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33. Hair cut.

Quelle due semplici parole sono in grado di mettere in difficoltà una qualsiasi persona, sino a non farla respirare più; io, che non faccio eccezione, al momento, sono senza fiato.

«Holland è arrivato il momento per me di - » lo bacio, bloccando le sue parole perché, sinceramente, ho paura di quello che possa dire. Cielo, non voglio che mi lasci dopo tutto quello che abbiamo passato; ma non solo: non penso che potrei vivere con la consapevolezza di non avere Harry.

«Cazzo, Holland, sono serio. Fammi parlare!» si stacca, ma non prima di stamparmi un altro bacio piccolo e casto; un gesto che, nonostante abbia fatto milioni di volte, mi tranquillizza lievemente in questa circostanza.
«Okay, dimmi.» dico calma, cercando di non iniziare a respirare come fa Stan adesso che è estate; Dio, sarebbe imbarazzante.
«Io, non ci riesco...» non termina la frase, fermandosi con un'espressione in viso davvero molto spaventata.
«Harry, sono qui, dimmi.» dico dandogli un bacio nella mano che, al momento, è intrecciata alla mia.

«Devo tagliarmi i capelli. Un taglio corto.» dice il tutto velocemente, così tanto che quasi penso sia questa la cosa importante di cui mi doveva parlare.
«Okay amore, ma non temporeggiare. Dimmi il perché di questa tanta serietà.» dico sorridendo e accarezzandogli una guancia il più delicatamente possibile.
«Piccola, te l'ho appena detto.» abbassa lo sguardo ed io non capisco se scherzi o se il suo sguardo, seppur calato, sia serio.
«Ma sei stupido, cazzo?!» gli dò una sberla, esclamando pesantemente e bruciandolo con lo sguardo; spero sia una presa in giro.
«Ma cosa ho fatto?» chiede innocentemente ed io, per tutta la volontà che il Signore Lassù mi dona, sto zitta e non lo ammazzo a legnate (come, onestamente, meriterebbe).

Quelle parole, "dobbiamo parlare", mi hanno fatto quasi prendere un infarto. Non si possono dire queste cose ad una persona che, evidentemente, tiene ad un'altra più della sua stessa vita. Non che vivrei per Harry, ma sicuramente gli darei la mia vita se fosse necessario. Sono pronta a morire per qualcuno di così maledettamente importante, ma non potrei mai vivere per una persona; insomma, non potrei mai regalare gli anni della mia esistenza ad un altro che non sia io. Sarebbe egoista da parte mia, anche se, oramai, ho commesso così tanti peccati (alcuni con malizia e altri senza, ma pur sempre brutte azioni), che meriterei una bella batosta. Forte, così forte da non farmi più rialzare. Ma, anche in tal caso, ci sarebbe Harry che, poiché è una persona che tutti vorrebbero accanto per il suo dolce carattere (nascosto, ma esistente), mi aiuterebbe a rimettermi in piedi.

«Ti prego non mi lasciare.» mi faccio scappare, come se questo avesse senso in un contesto del genere. Diamine, perché ho detto qualcosa del genere?
«Amore, non ti lascio. Mi dovrai sopportare a lungo.» dice, puntandomi un dito contro e, come non mi sarei mai aspettata, provo un senso di pienezza che parte dal mio petto e si irradia in tutto il corpo fremente.
«Harry...» gli accarezzo i ricci e lo bacio con passione, ma allo stesso tempo con delicatezza perché, nonostante abbia diciotto anni, sembra ancora un bimbo. Ma non uno di quelli fastidiosi che non fanno altro che piangere, certamente no; uno di quelli che sorridono standosene sulle loro per non disturbare.

~

L'indomani pomeriggio, siamo a casa ed io cerco di consolare un Harry piagnucolante; neanche avesse fatto un trapianto di reni.

Siamo stati due ore (e, no, non esagero; erano esattamente centoventi minuti) dal barbiere perché, che Dio mi punisca per le parole che sto dicendo, Harry sembrava un bambino di prima elementare! Non voleva che quel povero signore si avvicinasse a lui con le forbici ed il pettine; stava facendo esaurire sia me che il proprietario del negozio. Siamo andati addirittura da un professionista nel caso, parole di Harry - non mie, i suoi capelli avessero avuto bisogno di ottimi prodotti.

Quando ho accennato che forse stava esagerando, mi ha fulminato con lo sguardo; così, mi sono zittita e mi sono accomodata nella poltrona davanti lo specchio. Siamo stati quaranta minuti a decidere il taglio, venti a discutere se fosse la giusta decisione (come se stessimo decidendo il destino del nostro paese), ed un'ora per il taglio effettivo. Inutile specificare che ogni due minuti il mio ragazzo bloccava i movimenti della forbice e del rasoio che il tizio teneva accuratamente in mano. Dio, penso che, in qual momento, non fossi l'unica a voler uccidere il ragazzo dalla bocca larga e dalla chioma ribelle.

Comunque, dopo svariate discussioni che hanno tentato di farmi esaurire (e no ne nego che ci siano riuscite del tutto), siamo usciti da quel piccolo negozio ed io ho sorriso. Un riso raggiante perché, che Dio mi punisca per le parole che sto per dire, ma Harry è veramente bello con i capelli corti, non che i ricci lunghi non gli donino, no di certo. Ma, come ho sempre detto, in realtà, il mio fratellastro starebbe bene anche con un sacco di carta in testa.

Ci siamo incamminati verso la mia auto e, quando un colpo di vento ci ha leggermente travolti, il ragazzo accanto a me ha tentato di spostare indietro i suoi ricci. Ed è stato quello il momento in cui è scattato il putiferio: Harry ha iniziato a frignare come una femminuccia e mi ha pregato di tornare indietro nel tempo. Dio, dire che stavo per morire soffocata dalle risate penso sia un eufemismo gigantesco.

Comunque, finalmente, siamo arrivati all'interno della mia profumata auto e ci siamo avviati verso un bar, poiché Harry ha affermato di voler bere per dimenticare. E, a quel punto, ho voluto piangere io per le sue maledettissime lamentele. Insomma, cresceranno nel giro di pochi mesi! Successivamente, appena giunti in un bar degno di nota (il primo in cui Harry abbiamo consumato un pasto insieme), il mio ragazzo si è tranquillizzato un po' in quanto gli abbiano fatto i complementi per il taglio nuovo.

Ed adesso, sul nostro grande letto, ci stiamo abbracciando come se non l'avessimo mai fatto. Mi sento ancora strana quando sono accanto a lui ed è una cosa veramente strana, in quanto stiamo insieme ormai da mesi.
«Questa sera, andiamo in discoteca? Ho bisogno di bere e di vederti ballare.» chiede ammiccando maliziosamente; per danzare so per certo cosa intende: finire, dopo la serata, nuda in un letto con lui. Mentirei se dicessi che l'idea non mi alletta per niente; Dio, sarei una bugiarda patologica.
«E me lo chiedi anche?» ridacchio sommessamente prima di stampargli un bacio sul collo, cerco di non notare l'amarezza della sua pelle a causa del profumo. Dio, secondo me, se ne spruzza due litri ogni giorno; o forse anche più.

Rammendo Capodanno, sembra passato così poco tempo ed invece, la scuola sta quasi finendo e le vacanze estive sono alle porte. Non che mi dispiaccia, ma il pensiero che io non sia immortale e che, di conseguenza, io invecchi, mi mette non poca ansia e tristezza. Sono sempre stata una di quelle ragazze che non sarebbero mai volute crescere; una di quelle che sarebbero volute essere come Peter Pan. Ma, notizia del secolo, purtroppo si cresce e si cambia perché, secondo me, quel detto che dice "la gente non cambia" è una grande stupidaggine. L'ho provato sulla mia pelle e, sì, le persone cambiano eccome.

Qualche ora dopo, ci ritroviamo al bancone della discoteca più vicina a casa nostra che abbiamo trovato. Sono felice di essere uscita un po', quella casa mi stava mettendo non poca ansia; quelle quattro mura della mia camera mi fanno ricordare che io ed Harry siamo sotto lo stesso tetto. Ma non per quello che vorrei io.

Mentre io bevo il mio drink generosamente offerto da Harry, noto con piacere che sta cercando di scaricare una ragazza che gli sta appiccicata come una cozza. Adoro il fatto che cacci via anche le ragazze più belle di me; mi fa sentire in qualche modo unica.
«Amore.» gli lascio un bacio sulle labbra per facilitargli il compito, quella donna è veramente accanita. Ma, per essere del tutto sinceri, con Harry pure una lesbica diventerebbe tale.
«Ti adoro.» mi dice mordendomi leggermente una guancia; mi piace questo suo lato giocherellone.

«Balliamo.» mi mordo il labbro e prendo per una mano il mio ragazzo, trascinandolo in mezzo alla folla che si muove in modo unisono. Ho voglia di svagarmi, nonostante non sappia esattamente da cosa o da chi. Sono frustrata, e si vede. Insomma: ho diciannove anni, sono fidanzata con un neo diciottenne che per giunta è anche mio fratellastro, mia madre peggiora di giorno in giorno e non so cosa fare della mia vita. Non è una situazione per cui qualcuno pagherebbe. Anzi...

Muovo i fianchi contro Harry e cerco di dimenticare quello che, per mia grande sfortuna, è qualcosa di indimenticabile. Comunque sia, sto cercando veramente di provare a stoppare i miei pensieri, ma, per quanto io lo dica così in modo convincente, non ci riesco. È umanamente impossibile: io, Holland Jonson - la ragazza dai mille misteri, non riesco a credere che peggioro di giorno in giorno senza neanche accorgermene. Ho paura, ma non so neanche di che cosa esattamente; sento solo qualcosa attanagliare le mie viscere in una morsa di timore.

Mentre provo a pensare qualcosa di lievemente positivo nella mia breve e futile esistenza, sento Harry succhiarmi un lembo di pelle al di sotto dell'orecchio. Gemo leggermente girandomi di lato, in modo tale da dargli più accesso possibile a quel punto favolosamente sensibile. Sicuramente avrà lasciato una bella macchia violacea, ma non è questo che mi preoccupa al momento; no di certo. Sento il suo respiro sul collo e, sono certa, tra qualche minuto saremo in macchina per poter soddisfare i nostri bollenti spiriti.
«Piccola.» mugugna quando, con una mano, mi appoggio alla sua durezza.
«Mh?» rispondo guardandolo dal basso.
«Scappiamo.» dice.

Resto ferma a fissarlo, a lungo. Come se lui fosse l'unico elemento della grande stanza; non capisco se scherzi o no. Ma, osservando al meglio le sue iridi verdissime (Dio, sono troppe belle per essere naturali!), capisco che no; non mi sta prendendo in giro. E, dal tono che ha utilizzato precedentemente, capisco che non era una proposta, ma un ordine. Ed il fatto che egli voglia scappare con me, senza lasciare nessuna traccia, mi rallegra in una maniera incredibile.

«Dove?» gli occhi mi brillano all'idea che questo sogno (perché lo sarebbe se si avverasse) possa diventare realtà.
«Ovunque, solo noi due.» dice semplicemente, prima di darmi un bacio casto sulle labbra carnose.

Neanche un'ora dopo, ci ritroviamo in macchina: io in mutande e lui completamente nudo. Dopo essere usciti dalla discoteca, abbiamo preso la macchina e ce ne siamo andati al nostro solito posto (il lago dell'estate scorsa). Mi sta baciando il petto ed io lo sto accarezzando lentamente, come se volessi fargli avvertire l'agonia di non essere completamente soddisfatto. Geme come se non fosse mai stato toccato in questo modo da delle mani, ed io non posso non esserne molto contenta. Mi piace vedere l'effetto che il mio corpo ha sul suo; è appagante come poche cose in questa vita.

Lecca il mio capezzolo, facendomi toccare il paradiso con un solo dito; ma, d'altronde, non mi scandalizzo poiché con Harry, io sono sempre in Cielo. Solamente sapere che lui è qui, con me, mi rende una delle persone più felice al mondo. È incredibile come una persona riesca a farti dimenticare, o meglio, accantonare i problemi per un po'; non pensavo fosse possibile. Ma mi sono ricreduta: il mio fratellastro è stato capace di rendere tutto più che possibile. Mi ha reso felice e, di questo, gliene sono fortemente grata; gli devo molto più di un semplice favore.

Come a voler bloccare i miei pensieri, il ragazzo sotto di me, afferma le mie natiche e mi spinge fortemente contro la sua eccitazione. Dio, credo di non averlo mai sentito così maledettamente duro. Un gemito scappa dalle mie labbra bagnate ed Harry emette un suono gutturale che mi fa quasi rabbrividire; questo ragazzo mi farà impazzire qualche giorno. Mi bacia e sento la sua lingua che esplora perfino la mia gola, convinto di voler sentire tutto quello che il mio corpo offre.

Mi afferra un seno e inizia a palparlo dolcemente ma in un modo alquanto rude; so che questa frase è praticamente contraddittoria, ma non trovo altri avverbi per descrivere questi suoi movimenti.
«Harry!» mugolo fortemente quando sposta di lato i miei slip e mi tocca con due dita. Giuro, sto per impazzire; sarei pronta a venire adesso, nonostante non mi stia toccando veramente: come se vedere Harry ansante sotto di me sia già abbastanza.

Con una mano appoggiata sulla mia bassa schiena mi attira verso di lui e con l'altra mano, favolosamente poggiata sulla mia intimità, applica una forte pressione. Urlo un tantino, forse anche troppo. Insomma, devo darmi un contegno perché, essendo del tutto sincera con me stessa, non sta facendo nulla di molto particolare.

Inizio a simulare i movimenti che normalmente si farebbero durante un atto sessuale completo e gli mordo il labbro fortemente, come a voler scaricare la tensione sessuale. Il piacere è intenso e riesco ad avvertirlo anche dall'aria pesante e l'odore pungente. Delle gocce di sudore cadono dai ricci corti di Harry ed io non faccio altro che sospirare ed asciugargliele.

«Sei bellissima.» soffia nel mio orecchio facendomi contorcere dal piacere; troppa perfezione in un solo individuo.

Strillo quando la punta della sua eccitazione sfiora la mia entrata umida. Sto letteralmente mordendo dalla voglia di fare l'amore con lui; come poche volte mi era mai capitato prima.
«Piccola.» mi lecca il lobo e ringhia contro il mio collo, facendomi vibrare tutte le ossa del corpo in un brivido di eccitazione.
«Mh.» mugolo senza pudore dirigendo, con la mano destra, il suo membro alla mia intimità alquanto fradicia.

Quando con un colpetto leggero ma deciso penetra fino in fondo, mi sento nettamente sollevata; sento la sua grandezza farsi spazio al mio interno, facendomi strizzare gli occhi. Inizio a muovermi lentamente ed il mio ragazzo si alza e si mette seduto, come se volesse sentirmi ancora più vicina di quanto io non sia.
«Dai, amore.» mi incita a muovermi un po' più velocemente dandomi colpetti sulla natica destra.
«Uhm.» gemo nel suo orecchio ruotando i fianchi e affondando sempre di più nella sua lunghezza dura.

Aumento sempre la velocità con cui eseguo i movimenti ed Harry, aggiustandomi i capelli dietro le orecchie, ansima e ringhia aggressivamente contro il mio seno. Mi morde, mi bacia, mi lecca; sento la mia pelle esplodere in un gioco di eccitazione e perversione che mi divora l'anima. Non capisco più niente quando, con un colpo maledettamente deciso e premeditato, spinge contro il mio bacino proprio mentre io affondo con forza.
«Ahi.» mugolo chiudendo gli occhi e mordermi il labbro inferiore; non voglio neanche sapere cosa stia facendo Harry. Sento l'orgasmo che, piano piano, si fa spazio tra i miei sensi più primitivi; facendo prelevare la mia voglia di piacere, su qualsiasi altra cosa.

«Spingi.» gli mordo abbastanza fortemente il collo, per fargli capire che ho più bisogno di così. Deve arrivare al massimo, completamente.
«Oh Dio, piccola.».
«Cazzo.» ci scambiamo piccole ed innocenti (per quanto questa parola possa essere considerata adeguata in questo contesto) imprecazioni, ansimando.

«Scopami, cazzo.» incredibile come parole così sporche, escano dalla mia bocca.
«Oh cazzo, amo quando sei così sporca!» ringhia mordendomi fortemente un capezzolo; Dio, spero sia rimasto attaccato al suo posto.

Continua a spingere con energia mentre io, dal mio canto, ruoto i fianchi in modo tale che il suo membro raggiunga il limite massimo. Respiro alquanto velocemente e, non so se sia una strana coincidenza, ma il ragazzo sotto di me emette sbuffi alla stessa frequenza di tempo. Sto per impazzire: c'è odore di sudore (stranamente piacevole), i miei capelli sono arruffati e la bocca di Harry è così umida che sembra abbia appena bevuto. È una visione paradisiaca; e sapere che solo io ne posso usufruirne, mi rende entusiasta e compiaciuta. Così tanto che aumento la velocità dei movimenti senza neanche accorgermene, ma va bene: ad Harry non dispiace.

«Ah.» continuiamo ad ansimare all'unisono e dopo qualche minuto sento Harry che nasconde la testa in mezzo al mio petto - segno che sta per venire.
«Non fermarti amore mio.» dette queste parole lo spingo giù, fino a farlo distendere completamente nel sedile dell'auto.
«Vieni per me, mh?» gli domando retoricamente baciandogli il petto e continuamente a rafforzare le mie spinte.
Sento le mie pareti stringersi attorno alla sua erezione e quest'ultima essere più dura che mai; stiamo per raggiungere il coito entrambi.

«Holland!» sento il suo seme toccare il mio interno, segno che è appena venuto. Continua comunque a spingere, poiché io non sono del tutto soddisfatta; ma, so per certo, che manca poco.

~

Arrivata a casa mi butto sul letto e schiaccio il viso sul cuscino morbido e profumato, la stanchezza mi sta attanagliando le viscere. Non voglio altro che dormire, così da riprendermi del tutto: odio sentirmi debole per qualche ora mancata di sonno; per tale motivo mi metto subito il pigiama.

La mattina dopo non riesco neanche ad alzarmi appena la sveglia trilla facendomi innervosire; porca miseria, è il suono più brutto che una persona possa sentire a quest'ora. Con un occhio ancora chiuso, quindi, alzo il braccio e tasto pesantemente il comodino, sperando di beccare in fretta il mio iPhone. Appena blocco quella roba a dir poco assordante, apro anche l'altro occhio, sbadiglio e, solo adesso, mi alzo e mi sgranchisco la schiena.

Mi lavo pigramente perché, essendo del tutto sincera, non ho neanche la voglia di vivere stamattina; e non perché sia successa qualcosa di brutto - anzi, ma sono troppo stanca. Anche psicologicamente, non so cosa mi stia succedendo, ma è come se non fossi pronta per affrontare quello che, inevitabilmente, avverrà tra pochissimi mesi (quattro, più o meno): l'inizio di una nuova vita al college.
«Santo Cielo.» dico tra me e me posando lo spazzolino nel bicchiere di vetro blu.

È così maledettamente strano alzarsi senza troppi pensieri (sempre che la maturità non sia uno di essi). La mia vita continua abbastanza tranquillamente: io ed Harry siamo fidanzati, Stan è cresciuto tantissimo da quando mi è stato regalato, la scuola continua ininterrottamente e mia madre non mi ha calcolato molto nella sua vita - il che è meglio. Mi sento stranamente tranquilla; ecco perché sono spaventata. Sono sempre stata abituata, fin da piccola, ad aver timore della serenità; perché, inevitabilmente, mentre conduci la tua esistenza prova io preoccupazioni, arriverà qualcosa che ti destabilizzerà. Per sempre.

Perché, detto molto diplomaticamente e sinceramente, le cose - nonostante siano piccole ed insignificanti, vengono scalfite sulle pelle; e, volente o nolente, te le porti con te per tutta la vita. Ed è una cosa tristissima se ci si fa caso; è più che normale che una persona voglia dimenticare i propri problemi ed anche, per meglio dire, i propri errori.

Comunque la pensi su tutto, esco dal bagno poiché non vorrei rischiare di arrivare in ritardo - sarebbe la centesima volta in un solo mese. So che è maggio e so che dovrei impegnarmi per i miei ultimi esami prima del college, ma sono così presa dalla mia nuova serenità, che li sto dimenticando. O, meglio, cerco di accantonarli in un mondo remoto del mio cervello - che poi, tanto remoto non è.

Arrivata alla terza ora di chimica, vorrei spararmi una pallottola in testa, poi raccogliere il bossolo e ingoiarlo. Insomma, vorrei davvero uscire da questa classe al più presto perché, siamo seri suvvia, chi potrebbe resistere alla terza ora di chimica? Sono brava in materia, ma questo non implica il fatto che io debba amarla.

Qualche minuto dopo suona la campanella e, Dio del Cielo, non sono mai stata più felice di sentire quell'assordante rumore. Che abbiano superato gli herts permessi in Europa, inventando questi affari? Che poi, un "ragazzi, la lezione è finita, andate in pace" non andava bene? Certo, in realtà - detta proprio in tal modo sembra pronunciata da un parroco pedofilo; ma sicuramente meglio di quella cosa appesa al muro.

Mi rendo conto di aver pensato troppo a lungo e, di conseguenza, mentre gli altri ragazzi uscivano per fare ricreazione e rilassarsi, io sono rimasta con il culo attaccato allo sgabello. Dio, quanto mi odio quando mi perdo così tanto in mezzo ai miei tanti pensieri irrilevanti. Dovrei frequentare un corso per capire come rimanere nel mondo dei vivi e non esplorare i tanti luoghi che affiorano ogni talvolta nel mio povero cervello.

Proprio prima di mettere un piede fuori da questa aula infernale, il professore mi blocca facendomi nuovamente sedere. Sbuffo segretamente e mi accomodo cercando in tutti i modi di ascoltare le parole del veterano qui presente.
«Holland, volevo chiederti un enorme favore.» mi guarda attentamente e vedo disperazione nei suoi occhi; sto attenta.
«Mi dica.» gli dico semplicemente, osservando ogni sua piccola mossa: nessun docente mi aveva mai chiesto prima un favore con questi occhi. Adesso ho paura.
«Devi aiutare un nostro nuovo alunno.» sorride alla fine della frase, forse per sdrammatizzare un po' la cosa.

«Ah.» rispondo semplicemente mordendomi il labbro.
«So che non sarai incline ad ottemperare questa fantomatica richiesta, ma te ne prego. Questo ragazzo, mi sembra si chiami Efron, ha avuto molti problemi nell'ultimo periodo... e la chimica è uno di essi.» dice guardando il banco sul quale sono poggiate le sue piccole braccia.
«Va bene, lo farò.» dico pensando ai pro della situazione; non che ce ne siano così tanti da fare un elenco.
«Mi darà crediti, giusto?» chiedo per essere più sicura in uno dei punti più focali della lista immaginaria che sto scrivendo.
«Sì, certo!» esclama sorridendo ed annuendo alla sua stessa affermazione.

Alzo il sopracciglio e lo guardo in modo alquanto ambiguo, comunque sia: saluto ed esco dalla classe decisamente troppo deprimente per trascorrere la pausa. Raggiungo immediatamente la segreteria e chiedo di questo Efron (si chiama così, o sbaglio?), mi piacerebbe sapere di più sulla persona con la quale lavorerò.

Almeno spero che non sia stupido, perché, come diceva un mio vecchio professore, sono brava, ma non posso fare miracoli.
«Certo, Zac Efron di Philadelphia.» dice la segretaria alzandosi gli occhiali sul ponte del naso. Fantastico, questo fantomatico ragazzo proviene anche da una delle mie città Americane preferite. So per certo che Harry non sarà tanto felice della cosa, ovviamente neanche io lo sarei se i ruoli fossero invertiti; quindi, perché biasimarlo?

Quattro ore dopo (due di inglese, una per il pranzo ed una di storia), mi dirigo verso l'uscita della scuola e penso a quello che dovrò fare questo pomeriggio.

Appena esco dal grande cancello, dove io ed Harry abbiamo deciso di trovarci alla fine delle lezioni, vedo un uomo osservarmi con un sopracciglio alzato e un sorriso malizioso in faccia.

Lo guardo meglio e, che mi caschi il mondo addosso, quello è mio zio Peter!

Angolo autrice

Mi mancava sinceramente scrivere questo piccolo angolo. Allora, da dove partire? Premetto che scriverò un bel po', quindi mettetevi comodi e, vi prego, leggete.
Ho le lacrime agli occhi perché, Santo Dio, mi sento maledettamente in colpa per non aver aggiornato per mesi, ma non ho potuto fare altrimenti. È stato il periodo più difficile della mia fottuta esistenza e, vi giuro, avrei preferito dare un taglio a tutto. E, sinceramente, non volevo rovinare la mia storia con un'influenza negativa.
È arrivata la notizia di un ennesimo trasferimento, penso sia il sesto, ma in realtà ormai ho perso il conto. Sono stanca di non poter avere una normale vita perché, prima o poi, dovrò dire addio a tutto. Sono veramente stanca; e peggioro di giorno in giorno la mia situazione mentale. Ho sinceramente paura di arrivare ad un punto di non ritorno. Quindi, scusandomi per lo sfogo, vi ringrazio di essere qui. Probabilmente siete le uniche persone che hanno dedicato del tempo a me (attraverso la storia, chiaramente).
Sappiate che ve ne sono più che grata.
Ed ora, con immensa felicità - poiché la voglia di scrivere è ritornata - clicco quel "pubblica". Spero di avervi reso felici in qualche modo.

La vostra Tori.

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