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24. Hi, it's me.

Piano piano, è uscito da me; la sua erezione è rimbalzata contro il suo stesso stomaco e, dopo qualche minuto dove ci siamo rilassati in silenzio, si è ammorbidito - non del tutto, ma è già un passo avanti.

«Allora... ti è piaciuto?» chiede con un tono di voce insicuro; quasi mi viene voglia di baciargli ogni angolo del viso e, magari, lo sto facendo.
«Harry, è stato il sesso più bello del mondo. Cioè, sarai pure vergine, anzi mi correggo, sarai stato pure vergine, ma Dio!, è stato stupendo.» confesso ridacchiando per essermi impappinata con le mie stesse parole.

D'un tratto si alza e mi alza il dito medio, nonostante io non abbia fatto o detto nulla di male. Che si sia pentito?
«Holland, vaffanculo a te, al sesso e al mondo intero!» urla con tutto il fiato che il suo corpo riserva ed io, spaventata un po' da questa reazione, mi allontano lievemente.
«Cosa? Allora tu sei davvero un fottuto lunatico; curati, Harry!» grido di rimando e, quando lui mi guarda come se avessi detto la stupidaggine del secolo, io inarco un sopracciglio. Che nervosismo!
«Holland! Ficcati in quella cazzo di testa che ti ritrovi che non hai sempre ragione tu!» sbraita e poi, nudo com'è, si avvia verso i suoi boxer.
«Mi vuoi dire cos'ho fatto?!» dalle mie parole e dal mio tono di voce sembrerebbe quasi che io lo abbia chiesto con rabbia, ma, al contrario, sto dimostrando una calma assoluta. Perché io non sono isterica, forse.
«Sbagli sempre, ecco cosa fai.» mi dice alterando un po' la voce, ma non abbastanza da risultare una sgridata.

«Cosa? Non ho detto nulla! Anzi, ti ho pure fatto i complimenti per il buon sesso!» scatto io innervosita dal suo essere così pignolo.
«È quella stupida parola a mandarmi in bestia! L'hai fatto anche la scorsa notte, stupida!» ribatte infilandosi le mutande con mani tremanti per l'irritazione.
«Quale?!» urlo, stavolta, troppo abbattuta dal fatto che stava andando tutto benissimo, fino a quando lui non ha deciso di iniziare a gridare.

«Sesso.» ora, la sua voce, posso affermare che è un sussurro; quasi non si sente.
«Cosa?» domando, allora alquanto stranita; non più arrabbiata, semplicemente impressionata dalla sua ammissione.
«Lascia stare!» dice prima di andarsene dal mio campo visivo, nascondendosi dietro una palma.

Decido che è meglio lasciarlo perdere e, dopo aver infilato il reggiseno e le mutande, mi tuffo in acqua, per rilassarmi. Con mia grande sorpresa noto che il liquido non è poi così freddo come mi aspettavo, anzi, oserei dire che è caldo. E, mentre sguazzo nell'acqua senza un apparente motivo - se non quello di distrarmi dall'intera situazione, penso a quello accaduto pochi minuti fa. Cos'ho fatto di male per meritarmi tutto questo? Perché, insomma, la mia schifosa situazione sentimentale non la augurerei neanche al mio peggior nemico; e sta parlando una delle persone più vendicative al mondo.

~

Penso siano passate circa tre ore ed io non potrei non essere più preoccupata di come lo sono adesso. E, anche se egoisticamente, sto rimuginando sul fatto angosciante che mia sorella è in giro da sola, di sera tardi; so che dovrei andare da Harry a chiedergli cosa c'è che non vada, ma, davvero, non posso non pensarci. Mi mangiucchio le unghie mentre lui si stende sopra il terreno umido e incrocia le braccia muscolose dietro la testa, così da avere qualcosa di comodo su cui poggiarla.

«Secondo te, sta bene?» chiede di punto in bianco, come se tutta la rabbia che provava prima nei miei confronti sia sparita in due millesimi di secondo.
«Come scusa?» in realtà non ho afferrato del tutto la sua domanda; corrugo la fronte.
«Gemma.» mi risponde regalandomi un sorriso; uno di quelli amari che ti fanno accapponare la pelle per la troppa falsità.
«Bene, Haz. È una donna in gamba.» annuisco alla mia stessa affermazione, convinta delle mie parole sensate.
«Non chiamarmi così.» ed ecco che ritorna ad essere infuriato con me, per solo Dio sa cosa. È troppo lunatico, oserei dire.
«E allora vaffanculo, eh.» dico alzando il dito medio verso la sua direzione.

In tutta risposta, il riccio, gira la testa dalla parte opposta alla mia e sbuffa una risata; ma non una di quelle che ti contagia, è più una di quelle che vogliono dire "hai un carattere così brutto che mi fai pena e rido per non piangere" - per rendere meglio l'idea.

Sentiamo dei rumori attraverso gli alberi dietro il piccolo lago ed io mi sento male per la troppa paura. Cos'era quel rumore? Cerco di dire una semplice parola, ma, a quanto sembra, mi si sono bloccate in bocca tutte quelle che avevo a disposizione.
«Holland? L'hai sentito pure tu?» a parlare è Harry che si mette seduto di scatto, girando la testa a destra e a sinistra, con una velocità così disarmante che resto quasi basita.
«Ehm, sì.» tossisco e poi rispondo alquanto spaventata, se devo essere del tutto sincera.

«Stai ferma qui. Non ti muovere.» scandisce bene ogni parola della frase che, inizialmente, alle mie orecchie, suona incomprensibile.
«Cosa? Harry!» altero un po' il tono della voce quando vedo che si alza dirigendosi verso la fonte del rumore che abbiamo udito poco prima. Che voglia lasciarmi qui?

Non sento nessuna risposta da parte sua, così lo seguo spaventata da quello che potrebbe essere stato causato quel suono. Che Dio ce la mandi buona e non sia un cannibale affamato di carne umana. Dio, che pensieri stupidi; ma, in questo momento, non potrebbe fregarmene di meno. Ho un'ansia a dir poco terribile; quell'orribile sensazione che qualcosa ti sta mangiando dall'interno, risucchiandoti anima e corpo; perché alla fine questa è l'ansia: un orribile "stress" che non trova differenza tra esterno ed interno del corpo umano.
«Harry!» urlo in un sussurro (per quanto senso possa avere gridare con un tono di voce basso) e continuo a camminare.
«Ti avevo detto di non muoverti!» ribatte girandosi verso di me e, nonostante sia arrabbiato, non posso fare a meno di sentirmi al sicuro con lui. Ed il fatto che provi preoccupazione nei miei confronti anche s'è infuriato, mi fa addolcire.

Mi avvicino a lui e, senza che se ne accorga, dato che cammina spedito, incrocio le mie dita alle sue. Si gira di scatto e contraccambia la presa, forse anche con più forza di quanta non ne stia applicando io; ammetto che sono confusa da questi repentini cambi d'umore, ma fanno parte di lui, per questo li amo.
«Haz?» lo richiamo a corto di fiato.
«Non mi chiamare così.» dice non ammettendo repliche mentre mi tira ancora più vicino a sé. È lunatico.
«Harry?» stavolta pronuncio il suo nome per intero e lui mi osserva dall'alto in basso, abbassando un ramo all'altezza del mio naso che ci impediva di passare.

«Voglio andare a casa.» dico, omettendo una sensazione che mi terrorizza: la paura.

Perché, onestamente, penso che essa sia una delle emozioni più importanti che un umano possa disporre. Mi intimorisce la paura in sé: ho sempre pensato che quest'ultima, se presente costantemente, riesca a bloccarci, senza farci andare avanti. E, onestamente, io sono una persona che cerca di guardare sempre dinnanzi a sé; ciononostante sono una persona pessimista, come pochi. Un po' come Leopardi, oserei dire. Ho sempre creduto che se nella vita ci si aspetta il peggio, le delusioni sono meno toste; o, almeno, non lo sono tanto da ucciderci lentamente.

«Anch'io, piccola.» ed è quel minuscolo nomignolo a farmi sciogliere il cuore, neanche fosse un ghiacciolo messo al sole.
«Secondo te cos'è stato?» chiedo riferendomi al rumore che abbiamo avvertito istanti fa.
«Non saprei, Holly. Magari semplicemente un animale.» risponde non staccandosi neanche di un millimetro dalla mia figura più bassa rispetto alla sua.
«Cazzo, Harry.» dico senza un reale ed apparante motivo; semplicemente, mi sono sentita in dovere di dirlo, come se quelle due parole possano risolvere tutto.
«Ahi, porca puttana.» lo sento masticare un'imprecazione tra i denti quando, per sbaglio, i suoi capelli lunghi si impigliano in un tronco.

C'è buio e l'unica luce che abbiamo a disposizione al momento è quella delle stelle e della luna - quasi piena, che illumina l'intero cielo.

«Harry! Holland!» urla una voce che capisco, immediatamente, essere quella di Gemma. Di slancio inizio a correre, con Harry al seguito, e schivo abilmente tutte le piante per poter raggiungere la fonte di quella voce. Appena vedo una testa lontana qualche metro da me ed il mio fratellastro, il mio cuore scoppia dalla troppa felicità. È Gemma! Non posso credere veramente alle immagine che i miei occhi trasmettono al mio sistema nervoso, finché non prendo tra le mie braccia la ragazza più alta. Dietro di lei c'è Des, quindi immagino che mia madre sia presente.

«Oh mio Dio, li hai trovati!» dice Harry venendo verso di noi per poi inglobarci con le sue grandi braccia tatuate.
«Dio.» imprechiamo all'unisono io e mia sorella che, nonostante sia perfettamente sana, è ancora tenuta stretta dalla sottoscritta, ancora troppo felice per realizzare la cosa.
«Harry, Holland!» esclama in seguito il padre dei fratelli venendo verso di noi, con tanto di sorriso a trentadue denti.
«Papà!» mi scappa dalle labbra e gli salto addosso, facendo uscire qualche lacrime per l'eccessiva emozione che provo.

Appena mi accorgo della denominazione che gli ho attribuito mi ritraggo leggermente e, asciugandomi con le mani le lacrime, gli chiedo scusa.
«Non c'è nulla di cui scusarsi, Holland! Eri semplicemente felice di averci ritrovato!» trilla ed io ridacchio per il suo modo inequivocabile di toglierti da una situazione imbarazzante; quest'uomo è perfetto.
«Sì, forse hai ragione.» dico annuendo, sorridendo ancora, troppo felice di essere sana e salva da qualunque pericolo.
«Holland, stai bene?» mi richiama mia madre ed io, dopo aver alzato un sopracciglio, annuisco per poi girarmi verso Harry che si sta mordendo il labbro. Cos'ha ora? Dio, mi fa confondere più di un equazione matematica.

Iniziamo a camminare, tutti insieme, verso la nostra destra; spero vivamente che i nostri sappiano la strada per arrivare all'albergo. È stata una sventura (anche se non la definirei propriamente con il termine negativo) e non vorrei ripeterla per nulla al mondo. Ma, devo essere sincera del tutto con me stessa, quindi devo ammettere che la parte dove sono stata sotto Harry, mi è piaciuta più di ogni altra cosa al mondo; pagherei un occhio della testa per poter rivivere quei bellissimi momenti. Ma chi non lo farebbe? Siamo sinceri: tutti pagherebbero per avere un rapporto del genere con Harry. Egoisticamente, sono felice di essere l'unica con cui quest'ultimo fa certe cose. È stato davvero un buon sesso, ciononostante non è stato questo a farmi sentire così viva. È riuscito a farmi sentire qualcosa all'altezza dello stomaco che nessuno mi aveva mai fatto provare e, per questo, gliene sono immensamente grata. Anche se non direttamente, mi sta aiutando a capire davvero tantissime cose e spero che si accorga del fatto che lui per me è ben altro che un "insegnante".

Continuo a camminare accanto a Gemma che mi sta parlando di quanto Angie sia carina e di cose dolci e smielate come quest'ultima; ma, in realtà, non la sto davvero ascoltando. Maggiormente, penso a come Harry abbia contraccambiato la stretta di mano, facendomi sentire al sicuro, nonostante non lo fossimo neanche lontanamente. Ed è questo che mi sorprende di più ogni volta che succede qualcosa del genere. Insomma, come può una persona sentirsi protetta anche se non lo è realmente? I pensieri che mi affiorano in mente sono strani e contorti e, per quanto io voglia afferrarne qualcuno preciso, essi finiscono sempre per ingarbugliassi fra loro, facendo un tremendo casino che, altro non fa, oltre a causarmi mal di testa e caos.

Odio tutta questa situazione che oltre ad essere definita "schifosa", non può essere più aggettivata. Ma, infine, dovrei semplicemente ringraziare il Cielo, perché mi ha dato la possibilità di assaggiare uno spicchio del mondo di Harry e, chissà, magari un giorno ne proverò un altro po'.

«Ehi, ma mi stai ascoltando?» chiede la voce femminile accanto a me. Mi giro di scatto e la guardo scuotendo la testa, come per scacciare tutto ciò che mi circola in testa. Ridacchia sicuramente perché ha capito che sono stata, fino a pochi secondi fa, nel mio mondo e poi ritorna a guardare dinanzi a sé.
«Se vuoi parlarne io ci sono.» dice ad un certo punto, mettendomi un braccio sopra le spalle, come a volerlo confermare.
«Grazie.» sorrido lievemente appoggiando la testa nella sua spalla.
«Gemma?» la richiamo dopo qualche secondo, prima di grattarmi la nuca.
«Sei una sorella stupenda.» sorrido dolcemente, come a volergli fare capire che quelle parole le considero vere.

Dopo circa due ore di camminata, con un passo estremamente strascicato e angosciante, arriviamo alla strada principale dell'isola. Un automobile nera e molto elegante, ci aspetta parcheggiata perfettamente tra due cassonetti dell'immondizia.
«Andiamo.» dice, a me e a Gemma, Des prima di indicare la vettura pronta a partire. Spero solo che ci porti direttamente in albergo; non sopporterei un'altra qualsiasi sosta, giuro. Sono sicura che se camminassi per qualche altro metro, cadrei a terra per poi non rialzarmi più. Patetico lo so, ma è la verità.
«Sì.» risponde, per entrambe, Gemma ed io, come se stessi acconsentendo, annuisco vivamente dirigendomi verso il bolide.

Salgo su quest'ultimo e cerco di non vomitare quando, con immensa velocità, affronta le curve, forse, un po' troppo bruscamente; non che ce ne siano tante, ma quelle che vi sono me le sta facendo pesare.
«Leila?» il nome di mia madre viene chiamato dal mio patrigno che, con uno sguardo disgustosamente innamorato, le passa il suo cellulare per fargli vedere qualcosa. Mia madre, d'altra parte, tanto oca e falsa com'è, scoppia a ridere (ed è palese che lo fa falsamente, voglio precisare) portandosi una mano alla bocca, cercando di reprimere i suoni finti. Non avrebbe carriera neanche come comparsa in una pubblicità per deodoranti per ambienti; patetica.

Arriviamo al nostro alloggio poco dopo ed io corro in bagno per liberare felicemente la mia vescica. Appena finito, mi reco in camera mia infilandomi nel letto, non volendone sapere di nulla, in assoluto. Voglio solo dormire: la stanchezza mi sta divorando dall'interno e, onestamente, sto anche male per tutto quello accaduto con Harry.

Sento un leggero bussare alla porta e, giuro, di aver pensato, in un primo momento, di alzarmi e scannare chiunque sia lì dietro; perché non posso semplicemente dormire?

Mi alzo dal letto e, strascicandomi fino al materiale di legno, dico un "chi è?" per poi aprire, nonostante nessuno mi abbia dato una risposta.
«Posso dormire qui?» Gemma fa capolino nella mia stanza ed io annuisco più volte dirigendomi verso il mio materasso.
«Buonanotte, Gem.» velocemente gli faccio intendere che per ora non ho intenzione di parlare e lei sembra capire.
«Ha bisogno di te.» sussurra, ma, nel silenzio tombale che regna sovrano, la sento forte e chiara.
«'Notte, Holland.» infine dice spegnando il suo cellulare, eliminando ogni traccia di luce che, fino a pochi secondi fa, vi era in camera.

~

Mi sveglio con un leggero brivido che mi attraversa l'intera schiena e, so perfettamente, che si tratta di un malessere fisico. Mi appallottolo in mezzo alle coperte e un tremolio abbastanza forte mi scuote da capo a piedi, facendomi corrugare la fronte contrariata. Non ora, diamine! Mi mordo il labbro cercando di reprimere quest'orribile situazione, ma, a quanto sembra, sono impotente al momento. Dio, odio i sintomi di un'influenza o, peggio ancora, di una possibile febbre: il corpo indolenzito, il freddo costante nonostante si abbiano otto coperte di sopra e, il peggiore, il naso pieno di muco schifoso.

Trascinandomi le coperte fino al bagno, accendo la luce cercando di far meno rumore possibile e mi guardo intorno, prima di girarmi verso il mio riflesso. L'immagine che vedo nello specchio mi fa accapponare la pelle: ho il naso rosso, così come le labbra ed i miei occhi sono porpora come se avessi fumato qualcosa di vagamente illegale. Faccio, letteralmente, schifo al momento. Sembro uno zombie e, per quanto io non voglia disturbarla, devo per forza svegliare mia sorella. Mi serve un piccolo aiuto (si fa per dire, chiaramente); ma, soprattutto, non posso farla riposare con me perché se no la contagierei. Ed io, onestamente, vorrei morire per la età troppo avanzata e non per una Gemma con raptus omicidi che mi accoltella incolpandomi di averla fatta ammalare e, di conseguenza, di avergli rovinato l'esistenza. Dio, sarebbe raccapricciante!

Mi mordo il labbro e le scuoto leggermente la spalla tirando, di tanto in tanto, sù con il naso. Vedo la ragazza di fianco a me: gemere, grugnire, lamentarsi e dimenarsi sotto al mio tocco ma, cascasse il mondo, non apre gli occhi. Ma, irrimediabilmente, so che è sveglia; solo, non vuole alzarsi.
«Gemma.» sussurro scuotendole una spalla.
«Gemma, penso di avere la febbre e non vorrei contagiarti, quindi...» lascio in sospeso la frase, sperando che capisca dove voglio arrivare. Contro ogni mia aspettativa, lei salta giù dal letto con un energia che farebbe invidia ai ciclisti che fanno uso di doping.

«Levati! Oh Dio, spostati che mi immischi il tuo orribile malessere, Holland.» mi spinge leggermente ed io, debole in qualsivoglia parte del corpo, cado, in modo poco aggraziato, sul letto.
«Grazie, eh!» strillo in un sussurro e, per quanto lei possa nasconderlo dietro a quel suo magnifico viso, so che è divertita.
«Holland, sei malata.» dice seriamente tutto d'un tratto ed io, sfacciata come sono, faccio assumere alla mia voce un suono buffo.
«Ma grazie! Non ne avevo idea!» l'ironia che immetto in questa frase è davvero tantissima, ne sentirebbe la presenza anche un bambino sordo.

«No, Holland. Non in quel senso.» ribatte seria ed io, per un momento, vacillo non sapendo esattamente a cosa si riferisca.

«Sei malata gravemente di una cosa strana che affligge molti ragazzi, compresa me. Si chiama "amore" e so che è una cosa orribile, ma bisogna accettarlo. Durante la notte non hai fatto altro che ripetere il nome di mio fratello, mentre aggiungevi, di tanto in tanto, qualche parola smielata.» spiega ed io rabbrividisco e divento pallida perché tutto mi aspettavo da lei, tranne che mi sbattesse così ferocemente la realtà in faccia (sempre se essa lo è). Respiro e chiudo gli occhi.
«E sai, Holland, qual è la cosa buffa?» chiede retoricamente ed io mi ritrovo a scuotere velocemente il capo, curiosa di quello che mi deve dire o, meglio, spiegare.
«Che mio fratello è stato più intelligente di te, e lo ha capito tempo fa.» continua sorridendomi con compassione.
«E tu non te ne accorgi neanche!» adesso il suo tono è un po' più alto - sempre attenta, però, a non farsi sentire da nessuno; ma non è arrabbiata, solo stranita. Come se questa cosa di cui parla è così evidente che è strano che io non la veda.

Confusa, scuoto la testa cercando di far scivolare i miei pensieri in un angolo remoto del mio cervello che, a dire il vero, tanto remoto non è; e so per certo che non lo diventerà mai.
«Holland è ora che voi due vi parliate sinceramente,» marca pesantemente questa parole ed io divento pallida, «una volta per tutte.» conclude dandomi un piccolo bacio sulla guancia, forse per incoraggiarmi; o semplicemente perché le andava di essere dolce ed affettuosa con una persona sentimentalmente distrutta.
«Non abbiamo molto da dirci.» mento spudoratamente sotto gli occhi vigili di mia sorella che sembra odiarmi in questo momento. E, la cosa buffa, è che le dò ragione; anch'io mi detesterei se fossi in lei.

Simula una risata, che a volerla fare più falsa ci si dovrebbe impegnare, e poi dice un secco "no". Ridacchio per il carattere meraviglioso ma alquanto strano di questa ragazza stupenda e torno a rabbrividire per il malessere.

«In quanto alla tua febbre... tieni.» dice mentre mi passa in modo maldestro un'aspirina per poter, almeno, ragionare meglio. Sorrido e la guardo mentre si mangiucchia le unghie, vizio che suo fratello non ha. Mi maledico, per forse la trecentesima volta in un giorno, per aver pensato nuovamente ad Harry. È come se abitasse all'interno del mio cervello; non riesco a non pensarlo e, quando dico questo, intendo proprio nel verso senso della parola. Tutto mi ricollega a lui e, ammetto, che la cosa inizia ad infastidirmi; perché non riesco a distrarmi da tutto questo?
«Grazie.» dico mentre apro la bustina e me la verso direttamente sulla lingua, sin troppo pigra per andare a prendere dell'acqua.

«Holland, non devi offenderti, ma... io vado a dormire insieme a mio fratello; non vorrei ammalarmi. Se hai bisogno non esitare a chiamarmi.» dice velocemente ed io, scuotendo la testa come a volerle dire che non c'è motivo per cui io debba offendermi, mi dirigo albmio lato del materasso.
«Allora, ci vediamo domani.» dico sbadigliando leggermente, troppo assonnata anche solamente per tapparmi la bocca, nonostante io abbia affrontato un discorso molto importante (anche se questa locuzione la considero uno stupido eufemismo a confronto della mia situazione) con Gemma.
«'Notte!» agita la mano uscendo, cercando di non fare troppo rumore, dalla porta.

~

Quando apro un occhio, solo per costatare che, sì, la luce è forte e fastidiosa, vedo l'orario nella radiosveglia accanto a me. Le tre del pomeriggio ed io sono ancora coricata tra le coperte; con il naso chiuso (dal muco, si intende) e la fronte sudata. Mi sento davvero tanto male così decido di mandare un messaggio a Gemma per chiederle un piccolo aiuto. Afferro il cellulare da sotto il mio cuscino e, dopo aver scritto il piccolo testo, premo il tasto con sù scritto "invia".

Gemma: Arrivo, tranquilla!

Ed ecco la sua risposta ed io spero che si sbrighi perché sto davvero molto male.

Sento un bussare leggero ma veloce alla porta così, dopo aver sbuffato, gracchio un "avanti".

Proprio mentre penso che la mia voce sia orribile data la temporanea malattia, una testa riccia fa capolino in camera mia.
«Ehi, sono io.» dice passandosi una mano tra i capelli, come a volerli sistemare; peccato che sia un volere impossibile.
«Sì.» annuisco senza un reale motivo; voglio dire: è ovvio che sia lui. Dio, sto così male e sono così confusa che sto blaterando su cose senza senso. Sto delirando, Cristo!
«Gemma ha detto che stavi male così, mh, mi ha detto di venire qui, mentre lei andava a comprare un qualche farmaco.» spiega ed io sorrido annuendo, iniziando a sentire quei raptus omicidi contro mia sorella.
«Vieni.» con la voce orripilante e le ossa indolenzite, gli indico il posto vuoto accanto a me nel letto.

~

Abbiamo parlato del più e del meno: ad esempio di quanto sia stato preoccupante disperderci in quella piccola area dell'isola o di quanto sia stata buona la colazione qualche giorno fa o di come sia simpatica la receptionist. Tutto questo, ovviamente, solo per evitare il fatidico discorso: il sesso tra noi due. E, davvero, gliene sono grata; perché, se avesse iniziato a parlare di quello, mi sarei sentita ancora peggio di quanto ora non stia.

Ora, invece, io sono nella sua camera e lui è in spiaggia a fare surf. Sono nella sua stanza perché, la gentile (si deve cogliere il bel velo d'ironia, sia chiaro) donna delle pulizie, mi ha detto che doveva pulire la mia. Così, sbuffando, mi sono imbottita di farmaci (che Gemma mi ha gentilmente portato) e mi sono recata nell'alloggio di Harry. Ovviamente, è tutto estremamente ordinatissimo ed io, la persona più caotica di questo intero mondo, non capisco come un ragazzo sia così legato alla perfezione.

Mentre mi siedo sul suo letto, maledettamente impregnato del suo meraviglioso profumo, sento qualcosa che mi infastidisce, al di sotto del materasso. Ruoto gli occhi nelle orbite e, cautamente, mi alzo per poi inginocchiarmi davanti la testiera. Infilo la mano nella federa del cuscino e tocco qualcosa di duro. Non capendo cosa sia, la curiosità prevale su tutto e, così, lo acchiappo per poi tirarlo verso di me.

È un diario in pelle, penso sia cuoio, sgualcito ai lati (utilizzato troppo, credo) e rilegato con un filo particolare di tonalità più scura. Attaccata in un lato c'è una Bic, il cui inchiostro, si vede perfettamente data la sua struttura trasparente, è quasi finito.

Il suo diario.

Angolo autrice

Ecco un bel nuovo capitolo! Per ora sforno capitoli neanche fossi un microonde (che cazzo di senso ha questa frase? Non saprei neanch'io, quindi non chiedetemi). Comunque...
Votate e commentate perché ci tengo tantissimo.
Volevo anche ringraziarvi di tutte le visualizzazioni, i voti, i commenti e i complimenti. Siete tutto per me, grazie.
{So che questa determinata ragazza non legge la mia fanfiction, ma mi sento in dovere di farlo, quindi... CAPITOLO DEDICATO A STELLA CHE AMO CON TUTTA ME STESSA, GRAZIE VITA MIA.}

La vostra Tori.

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