14. My body?
Quattro giorni. È da quattro giorni che non esco di casa per questa maledetta febbre ed è da quattro maledettissimi giorni che non vedo Harry o, meglio, ci vediamo ma non parliamo. Ed io ho stranamente bisogno di parlare con quel ragazzo che, anche se mi ha spezzato il cuore in un millesimo di secondo, è sempre qui per me quando ne ho bisogno - lo devo ammettere.
Ieri, per esempio, mi ha portato un brodo di pollo; certo poi mi ha mandato al diavolo per il mio ingiusto e assordante silenzio, ma almeno si preoccupa per me. E la cosa mi piace, ma soprattutto mi fa capire quanto in realtà tenga a me. Insomma, non che io voglia approfittarmi di lui (mai sia, Santo Cielo), ma mi piace l'idea che io possa essere presente nei suoi pensieri.
«Come ti senti?» mi ha chiesto Harry, il giorno in cui il termometro indicava che la mia temperatura corporea superava di poco i trentotto gradi.
«Non tanto bene.» ho, quindi, risposto ridacchiando per la sua domanda retorica.
«Beh, cosa ci fai ancora qui?» ho domandato dopo qualche secondo di silenzio dove lui osservava le sue mani intrecciate sul grembo. Lui ha corrugato la fronte e delle piccole e giovanili rughette si sono intrufolate tra le sue sopracciglia. Ovviamente non ha capito del tutto la mia affermazione, infatti ha chiesto più spiegazioni.
«In che senso?» la sua voce roca mi ha fatto attorcigliare ancora di più lo stomaco.
«Sì, perché non vai dalla tua ragazza Cindy?» l'ultima parola della mia proposizione - un nome che appena viene pronunciato mi fa salire alle stelle un senso omicida - l'ho pronunciata con tale fastidio ed enfasi che quasi non sembrava neanche la mia reale voce.
«Vaffanculo, Holland.» ha detto semplicemente prima di alzarsi e dirigersi verso la porta chiusa di camera mia.
«Dove stai andando?» ho domandato, allora, prima che le spalle fossero scomparse dietro il legno.
«Dalla mia ragazza Cindy.» e, così, ha utilizzato lo stesso tono che precedentemente avevo utilizzato io e mi ci è voluto un minuto buono per riprendermi del tutto. È stato persino più crudele di me e, so per certo, che per superare la mia cattiveria bisogna essere allenati o quantomeno cattivi di natura. Dio, in quel momento ho capito cos'era Harry. Il mio fratellastro è uno stronzo nato, proprio come me e, questo, non fa altro che legarci maggiormente.
Ed ora, ora invece sono qui, stesa sul mio comodo letto a sentirmi un completo schifo; insomma, ho sempre pensato che l'influenza fosse una delle malattie temporanee peggiori. Non riesci a muoverti bene, hai il bisogno costante di una fonte di calore e non riesci a respirare bene attraverso quei due buchi al centro della faccia o più comunemente chiamati: narici. Santo Cielo, in questo momento, l'unica cosa che voglio è la mia migliore amica; perlomeno posso sfogarmi con lei e ingerire chili e chili di pizza con cui mi consolereiper la mia situazione sentimentale e per la morte di mio padre.
Così, in meno di un secondo, prendo il cellulare e invio un messaggio ad Allison chiedendole se può raggiungermi.
Da Allison: Sono con Luke, ma appena posso ti raggiungo. Come stai, piccola?
Dice il messaggio che non tarda ad arrivare sul display del mio iPhone. Sospiro e digito un ''okay'', prima di bloccare il cellulare e riporlo al suo solito posto, ovvero sotto al mio cuscino. Ricordo quante volte mio padre mi ha rimproverato per questo inutile e pericoloso gesto che porta le radiazioni direttamente al cuore; mi mancano le sue assurde prediche, anche se non le sentivo già da un po' a causa del divorzio.
Cerco di riposare cercando di calmare il mio mal di testa quando, senza bussare, qualcuno entra dalla porta dirigendosi verso il mio letto. Troppo stufa, arrabbiata e stanca, faccio finta di dormire per evitare qualsiasi tipo di conversazione che quel qualcuno che è appena entrato in camera mia vuole intraprendere con me. Sento che qualcosa di estremamente freddo viene poggiato sulla mia fronte, contrariamente, caldissima, quasi bollente.
«Perché è tutto così difficile?» chiede poggiando una mano sulla mia.
«Mi dispiace, Holland. Mi dispiace per tutto quello che ho fatto e so che tu non mi perdonerai mai, perché non sono stata una brava persona, ma ti voglio un bene assoluto. Tengo a te più della mia stessa vita, ma non so come dimostrartelo. Beh, fino ad ora non l'ho fatto, ma da oggi in poi lo farò. Vederti distrutta per tuo padre mi ha fatto capire quanto tu sia una ragazza forte che non si è mai lamentata per niente. Sono stata una persona orribile e spero che, grazie al mio cambiamento, tu capirai che ti voglio un bene dell'anima.» conclude il suo piccolo monologo, mi lascia un bacio nella fronte come a voler farmi capire che c'è stata una persona in camera mia e poi se ne va.
Apro gli occhi e rifletto su quelle parole, ma per non più di qualche secondo. Non perdonerò mai, mai e poi mai tutti gli errori e i peccati che in poco tempo quel diavolo che viene visto come un essere umano - il quale, secondo me non è - ha commesso.
Odio il fatto che le persone si accorgono troppo tardi dei loro stupidi errori e poi vengano a chiedere il perdono strisciando. E cosa penso che siano? Solamente degli insulsi vermi schifosi che non capiscono nulla della sensibilità che la gente può custodire dentro di sé, come una maschera. Ma la maschera prima o poi cade e, proprio quando meno te lo aspetti, c'è qualcuno di cui ti fidavi ciecamente, pronto a pugnalarti alle spalle. E già mi era capitato in precedenza, quindi, non che fosse la prima volta, ma... Quest'oggi è diverso, il male non è stato compiuto da qualcuno di esterno alla mia vita come amici o ragazzi, no; una delle persone che mi dovrebbe voler bene più della sua stessa vita mi ha distrutto in questo ultimo periodo! Al diavolo la morte di mio padre - spero di superarla velocemente, e un sonoro "vaffanculo" a quell'essere disgustoso che è appena entrato in camera mia!
Mi alzo dal letto e, come se fossi ubriaca dopo una serata passata con gli amici in discoteca - cosa che mi sembra di non fare da secoli addietro, barcollo cadendo quasi di nuovo nel morbido materasso. Quando metto a fuoco le varie immagini che mi si presentano davanti gli occhi, mi dirigo verso il bagno. Preparo la vasca riempiendola d'acqua calda - quasi bollente, così da rilassarmi al meglio, e inizio a spogliarmi. Mentre mi levo il reggiseno, la porta si apre, rivelandone una testa riccia.
«Harry!» lo rimprovero con voce debole riattaccandomi il reggiseno sul retro della schiena, per coprire il mio seno.
«Niente che non abbia già visto, piccola.» ridacchia ed io mi chiedo dove sia andato a finire il fratellastro che mi detestava fino a poche ore fa. Corrugo la fronte e mi decido finalmente a parlare.
«Cosa c'è?» domando basita mentre scruta il mio corpo dal basso all'alto mordendosi quel suo meraviglioso ed eccitante labbro carnoso.
«Il tuo corpo, piccola.» posiziona i suoi occhi all'interno dei miei ed io, per un momento, mi sento mancare la terra sotto i piedi per la loro bellezza.
Ritorno al presente cercando di non fare pensieri pervertiti su di lui e comincio a guardare il suo viso e non la patta dei suoi jeans.
«Cosa? Cos'ha il mio corpo?» chiedo spazientita mentre mi mangiucchio le unghie.
«Dio, è perfetto.» risponde posizionando le mani sui miei fianchi larghi.
«No, non lo è.» abbasso lo sguardo verso i miei piedi nudi pur di evitare il suo e diventare rossa in viso.
«Sì, lo è.» mi stampa un bacio sul collo, proprio dove giace la giugulare.
«Harry! No! Non possiamo! Te l'ho già detto. Niente più lezioni sul sesso o niente del genere, okay?!» dal mio tono di voce sembra quasi un rimprovero e pare quasi che io abbia gridato, ma in realtà gli dico queste cose con assoluta calma.
«Infatti. Non ti sto dando una lezione. Stiamo solo ripassando.» dice semplicemente prima di prendermi in braccio afferrandomi dal retro delle cosce per poi baciarmi.
«Il tuo corpo è assolutamente perfetto, dico sul serio, Holly.» mi rammenda Harry per l'ennesima volta prima di levarsi i pantaloni senza mai staccarsi dalla mie labbra e avvicinandosi alla vasca da bagno. Un pensiero invade velocemente la mia mente: si potrebbe ammalare a causa del mio contagio.
«Haz, ti potrei contagiare.» dico a corto di fiato quando lui si stacca leggermente dalle mie labbra.
«Per me va bene. Tutto pur di toccare questo ben di Dio.» indica il mio esile corpo ed io, inevitabilmente, provo vergogna.
A me non è mai piaciuto il mio corpo, insomma, sono troppo magra ma ho i fianchi larghi. Ho sempre pensato che avrei dovuto dimagrire un po' e, ammetto, che un po' di tempo fa - quando ancora avevo circa diciassette anni, stavo prendendo la buona strada per diventare una persona con problemi di bulimia. Poi, però, grazie alle mille prediche da parte di Allison e, soprattutto, Zayn che mi ha tartassato per circa tre mesi, sono riuscita a capire che questo è il mio corpo ed io non non ho il diritto per poterlo cambiare dastricamente. Maledettamente e purtroppo vero; non ci posso fare niente, così, mi sono rassegnata al fatto di voler diventare una modella.
«Smettila, cazzo.» dico sospirando; sembra quasi che io l'abbia detto con rabbia, ma invece il mio tono di voce è molto calmo.
«Di fare cosa, Holland?» chiede basito Harry baciandomi la mandibola.
«Di guardare e toccare il mio corpo come se fosse perfetto.» spiego afferrandogli i ricci quando spinge i suoi fianchi contro i miei in un movimento lento e deciso.
«Perché? Lo è, Holland.» fin dal primo giorno, ho notato che Harry dice il nome delle persone per intero quando è arrabbiato o confuso o serio. Ed in questo momento capisco che è davvero molto confuso.
«No invece.» sbraito coprendomi, per quanto possibile, con le mie esili braccia.
«O sei cieca, o ti mancano un bel po' di neuroni.» dice con voce ferma e decisa; non è una domanda, ma una conferma.
Prima che possa ribattere mi dirige di fronte allo specchio.
«Guardati.» dice dolcemente lasciandomi una marea di baci umidi sulle spalle e sulle braccia che mi fanno rabbrividire.
«Cosa, cosa devo guardare?» chiedo ansante buttando la testa indietro fino a toccare la sua spalla muscolosa.
«Sei bellissima. Sei magra e hai il seno che, Dio, è grande, ma non troppo; poi sei perfetta per me. Osserva.» dice aprendo la mano e chiudendola a coppa su un mio seno. Mi sbalordisco quando il suo arto copre perfettamente quella mia parte del corpo.
«Mmh.» riesco a dire solamente prima di girarmi tra le sue braccia, trovandomi così, faccia a faccia con lui.
«Zitto e baciami.» incrocio le mani attorno al suo collo e intreccio le dita ai piccoli boccoli che ha sulla base della nuca.
«Subito.» obbedisce e fa scontrare in modo violento e, quasi, bisognoso le nostre labbra che sembrano essere fatte l'una per l'altra.
«Sai ho sempre pensato, fin da quando mio padre mi ha detto del trasferimento, che non avrei sopportato l'idea di avere un'altra sorella alle calcagna. Ma, cazzo, sono contento di aver trovato te. Insomma, non sei il mio tipo. Ma sei bellissima. E, cazzo, non pensavo che potesse nascere questa specie di accordo fra noi due.» dice baciandomi il collo, la mandibola e tutti i lembi di pelle che riesce a prendere. Appena realizzo ed elaboro le orribili parole che mi ha detto, gli mollo un ceffone in pieno viso. La potenza con cui ho rilasciato lo schiaffo, ovviamente, è stata poca, date le poche energie presenti nel mio corpo a causa della febbre.
«Ma che cazzo ho fatto, adesso!?» urla esasperato massaggiandosi la parte colpita.
«Dici sempre la cosa sbagliata nei momenti meno opportuni!» grido disperata sperando che le mie corde vocali non si rompano per il troppo sforzo - porca miseria, sento la gola bruciare come se avessi bevuto della tequila.
«Okay okay, mi dispiace!» dice prendendomi a baciare nuovamente le spalle nude.
«No! Esci da questa cazzo di stanza!» grido nuovamente spingendolo via dal mio corpo inerme.
«Subito, cazzo!» ripeto amplificando il concetto grazie a quella parolaccia.
«Troia.» scandisce bene quella parola che mi fa scattare i nervi solo a sentirla, prima di andarsene sbattendo la porta alle sue spalle. Scivolo giù sul pavimento acchiappando le mie ginocchia e portandole al petto, in cerca di qualche conforto che so, però, mi potrebbero dare solamente le sue braccia.
La seconda o la terza? La seconda o la terza volta che piango in questi miseri e vulnerabili quattro giorni? Non riesco a credere che mi sento così solo a causa di un ragazzo che, tra l'altro, non dovrebbe darmi tutto questo fastidio o, perlomeno, non in questo momento - insomma, siamo una specie di fratelli. Mi maledico per aver appena desiderato che lui non fosse mio fratello, ma un semplice amico che, però, sarebbe potuto diventare - magari, in un lontano futuro - qualcuno di più importante. Ma, il punto non è questo! Mi devo focalizzare sul fatto che le nostre lezioni sul sesso sono archiviate in un angolo remoto della nostra memoria o, quantomeno, dobbiamo convincerci di questo. È circa un mese che conosco Harry ed io, scandalizzata e scombussolata come sono momentaneamente, non posso credere che siano successe così tante cose in soli trenta giorni o giù di lì.
Decido di cambiare, cambiare per me stessa, per gli altri e per tutte le persone che mi stanno intorno, sia simpatiche che antipatiche, fastidiose e ripugnanti. Prendo un pettine ed inizio ad arruffare molte ciocche dei miei capelli, in modo tale da farli diventare dreadlocks per poi passargli l'ago da uncinetto per perfezionarli. Passo una quantità esagerata di mascara sui miei occhi per farli risultare più grandi. Mi guardo allo specchio e, quando vedo che il mio volto, contornato dalla nuova acconciatura, ricorda quello di una teppista - o qualsiasi modo mia madre definisce i ragazzi con uno stile diverso dal comune, sorrido, per quanto possibile, in modo soddisfatto.
Raggiungo il mio armadio e, dopo averlo spalancato con una botta secca che emette un suono a dir poco assordante, osservo tutti i vestiti che lo costituiscono.
«Bene, iniziamo.» mormoro tra me e me, prima di afferrare tutti i pantaloncini e i top striminziti. Tutti gli indumenti che mi trovo tra le braccia vengono buttati sopra il letto e, improvvisamente, sento il mio malessere svanire piano piano. Mi guardo intorno vedendo la stanza estremamente celeste ed ordinata: che schifo.
«Okay...» mormoro prima di strappare tutti i poster e le foto appese alle parete e poggiate sui comò.
Decido che anche alla mia parte di stanza -quella di Gemma devo lasciarla per forza come se l'è organizzata lei- serve una rivolta. Digito il numero di Zayn - che, per la cronaca, mi manca a causa del fatto che non ci siamo visti molto, e aspetto che risponda.
Appena sento la sua voce arrochita pronunciare un semplice ''uhm'', gli dico di venire a casa mia portando con sé tutte le bombolette che ha in casa.
~
Guardo la mia camera dipinta in semplici ma bellissimi e originali graffiti fatti dal mio migliore amico che ancora mi guarda sorpreso.
«Ancora non capisco perché i tuoi stupendi capelli siano diventati un aggrovigliato che mi ricorda vagamente un nido riuscito male.» ridacchia toccandomi i dreadlocks. Scoppio a ridere a mia volta prima di spostarmi quest'ultimi indietro per non farli cadere davanti gli occhi.
«Avevo bisogno di cambiare.» dico con tono ironico prima di dargli un pugno giocoso all'altezza della spalla.
«Beh, ci sei decisamente riuscita.» mette un braccio intorno alle mie spalle prima di lasciarmi un bacio amichevole e affettuoso sui capelli.
«Sì.» confermo sorridendo ampiamente.
«Perché non esci con Jessy?» chiede il moro dirigendosi verso le bombolette riposte disordinatamente sulla scrivania.
«Uhm?» domando distrattamente infilandomi gli stivali con le borchie che avevo utilizzato in una serata in tema dark-punk.
«Jessy! Non ti ricordi?! Quella mia amica con la moto e il giubbotto di pelle!» cerca di farmi ricordare e, come se fosse arrivato l'angelo Gabriele, ho un illuminazione.
«Sì!» sorrido prima di afferrare il mio iPhone.
«Ho ancora il numero!» urlo con voce roca ricordando di esserci scambiate i recapiti telefonici in una festa avvenuta qualche mese addietro.
«Ora le invio un messaggio.» dico più a me stessa che al mio amico, prima di digitare quelle poche frasi che devo dirle.
Nessuna risposta, dopo qualche minuto la mora ancora non risponde e, così, decido di uscire con Zayn. Prendo una felpa molto larga dal mio armadio e mi dirigo al piano inferiore per poi prendere le chiavi della mia macchina ed uscire dalla porta d'ingresso.
Quello che vedo appena poggio il piede nel primo gradino che mi distanzia dal marciapiede, mi sorprende enormemente: Jessy in tutta la sua durezza appoggiata alla mia auto. Sorrido immensamente riconoscendo il suo giubbotto di pelle pieno di borchie appuntite e i suoi capelli lunghi acconciati con un marcato frisé. Corro verso di lei e le batto il ''pugno'' in segno di saluto prima di intraprendere una conversazione.
«Come va?» chiedo cercando di far apparire la mia voce un po' più mascolina.
«Bene, tu? Vedo che hai fatto qualche cambiamento.» dice prendendo un mio dreadlocks tra le mani e rigirandoselo tra le dita estasiata.
«Uh, ''cambiamento'' sembra la parola del giorno.» ridacchio seguita da lei che ancora mi guarda con sorpresa e curiosità negli occhi.
«Allora, usciamo?» urla per farsi sentire anche da Zayn che è rimasto un po' indietro a vedere la nostra rimpatriata. Io ed il moro annuiamo e ci dirigiamo verso la mia macchina.
«Posso guidare?» chiede Jessy con gli occhi puntati sulla mia auto, i quali brillano maggiormente.
«Certo.» scoppio a ridere quando noto che sta guardando la Lamborghini come se fosse oro. Scuoto la testa e mi metto davanti, costringendo Zayn a sedersi dietro, come un bambino.
«Dove si va?» chiedo eccitata all'idea di avere una nuova amica - anche se in realtà già la conoscevo.
«Vandali?» chiede guardando nello specchietto retrovisore dove il viso del mio migliore amico appare nitido.
«Vandali.» confermiamo io e il moro all'unisono prima di sorridere come due ebeti.
Ci dirigiamo verso l'istituto scolastico e, appena scendiamo dall'auto, prendiamo le uova e la carta igienica che, precedentemente, avevamo comprato in un negozio di alimentari. Il primo uovo ad essere scagliato contro l'ufficio presidenziale è quello di Zayn che sorride come un bambino davanti ad una marea di cioccolato.
«Bene, si inizia.» grido ed inizio a tirare carta igienica per tutto l'edificio.
Dopo tante uova e chilometri e chilometri di carta, la scuola n'è completamente riempita. Prendo una bomboletta spray che Zayn ha di scorta e comincio a scrivere una cosa sulla porta fatta in vetro.
«Fottetevi!» urlo mentre scrivo la medesima parola in una calligrafia abbastanza leggibile. Sorrido soddisfatta e indico ai miei due amici di correre verso l'auto prima che qualcuno ci possa scoprire.
«È stato fantastico!» urla Jessy accendendo la radio e mettendo la sua playlist piena di brani rock&roll.
«Sì, lo è stato.» confermo battendo il cinque a Zayn che aveva teso la mano dai sedili posteriori. Iniziamo a parlare del più e del meno e, la mia nuova amica, mi promette che vedrà cosa può fare per aiutarmi riguardo al mio guardaroba.
«Ti posso prestare qualcosa di mio.» propone passandosi una mano tra i capelli foltissimi.
«Sì, grazie mille.» accetto e ritorno a muovere i piedi a ritmo di musica.
Devo ammettere che pensavo fosse una brutta idea cambiare look, stile e carattere, ma - ora che l'ho messa in atto, capisco di essere stata un genio. Insomma, ci voleva un cambiamento e, perché cambiare in meglio quando le persone ti possono sfruttare, quando puoi diventare una ribelle e, di conseguenza, una persona più libera? Il mio cervello elabora diverse teorie su come potrei finire in guai seri attraverso questa rivolta, ma cerco di scartare le opzioni pensando a quanto mi divertirò ora. Potrei iniziare a marinare la scuola costantemente, mandare al diavolo lo studio e tutte le cose ad esso legate, la buona educazione e potrei anche iniziare a fumare cose che, invece, secondo una buona coscienza, non dovrebbero entrare nel proprio organismo. Ma, Dio del Buon Cielo!, se devo cambiare - e lo sto già facendo, perché non farlo del tutto?!
«Andiamo al boschetto?» chiedo guardando lateralmente Jessy che, impercettibilmente, annuisce felicemente.
«Zayn, hai la roba?» chiede infine guardando quest'ultimo grazie allo specchietto retrovisore leggermente inclinato.
«Certo, baby. Con chi ti sembra di star parlando?» sgrana gli occhi fintamente offeso. Rido per la loro strana conversazione e afferro il mio cellulare dalla tasca posteriore dei miei pantaloni. Vedo l'orario e posto un selfie appena fatto con Zayn e Jessy. Sembriamo davvero dei ragazzi cattivi, membri di una gang e, la cosa, non può far altro che piacermi.
Giunti nel luogo che Jessy aveva precedentemente nominato scendiamo dall'auto e vado verso il famoso ''muretto'' dove tantissimi ragazzi della nostra età vengono a fare cose vietate. Mi siedo con un piccolo saltello in quest'ultimo e maledico mentalmente mia madre per avermi fatta così bassa. Insomma sono poco più alta di una metro e sessanta centimetri, sono una nana.
«Zayn, passa una canna.» ridacchia Jessy passandomi l'accendino. Lo prendo esitando i primi secondi, ma poi mi decido, faccio un reso conto dei miei pensieri, e lo afferro meglio. Appena la carta giunge alle mie labbra l'accendo ed ispiro quanta più erba possibile. All'inizio, la sostanza che arriva ai miei gracili polmoni, mi stordisce un po', tanto da farmi tossicchiare, ma dopo la mia gola si abitua. Faccio un secondo tiro e, successivamente, la passo a Zayn che sorride e ne fuma un po'; a differenza mia, lui e Jessy, sono perfettamente abituati a questo nuovo sapore e, quindi, sembra quasi che fumino del semplice tabacco.
Nella mia vita ho fumato poche volte marijuana, ecco spiegato il motivo del mio disagio polmonare.
«Come va?» chiede Jessy ridacchiando ampiamente per il mio viso impegnato a fare una smorfia di disgusto.
«Bene, o almeno credo.» dico toccandomi il seno per motivi che solo Dio sa spiegare.
«Lui?» indico il mio migliore amico chiedendo della sua sanità mentale. È da circa venti minuti che ride guardando le mosche che volano e le formiche che camminano lente in mezzo alle foglie secche cadute a terra.
«Starà bene.» scoppia a ridere la mia amica mettendosi le mani attorno al busto cercando di fermare le sue forti risate. La seguo a ruota e, in pochi minuti e altri pochi e leggeri tiri, siamo a terra rotolando per le risate.
«Non respiro!» esclamo piangendo dalle risate - seriamente, ho gli occhi bagnati dalle lacrime salate che scendono sulle mie calde e rosse guance. Cerco di riempire i miei polmoni d'ossigeno, ma, inizialmente, non ci riesco, perché sento ancora il sapore amaro del fumo.
Controllo il mio cellulare e vedo che non accenna a smettere di squillare interrompendo il mio divertimento, così lo prendo e rispondo. Appena sento le urla del mio ragazzo accusarmi di essere ubriaca, chiudo la chiamata sbuffando sonoramente. «Chi era?» mi raggiunge il mio migliore amico ridendo ancora senza un valido motivo.
«Era Niall, sta venendo perché ha immaginato dove mi trovavo.» caccio fuori un urlo di frustrazione e mi copro il viso con le mani.
«Perché la gente non si fa i cazzi suoi una buona volta!?» grido esasperata qualche minuto dopo sentendomi esplodere la testa.
Non sto capendo più niente quando la voce di Niall suona perfettamente all'interno delle mie orecchie.
«Quindi ora mi consideri ''la gente''?» urla triste e con le lacrime agli occhi.
Cavolo.
Angolo autrice
Record! Ho scritto un capitolo in due giorni! Comunque, oggi per molti sono finiti completamente gli esami, spero vi siano andati bene. E finalmente: ESTATE! Io non ce la facevo più a studiare. Dio, sono felicissima.
Comunque, ritorniamo al Fanfiction. Vi aspettavate questo cambiamento? Beh, io a dir la verità no, cioè mi è venuta l'idea mentre scrivevo. Ed eccola qui, scritta e trascritta.
Aggiornerò una volta ogni due settimane o prima, dipende dalle mie giornate libere.
Due domande per passare il tempo:
[1] quanti anni avete?
[2] chi è il vostro preferito tra i cinque, o meglio, quattro?
Votate e commentate, ci tengo tantissimo. Alla prossima.
La vostra Tori.
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