15. Violence.
Non mi aspettavo che Niall piombasse lì in quel momento, eppure il fato ha voluto punirmi per quello che avevo detto, o forse fatto.
«Da quando, io sono "la gente"? Eh, Holland! Da quando?!» urla una seconda volta infuriato contro di me prima che io possa dire qualcosa per potermi giustificare o difendere la mia prospettiva nel vedere la situazione.
«Non intendevo questo!» e invece sì, intendevo proprio quello; ma lui al momento è troppo ferito per poter sapere o comprendere la verità.
«Ah no?! E allora cosa volevi farmi capire?» chiede sconfitto prendendosi la testa tra le mani e cominciando a camminare verso di me con fare stanco e disperato.
«Niall, basta, ti prego.» lo scongiuro mentre lui si avvicina al mio corpo tremante sempre di più, facendomi spaventare.
«E poi... Che cazzo hai combinato?» dice squadrandomi dall'alto in basso. Chiudo gli occhi cercando di non far scorrere troppe lacrime.
~
Finalmente, dopo qualche minuto passato a conversare, non civilmente e sicuramente non come una "coppia", arrivo a casa sfinita. Mi butto sul mio letto e mi addormento senza neanche far caso alle scarpe ancora ai miei piedi. Chiudo i miei occhi verdi pensando a tutto quello che è già successo solamente in poche ore: il litigio con Niall, il mio "imminente" cambiamento, la rimpatriata con Jessy, le urla con il mio fratellastro... Insomma, di cose ne sono successe tante oggi; vorrei tanto cambiare la realtà dei fatti: vorrei che Harry non fosse mai venuto in casa Jonson, ma soprattutto vorrei non avere così tanti maledetti problemi. Mi sono sempre posta una domanda: come sarebbe la vita se fosse circondata solamente da cose belle?. Forse sarebbe migliore, ma la verità, secondo me, è che la tristezza ha un suo grande valore nella vita di ogni umano.
Mi sveglio qualche ora dopo con le labbra secche e i capelli scompigliati, la prima persona che vedo è la mia migliore amica Allison che mi guarda con occhi curiosi.
«Cos'hai fatto al tuo look?» ridacchia facendomi alzare gli occhi al cielo.
«Storia lunga.» rispondo semplicemente con la bocca impastata.
«Sappiamo entrambe che quando dici "storia lunga" intendi "mi secca raccontarlo, arrangianti", quindi non ti chiederò niente.»
«Okay, hai ragione.» rido e scuoto la testa pensando che mi conosce troppo bene.
«Come va con Luke?» chiedo in seguito per cambiare discorso.
Alza le sopracciglia con fare perverso e mi racconta della fantastica notte passata insieme. A volte, proprio quando abbiamo questo tipo di conversazioni, provo disagio: insomma, vorrei essere come lei quando è con i maschi. È disinvolta, bella, sorride sempre ed è divertente, il netto contrario di me che sono acida, stronza ed asociale. Scuoto la testa quando inizia a raccontare i minimi particolari; sgrano gli occhi quando mi dice testuali parole "ci sa fare con la lingua".
Simulo un conato di vomito e lei mi guarda negli occhi come per cercare la mia attenzione. Annuisco per spronarla a continuare, ma, qualcuno di poco discreto ed educato, entra in camera mia senza bussare ed io mi ritrovo a sbuffare.
«Ehi Harry!» civetta Allison facendo scoprire il suo lato da ragazza facile - tutte noi ragazze ne abbiamo uno quando vediamo un maschio bello come Harry.
«Cosa vuoi Haz?» gli chiedo arricciando le labbra in una smorfia abbastanza infastidita.
«Devo parlarti Holland.» ed ecco che usa il suo tono scontroso ed il mio nome per intero; questo può significare soltanto una cosa: grossi problemi.
«Dimmi.» dico facendolo infastidire di più, so perfettamente che intendeva "in privato".
«Holland.» mi richiama in segno di rimprovero ed io faccio un cenno con il capo indicando alla mia migliore amica di andare. Mi lascia un bacio sulla guancia e sorpassa il mio fratellastro uscendo dalla mia camera.
«Holland.» ripete per la centesima volta in un solo giorno avvicinandosi sempre di più al mio letto, nel quale sono seduta.
«Harry.» utilizzo il suo stesso atteggiamento guardandolo negli occhi.
«Dobbiamo parlare.» dice ed io alzo gli occhi al cielo.
«No Harry! Non dobbiamo fottutamente parlare. Non abbiamo niente di cui parlare. Tu sei il mio fratellastro ed io una semplice ragazza che ha appena litigato con il suo povero fidanzato che si è offeso a morte. Non mi devi guardare più, puoi solo parlarmi, come fratelli normali. Non mi devi neanche minimamente toccare, perché i fratelli non lo fanno. Okay?! Basta.» dico tutto d'un fiato cercando di trattenere le lacrime che non accennano a stare al loro posto, ovvero dentro gli occhi.
«Ma che cazzo? Cioè, tu ti devi fare curare eh! Sei una ragazza bipolare completamente, sul serio! Fatti una vita, cazzo.» urla sbattendo le mani sul materasso e alzandosi. Fortuna che in casa non c'è nessuno a parte noi due, penso mentre lui cammina per tutta la mia stanza passandosi le mani tra i ricci indomabili.
«Io? Sul serio? Bipolare, io?! Ma stai per caso scherzando? Fammi un favore: prima di giudicare me, guardati allo specchio e vedrai che merda sei.» dico senza pensarci e, successivamente, mi rendo conto di aver esagerato.
«La merda sei tu Holland! Offendi gli altri non pensando che anche loro abbiano dei fottutissimi sentimenti! Sai, a volte è solo tutta una maschera.» all'inizio di tutta la sua frase urla, ma l'ultima proposizione la dice in sussurro, quasi soffocata.
Ed ha ragione. A volte non mi accorgo di esagerare con il linguaggio verbale; insomma, anche i ragazzi hanno dei sentimenti e vanno rispettati. Certo, devo ammettere, che quelle parole dette proprio dalle sue labbra perfette fanno male. Più che le parole in sé per sé, fa male il modo in cui le ha dette: con rabbia, furore e, forse, squallore. Ad interrompere i miei pensieri è la porta della mia camera che sbatte fortemente contro il muro colorato. Sospiro pesantemente e mi guardo intorno prima di togliermi gli stivaletti che ancora ornavano i miei piedi e andare in bagno per farmi una doccia.
Da Allison: Stasera festa a casa Hemmings, non puoi mancare. xx
Aprendo il cellulare trovo questo messaggio da parte della mia migliore amica che, sicuramente, starà impazzendo per il fatto che ha un nuovo ragazzo, come sempre, d'altronde.
A Allison: Ci sarò. ;) xx
Scrivo maliziosamente mordendomi il labbro inferiore soprappensiero. Vedrò di trovare qualche ragazzo carino, o almeno, abbastanza simpatico da farmi dimenticare anche solo per una notte Harry e Niall che sono presenti costantemente in un angolo remoto della mia testa, che, tanto remoto, non è. Spengo il mio cellulare e mi guardo intorno, in cerca di qualcosa da fare. Decido di uscire, così, da sola: andrò a correre. Mi infilo un paio di pantaloncini stretti e corti, adatti per fare ginnastica, una canottiera larga ed un paio di scarpe da running. Mi guardo allo specchio e, dopo aver preso soldi, cuffie e cellulare, mi avvio verso il giardino.
Mi metto sul marciapiede e vedo il mio migliore amico con Angie che corrono, li saluto e, successivamente, mi aggiungo a loro. Essi, mentre muovono i piedi contro l'asfalto, parlano, mentre, io mi concentro sul ritmo che sta inondando le mie orecchie.
«Holland.» mi richiama Zayn toccandomi ripetutamente il braccio sicuramente perché, con gli auricolari nelle orecchie e la musica al massimo volume, non lo sentivo.
«Dimmi.» gli rispondo guardandolo in faccia e, di conseguenza, rallento un po' la mia corsa.
«Ma con Niall? Avete risolto?» chiede ed io mi fermo fin da subito.
«No eh. Anche tu no! E basta! Fatevi i fottuti cazzi vostri, porca troia.» sputo acida prima di alzare lo sguardo verso il mio migliore amico che, ora, ha il dito medio alzato verso di me.
«Vaffanculo.» pronuncia prima di prendere Angie per il braccio e trascinarla nella direzione opposta alla mia.
«Porca puttana.» impreco a bassa voce.
Il mio carattere è diventato troppo brutto, tutto questo da quando Harry, Gemma e Des sono entrati nella mia normale vita. Se loro tre non fossero arrivati io avrei ancora la mia tanto custodita verginità, il mio migliore amico, la mia mamma - anche se aggressiva, Niall sarebbe ancora un mio amico fidato e, quindi, non ci sarebbero tutti questi problemi. Problemi che mi stanno schiacciando piano piano come un mattone che equivale ad un tonnellata, che non vuole accennare a spostarsi dalla mia testa.
Prendo una scorciatoia dal piccolo bosco centrale di Londra decidendo, per me e la mia salute, che è meglio ritornare a casa. Supero una piccola pineta che "inaugura" l'inizio della piccola foresta e, successivamente, mi addentro tra i salici e i piccoli fiumi che scorrono imperterriti verso la parte opposta della sorgente. Mentre schivo i rami delle piante molto alte e spinose sento dietro di me dei passi molto pesanti. Mi giro di scatto per paura che qualcuno mi stia seguendo, ma, quando vedo semplicemente un piccolo scoiattolo dal pelo lungo e rosso, mi rigiro sollevata. Continuo a camminare e, quasi, vedo l'uscita di questo piccolo - si fa per dire, ci si potrebbe costruire una città qui in mezzo - agglomerato di materia che dona ossigeno.
Infilo gli auricolari nelle mie orecchie e avvio i miei brani preferiti; non mi piace camminare o muovermi senza la musica che ti risolleva. Il mio iPhone vibra, così, dopo aver messo il mio codice d'accesso, noto un messaggio.
Da Gem: Devo raccontarti tantissime cose successe tra me ed Angie!
Dice il messaggio di mio sorella Gemma. Ed in realtà, ha proprio ragione; non passiamo un po' di tempo insieme già da tanto.
A Gem: Sto arrivando a casa, ora me ne parli. :)
Mentre digito il breve testo, inciampo in un piccolo ma resistente ramo e mi ritrovo con la faccia a terra. Mi massaggio il ginocchio che ho sbattuto violentemente contro una pietra che era sotto di me e cerco di rialzarmi, con scarsi risultati.
Impreco sia per il dolore che per il fatto che non posso chiamare nessuno visto che il mio cellulare mi è scivolato dalle mani ed è andato più avanti. Non mi posso muovere dato il male che il mio corpo sta avvertendo; ciononostante cerco di avvicinarmi al piccolo aggeggio. Prima che possa afferrarlo una mano, sicuramente di un maschio, data la grandezza, mi blocca la caviglia tirandomi indietro, verso di sé. Urlo per la sorpresa e la paura che mi voglia fare del male e cerco di allontanarmi ficcando le dita nel terreno.
Non riesco a bloccare i movimenti ed urlo ancora: grido in speranza che qualcuno possa sentirmi e, quindi, aiutarmi.
«Lasciami!» dico con tono di voce altissimo girandomi verso il viso dello sconosciuto che mi sta portando solo Dio sa dove.
«Aiuto! Fermati! Lasciami! Aah! Mi fai male! Aiutatemi! Vi prego!» urlo in preda al panico. Quando osservo meglio l'uomo che mi è dietro e che mi sta, ingiustamente, trasportando come solo gli animali sanno portare le proprie carcasse, resto a bocca aperta. È solamente un ragazzo, sono sicura che abbia circa la mia età, se non di meno. «Lasciami.» sibilo strattonando il piede. Lui rafforza la presa e mi prende in braccio a mo' di sacco di patate e mi infila dentro una macchina nascosta tra i tanti alberi verdi.
«Che cazzo fai? Lasciami andare, stronzo!» ovviamente, prenderlo con le maniere cattive e urlargli brutte parole contro non è il migliore dei metodi, ma non so cos'altro fare.
«Stai zitta, troia.» per la prima volta parla e sento la sua voce molto roca, quasi tenebrosa. Gli vedo solo il volto, i capelli sono nascosti da un cappuccio che, inizialmente, mi ostruiva tutta la visuale.
«Cosa facevi nel bosco tutta sola?» mi chiede con finta voce dolce. Come se volesse dire "è pericoloso girovagare sole in un bosco, potrebbe esserci un maniaco come me", ma non lo fa. Quindi, non è solo un orribile maniaco, è anche uno stupido bugiardo.
«Sei vergine?» mi chiede mentre mi sfila i pantaloni tenendomi le mani strette. Mi rifiuto di rispondere mentre urlo in cerca di aiuto e muovo i piedi da tutte le parti possibili sperando di prenderlo in piena faccia con un bel calcio frontale. Ma, la fortuna, non è mai dalla mia parte, ecco perché infila una mano nelle mie mutande e inizia a palparmi il sedere e l'interno coscia; tutto questo sempre mentre io mi dimeno ed urlo. Perché a me?!
«Oh dio.» impreco mentre lui sgancia il mio reggiseno da sotto il mio top. I miei seni saltano fuori e lui non esita a toccarli facendomi arrabbiare seriamente; morde i miei capezzoli e lascia dei succhiotti sulla parte superiore del mio seno e nella pelle sensibile del mio collo.
Mi leva del tutto i pantaloncini e trascina con essi anche i miei slip di pizzo nero. Ora, qui, in questa macchina, provo solo ribrezzo nei confronti di questo energumeno che mi ritrovo davanti.
«Ti prego, lasciami.» continuo a respirare pesantemente e, dopo avermi fatto scivolare un dito dentro, si sbottona i jeans facendo uscire solo la sua erezione. Cerco di sfuggire alla sua presa ferrea, ma niente da fare; è dieci volte molto più forte di me.
«Ti prego, no. No, no, no.» grido e inizio a piangere quando il suo sesso entra in me facendomi male per la troppa violenza che ha utilizzato.
«Sei stretta.» dice tra un gemito e l'altro, mentre io sto zitta e lascio correre, lungo le guance, le lacrime salate e calde che non riesco più a trattenere.
«Basta! Mi fai male, porco Giuda demonio!» quasi penso a bestemmiare, ma non ho il coraggio di farlo, sperando che qualcuno Lassù mi aiuti. Immediatamente, i miei pensieri giungono al mio papà e le goccioline che cadono dai miei occhi si moltiplicano.
«Sta' ferma. Caspio!» urla tenendo i miei fianchi immobili; fermi per quanto possono stare visto che il ragazzo non accenna a smettere di spingere con così tanta prepotenza.
«Ti scongiuro!» cerco di bloccare i miei movimenti, anche se troppo tardi, lui è già venuto dentro di me.
«Se ne parli con qualcuno ti ammazzo.» dice prima di avvicinare il suo lungo e spesso membro alle mie labbra e farmelo scivolare giù per la gola.
«Mmh.» i suoi gemiti riempiono l'automobile che, a quanto pare, nessuno nota.
Proprio quando sto per arrendermi al suo volere, vedo qualcuno dallo specchietto retrovisore che mi fa segno di fare silenzio: labbra arricciate e indice poggiato su quest'ultime e sul naso. Faccio finta di niente reggendo il gioco a quello che potrebbe essere il mio salvatore e continuo a piangere e mugolare in disapprovazione. Lo sportello anteriore - quello che appartiene ai sedili dove questo ragazzo senza pietà mi sta violentando - viene aperto rivelando Des, il compagno di mia madre ed il papà di Gemma ed Harry. Il ragazzo più giovane viene strappato via dal mio corpo e, successivamente, lo butta a terra prima di raggiungermi e abbracciarmi fortemente.
Ricambio la stretta iniziando ad amare quest'uomo come un vero e proprio padre.
«Grazie.» rafforzo la presa sul suo collo piangendo nella sua confortevole spalla.
«Come stai?! Perché ti stava facendo questo!?» chiede preoccupato strofinando le mani sulla mia schiena esile e tremante.
«Lui, io, cioè... Stavo camminando nel bosco, sono caduta e lui mi ha trascinato fino a qui. Non dire niente a nessuno, ti prego.» spiego velocemente stringendo il tessuto della sua maglietta nelle mie piccole mani.
«Mi dispiace, piccola.» mi dà un bacio nei capelli ed io, per un momento, mi sento fortunata ad avere un uomo così, accanto, nella mia vita. Ritiro, mentalmente, tutto quello che, in precedenza, gli ho detto contro; si merita tutto il bene del mondo. Se non fosse arrivato lui, non so fino a che punto quel maniaco si sarebbe spinto. Pensando al ragazzo che mi ha appena violentata, mi giro verso destra e non vedo più nessuno, sicuramente già sarà scappato. Spero solamente che non vada più in giro a disturbare delle ragazze indifese perché, insomma, io ho diciotto anni, ma ne dimostro molto meno: sono bassa, magra e non mi trucco molto.
«Andiamo a casa.» dice prendendomi dalla vita per non farmi cadere visto che ancora mi tremano le gambe per la paura che mi ha fatto provare quello sconosciuto.
«Non dire niente a mia madre!» lo prego guardandolo negli occhi blu mare.
«Okay, ma ora pensa a riprenderti.» mi bacia di nuovo la testa ed io, per un momento, credo che mia madre abbia fatto bene a prendersi lui come compagno di vita. Raggiungiamo la sua macchina fuori dal piccolo boschetto dove, per la cronaca, non metterò mai più piede, e mi fa entrare dentro. Accende l'aria condizionata e mi offre dell'acqua da bere visto che sono "bianca come un cencio", parole sue, non mie.
Prima di andare a casa, il mio "patrigno", decide di passare in ospedale per vedere se sto bene del tutto o se devo fare controlli.
«Ma non c'è bisogno...» piagnucolo appallottolandomi ancora di più sul sedile di pelle freddo.
«E invece sì, Holly. Ho paura che ti abbia fatto del male che magari noi non vediamo.» spiega e mi mette una mano sulla fronte. Sorrido a quel piccolo ed innocuo ma dolce gesto e mi accovaccio sul materiale morbido.
«Okay okay.» accetto e chiudo gli occhi sperando di addormentarmi, pensando che tutto questo è solo un brutto sogno.
~
Appena mi sveglio, dopo una lunga lotta contro i miei occhi che, imperterriti, insistevano sul rimanere chiusi, mi ritrovo in una stanza bianca. Quel colore che ho sempre odiato, perché troppo bianco e troppo lucido, un colore che mi fa provare fastidio, come quando qualcuno strofina le unghie su una lavagna. Mi guardo intorno e sento la testa girare un po', ma mi riprendo subito quando poggio i piedi sul pavimento - anch'esso maledettamente bianco, freddo come il ghiaccio. Passo dopo passo arrivo ad una grande vetrata di vetro che affaccia sulla parte esterna di quello che penso sia un ospedale.
«Beh, come sta, allora?» vicino a Des che pronuncia questa domanda, ci sono due individui che non mi aspettavo di vedere: Harry e Niall che si scambiano occhiate brusche e violente.
«Sta bene. Siamo più preoccupati per il fatto che il ragazzo non abbia usato precauzioni e, a meno che sua figlia o, meglio, la sua figliastra non prende la pillola, c'è il rischio di una possibile gravidanza...» un uomo sulla trentina dal camice bianco - troppo maledettamente bianco, dà una spiegazione alle persone che sono qui per me.
«Sul serio?» il mio fratellastro e il mio ex-ragazzo dicono all'unisono prima di guardarsi, per l'ennesima volta, male.
«Merda.» impreca Harry prima di sbattere una mano sul bancone in legno dietro di lui.
Prima che io possa uscire da quella stanza che mi stava dando la nausea, lui si dirige verso la porta principale da cui, poi, esce furioso. Mi guardo intorno smarrita e vado incontro a Des.
«Ehi, come stai bimba?» mi chiede dandomi un bacio sulla fronte e ripetendomi che gli dispiace per tutto quello che è accaduto.
«Bene, o almeno credo.» rispondo intravedendo la figura di Niall appoggiata al bancone dell'infermiera che sta sistemando alcune carte.
«Holland! Come stai?» urla il biondo avvicinandosi appena mi vede sulla soglia della porta con un'affare bianco messo come indumento.
«Sì, bene. Che ci fai qui?» chiedo perplessa volendo uccidere il mio patrigno: perché mai lo doveva dire proprio a lui?!
«Ero andato a trovare mia zia che ha appena avuto complicazioni per il recente parto, ma quando ho visto Harry, l'ho seguito fino a qui e ho visto Des.» lo indica con il dito filato.
«E, beh, ho chiesto spiegazioni. Mi dispiace piccola...» mi spiega cercando di baciarmi una guancia, ma io mi scosto lentamente e senza far trasparire nessun'emozione dal viso dolorante.
«Posso andare a casa?» chiedo, invece, interessata più al fatto che voglio andare via da questo posto fin troppo bianco e triste.
«Sì, non hai nessuna ferita grave, solamente qualche graffio e livido sparsi per il corpo a causa del trascinamento.» mi risponde il dottore sorridendo appena.
Dopo aver preso la mia roba, vestiti e tutti i miei effetti personali, Des ed io raggiungiamo la macchina parcheggiata fuori.
«Tieni.» mi da un pacchetto regalo ed io lo guardo sorpresa. Perché mi dovrebbe fare un regalo? E, domanda più importante ancora, quanto ho dormito in quell'edificio?
«Un regalo per me?» chiedo stupita aprendo il piccolo fiocchetto fatto male sulla parte posteriore della scatola dal cartone molto duro. Annuisce e mi incita ad aprirla.
Quando vedo la scatola riconosco subito l'oggetto che c'è all'interno, guardo il mio patrigno negli occhi.
«Grazie!» caccio via dalle labbra un piccolo "mh" di gratitudine e mi guardo intorno prima di scartare il mio nuovo Iphone 6; lo guardo e ringrazio nuovamente il mio nuovo uomo preferito.
«Dai andiamo...» mi lascia un bacio sulla guancia e partiamo verso casa. Spero solo che non dica niente a mia madre; mi rovinerebbe la vita, già l'ha fatto tantissime volte, quindi perché non lo dovrebbe rifare?
«Des.» lo richiamo.
«Dimmi, Holland.» si gira per qualche secondo verso di me ed io non faccio altro che guardarlo con uno sguardo di pietà.
«Non dire niente a Leila.» dico seria guardando fuori dal finestrino un albero che indica che stiamo arrivando nella nostra amata dimora.
Scendiamo dall'automobile appena lui parcheggia e mi dirigo verso la porta d'ingresso per poter entrare. Urlo semplicemente un "sono a casa" e mia madre sbuca dalla cucina con una teglia piena di biscotti tra le mani. Assumo un'espressione sorpresa e la guardo squadrandola dalla testa ai piedi.
«Perché hai fatto dei fottuti biscotti?» chiedo fregandomene del fatto che in mezzo alla frase c'è una parolaccia - cosa che lei detesta con tutta sé stessa.
«Per te.» risponde stampandomi un bacio sulla guancia. Io mi ritraggo, asciugo quel poco di bava che mi ha lasciato sul viso ed inizio ad arrabbiarmi.
«Non puoi risolvere tutto quello che hai fatto nel corso degli anni solo ora, okay?! Non permetterti a fare la donna e la madre comprensiva perché non lo sei mai stata e non lo sarai mai! Sei soltanto un diavolo travestito da angelo! Non devi minimamente avvicinarti a me, non ci provare. Non meriti nessuno al tuo fianco, né papà,» indico l'alto, come per indicare il cielo, «né tantomeno Des. È una persona bravissima e tu piano piano, come hai fatto con tutti quelli che ti stanno attorno, lo farai affondare per poi lasciarlo in mezzo alla merda. Ma l'hai sempre fatto, no? Sì, te lo dico io. Sai perché io, Holland Jonson, stavo quasi diventando anoressica a sedici anni? Eh, lo sai perché? Sei tu la motivazione! Sei sempre stata tu. Non sei mai stata mia madre e non lo sarai mai, okay? Ma sai cosa? Stavolta non sarà così! Non mi deprimerò per te. Quindi ora faccio decidere a te. O mi lasci andare e non mi rivolgi più la parola, come se io non ci fossi, o me ne vado di casa insieme a Gemma ed Harry.» urlo tutto questo mentre con una mano faccio volare il vassoio pieno di biscotti a terra.
«Sei una merda. E lo sarai sempre...» pronuncio le parole girandomi per andare in camera mia e vedo quello che non avrei mai voluto vedere.
Harry e Gemma alla fine delle scale che hanno appena sentito tutto: il mio sfogo, la verità nascosta, i miei problemi...
Cristo!
Angolo autrice
Eccomi! Questo capitolo è stato bellissimo da scrivere; io ho adorato completamente e pienamente l'ultima parte della storia. Holland si è appena sfogata e a me è piaciuto trascriverlo.
Vi faccio le solite domandine per conoscere meglio i miei fantastici lettori.
[1] A che età avete dato il vostro primo bacio? [Io avevo 12 anni.]
[2] Siete fidanzate/i? [Io si...].
[3] Qual è il vostro sogno più grande? [Sposarmi con Harry e adottare un cane.]
Fatemi sapere cosa ne pensate. Ringrazio tutti per tutto: voti, visualizzazioni, commenti, complimenti in privato e tutto.
Votate e commentate così aggiorno prima.
Vi amo, siete tutto per me. Chi vuole fatta pubblicità me lo dica.
La vostra Tori.
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