19. The bad messagge.
«E quando dovremmo partire scusa, papà?!» chiede Harry lasciando cadere la forchetta sul piatto che, purtroppo, causa un fastidioso stridio.
Mi guardo un po' intorno per capire le espressioni facciali dei presenti in tavola. Gemma al momento ha gli occhi sbarrati ed il suo cellulare in mano mentre le sue dita pigiano veloce sopra il display. Harry è scioccato, come me d'altronde, e sta cercando di regolare il respiro, lo noto da come ha la mascella serrata e la mano tra i suoi ricci. Infine ci sono io: china in avanti, con le mani sul tavolo che cerco di capire cosa caspita significa quel "ai Caraibi per due settimane e tre giorni". Sì, certo, ammetto che sarà qualcosa di meraviglioso, ma avvisare di punto in bianco in questo modo, non mi sembra neanche tanto corretto.
«Dopodomani, ragazzi.» dice tranquillamente e con nonchalance, come se fosse una cosa del tutto normale.
«E quando pensavi di dirmelo, eh?!» scatta Harry sbattendo le mani sul tavolo e alzandosi facendo tremare le stoviglie sopra la tovaglia. In realtà, a mio malgrado, non ha tutti i torti. Non penso sia normale avere così poco preavviso. Insomma, capisco che sia solo una vacanza, ma cambieremo continente tra poche ore, dirlo almeno due settimane prima mi sembra il minimo.
«Beh, ragazzi, stiamo via solo due settimane.» afferma alzando gli occhi al cielo e mettendo un pezzo di pollo in bocca.
«Un sentito vaffanculo, eh.» borbotta Harry isterico prima di alzarsi dalla tavola - strisciando la sedia a terra - per poi rifugiarsi in camera sua.
Mi alzo da tavola scusandomi con Des e raggiungo la camera accanto alla mia, meglio conosciuta come quella di mio fratello.
«Posso?» chiedo mentre giro la maniglia per poter creare almeno un contatto visivo con il diretto interessato.
«Sei Holland?» domanda retoricamente guardandomi negli occhi.
«Sì.» rispondo ovvia alzando gli occhi al cielo con fare teatrale e lui, come se fosse una cosa abbastanza carina da dire, afferma: «E allora no.».
È aggressivo il riccio mentre si alza e si avvicina alla porta sbattendola per chiuderla. Ma, prima che l'uomo con le mestruazioni davanti a me possa chiudere quest'ultima, metto il piede in mezzo, bloccandola.
«No.» dico spingendola fino ad entrare nella camera poco vivace del ragazzo.
«Cosa vuoi?!» chiede stufo di me. Non gli dò torto però, anch'io se fossi in lui sarei stanca di me.
«Voglio che si risolva tutto tra noi due, sì, perché vivremo a lungo assieme, quindi tanto vale stare in pace e non in conflitto.» dico passandomi una mano tra i lunghi capelli sciolti.
«Quindi... Aspetta, non ho capito bene. Tu vuoi risolvere con me solo perché dobbiamo vivere insieme?» domanda curioso avvicinandosi, aspettando una risposta.
«Certo.» affermo non capendo la sua espressione che, per la cronaca, è alquanto ambigua ed offesa.
«Fuori dalla mia camera.» dice indicando la porta.
«Ma - » cerco di ribattere ma lui mi interrompe alzandosi dal letto in cui si era seduto un secondo fa.
«Ho detto fuori!» urla con tutta la forza presente nel suo corpo, mandandomi via.
Salto sul mio posto per l'aggressività con cui mi ha mandato al diavolo e afferro la maniglia aprendo la porta di scatto per poi uscire velocemente fuori.
Mi reco in camera mia, sospirando pesantemente per gli avvenimenti accaduti negli ultimi mesi e desidero di non aver mai conosciuto Harry. Ma, d'altro canto, sono davvero fortunata ad aver conosciuto quel ragazzo che mi ha fatto sentire viva per le prima volte nella mia futile vita. Vorrei poter riavviare tutto, come un disco, e non accettare mai quella stupida proposta sulle lezioni sul sesso.
«Odio la mia fottuta vita!» urlo parlando da sola, come solo una persona normale farebbe, soffocando l'odio represso nel mio cuscino fresco. E, in questo momento "buio", ci vorrebbe mio padre con le sue fantastiche carezze a dirmi che quando si sta così male è perché dopo deve accadere una cosa bellissima, ma purtroppo lui non è qui.
«Ehi, posso?» chiede mia sorella Gemma entrando nella camera che ha un'aria tanto afflitta. Tutto per colpa mia.
«Mi dispiace.» dico urlando dalla disperazione, sbattendo più volte il capo nel cuscino morbido.
«Tranquilla, è tutto okay. Più che altro non capisco perché quel coglione di mio fratello sia impazzito a quel "andiamo ai Caraibi". Sono i fottuti Caraibi! Certo, magari mio padre lo doveva annunciare con un po' di anticipo, ma questi sono dettagli!» dice eccitata mentre si siede a gambe incrociate nel mio grande letto, sorridendo come una bambina.
«Sì, ma la parte migliore è che non moriremo dal freddo durante il Natale qui a Londra!» esclamo sghignazzando per il mio strano e, alquanto ambiguo, entusiasmo.
«Beh, appunto!» ridacchia dandomi un piccolo abbraccio, facendomi sentire, dopo tanti giorni, parte di qualcosa.
«Posso aggiungermi anch'io alla festa?!» entra, con atteggiamento molto snob, Des, parlando attraverso una voce femminile molto divertente. Davvero inquietante. Scoppiamo tutti e tre a ridere ed io, improvvisamente, sento che a questa piccola "riunione" di famiglia, manca qualcuno. E, sicuramente, quel qualcuno non è mia madre.
«Haz!» urlo dalla mia stanzetta sperando che il mio fratellastro senta e non mi ignori.
«Che cosa vuoi?!» grida poco elegantemente.
«Vieni!» ribatte Gemma, inserendosi nella conversazione, alzando gli occhi al cielo pensando sicuramente a quanto "stupido" sia suo fratello; parole sue, non mie.
«Sì, Hazza! Vieni!» dice Des imitando sempre quella strana voce stridula facendomi morire dalle risate.
«Eccomi.» dice aprendo la porta ed entrando maldestramente facendomi ridere.
«Allora...» inizia Des a parlare in modo serio.
«Pigiama-party.» urla istericamente come una ragazzina di quindici anni facendomi curvare le labbra verso l'alto. O magari l'ho fatto solo perché Harry aveva riso.
~
Mi sveglio con il collo intorpidito e, aprendo gli occhi lentamente a causa della luce troppo forte, cerco di focalizzare le immagini intorno a me. Gemma è stravaccata sul suo letto con una gamba vicino al viso, a quest'immagine, mi chiedo come faccia a contorcersi così tanto. Des ha assunto durante la notte, credo, una posizione alquanto ambigua: ha il busto sul mio letto ed il viso appoggiato sulla mia gamba scoperta e il resto del corpo nell'altro materasso mentre ha un piede sulla faccia di mia sorella. Harry penso che sia la persona posizionata meglio di tutti e poi c'è Zayn che, invece, è...
Perché c'è Zayn?!
Sbarro gli occhi e mi guardo intorno notando qualche bottiglia, vuota, di famosi liquori a terra. Solo adesso noto che mi pulsa leggermente la testa e, irrimediabilmente, capisco che la sera precedente ci siamo tutti ubriacati così fortemente che, ora, non ricordiamo più niente. Ridacchio tra me e me per il fatto che Des, invece di essere responsabile come un vero padre e dirci di non abusare di alcol, è stato il primo a tirar fuori le bottiglie; ma non ne sono stupita. Perché? Perché Des non è solo un papà per noi, ma anche un amico, un buon amico. Era stato giudicato male.
Mi tiro sù lentamente e scendo giù in cucina per bere una fresca tazza di latte nonostante sia inverno. Prendo il bicchiere in vetro e il cartone, per poi versarlo e, in seguito, berlo sentendomi subito dopo male.
Corro su per il bagno e, appena le mie ginocchia toccano il pavimento freddo accanto alla tazza del water, mi salgano quegli orribili conati di vomito. Appoggio le mani sulla base di ceramica bianca e lucida e inizio a rigettare anche l'anima. Qualche secondo dopo sento delle mani che mi tengono la fronte saldamente e i capelli alzati in una coda disordinata.
«Sono qua, tranquilla.» dice quello che riconosco essere il mio fratellastro.
«Allora sei davvero lunatico.» rispondo io tossendo e alzandomi da terra dopo aver finito tutto quello dentro il mio corpo.
«Cos - ?» prima che possa completare la frase lo abbraccio stringendolo a me saldamente, forse troppo.
«Cos'hai?» mi chiede prendendomi una ciocca di capelli tra le dita affusolate.
«Hai presente quando la tua unica voglia è quella di spaccare tutto e vivere sola perché così sai che non ferirai nessuno? Ecco cos'ho. Hai mai provato quella sensazione di totale benessere? Beh, io non l'ho mai provata! E sono stanca, Harry, sono tanto stanca.» dico facendo uscire una lacrima dai miei occhi rossi e gonfi.
«Mi dispiace, non so cosa dirti...» dice prendendomi il viso tra le grandi mani e guardandomi negli occhi così intensamente da farmi tremare le ginocchia.
«A volte i gesti valgono più delle parole.» rispondo sorridendo lievemente piegando solo un lato delle labbra verso l'alto.
«Ti voglio bene, Holly.» dice dandomi un bacio sulla fronte ed io, a quelle parole, non so se essere contenta di aver "risolto" con lui, o essere triste perché forse mi aspettavo altre parole. Opto per un bacio sulla guancia.
«Anch'io, Haz, tantissimo.» mi appendo di nuovo alla sua maglietta stringendolo in un abbraccio, come fanno i bimbi piccoli.
«Come stai, mh?» chiede strofinandomi i pollici sulle guance, riferendosi al fatto che poco prima ho rigettato tutto il cibo che avevo in corpo. Che schifo.
«Bene, tu?» domando passandogli una mano tra i lunghi ricci.
«Sto okay.» dice dandomi un bacio sulla tempia e mi fa cenno di uscire da quel piccolo spazio ristretto.
Sentiamo un profondo sbadiglio che mi fa ridacchiare e seguiamo il suono fino a ritrovarci davanti a Gemma.
«Buongiorno.» dice mentre continua a sbadigliare, grattandosi la testa, la quale è piena di capelli biondi stranamente arruffati.
«Ehi.» rispondo sia da parte mia che di Harry sorridendo lievemente.
Scendiamo tutti e tre al piano di sotto mentre decidiamo cosa faremo per il resto della giornata. Harry opta per un bel pisolino e poi una pizza, mentre io e Gemma preferiamo uscire e andare a fare compere per gli ultimi giorni che siamo qui.
«Dai, Hazza,» lo prega la ragazza alla mia destra, allungando l'ultima vocale della frase, facendomi ridacchiare, «vieni con noi!» continua a lamentarsi mentre lui alza gli occhi al cielo scherzosamente prima di mettermi un braccio attorno alle spalle. Io, per mettermi maggiormente comoda, poggio la testa sulla sua scapola e, non molto elegantemente, ci buttiamo sul divano.
«Oh.» prolunga la lettera "o" Gemma facendo un verso abbastanza dolce che mi fa sogghignare.
«Smettila, scema.» Harry le tira un pugno leggerissimo sulla spalla opposta a quella su cui sono poggiata e lei fa finta di mugolare per il dolore.
In poco tempo iniziamo a "picchiarci" sul divano distruggendolo animatamente, ridendo come stupidi.
«Ahia! Brutto stronzo.» butto un leggero urlo quando mi morde un dito incidendo i suoi aguzzi e bianchi canini nella mia pelle.
«Io?» ride prima di aumentare la morsa sulla mia mano facendomi contorcere dal dolore, obiettivamente piacevole.
«Sì, tu.» piagnucolo salendogli sul grembo per farlo smettere, ma non sembra funzionare.
Gemma al momento tace, forse perché ha capito che non è il momento adatto per fare un intervento interrompendo il gioco di sguardi che si è creato tra noi due.
«Umh.» mugolio quando avvolge la lingua ritorno al mio indice facendomi morire dalle varie sensazioni presenti nel mio corpo.
In un millesimo di secondo non vedo più Gemma e mi chiedo dove sia finita, insomma era qui fino a due istanti fa.
«Ma tua sorella?» chiedo ansimando per il gioco che la sua lingua sta facendo attorno al mio dito.
«Non lo so.» risponde avvicinandomi a lui, afferrandomi dalle gambe per poi tirarmi fino ad arrivare quasi sul suo grembo.
«Ma ora ti prego baciami.» dice mettendomi una mano sulla nuca per avvicinarmi a lui.
«Ti prego.» diciamo all'unisono, chi per un motivo chi per un altro, ma lo diciamo nello stesso momento guardandoci le labbra reciprocamente.
«Ora.» ribatte lui avvicinandosi ancora di più prima di far scontrare le nostre labbra.
Ma non c'è uno scambio di saliva, no. Semplicemente la sua bocca è premuta contro la mia, mentre sorridiamo lievemente entrambi. Socchiudo leggermente gli occhi per guardare i suoi che guardano verso il basso mentre la sua mano massaggia la mia pancia facendomi rilassare. Mette ancora più forza spingendo la sua testa verso la mia, facendoci ribaltare le posizioni.
«Ahia.» ridacchio mentre mi lamento del dolore al braccio quando lui, per sbaglio, lo schiaccia contro il suo petto.
«Scusa, piccola.» mi dà un bacio sul lato delle labbra.
«È okay.» mormoro prima di lasciargli una lieve carezza tra i capelli.
Quando inizia a passare le mani tra i miei capelli, come per farmi rilassare, squilla il mio cellulare. Lo afferro, scorro il dito sulla cornetta verde e porto l'oggetto all'orecchio.
«Pronto?» rispondo prima di sbuffare ed alzare gli occhi al cielo per chiunque mi abbia disturbato durante questo bel momento.
«Signorina Jonson? La chiamiamo dal Londra Hospital, la vogliamo avvisare che potrà venire qui domani per le 5:30 del pomeriggio per rimuovere il gesso e applicare le apposite fasciature. Abbiamo cambiato orario per un problema del sistema.» sento la voce di una segretaria dire attraverso il microfono del mio cellulare.
«Ci sarò! Arrivederci!» esulto felicemente chiudendo la chiamata e gettando il mio iPhone, poco curante del fatto che possa rompersi, sul tavolino del soggiorno.
«Sì! Finalmente!» butto fuori un urlo stridulo battendo le mani felice del fatto che toglierò dal mio braccio questo materiale duro ed abnorme.
«Cosa? Cosa finalmente?» chiede Harry giustamente, non avendo sentito la chiamata.
«Mi tolgono il gesso!» dico alzando le braccia con aria contenta, dando per sbaglio un colpo al naso perfetto del mio fratellastro.
«Porca merda, quando sono maldestra. Dio mi dispiace, Haz.» mi scuso alzandomi per correre in cucina e prendere del ghiaccio dal freezer.
«Fa' nulla, tranquilla.» cerca di tranquillizzarmi il riccio seduto sul divano con una mano poggiata sopra il viso, come a voler coprire la parte lesionata.
«No che non fa' nulla, sono una testa di cazzo. Scusa.» ripeto poggiandogli lo strofinaccio freddo sul naso.
«Tranquilla, Holly. Non mi hai ucciso. Semplicemente mi hai rotto il setto nasale, ma stai serena.» dice ironico dandomi un colpetto scherzoso sulla spalla.
«Scusa, ti prego.» gli sposto il ghiaccio dal naso e osservo un piccolo taglio da cui esce un po' di sangue. Mi sento tremendamente in colpa, davvero troppo.
«Fa' nulla tranquilla.» ripete per forse la centesima volta in soli tre minuti.
Piego le labbra in un sorriso dispiaciuto e gli accarezzo le guance notando che ancora non ha accenni di barba. È davvero giovane, come ragazzo, considerando che a molti quest'ultima cresce verso i quindici anni.
~
«Dobbiamo obbligatoriamente fare shopping, insomma, andremo ai fottuti Caraibi, capisci? I Caraibi! Oh mio dio ci saranno tantissimi ragazzi meravigliosi per te.» dice Gemma divagando mentre gironzoliamo senza una meta tra i tanti negozi presenti al centro commerciale, dove questa pazza dai capelli biondi mi ha trascinato. Che odio. Attenzione, non che non mi piaccia passare del tempo con lei, ma al momento volevo solo stare a casa e ponderare sulla poltrona stanca di fare nulla.
«Datemi una pistola.» alzo gli occhi al cielo sbuffando sonoramente quando mi trascina dentro un negozio di costumi.
Ed ora la domanda che affiora nella mia mente con mille punti interrogativi è: perché c'è un negozio di bikini aperto durante il periodo natalizio, a Londra? Aggrotto la fronte confusa dai miei stessi pensieri e ridacchio tra me e me quando mi ritrovo già davanti uno specchio con una t-shirt posizionata davanti, come a provarla senza però indossarla.
«Questa ti starebbe bene e poi con questo, cioè potresti conquistare tutti quei meravigliosi rag - » inizia a divagare nuovamente ed io ridacchio fermandola.
«Ehi, ehi! Sono già fidanzata ti ricordo.» gli dico dandole un colpetto leggero sulla spalla con fare giocoso ma irritato.
«Ah, vero... Scusa ma non avevo pensato ad Harry.» dice sbalordendomi e facendomi sgranare gli occhi.
«Cosa? No! Intendevo Niall. Il mio ragazzo, Niall.» arrossisco violentemente sentendomi stupida per aver pensato al mio fratellastro in quel modo, per l'ennesima volta.
«Bella battuta.» dice simulando una piccola risata che, in fondo in fondo, penso sia vera.
«Ah ah ah, divertente. Davvero.» ruoto gli occhi posando la maglietta nel posto apposito.
«Ti prego smettila eh.» ribatte la ragazza accanto a me afferrando un costume a due pezzi scegliendone la misura.
«Di fare cosa?» chiedo non capendo, giustamente, la sua supplica sbucata dal nulla. È una ragazza strana.
«Di far finta di essere felice. È ovvio che non lo sei, quindi, ti prego, almeno con me non fingere.» mi spiega afferrando la misura adatta: una terza, scioccandomi.
Non le ho mai notato il seno e, non perché io non noti cose così ovvie in una ragazza con cui convivo ogni singolo giorno, ma perché tende ad indossare sempre indumenti larghi, nascondendo alcune parti del suo corpo. E, grazie alla misura che ho notato essere scritta sulla targhetta del costume che ha preso, ho capito che ha un seno abbastanza prosperoso come il mio.
«Tieni, questo è per te. Io lì dentro ci vado due volte.» dice passandomelo facendomi ricredere. Scoppio in una fragorosa risata mentre lei mi guarda basita formando un cipiglio attraverso le labbra.
«Niente, lascia stare.» rido ancora più forte dirigendomi nei camerini sul retro.
«Okay.» mi guarda con un'espressione piuttosto strana stampata sul volto.
Chiudo la piccola tendina per evitare che qualcuno mi guardi mentre mi cambio ed inizio a provare l'indumento che la bionda mi ha imposto di comprare. Appena agganciato il reggiseno da dietro mi guardo allo specchio vedendo la mia pelle ricoperta di brividi per il freddo. La misura è giusta così faccio semplicemente un giro su me stessa per vedere come mi calza di dietro e vedo che ha la forma che tende leggermente alla "brasiliana".
In un momento di pazzia, afferro il mio cellulare e scatto una foto inquadrando il mio corpo minuto ricoperto solo da poca stoffa. Dopo aver sentito il "click" che conferma che il messaggio è stato inviato sorrido soddisfatta ed inizio nuovamente a vestirmi, sperando di non morire d'ipotermia.
Sorrido afferrando il mio cellulare ed esco fuori da quel piccolo camerino che mi stava rubando lo spazio vitale data la mia assurda claustrofobia.
«Allora. Com'è?!» domanda eccitata la bionda mentre va verso la cassa con le mani e le braccia piene di cianfrusaglie varie.
«È giusto, anche se calza un po' sgambato.» ammetto sentendomi un po' a disagio dato che l'ho detto davanti al cassiere che mi guarda con fare malizioso.
Per metterlo un po' in imbarazzo e per fargli capire che non sono una facile, come sicuramente avrà creduto, mi giro completamente e vedendo mia sorella inizio a parlare. Voglio vederlo imbarazzarsi.
«Sì, troppo sgambato. Poi non vorrei che alcuni maschi, magari dai capelli neri e gli occhi dorati,» alludo al ragazzo addetto ai conti dietro al bancone,
«mi guardino con fare malizioso, perché comunque non otterrebbero niente in quanto io non sia una ragazza facile.» concludo trattenendo, al meglio possibile, le risate per la sua faccia confusa dalle mie parole, oggettivamente, insensate.
«Ma che cazzo?» l'ammutolisco velocemente prima di girarmi verso il ragazzo rosso in viso, evidentemente in imbarazzo, e pagare con la mia carta il tutto.
«Buona giornata.» ci saluta facendo un cenno con il capo alla ragazza accanto a me.
«Lo sarà appena non ti vedremo più.» dico facendo un po' la ragazza intoccabile, quale sono, forse.
«Andiamo a mangiare un gelato?» chiede mia sorella sorridendo ampiamente, facendomi corrugare le sopracciglia.
«In inverno? Mangiamo un gelato in inverno?» domando alzando un sopracciglio prendendola per pazza. Insomma, quale malata mentale ingerirebbe quel cibo ghiacciato durante una stagione del genere in Gran Bretagna?
«Curati.» dico dandole una risposta forse troppo secca e diretta che non può essere considerata gentile.
«Allora... Una pizza.» quando nomina quel cibo è come se avesse parlato della persona di cui è innamorata: le se illuminano gli occhi, spaventandomi, direi.
«Okay.» rispondo prima di venire trascinata dalle sue mani.
«Chiama Niall e digli di raggiungerci, no?» domanda appena arriviamo in quel piccolo bar che fa anche dell'ottima pizza.
«Umh?» chiedo distrattamente confondendomi con i miei stessi pensieri.
«Sei strana.» dice dandomi un piccolo buffetto sulla guancia facendomi socchiudere gli occhi infastidita.
«Miro ad esserlo.» rido mentre afferro il mio cellulare dalla tasca posteriore dei jeans stretti che indosso. Mando un messaggio al mio ragazzo per avvisarlo della mia posizione, sperando che venga.
Qualche minuto dopo, senza nessuna sua risposta, ci raggiunge al tavolo e mi saluta con un bacio sulla guancia.
«Pizza con i peperoni.» dice dandomi un leggera stretta alla gamba, facendomi alzare gli occhi al cielo, senza farlo notare.
«Dio santo.» mima con le labbra Gemma quando vede che Niall si morde il labbro guardandomi.
A distrarmi dai pensieri poco casti della bionda di fronte a me sul mio ragazzo, è la suoneria del mio cellulare. Quando vedo il nome che lampeggia sul display mi alzo velocemente e raggiungo il retro del locale dandomi della stupida cronica, avendo dato troppo nell'occhio. Niall potrebbe insospettirsi, porca miseria.
«Pronto?» rispondo al cellulare sorridendo e sogghignando allo stesso tempo, per quanto sia possibile farlo.
«Ho ricevuto l'immagine.» dice Harry dall'altra parte del microfono, facendomi arrossire dannatamente tanto.
«Sì?» chiedo facendo finta di nulla, come se volessi fare l'innocente anche se Harry, più di tutti, sa che io non lo sono per niente.
«Ne parliamo dopo a casa!» dice come se fosse un rimprovero ed io mi sento svenire a quelle parole maliziose e perverse.
«Va bene, Haz.» rispondo prima di bloccare lo schermo e raggiungere le due persone con cui ero seduta precedentemente.
Per tutto il resto della giornata io navigo nei miei pensieri, non dando la minima attenzione a nessuno dei due davanti e accanto a me che discutono animatamente su solo Dio sa cosa.
«E invece tu cosa ne pensi, Holland?» mi chiede la mia sorellastra risvegliandomi da strane idee su dei capelli meravigliosamente ricci. Devo seriamente curarmi.
«Ah, sì. Penso sia fantastico.» dico sperando di aver dato una risposta consona ai loro discorsi strani, o almeno, strani per me.
«Pensi sia fantastico che la professoressa abbia lasciato per le vacanze due saggi?» chiede sgranando gli occhi, come se abbia detto qualcosa di assurdo, cosa che ho fatto. Sono un'idiota di prima categoria.
Ma, purtroppo, non posso farci nulla. Insomma, penso che tutti abbiamo provato quella fastidiosa sensazione che non ti permette di stare attento nonostante tu lo voglia e ci prova con tutto te stesso. Odio profondamente questa cosa, perché è come se non avessi il controllo su me stessa cosa che, invece, ho, o almeno, credo di avere. Ma come può una persona impossessarsi dei tuoi pensieri anche quando non è presente? Non mi era mai successo, eppure, da quel "ciao io sono Harry!" è successo. Contro la mia volontà, ma è capitato, travolgendomi come un uragano e, in un certo senso, mi sento fortunata.
«Cosa? Cioè, no! Nel senso: ho saputo che ad altre classi ha assegnato anche tre relazioni, quindi noi siamo fortunati...» dico sperando che loro caschino nella mia bugia, detta a scopo di non sembrare pazza. Niall annuisce credendoci e la bionda ripete l'azione del biondo più lentamente come a farmi voler capire che non se la beve: ho afferrato il concetto.
«Andiamo?» chiede Gemma indicando con il pollice l'uscita dal locale indicando allo stesso tempo, con l'altra mano, un finto orologio sul suo polso.
«Sì, certo.» dico alzandomi dallo sgabello piuttosto alto su cui ero seduta.
«Amore io resto qui perché ho un appuntamento con Louis.» mi avvisa dandomi un bacio sulla bocca, semplice e casto, nulla di che.
«Okay, allora ci sentiamo.» dico agitando la mano uscendo dal locale - ha già pagato mia sorella anche per me.
«Bene. A cosa pensavi?» Gemma mi punta un dito contro appena saliamo in macchina dirette a casa: dovremmo preparare i bagagli.
«A nulla, semplicemente non stavo ascoltando.» mento cercando di sembrare realistica. Lei alza un sopracciglio e scuote la testa quasi delusa dal mio comportamento che, sul serio, vorrei cambiare ma con scarsi risultati. E per questo mi odio.
«Lo sai che a me puoi dire tutto, vero?» mi chiede guardandomi per qualche secondo, staccando gli occhi dalla strada che si affaccia sul parabrezza.
«Sì e per questo ti ringrazio. Ma non so cosa mi stia succedendo!» dico frustrata sbattendo la testa sul finestrino della mia auto. Sono una stupida.
«Non è che ti stai, come dire... innamorando di Harry?» chiede lentamente, come a farmi metabolizzare le sue parole.
«Cosa? No! Sei per caso impazzita?! Assolutamente, quella è sola una questione di sesso. Amo il sesso con lui, non lui in sé.» rispondo sulla difensiva.
Arriviamo a casa stanche di tutta la giornata passata al centro commerciale pieno di persone che, sicuramente, stavano facendo compere per Natale.
Ringrazio Gemma della bella ma affannosa giornata con un bacio sulla guancia e corro per le scale per raggiungere il mio letto. Mentre attraverso il corridoio, prima di arrivare alla porta tinta in blu, qualcuno mi tira dal braccio facendomi inciampare dentro un'altra camera. Quella camera.
Prima che possa capire cosa diavolo stia succedendo, due braccia si poggiano ai lati della mia testa, bloccandomi contro la porta precedentemente chiusa.
«Ora imparerai la terza lezione: mai mandare foto del genere ad un ragazzo con gli ormoni a mille.» dice prima di poggiare le sue labbra carnose e straordinariamente rosse sulle mie.
Angolo autrice
Ciao a tutti! Allora, ho aggiornato il prima possibile, giuro. Il capitolo è venuto anche abbastanza lungo, quindi sono fiera di me stessa.
So che mi odiate per aver lasciato il capitolo in un punto di suspence, ma, ehi!, l'ho sempre fatto. Inizialmente credevo fosse solo un capitolo di passaggio, per parlare del rapporto tra Gemma e Holland, ma poi mi sono ricreduta scrivendo.
Sempre un grande e grosse applauso a Riccardo Caruso (mio migliore amico da tempo addietro) che mi sostiene sempre.
Vedrò di aggiornare il prima possibile, promesso.
La vostra Tori.
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