così maledettamente perfetto. I tuoi occhi sono i diamanti più belli che io abbia mai visto, pagherei milioni di sterline per vederli ogni secondo della mia inutile vita. Sei la mia maledetta priorità, la mia debolezza, il primo pensiero quando mi sveglio e l'ultimo quando mi addormento. In realtà, sei il mio pensiero tutto il giorno. E ti amo. Ti amo così tanto che non so neanche come spiegarlo ad alta voce: è una cosa che non si può dire, solo provare. È incredibile come un perfetto sconosciuto sia diventato una delle persone a cui tengo di più. Giuro, ho sempre avuto un cuore a dir poco di ghiaccio; come sei riuscito a scioglierlo, amore? Eri semplicemente lì. Come sempre, d'altronde. Ti seguirei dovunque amore mio, fino in capo al mondo, perché, ad essere sincera, tu il mondo me lo stai regalando. Sei così perfetto per me, i tuoi difetti sono la cosa che amo di più. Ed io ti amo perché sei riuscito a far battere una pietra. Lo so, so che sono una persona difficile (forse la più complicata che tu abbia mai conosciuto); ma sopportami. Non sono pronta ad essere abbandonata da una persona così importante; amore. Amore mio, mi fai sentire così bene che le mie lacrime si compiono in qualcosa di così armoniosamente stracolma di gioie. Ti amo, come non ho mai amato nessuno; nemmeno me stessa. Mi sei entrato sotto pelle e per questo ti ringrazio, ma ti sgrido anche. Sei la mia debolezza, Dio del Cielo.
Sei tutto ciò di più bello che potessi mai desiderare da questa vita crudele.

Tua, Holland.

Quando finisco di scrivere, mi accorgo che l'ora di pranzo è già finita da un pezzo; bene, perderò anche quest'ora.

Mi dirigo verso casa, perché probabilmente sarà vuota, senza nessuno che la riempie come invece dovrebbe. Mia madre sarà al lavoro, idem per il mio patrigno, Gemma ed Harry sono a scuola: quindi sì, sarò sola a casa mia.

Aperta la porta mi guardo intorno; Stan corre verso di me e mi salta addosso com'è solito fare ed io sorrido leggermente. Non che non lo ami, che nessuno mi fraintenda, ma questo bellissimo esemplare di cane mi fa ricordare maggiormente il mio fratellastro e, in questa immenso dolore, è sinceramente l'ultima cosa che voglio.

Salgo le scale e mi siedo sul letto aspettando un qualcosa che, onestamente, neanch'io conosco. Forse è la speranza che Harry mi venga a dire che mi perdona e che mi ama, o magari una lettera per Hogwarts (non mi sono mai arresa e, penso, non lo farò mai). Ma, ahimè, entrambe le cose sono qualcosa di impossibile e irrealizzabile, quindi depongo le speranze in un piccolo angolo del mio cervello un po' troppo pieno.

Qualche ora dopo sto cenando con la mia famiglia ed Harry non mi rivolge neanche per sbaglio uno sguardo; preferirei mi urlasse contro fino a perdere la voce, che ricevere questo ostinato silenzio.

Ma non tutto è mai perduto, no? Così, presa da un coraggio improvviso ed anche da una buona dose di adrenalina che mi scorre nelle vene, vado in camera di Harry e lascio la lettera sul suo MacBook in modo tale che la veda subito - ha una vera ossessione per quel computer. Mi sento relativamente peggio di ciò che ho pensato avrei potuto provare, ma va bene così: ormai è fatta ed io ne sono molto felice per il coraggio che mi ha invasa.

Qualche ora dopo sento la porta della mia camera aprirsi violentemente e sulla soglia vedo Harry che mi guarda con gli occhi infuocati, così rossi da sembrare drogati e matti. Mi sento spaventata, a dire il vero.
«Vieni in macchina.» pronuncia semplicemente ed io resto bloccata per più di trenta secondi, senza parole.
«Adesso, Holland!» esclama facendomi un cenno del capo che stava ad indicare il piano inferiore della mia casa.
«Sì, arrivo.» sussurro così impercettibilmente che penso non mi abbia sentito.

Scendo le scale e non lo trovo in salone così esco fuori in giardino ed ecco che vedo la mia macchina accesa.
Sono in pantaloncini da basket ed una canottiera nera strappata, ma entro lo stesso nella mia macchina e non mi lamento quando parte a tutto gas.
«Tu pensi che questa cosa,» mi sbatte sul petto la pergamena che immagino essere la mia lettera per lui, «mi faccia dimenticare tutto?» sbraita e dà un colpo al volante.

Non rispondo perché voglio semplicemente che lui si sfoghi pienamente: è così bello sentirlo parlare, nonostante mi stia urlando contro fino a spaccarmi i timpani e a lacerarmi il cuore.
«Perché no, Holland. No!» urla ed accelera fino a farmi spaventare alquanto.
«Harry, va' piano, ti prego.» sussurrai quasi piangendo, notando che in una semplice strada statale avevo superato i centoquaranta chilometri orari. Certo, è notte e non c'è quasi nessuno, ma è pur sempre pericoloso.

«Andiamo nella casa al mare.» mi avvisa e svolta a destra violentemente.

~

Apro la porta grazie alle chiavi di scorta che ringrazio Zayn di non aver spostato da sopra la prima tegola a sinistra.
«Holland.» mi guarda e si passa una mano tra i capelli corti che gli rimangono.
«Siediti.» mi ordina spingendomi in modo molto dolce e prudente verso il divano che ho di fronte. Lo ascolto e mi accomodo.

«Sono stanco, Holland!» gracchia ed io abbasso lo sguardo sulle mie mani, perché oltre i suoi occhi lucidi e abbattuti, non so dove io possa guardare.
«Sul serio. Sono stanco e stressato. Non ce la faccio più!» urla mentre dà un pugno al muro, provocandosi non poco dolore alla mano - non lo dà a vedere, ma penso si sia fatto un male boia.
«Non si può continuare così.» continua camminando avanti e indietro di fronte a me, causandomi quasi la nausea.
«È tutta colpa tua!» grida così forte da farmi desiderare di non possedere i timpani, ma non mi spaventa: so che non mi toccherebbe neanche con un dito - per farmi male, si intende, ovviamente.

«Lo so, mi dispiace di aver letto il tuo diario, mi dispiace averti violato in questo modo. Ho sbagliato e ti chiedo scusa.» parlo a voce abbastanza alta e sicura, voglio fargli notare quanto io in realtà mi senta persa per questa situazione: vorrei solo condurre una normale relazione con lui.

«Non me ne fotte un cazzo del diario! Penso sia stata solo una scusa per allontanarmi da te.» dice con tono di voce molto alto ma allo stesso tempo calmo e consolatorio, come se lo stesse ammettendo per la prima volta a sé stesso. Ora c'è silenzio, qui.

Ci guardiamo a lungo, immobili e con gli occhi di fuoco: io per il pianto che cerco inevitabilmente di bloccare e lui per l'ira che, forse, sta bloccando all'interno del suo corpo. Il mio subconscio mi dice che sta per accadere qualcosa di molto strano e che dovrei prendere io l'iniziativa, ma mi sento come bloccata con il sedere su questo sofà.
Il mio fratellastro con le mani tra i corti ricci ribelli scoppia in lacrime senza però emettere neanche un singhiozzo o un rumore vagamente simile, vedo solo delle goccioline procedere dai suoi occhi alla sua mandibola. E siamo al buio, il che mi mette un po' d'ansia perché l'unica luce che sta illuminando la stana è a sei o sette metri da noi. Ho solo voglia di ritornare a stare con il ragazzo per il quale un anno fa circa ho perso la testa inevitabilmente.

«È stata colpa tua!» ripete urlando e piangendo, facendomi sentire uno schifo.
«Sei tu che mi hai fatto innamorare... avevamo detto niente sentimenti!» grida ancora più forte di prima e in un primo momento io annuisco, sapendo che è veramente colpa mia se sta succedendo tutto questo, ma c'è qualcosa non capisco.

Harry si blocca e di conseguenza anch'io non riesco a far nessun movimento se non alzarmi e andare a fronteggiarlo.
«Harry?» lo richiamo e gli alzo il viso bagnato dal pianto sommesso e silenzioso.
«Cos'hai appena detto?» chiedo retoricamente o forse no: voglio sentirglielo dire nuovamente e sempre e per sempre.
«La verità, sono innamorato perdutamente di te, Holland.» e non aggiunge altro.

Successivamente accade tutto troppo in fretta, ci baciamo così appassionatamente che non riesco neanche a capire cosa stia succedendo. Pronuncio un "ti amo" tra un bacio ed un altro mentre lui mi slaccia i pantaloncini da basket che, subito dopo, lancia a terra lontano da noi. Mi bacia il collo ed io vado in estasi, sono completamente sua, ho sola voglio di fare l'amore con lui.

Mi prende in braccio ed io incastro le mani tra i suoi capelli sudati aderendo il mio bacino al suo. È strano, è come se lo stessimo facendo per la prima volta: forse sarebbe sul serio dovuta andare così quella notte di agosto. Comunque continuo a baciargli la mandibola e scendo fino al petto leccando ogni centimetro di pelle sudata che mi ritrovo davanti gli occhi. Decisa che la maglietta è veramente di troppo gliela sfilo invece di continuarla a tenerla su con entrambi le mani. Poggia una mano sul mio sedere e lo stringe dolcemente.

Mi porta successivamente in camera da letto e sospiro di piacere quando mi lancia prudentemente sopra il letto; è tutto così maledettamente strano e perfetto, quasi mi sembra uno strano sogno. Ma non uno di quelli dove vorresti solo svegliarti e continuare con la tua normale vita, no; anzi, uno di quelli che vorresti continuassero per sempre.

Mi toglie la canottiera e bacia il mio collo, succhiandomi il lobo dell'orecchio fino a farmi ansimare e desiderare molto di più. Chiudo gli occhi, mi mordo il labbro e gli accarezzo il membro da sopra i pantaloni poiché spero di farlo sentire bene così come lui ha fatto con me in tutto questo tempo. Egli trattiene un respiro e so di aver fatto centro, così continuo con questi movimenti circolari e lenti per fargli godere a pieno il momento.

Gli abbasso i pantaloni e continuo con il mio lavoro da sopra le sole mutande nere ed enormi all'apparenza: si è indurito ed io sono più eccitata e felice che mai per questo splendido momento che Dio mi sta regalando.
«Ti prego.» ansima mentre io non so di cosa stia parlando in particolare, ma annuisco e abbasso i suoi boxer.

Afferro il suo pacco mentre lui continua a baciarmi seni e a succhiarmi i capezzoli facendomi venire i brividi lungo tutta la schiena. Inizio a compiere movimenti basali e lenti, solamente per far durare quel paradiso il più possibile. Egli, dal suo canto, scende con le mani verso la mia intimità ed inizia ad accarezzarmi e, sicuramente, nota che sono bagnata per lui.
«Ah, Harry.» gemo quando allontana le mie mani dal suo membro e si dedica completamente a me.
«Mi dispiace non esserci stato.» dice, baciandomi l'ombelico e facendomi chiudere gli occhi per il troppo piacere.

Trattengo un urlo stridulo di piacere quando affonda la testa in mezzo alla mie gambe ed afferra tra le sue carnose labbra il mio clitoride sensibile succhiandolo e giochicchiando con esso. Afferro con le mie dita ricoperte da semplici anelli i suoi capelli e lo spiaccico di più contro la mia intimità bagnata ed eccitata a tal punto da farmi sentire male.
«Cazzo, Harry!» un fremito scorre interamente il mio basso ventre sovraccarico di ormoni e così avvolgo la mia gamba destra attorno alle sue spalle muscolose al punto giusto. Bacia in modo umido la mia apertura e più inizia a leccare avidamente il mio clitoride facendomi spalancare gli occhi per l'afrodisiaco piacere che invade il mio corpo.

Lo stacco da me perché sento che sto per svenire dalle troppe emozioni e cambiando le posizioni delle nostre figure, mi ritrovo sopra di lui a spingere con il mio bacino sopra il suo. Ansiamo e gemiamo in modo non rude, ma molto dolce e spontaneo mentre sento Harry farsi sempre più duro. I miei movimenti non sono qualcosa di solo ed esclusivamente fisico, è come se stessi sfiorando i suoi sentimenti al momento e non solo i suoi addominali lisci ma non scolpiti. Ho finalmente capito cos'ho tra le braccia e ne sono contenta; una sensazione di soddisfazione che, ahimè, solo il ragazzo con il quale sto condividendo il materasso mi può dare.

E così sorrido, stanca ma gioiosa del fatto che stiamo facendo l'amore e non "sesso": adesso capisco poiché il mio fratellastro si inalberava ogni qualvolta sentiva questa maledettissima parola.

«Ti amo, come non ho mai amato nessuno.» mi scappa dalle labbra mentre si mette seduto portandomi con sé in una posizione alquanto naturale. Lui seduto con le gambe distese e leggermente divaricate ed io sopra di lui con le caviglie incastrate dietro la sua bassa schiena.
«Holland, anch'io ti a-amo.» balbetta mentre mi penetra silenziosamente e dalle mie labbra esce uno sbuffo d'aria che manifesta pienamente la mia sorpresa.

Non essendo una cosa rude ma un qualcosa di dolce e delicato, mi vergogno e mi pento quando, per una spinta un po' più profonda, urlo leggermente e graffio la schiena del ragazzo sotto di me con le mie unghie per sfogare il piacere.
«Cazzo, quanto sei aggressiva.» dice ridacchiando e leccandomi il naso con fare giocoso per poi ribaltare le posizioni e ritrovarci finalmente distesi in questo enorme letto.

Lo guardo nei grandi occhi verdi e sorrido accarezzandogli i bei ricci alla base della sua sua nuca ormai quasi spoglia. Gemiamo insieme perché, Santo Dio, le sensazioni che provo adesso - che penso siano le sue stesse, più o meno -  sono troppo afrodisiache per essere paragonate a qualcosa che non sia il paradiso in sé e per sé. Avvolgo una delle mie gambe attorno al suo bacino, in modo tale che riesca a penetrarmi il più profondamente possibile, e non solo per un piacere erotico, no; perché voglio che io sia legata a lui in tutti sensi reali ed immaginabili: mentalmente, fisicamente e non.

Mentre penso a quanto diamine mi andrebbe di scappare con lui, come una volta mi propose in uno dei nostri luoghi preferiti - divenuti tali grazie al nostro rapporto -, la sua mano si avvicina alla mia intimità e accarezza con movimenti pacati il mio clitoride. Non solo c'è il suo pene che mi sta mandando in fibrillazione ma adesso si sono anche aggiunte le sue lunghe ed affilate dita che mi stanno mandando in papà il cervello.

«Harry,» pronuncio dopo un bel po' di movimenti sostenuti e decisi, «non penso di poter resistere ancora per molto.» confesso succhiando il dito che egli mi ha messo in bocca. So quanto lo ecciti questa cosa.
«Neanche io, piccola mia.» mi bacia la mandibola e affonda la testa nell'incavo del mio collo, restando lì per altri devastanti (nel senso piacevole del termine) minuti.
«Non ti trattenere.» mi sussurra dolcemente mentre porta la mano che non è impegnata a a sorreggerlo di nuovo al mio basso ventre. Riprende a stuzzicarmi il clitoride ed io chiudo gli occhi fortemente.

So cosa sta per avvenire... è quella familiare sensazione che avverto allo stomaco ogni qual volta Harry tocca i miei pochi punti deboli, solo che è un milione di volte amplificata. Mi sento le gambe molli come gelatina ed iniziano a tremare quando mi lascio andare al piacere più immenso che, in una situazione del genere, io abbia mai provato.
«Harry, oh Dio.» lecco il suo petto madido di sudore avida di qualcosa che, però, sto già avendo.

Dopo qualche spinta il mio piacere è completamente sfociato via, lasciandomi perfettamente appagata e con un senso così assurdamente pieno di soddisfazione che mi metto a ridere sommessamente. Più che una risata sembra un sorriso troppo grande per essere considerato semplicemente tale. Harry viene poco dopo svuotandosi dentro di me ed io mi mordo il labbro per la strana sensazione, sarà sempre come un qualcosa di nuovo essere inondata all'interno da un qualcosa di caldo e denso.

Il mio ragazzo sudato e stanco si accascia su di me con tutto il suo peso ed io trattengo un respiro perché, dopo un mese o più senza andarci a letto, non ricordavo quando pesante fosse. E poi sorrido, perché sono felice di essere tornata ad essere la ragazza di Harry Styles, il ragazzo più bello, più gentile e più magnifico che chiunque possa immaginare di avere accanto per il resto della vita. Certo, magari pensare di passare con un uomo tutto questo tempo è avventato e, oserei dire, esagerato e maniacale, ma Harry mi ha fatto cambiare idea.

Mi ha fatto innamorare di lui piano piano, ma la cosa che di più mi ha meravigliata è stata il fatto che l'ho amato senza mai accorgermene per tutto questo maledetto tempo. Un anno, in cui abbiamo fatto sesso, litigato, urlato, riso e vissuto sensazioni ed emozioni di cui nessuno di noi due era vagamente a conoscenza. E sono molto felice e fiera di aver compiute queste prime esperienze con lui, perché so che anche lui mi ha amato dopo poco senza rendersene conto. E, a parte piccoli inconvenienti - che poi, tanto piccoli in realtà non sono, ci fidiamo l'uno dell'altra e questo è una delle basi del nostro contorto ma bel rapporto.

La mattina seguente mi sveglio tra le lenzuola bianche e mi guardo intorno; un secondo per focalizzare sia cioè che è davanti che ciò che vaga nella mia testa. Ed eccomi a sorridere nuovamente, pensando alla notte appena trascorsa con Harry, il mio nuovo-vecchio fidanzato paranoico ma perfetto.

Mi alzo e, girovagando per il corridoio deserto, mi avvio verso la cucina: ho una tale fame che mi attanaglia le viscere dall'interno.

Trovo Harry ai fornelli con una padella in mano e tre uova nell'altra; cavolo ha le dita così lunghe e i palmi così grandi che non mi meraviglierei se riuscisse a trattenere sei uova senza sforzo. Ridacchio per il mio strano pensiero e gli bacio una guancia, facendogli notare la mia presenza.

«Sia chiaro, non sei del tutto perdonata per la lettura non concessa del mio diario, ma sarò benevolo...» sorride e mi indica con l'indice un piatto sopra il bancone.
«Dovrai riconquistarti la mia fiducia e, t'avviso, non sarà facile.» dice e mi guarda in modo lievemente storto, come per mettermi a disagio, quasi per farmi capire che non è una minaccia ma che mi dovrebbe spaventare come se fosse tale. Ma apprezzo la sua sincerità e la seconda possibilità che mi sta dando, quindi sorrido e lo abbraccio da dietro con la bocca piena di patatine macchiate di ketchup.

«Giuro, mi farò perdonare.» adesso sono molto seria, tanto che non ho più neanche il mio solito sorriso sfacciato stampato sulla mia faccia arrogante.
«Ti amo.» continuo baciandogli la spalla e la schiena per intero.

«Sono felice che tu finalmente te ne sia accorta, mi sento stranamente appagato.» finisce di parlare e mi lascia un bacio sulla guancia sorridendomi.
«Ed adesso passami quel bacon.» mi fa un occhiolino.

Angolo autrice

Ed eccomi qui con un altro capitolo, finalmente. Da quanto non aggiornavo? Un mese o poco più, e mi dispiace. Sono stata abbastanza stressata per la scuola e la palestra, ma sto ottenendo veramente ottimi risultati e ne sono più che felice. Comunque sia, sono anche molto allegra e triste allo stesso tempo per il fatto che la storia tra quattro capitoli finirà. La iniziai circa due anni fa e pensare  che questo capitolo della mia vita si stia chiudendo, fa nascere dentro di me sensazioni contraddittorie. Quindi quattro capitoli e tutto finisce.

La vostra Tori.

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