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22. Where we are?!

Arrivata all'hotel, sbuffo pesantemente e mi asciugo le lacrime, come se questo piccolo ed inutile gesto possa servire a qualcosa. Anche perché, nonostante una persona non pianga, non significa che sia forte o meno triste rispetto agli altri. Anzi, io credo che proprio quest'ultime siano le più tristi, quelle che pensano che la vita non abbia un valido motivo per essere vissuta, solo perché non ha un vero scopo o, meno poeticamente, quelle che preferirebbero mettersi un cappio al collo (modo di dire chiaramente) e farla finita una volta per tutte, pur di evitare vari problemi che li vita ci infligge. Ed ora non starò qui a dire che "le difficoltà vanno affrontate", perché non sono una persona del genere. Ma neanche una che si mette a frignare in un angolo e spera di sparire dalla faccia della terra, sia chiaro.

Semplicemente, sono una di quelle persone che preferisce scavalcare, deviare e oltrepassare il problema - qualunque esso sia. Un po' come quando si va in bici, no? Se stai pedalando e ad un tratto ti imbatti in un grande masso, cosa saresti disposto a fare pur di proseguire la tua passeggiata? Le persone che ho descritto prima preferirebbero mandare al diavolo la pedalata; la gente brava - quella da cui bisognerebbe prendere esempio, scenderebbe dal bolide e sposterebbe con una forza disumana il grande masso e, dopo, continuerebbe; quelle come me, invece, cercherebbero semplicemente un'altra via.

Ed è quello che sto facendo proprio adesso che non so cosa fare né come sentirmi. Provo questo immenso desiderio di chiedere scusa al mio fratellastro, ma poi il mio orgoglio subentra e, così, preferisco starmene qui, in camera.

«Posso, piccola?» chiede Des bussando leggermente sulla porta di legno.
«Certo.» cerco di sorridere ma, pur non guardandomi allo specchio, so che è uscita un'orribile smorfia sul mio viso.
«Oggi andiamo a fare un giro lì dentro la foresta, tutti insieme.» mi avvisa indicando, con un cenno del capo, la finestra aperta.
«Preparati, andiamo tra un'ora.» mi dice dolcemente prima di lasciarmi sola, chiudendo la porta. Ed io non voglio fare altro che urlargli contro di non abbandonarmi sola con i miei pensieri strani. Ma, come tante altre volte è capitato, non dico nulla, non ascoltando il mio istinto.

E così, dopo una lunga discussione su chi avrebbe dovuto guidare, ci ritroviamo in una piccola via piena di cartelli stradali su cui vi è scritto "paradiso terrestre". E, davvero, spero lo sia sul serio perché, per una volta in tutta la vacanza, vorrei godermi almeno un momento di pace e rilassarmi senza avere troppi problemi.

Dopo qualche minuto, arriviamo in un luogo abbastanza strano: una specie di foresta dagli alberi e le piante tropicali verdi e vive.
«Cosa dobbiamo fare, esattamente, qui?» chiede il mio fratellastro scendendo dalla Jeep che mia madre e Des hanno noleggiato.
«Sci, Harry, ora sciamo tutti insieme! Secondo me ora prendiamo uno slittino e ci divertiamo con la neve, uhm?» risponde Gemma ironica dando uno scappellotto ad Harry facendomi ridacchiare sommessamente.
«Ah ah, sorella, davvero divertente.» d'altro canto, mente io mi godo la scena, il ragazzo finge di ridere premendosi la mano contro lo stomaco, come a voler simulare una mancanza d'ossigeno che, evidentemente, non c'è.

«Smettetela voi due!» esclama mia madre come a volerli rimproverare, mente li zittisce con un gesto della mano: pugno chiuso che ruota, come si fa nelle orchestre. Ma chi si crede di essere per questi due ragazzi?
«Scusalo Leila, ma è uscito male da mia madre. Prima i piedi e poi la testa, quindi ha un malfunzionamento al cervello a causa delle ammaccature.» sorride sadicamente mia sorella ed io sgrano gli occhi per la sua battuta forse un po' troppo pesante.
«Buona questa, Gemma!» dice Des alzando la mano a palmo aperto verso sua figlia, per farsi battere "il cinque".
«Ma papà!» urla frustrato ed in disapprovazione Harry che si passa una mano sul viso, come sconcertato da tutta questa situazione e, magari, lo è.

«Beh, io direi di andare.» intervengo io che, fino a poco fa, ero stata silenziosa ed indico una piccolo sentiero che porta all'interno della foresta.
«Sì, ha ragione Holland. Andiamo.» dice Des concordando con me, mentre mi mette un braccio sulle spalle iniziando a camminare.

«Allora... Come va con Harry?».

Cinque semplici parole, composte esclusivamente da venti lettere, tra cui otto vocali e dodici consonanti. Come possono questi semplici suoni usciti dalla bocca del mio patrigno, farmi cadere il mondo addosso? La domanda che per ora inonda il mio cervello, fino a distruggermi l'anima è: perché diamine Des sa della nostra situazione sentimentale? Respiro profondamente cercando di non farmi venire un attacco di panico perché, insomma, non sarebbe il massimo averlo proprio qui davanti a lui. Per quanto io cerchi di calmarmi non ci riesco a dovere perché, quanto è vero Gesù Cristo, questa, era l'ultima cosa che volevo venisse a sapere. Ma, la cosa che mi stranizza ancora di più, è il tono in cui mi ha posto quella domanda. Se lui sapesse dell'intera storia, dovrebbe essere più arrabbiato, o quantomeno, schifato, no?

«Ehi! Holland.» mi sventola una mano davanti ed io mi accorgo di essermi bloccata nel bel mezzo della conversazione.
«Sì, dicevo: come va con mio figlio? Sai, Gemma mi ha detto che litigate spesso e di questo mi dispiace, ma siete pur sempre fratelli, no? Secondo me dovreste cercare di andare d'accordo.» spiega ed io, come se un serial killer mi abbia tolto dal collo la pistola che precedentemente mi aveva puntato alla gola, sospiro immensamente sollevata dalla sua constatazione.
«Sì, beh, cercherò di fare del mio meglio per non battibeccare con lui.» dico semplicemente, con un leggero sorriso di sollievo, in volto.
«Mh mh.» annuisce in segno di ringraziamento e continuiamo a camminare.

~

«Ancora non mi spiego perché sono qui con te.» dice frustrato Harry mentre nostra sorella ci raggiunge con un grande sorriso, per poi avvolgerci le braccia intorno alle spalle. È davvero troppo felice.
«Chiudi la bocca e basta, cretino.» ribatto io alzandogli gli occhi al cielo con fare drammatico perché, davvero, il mio fratellastro ora mi sta stufando. Non può troncare tutto il nostro "buon" - se tale lo era, rapporto solo per il mio declino all'offerta di fare sesso. Tra l'altro, per un motivo che anche lui avrebbe dovuto capire.
«Ragazzi.» ci richiama la voce di Gemma mentre siamo occupati a scambiarci occhiate fugaci e, direi, alquanto fulminee.
«Cosa vuoi?!» sbottiamo io ed il ragazzo dal lato opposto al mio, contemporaneamente.

«Ma dove cazzo sono i nostri?» chiede girandosi nuovamente verso una direzione, la direzione dove, poco prima, la coppia stava allegramente parlando tendendosi per mano. L'unica differenza è che ora, al posto di quella smielata e, a parere mio, troppo brutta visione, ci sono solamente gli alberi. Nessun adulto a guardarci e a tenerci d'occhio.
«Dove cazzo siamo?» chiedo io mettendomi le mani ai capelli tirandoli in una crocchia disordinata ed alta, come a voler dimostrare che voglio stare libera da ogni cosa - anche dalla mia chioma, in questa totale confusione. Ma, nonostante sia tutto molto caotico, al momento, penso che questa situazione debba essere definita come una condizione di alto panico. Dio, sento che potrei svenire in qualsiasi momento.

«Allora, stiamo calmi, okay? Ragazze, è semplice: li chiameremo.» sfila dal suo jeans il cellulare e ce lo mostra - neanche fosse un dannato trofeo, con un sorriso beffardo in faccia.

Compie qualche movimento veloce con le dita e, dopo aver portato l'apparecchio all'orecchio, il suo volto assume un'espressione corrugata e, direi, infastidita.
«Non c'è campo, dannazione!» urla frustrato premendo il tasto di spegnimento del suo palmare. Per quanto io odi ammetterlo, ha perfettamente ragione a sentirsi in questo modo. Insomma, come faremo a ritrovare la via per andare a casa? Abbiamo camminato senza guardarci indietro (verso la felice coppia) circa venti minuti e, a giudicare dall'ambiente che ci circonda, ci siamo allontanati parecchio.

«Dio! Che cazzo facciamo adesso!?» la mia suona maggiormente come un'esclamazione, ma, al momento, poco importa.
«Proviamo ad andare avanti, magari siamo solo rimasti indietro.» propone Harry ma io, con voce sprezzante e, credo, fastidiosa, rispondo a tono.
«No, Harry. Non siamo "solo rimasti indietro",» utilizzo le sue stesse parole usando un tono da finta tonta, «ci siamo persi. Non c'è il sentiero, capito?» indico il terreno sotto i nostri piedi per rendere meglio l'idea.
«Holland ha ragione, Harry. È da un po', credo, che non seguiamo la strada giusta.» spiega anche la bionda accanto a me, guardandosi attorno spaesata. Chi non lo sarebbe in mezzo ad una foresta del genere?

«Allora ragazzi ci dobbiamo dividere. Io vado da quella parte.» indica, con il braccio scoperto, la sua destra.
«Voi proseguite avanti.» ci spiega ed io, come se qualcosa mi avesse scottato, sobbalzo alle sue parole. Non la lascerò andare da sola, per nulla al mondo.
«No, Gemma. Ci muoviamo tutti insieme. Meglio non perdersi anche fra di noi. Punto.» dico autoritaria serrando le labbra in una linea piatta, sperando di rendere - più o meno, l'idea.
«Holland, io posso benissimo cavarmela da sola, caso mai ci rincontriamo qui. Ho fatto dieci anni di scout e so cosa cercare, okay?» spiega lei addolcendo il suo sguardo, capendo che, quelle cose, le ho dette solo perché sono preoccupata che le possa succedere qualcosa.

La guardo incerta perché, veramente, ora come non mai, sono troppo angustiata dal pensiero che le possa accedere qualcosa che non mi potrei mai perdonare.
«Holland, dico sul serio. Tranquilla.» mi bacia una guancia e, in modo veloce e frettoloso, mi dà un piccolo abbraccio. Ed io, amareggiata come se qualcuno mi avesse appena ucciso brutalmente il cane, sospiro e trattengo le lacrime. Ma, in tutta onestà, non so se questo pianto incompleto sia dovuto al fatto di dover "abbandonare" mia sorella.
«Se ti serve aiuto, grida. Tu grida più forte che puoi e noi cercheremo di sentirti, va bene?» chiedo comunque preoccupata, nonostante il mio viso non si stia bagnando per lei. Sono comunque angosciata.

«Va bene, basta con le smancerie adesso. So che sei perfettamente in grado di cavartela da sola dappertutto, ma sta' attenta okay? Ci vediamo qui, sorellina.» dice Harry facendomi spostare di lato, come se io fossi quella di troppo e, in un secondo momento, mi accorgo di esserlo davvero.

Dopo che l'unico ragazzo presente bacia la fronte di sua sorella lei, schivando qualche ramo, si immette all'interno di questo caotico agglomerato di piante e alberi rari.
«Beh, andiamo.» dice indicandomi, con un cenno secco e freddo - quasi fosse un sacrificio per lui parlare con me, la direzione opposta a quella di Gemma. Annuisco e sorrido amaramente mentre continuo a piangere silenziosamente. Nessun singhiozzo smorza l'aria, solamente lacrime caldissime e salate che mi rigano il volto, cadendo solitarie senza essere considerate dalla sottoscritta.
«Che cos'hai?» mi chiede a d'un certo punto, senza mai staccare gli occhi dall'ambiente difronte a lui. E, nonostante voglia dimostrare il contrario e rendersi ai miei occhi menefreghista, so che è davvero preoccupato per me. Perché, credo, non sia normale scoppiare a piangere senza singhiozzare, da un momento all'altro.

«Non lo so neanche io!» grido e prendo a trastullarmi le dita, fino a farmi male; ma, al momento, la cosa non me ne potrebbe fregare di meno, sul serio.

Sento perfettamente, nonostante sia a qualche metro di distanza, che emette un respiro pesante. A quel suono, inizio a piangere maggiormente è più velocemente senza, però, mai singhiozzare. Mi sento stremata, come se qualcuno mi avesse preso le viscere dall'interno del corpo e le stesse masticando sadicamente. È una sensazione che provo solamente quando penso alla morte di mio padre perché, insomma, la mancanza di un genitore è più triste di un cuore spezzato, no? Eppure non ne sono sicura o, almeno, non quanto lo ero fino a poche settimane fa. Mi sento un vero schifo, la spazzatura del mondo, a fare pensieri del genere quando, accanto a me, c'è una persona che soffre anche. Harry fa tanto il "duro" - se tale si può definire, della situazione e, magari, lo è; ciononostante è la persona più dolce e fragile che io abbia mai conosciuto.

«Holland, riguardo a stamattina.» so perfettamente che vuole intraprendere quel discorso per chiarire al meglio la situazione andatasi a creare, ma capisco anche che per lui è molto difficile. Così, sopraffatta da una voglia irrefrenabile di risolvere tutti i conflitti che giacciono tra di noi, lo blocco per parlare. Devo solamente mettere da parte l'orgoglio e tutto tornerà come prima, se non meglio. Meglio tardi che mai.
«No, Harry. Parlo io questa volta.» con un movimento del braccio fermo i suoi passi ed il suo camminare velocemente.

«Io non ce la faccio più. In me c'è questa maledettissima voglia di spaccare tutto quello che ho intorno, per restare sola con te. Poi tu quella dannata sera, hai iniziato a farmi commuovere per le tue parole che, cazzo!, erano dolcissime. Perché sei tu dolce Harry! Ed io non sono sicura di voler decidere tra te e Niall, ma sono combattuta! Io non so cosa cazzo pensare! Prima c'è Niall che mi tratta come se fossi fatta di vetro, non sapendo che il vetro, se rotto, può ferirti a vita, lasciandoti una cicatrice grande quando quest'intera isola. Poi ci sei tu che, anche senza volerlo, riesci a farmi sentire strana, ma non in modo spiacevole, anzi, tutto il contrario. Ma, Harry, devi capire che io non sono sana dal punto di vista emotivo; io faccio male a tutti quelli intorno a me, e me ne rendo conto, okay? Solo, vorrei sparire dalla faccia della terra, ma poi penso a te che mi fermi dal farlo! Harry sto cercando di dirti che sei la mia fottuta ragione di vita, ma non capisco cosa cazzo stia succedendo al momento! E vedi queste fottute lacrime e occhiaie intorno agli occhi? Sono frutto di notti insonni a pensarti, a fantasticare su una vita dove tu non sei mio fratello, ma semplicemente un compagno di classe che potrebbe diventare qualcosa di più! Ma poi, come un carro armato in quarta, la realtà mi investe e la ragione prende il sopravvento su tutto; ed inizia a ripetermi che è tutto sbagliato. Ma, ovviamente, in contrattacco, ci sono le tue parole dette quel giorno al parco: "potremmo essere sbagliati insieme".» dico e, prendendo fiato per il lungo monologo irruente, continuo a parlare.

«Ma sai cosa c'è, Harry? C'è una voglia interna ed irrefrenabile che mi sta logorando il corpo dall'interno! E sai la cosa più brutta qual è?! Che la devo tenere a bada, nonostante sia la cosa più difficile che un essere umano possa fare, ovvero reprimere le proprie necessità. Perché sì, Harry: è una fottuta necessità.» finisco il mio discorso che, mi rendo conto a mio mal grado, sia insensato in molti punti.

«E sentiamo, qual è questo bisogno?!» si avvicina a me, pericolosamente alzando il tono della voce; ma è come se lo facesse più per curiosità che rabbia.

«Baciarti, assaporare quelle fantastiche labbra che bramo ogni volta di più, nonostante io le abbia baciate centinaia di volte; sentire il calore della tua lingua, i tuoi denti graffiare delicatamente il mio labbro e le - » prima che possa finire di gridare quelle poche frasi sconnesse, mi abbraccia dai fianchi. Mi sento incredibilmente piccola.

Ma, mentre io cerco di ricambiare la stretta, lui mi allontana da sé quel poco che basta per guardarmi negli occhi e mi bacia.

Così, di punto in bianco, sento le sue labbra paradisiache sulle mie ed io mi sento catapultata in un altro mondo in pochissimi istanti. Non trovo neanche i termini e gli aggettivi per descrivere il mio stato d'animo in questo momento. Nessuna cosa materiale potrebbe spiegare quello che sto provando in questo istante e, a giudicare dai suoi movimenti (mai compiuti prima), neanche lui. Mi poggia le grandi mani, a palmo aperto, sulle guance arrossate per il repentino cambiamento avvenuto nell'ultimo secondo ed io mi sento mancare la terra sotto i piedi. La cosa strana è che non stiamo avendo nessuno scambio di saliva, semplicemente le sue labbra sono sulle mie e si muovono lentamente ad un ritmo dolce e, direi, rilassante.

Quando, dopo qualche minuto, lui si stacca dal mio corpo, senza mai però lasciare il mio viso dalla sua presa dolce ma ferrea, sorride come un bambino. Nessun riso pervertito o malizioso, ha semplicemente alzato gli angoli della bocca verso l'alto, senza schiudere le labbra. Sono in paradiso, vero?
«Holland, basta scappare.» dice prima di darmi un bacio sulla fronte e, successivamente, mi stringe a sé; come per dire che nessuno può portarmi via da lui. Dimentichiamo entrambi, per un momento - il più bello di tutti quelli trascorsi insieme - delle difficoltà.

«Puoi baciarmi un'altra volta?» chiedo guardandolo negli occhi, di un verde cauto e non tormentato, come è solito averli.

Non risponde. Ma fa qualcosa di meglio: esegue direttamente i miei desideri, facendomi toccare il cielo con un dito. Non so rendere bene l'idea, ma, l'unica cosa che posso dire adesso, è che nessuno può rovinare tutto questo. Nessuno.

«Mh, direi di andare.» dice protendendo verso di me, con un movimento alquanto lento, la mano che io non tardo ad afferrare.
«Sì, hai ragione.» annuisco sorridendo felice di aver, momentaneamente, risolto con la persona più importante della mia vita. L'ho nuovamente denominato come persona di cui non posso fare a meno?
«Piccola?» mi richiama ed io mi sento morire per quel soprannome davvero troppo dolce per passare inosservato agli occhi di una persona innamorata come me. Innamorata del fatto che tra me e lui si sia risolto tutto, nonostante io sappia - a mio malgrado, che durerà per poco. E non perché io sia una veggente o una persona del genere, ma perché so che la tranquillità non si può definire pace, ma solo assenza di guerra.

«Dimmi, Haz.» sorrido ampiamente ma, allo stesso tempo, discretamente.
«Prima non ti ho risposto al tuo enorme monologo.» mi ribadisce, nonostante io l'abbia notato benissimo anche prima; ma ammetto che quel bacio è valso più di milioni di parole, nel vero senso della locuzione.
«Beh, ammetto che mi hai confuso più di una espressione di algebra fatta di lettere.» il suo esempio, seppur strano e caotico, rende perfettamente l'idea. Così, annuisco facendolo continuare.
«Ma devo dire che speravo mi facessi questo discorso.» dice trastullandosi il labbro inferiore con i denti perfettamente allineati tra loro.
«Ehm, come dire?, io voglio ancora che tu sia il mio primo vero orgasmo.». E, nonostante le sue parole volgari siano estremamente pervertite e maliziose, colgo la dolcezza con cui intendeva dirle; lo noto anche dal rossore sulle sue meravigliose guance.

«Harry, anch'io voglio esserlo.» dico annuendo alla mia stessa affermazione e, in cambio, ricevo una stretta della mano che già è racchiusa in una delle sue più grandi.

Continuiamo a camminare per un tempo indefinito, non saprei dire esattamente l'orario, ma a giudicare dal sole dovrebbe essere già pomeriggio inoltrato. Abbiamo davvero camminato per così tanto? La cosa più strana che però inonda i miei pensieri è il fatto che questa ricerca disperata, è diventata una passeggiata tra due ragazzi che sembrano quasi fidanzati. E, così, mi ritrovo a fantasticare su come sarebbe una vita di coppia insieme ad Harry; scommetto un occhio della testa che sarebbe una delle cose più belle e, allo stesso tempo, tormentate del mondo.

«Quindi, mi chiedevo: perché no?» sento il ragazzo al mio fianco terminare una frase, ma, a quanto pare sono stata nei miei pensieri più del dovuto, dato che non capisco cosa mi stia dicendo.
«Uhm, Haz. Potresti ripetere? Non ho capito.» chiedo gentilmente appoggiando la testa sulla sua spalla, data la grande differenza di altezza che ci divide. Davvero, questo ragazzo è un gigante!
«Dicevo, appena si fa più buio ci fermiamo da qualche parte, okay? E magari mangiamo questa barretta di cioccolato, perché no?» ripete il discorso che aveva precedentemente fatto ed io sorrido annuendo felice della sua idea. Spero soltanto che Gemma abbia trovato i nostri genitori o, magari, altri turisti in questa immensa foresta che i Caraibi ospitano.

«Già il cielo si fa più blu.» constata alzando la testa verso l'alto, come a voler confermare la sua ipotesi.
«Già.» dico confermando le sue parole e lui, con un movimento estremamente lento e sexy (mi chiedo come faccia ad esserlo anche nei gesti più comuni), si gira verso di me; guardandomi dall'alto.
«Direi di cercare un posto, mh?» propone ed io mi ritrovo, per l'ennesima volta in una sola giornata, ad annuire convinta delle sue parole che, stranamente, mi fanno sentire al sicuro. Lui, e solo lui, mi fa sentire al sicuro.

Qualche passo dopo, troviamo un posto che ci lascia entrambi senza parole, senza fiato, oserei dire. Ma chi lo guarderebbe senza così tanto stupore? Nonostante la poca luce che c'è in questo momento, si vede perfettamente cos'è: un piccolo lago (dalle dimensioni estremamente ridotte), contornato da alberi verdi e fiorenti e, ultima cosa ma non meno importante, una bassa cascata ripida e limpida. La cosa più bella e confortevole è che, dietro quest'ultima, si nota perfettamente l'esistenza di una piccola fessura nella roccia. Sarebbe un ottimo riparo, nonostante non piova o, comunque, non ci sia freddo.

Ci giriamo all'unisono, l'uno verso l'altro, stupefatti e, solo come dei fratelli saprebbero fare, ci diamo "il cinque".
«È magnifico!» strilla lui, sovreccitato iniziando a togliersi la maglietta.
«Ehi ehi! Che fai?» esclamo allarmata. È davvero impressionante quanto questo ragazzo ami farmi crepare svestendosi improvvisamente, in contesti poco irrilevanti. Ma, devo ammettere, che non mi dispiace affatto: è davvero un bel panorama.
«Dobbiamo inaugurare queste fantastiche acque!» dice levandosi l'altra scarpa, posizionandola accanto alla sua simile, sopra una roccia. Bene, spogliamoci!
«Sai? Hai ragione!» mi levo la mia maglietta incrociando le braccia ai lembi di quest'ultima e la sfilo velocemente rimanendo in reggiseno.

Quando lui è nudo - con questo termine intendo completamente nudo, si tuffa a pesce in questo meraviglioso lago, invogliandomi a fare lo stesso. Levo tutti gli indumenti, mostrandomi come mamma mi ha messo al mondo, e salto nell'acqua cristallina. Penso sia il posto migliore che io, o chiunque altro, possa dire di aver visto.

«Ehi, piccola!» mi chiama il mio fratellastro e, quando mi giro per guardarlo negli occhi, mi blocco un'istante, un lunghissimo istante.

Harry, in tutta la sua magnificenza, è davanti a me: nudo, bagnato e con la pelle baciata dal sole che, oramai, sta tramontando. I suoi occhi guizzano dalle mie labbra al mio seno sott'acqua - essa è così cristallina, che lascia vedere tutto al di sotto. Data la vicinanza, osservo le sue iridi per forse la milionesima volta da quando l'ho conosciuto. Sono verdi, ma non di quel verde descrivibile come "verde bottiglia" o "verde foglia", no; sono di un colore troppo particolare per poter essere definito attraverso un aggettivo e, questa, è una cosa abbastanza frustrante. Poi le sue labbra, Dio! In vita mia non ho mai visto labbra più rosse (di propria natura, sia chiaro) e carnose: sembrano essere state colorate con il pigmento color ciliegia; dopo il porpora, si nota la forma. Ed io davvero mi chiedo come le sue labbra possano sembrare un cuore, più dell'organo stesso. E, successivamente, guardo le sue fossette. E mi chiedo come due buchi possano essere così belli - anche se detta così potrebbe sembrare una cosa pervertita, che, evidentemente, non è. È semplicemente perfetto, anche senza volerlo.

Appena finisco di riflettere su tutte queste - cosa che faccio in un millesimo di secondo, mi rendo conto che mi ha appena schizzata con l'acqua fresca (ma non troppo).
«Come hai osato?!» scatto andando sott'acqua e riempiendomi le guance con il liquido. Apro gli occhi nonostante io sia ancora giù e, grazie alla limpidezza, lo vedo inarcare un sopracciglio stranito dal mio movimento.

Salgo sù e, prima che lui possa capire altro sull'intera faccenda, sputo tutta l'acqua che ho depositato in bocca sul suo viso incredulo.

«Sei finita!» urla inseguendomi.

E la giornata passa così: tra risate, giochi e quant'altro con una persona troppo importante per poter essere lasciata andar via.

Solo io e lui ed un'immensa tranquillità.

Angolo autrice

Ecco qui il nuovo capitolo, ammetto che c'ho messo solamente un giorno per scriverlo, ma non l'ho pubblicato subito perché nel frattempo ho scritto l'altro, almeno.
Allora, come vi sembra? Ammetto che è stato un parto questo capitolo, nonostante l'abbia scritto in pochissimo tempo. E meditate sul fatto che l'ho ascoltato con "Love You Goodbye" e "If Could Fly". La mia morte.
Nessuna domanda perché sto piangendo per le canzoni, aiutatemi. Sono da ricovero.
Vi dico solo una cosa, vi prego votate e commentate perché ci tengo tantissimo!
P.S.: non so come ringraziarvi per tutto. Siamo a 1.600 voti e 300 commenti circa e 43.000 visualizzazioni a soli ventuno capitoli. Grazie di tutto.

La vostra Tori.

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