08. New sister.
Sono passati dieci minuti da quando Harry è venuto in camera mia e ci ha avvisate che sarebbe ritornato più tardi. Come ho già pensato, questo pomeriggio sta passando sempre più lentamente, invogliandomi a tagliarmi le vene che ricoprono il mio polso.
Non mi meraviglierei se sul notiziario di domani apparisse una mia foto e la cronista dicesse: "Diciottenne tenta il suicidio buttandosi dalla finestra della propria camera."; ne sarei capace, comunque.
«Allora, hai il ragazzo?» anche se non lo voglio ancora ammettere questa ragazza è davvero simpatica, tranne per la sua estrema curiosità che mi fa pensare a suo fratello.
«No, sono tutti stronzi qui, tu?» sbuffo leggermente ricordando la mia situazione sentimentale - se così si può definire, comunque.
«No, l'ho lasciato tre settimane fa, quando ho scoperto che sarei venuta a vivere qui a Londra.» dice con voce malinconica prima di tirare un sospiro liberatorio e posare un pantalone nel comò.
«Mmh, mi dispiace.» riesco a dire veramente triste per lei. So come ci si sente ad abbandonare persone che hanno un ruolo importante nella propria vita.
Sono le 19:40 quando Gemma finisce di sistemare la valigia stracolma che aveva preparato per venire qui. Mi ha chiesto se potesse appendere vicino al suo letto un poster ed io ovviamente non ho rifiutato, anche perché la figura rappresentava il logo di una band che io amo con tutta me stessa: gli R5.
«Sto morendo letteralmente di fame.» dice prima di buttarsi nel suo nuovo letto e mettersi le mani sopra il viso.
«Anch'io. Ti va se ordiniamo, non so, una pizza?» chiedo sperando in una risposta affermativa. Annuisce velocemente prima di afferrare il suo telefono e chiamare quella che ho capito essere una sua amica.
Mentre lei è impegnata a parlare con questa presunta ragazza io, affamata come sono, mi reco in cucina e prendo un pacco di patatine, per poi chiamare una pizzeria a domicilio.
«Sì, due pizze - » cerco di finire la frase quando Harry entra nella stanza e grida un "tre pizze" per correggermi. Gli passo il cellulare convinta che lui sappia meglio di me quello che sua sorella e lui preferiscono come gusti.
«Tre pizze: in due metta tutto quello che trova disponibile in cucina, mentre nell'altra...» guarda me in cerca di una risposta che non tarda ad arrivare.
«Salame piccante.» saluta velocemente e poi chiude la chiamata prima di sfilarsi la maglietta dalla testa.
«Come mai sei già qui?» chiedo curiosa di sapere il motivo per cui non ha finito di guardare la partita.
«Oh, Louis si è lussato una spalla e non potevano più giocare perché non avevano una riserva.» appena le parole lasciano la sua bocca, mi precipito su di lui.
«Cosa cazzo è successo a Louis?!» ho il respiro irregolare e, se solo penso al fatto che il ragazzo castano dagli occhi color ghiaccio possa essersi fatto male gravemente, mi viene da urlare.
«Oh, sta' tranquilla. Un ragazzo che affermava di essere il suo migliore amico l'ha portato all'ospedale.» dice semplicemente evitando il mio contatto visivo.
«Come si chiama questo tizio, lo sai?» domando prima di ricordarmi il nome del ragazzo di cui Louis mi aveva raccontato.
«Tyler o una cosa del genere...» divaga pensando ad altri possibili nomi. Mi tranquillizzo notevolmente quando sento quel nome.
«Beh, dov'è quella malata di mia sorella?» chiede d'un tratto guardando le scale che portano alla mia camera.
«Sta parlando con un'amica, lasciala stare.» dico alzando gli occhi al cielo quando noto la sua espressione corrucciata.
«Sai per caso a che ora ritornino i nostri genitori?» chiede infine guardandosi intorno, come se qualcuno possa spiarci.
«Mia madre mi ha mandato un messaggio, non ritornano stasera.» imito un conato di vomito pensando che quei due sembrano più adolescenti che degli adulti con figli.
Lui sorride ampiamente prima di afferrare il telefono che si trova nella tasca posteriore dei suoi jeans attillati. Digita un numero prima di portare l'iPhone al suo orecchio.
Mentre aspetta che la persona interessata risponda, io mi dirigo in camera mia per vedere cosa stia facendo Gemma e se abbia finito di parlare al telefono.
«Fatto?» mi chiede riferendosi alla nostra cena.
«No, non ce n'è stato bisogno; tuo fratello ha fatto tutto.» dico semplicemente prima di tuffarmi sul mio letto e posizionare il cuscino sul mio viso. Penso ancora al fatto che la scuola sia iniziata e che, da ora fino alle vacanze natalizie, io dovrò studiare come una povera pazza per iscrivermi ad un buon college.
Passa qualche minuto prima che Harry ci chiami dal piano inferiore per informarci che la pizza è arrivata. Quando io e Gemma ci accomodiamo nel grande tavolo noto che, in salotto, c'è tutto l'alcol che ho in casa, apparecchiato e disposto ordinatamente sul tavolino da caffè.
«Harry.» lo richiamo mentre porta una fetta di pizza alle labbra già unte di olio.
«Perché le bottiglie di vodka e whisky sono lì?» indico con l'indice tutte le sostanze mezze aperte.
«Ohm... Ho invitato qualche amico e amica per stasera... per te va bene, vero?» credo che quello che Harry stia cercando di dirmi è che ha organizzato una sottospecie di festa mentre i due ''adulti'' - se così si possono definire - della situazione non sono in casa.
Ingoio un morso che ho dato al trancio pieno di mozzarella fumante e poi mando giù per la mia gola un enorme sorso di birra.
«Beh, in pratica una festa?!» mi precede la ragazza accanto a me, ponendo la domanda che avrei dovuto fare io.
«No...» guarda me grattandosi il collo, come se fosse a disagio.
«Cioè, sì.» mi fissa ancora spaventato da quale possa essere la mia reazione. Si rasserena quando nota che io sorrido ampiamente.
«Chi hai invitato?» chiedo infine sperando che abbia informato i miei migliori amici.
«Ho semplicemente chiamato Zayn e gli ho detto di portare quante più persone possibili.» dice vagamente prima di ingurgitare un enorme pezzo di pizza.
«Okay... Per curiosità: cosa cazzo c'è lì dentro?!» indico il suo cibo facendo una lieve smorfia schifata. Il pizzaiolo ha preso alla lettera quel ''ci metta tutto quello che avete in cucina'' di Harry.
«Boh, non so...» ridacchia e torna a mangiare con gusto.
~
Siamo circa cinquanta persone quando la musica inizia a rompere i timpani di tutti i presenti. Io e Gemma non riusciamo a tenerci in piedi: abbiamo bevuto una bottiglia intera di Vodka Lemon in due. A giudicare dal sorriso che adorna la faccia di Zayn, anche lui è messo abbastanza male. Mi avvicino al mio migliore amico e gli poggio cautamente una mano sulla spalla; lui mi guarda e mi sorride per poi prendermi in braccio a mo' di koala facendomi ridere mentre cammina per i vari corpi sudati che ci sono in salone.
Mi porta in cucina dove per poco non cadiamo quando si scontra contro il banco di marmo.
«Quanto hai bevuto?!» mentre domando, rido fortemente senza un reale motivo.
«Non so, so solo che ho smesso di contare alla settima Beck's.» ridacchia anche lui salutando una farfalla che giace nel vetro esterno della porta-finestra che da sul giardino sul retro.
«Siamo da manicomio.» diciamo all'unisono prima di uscire fuori a prendere un po' d'aria pulita con cui riempire i polmoni.
Ci stendiamo sull'erba fresca e iniziamo a guardare il cielo pulito senza parlare. È una bella sensazione rilassarsi in compagnia, ma avere il cervello per conto suo, senza nessuno che ti sforzi a parlare o semplicemente a ridere è meglio. Ed è questo il bello di Zayn. Lui c'è sempre stato per me, anche quando dico che voglio restare sola lui sa che in realtà mi serve solo un abbraccio o una rassicurazione. ''Domani sarà migliore'': questa è una delle tante promesse che il mio migliore amico mi ha fatto. Ma, la mia preferita, è una che ha fatto quando avevo quattordici anni: ''ci sarò sempre, promesso''. Ed è vero. Non mi ha mai abbandonata al contrario di altre persone che, evidentemente, non erano molto felici con me, o semplicemente non mi meritavano.
«Cosa. Cazzo. Succede. Qui?!» rischio un infarto quando la voce di mia madre supera nettamente quello della musica prodotta dallo stereo.
«Sono fottuta.» dico velocemente prima di alzarmi e correre verso la porta sul retro. Entro e trovo tutti i ragazzi sudati con le teste basse che si avviano lungo il corridoio per poter uscire. Mi metto giù a gattoni e mi avvio verso il tavolo, sperando che mia madre o Des non mi vedano. Fallisco miseramente quando mia madre mi afferra una parte dei capelli e li tira verso l'alto per farmi alzare.
«Mi stai facendo male.» piagnucolo essendo sicura che la mia sbronza stia passando in fretta.
«Ti avevo avvisata un mese fa: niente feste in casa mia!» detto questo, mia madre - donna per quale porto un rancore e un odio indecifrabili, mi dà uno schiaffo sulla mascella. La forza che ha applicato è stata così tanta che la mia testa fa un giro di centottanta gradi e il mio labbro si gonfia velocemente ed inizia a perdere sangue.
«Che cazzo fai?!» urlo non spaventandomi di averle appena imprecato contro.
«Io? Che cazzo fai tu?! Stronza. Non avrei mai voluto averti come figlia.» la cosa che più ferisce di quelle parole è che non si è nemmeno preoccupata di dirle in privato. Sono ancora presenti in cucina: tutti i miei ''parenti'', Zayn ed Angie che, prima, non avevo notato.
«Bene!» urlo prima di raggiungere a passi veloci la mia camera e chiudermici dentro.
Scende una lacrima, la prima di una lunga serie, mentre sento dei passi avvicinarsi alla porta.
«Ehi, posso entrare?» un leggero bussare alla porta mi distrae dai miei orribili pensieri e, quando capisco che dietro la porta non c'è né mia madre né nessuno di non gradito, sbuffo girando la chiave pigramente.
Dei capelli lunghi e delle fossette mi appaiono davanti e, stranamente, sono felice di vedere quella persona. Di getto mi abbraccia avvolgendo le sue braccia al mio collo accarezzandomi i capelli e dicendomi che va tutto bene, o almeno, che in futuro sarà così.
«Non lo pensa davvero. Tranquilla.» la voce dolce e soave di Gemma mi rasserena leggermente. Mi asciuga con i pollici smaltati le lacrime che giacciono fresche sulle mie guance e mi aiuta ad alzarmi. Quando siamo in piedi la guardo con occhi sognanti e avvolgo il suo busto con le mia braccia, in un caldo abbraccio.
«Grazie. Tu non sai quante volte io abbia desiderato questo momento.» quando pronuncio queste parole la sorpresa è evidente nei suoi occhi.
«Abbracciare una bionda con il mascara sbavato?» chiede ironicamente, ridacchiando e portando una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
«No, avere una sorella.» detto questo mi stringe di più a sé.
Ci stendiamo sul mio letto e iniziamo a vedere qualche video divertente dei The Janoskians. Adoro il fatto che quei ragazzi riescano a farmi sorridere anche nei momenti peggiori, tipo questo. Come può una madre sognare di dire quelle parole ad una figlia? Come può solo pensare minimamente quelle orribili parole? Mi ha ferita notevolmente, anche se, in qualche modo, io già sapevo che se lei avesse avuto la possibilità mi avrebbe cacciato fuori di casa.
«Com'è tua madre?» chiedo all'improvviso, curiosa di conoscere il carattere della donna che ho capito si chiami Anne.
«Beh...» lei indugia su cosa dire, spaventandosi del fatto che io mi possa rattristare, ma io, con un cenno del capo, la rassicuro per farla continuare.
«È la donna più forte che io abbia mai visto. È intelligente, comprensiva, bella, solare e piena di vita. Non ha mai giudicato nessuno; soprattutto me od Harry. Al contrario di mio padre...» finisce facendo alternare un sorriso ad una lieve smorfia schifata.
Annuisco e la ringrazio silenziosamente con un piccolo sorriso. Sento le lacrime che piano piano si asciugano sulle mie guance rendendole un po' più ruvide e callose.
«Che ne dici se andiamo a dormire?» dice d'un tratto sbadigliando leggermente.
«Oh, sì. Penso che sia meglio, domani abbiamo scuola.» rispondo stiracchiandomi e posizionando meglio il cuscino sotto la mia testa. Lei scivola nel suo letto e chiude gli occhi in attesa che il sonno si diffonda per bene su tutto il suo corpo. Prima che le braccia di Morfeo mi stringano, sento un leggero bussare alla porta.
Ignoro quel piccolo rumore che mi sta già facendo snervare e cerco di dormire. Il suono diventa sempre più insistente e, sperando che non sia nessuno di indesiderato, domando a bassa voce - per non svegliare Gemma che già russa lievemente, un ''chi è?". Appena risponde la voce roca di Harry scendo piano piano dal letto e sgattaiolo fuori dalla mia camera.
«Dimmi.» dico appena sono fuori. Senza un reale motivo, prima che io possa dire un'altra parola o perlomeno ribattere, le sue labbra sono sulle mie. Il bacio all'inizio è semplice, ma poi diventa sempre più passionale; le nostre lingue roteano tra loro, facendomi rabbrividire. Prima che le sue mani si poggino sul mio sedere, sentiamo dei passi provenire dal salone quindi ci stacchiamo immediatamente e ci avviamo velocemente verso la sua camera.
Appena entrati silenziosamente mi prende in braccio, attraverso le cosce, e mi poggia contro il muro freddo della sua stanza.
«Che fai?» chiedo quando si stacca dalle mie labbra, anche se, la distanza tra noi è così poca, che mentre parlo le nostre bocche si sfiorano.
«Non so. Ne avevo bisogno.» dice prima di attaccarsi al mio collo, mordendolo e ringhiandoci contro giocosamente.
«Ti prego.» mi supplica portandomi nel suo grande letto.
«Ti prego.» mormora di nuovo nella mia mandibola prima di baciarla dolcemente.
Insicura sul da farsi, sfilo dal suo busto tonico e muscoloso la maglietta che lo ricopriva. Mi chiedo come Harry sia così bello e perfetto anche nello stato di disordine in cui, ora, si ritrova.
«Cosa vuoi che faccia?» chiedo titubante mentre lui mi palpa il seno da sopra la canottiera che ho indossato come ''pigiama''.
«Quello che vuoi tu, basta che sistemi questo.» indica con riluttanza la patta dei suoi pantaloni ormai stretti. È davvero incredibile il modo in cui questo ragazzo si ecciti facilmente: la sua erezione è ormai notevolmente visibile.
«Okay.» rispondo semplicemente prima di iniziare a baciare il suo torace imperlato da un sottile strato di sudore. Poggio le labbra su tutta la pelle scoperta fino ad arrivare alla striscia di peli che sparisce sotto i boxer. La parte su cui mi soffermo di più e, quindi, quella a cui dono più tempo sono le due linee che vanno dall'angolazione dei suoi fianchi fino all'interno delle mutande. Abbasso piano piano quest'ultime fino al ginocchio e resto paralizzata davanti alla situazione che mi si presenta davanti.
Come caspita dovrei infilare quella cosa giù per la mia gola?
Prendo un bel respiro e dò una veloce occhiata ad Harry che, ora, ha posizionato una mano tra i miei capelli lunghi e sciolti. Chiudo la mano attorno al suo membro prima di baciare la punta ormai gonfia e pulsante della sua erezione. Lo sento risucchiare un respiro e aggrapparsi alle lenzuola che, ora, sono disordinate attorno al suo corpo. Prima che possa pensarci due volte, lo prendo in bocca, affogandomi quasi.
Troppo lungo, porca miseria. Troppo lungo.
Queste sono le parole che riecheggiano nella mia mente mentre cerco di farlo scendere giù per la gola.
Faccio roteare la lingua attorno al suo glande e, capisco che questo movimento gli piace, quando i suoi fianchi spingono in alto verso la mia bocca, facendomi mancare l'aria. Tossisco leggermente e continuo il mio lavoro pompando sempre più velocemente, cosa che, sembra stia facendo impazzire il ragazzo sotto di me. Con le mani spinge la mia testa più a fondo verso i suoi fianchi asciutti e tonici e, quasi, vomito perché il suo pene ha toccato le mie tonsille. Ripete l'azione facendomi quasi sentire male. Quando sta per rifarlo do uno schiaffo alla sua mano per farla spostare dalla mia testa e continuo il mio ''lavoro''.
«Sto per venire.» dice qualche secondo prima che, dopo aver ritratto la lingua intorno al suo membro e aver incavato le guance per succhiare meglio, il suo liquido seminale si riversi nella mia bocca. È dolce ed appiccicoso quando mi obbligo ad ingoiarlo senza sputarlo o assumere un'espressione schifata.
«Wow.» dice ancora in preda agli spasmi.
«Mi stavi facendo affogare pezzo di merda!» lo rimprovero dandogli un leggero scappellotto sulla nuca.
«Ora vado.» dico prima di poggiare i piedi nel freddo pavimento, mentre lui si alza i boxer e lascia cadere i jeans attillati a terra.
«Dormi con me.» dice prima di poggiare delicatamente una sua mano sulla mia spalla nuda.
«No, non posso.» rispondo ricordando che io e lui abbiamo esclusivamente un rapporto basato sul sesso.
Lui si irrigidisce un poco, forse per l'imbarazzo in cui l'ho messo, e poi, dopo aver lasciato un bacio leggero sulle sue morbide labbra, mi avvio verso la mia camera. Ma, per la sfortuna che il Signore mi ha voluto infliggere, nel corridoio, mi scontro con Leila - non oso più chiamarla madre. E sì, sembrerò esagerata, ma, al momento, non me ne potrebbe fregare di meno.
Mi ha sempre trattato male, nonostante io non le avessi mai fatto niente di particolare (a parte i vari litigi, ma penso che quelli siano abbastanza normali tra parenti, quindi non contano). Ma, in realtà, ho sempre pensato che già la mia nascita fosse stato un problema, come se lei non mi avesse mai progettato nella sua vita e, in realtà, è così. Scherzando (è risaputo che la verità è sempre nascosta negli scherni) mi ha confessato che le si è rotto il preservativo mentre stava facendo sesso con mio padre in un lurido pub. Da lì, per non rovinare quella maledettissima immagine sociale (convenzione del cavolo, secondo me), si sono dovuti sposare e, quando avevo compiuto i sedici anni, si sono lasciati come in ogni fantastico cliché accade sempre. Nulla di nuovo, comunque.
«Senti mi dispiace per - » non le lascio finire la frase che la oltrepasso velocemente, scontrandomi appositamente contro la sua spalla, e chiudo la porta di camera mia dietro le mie spalle. Scivolo giù sul pavimento per la seconda volta in solo due ore e mezzo e appoggio la testa sulle ginocchia piegate al petto.
~
Mi sveglio sentendo dolore alla parte inferiore del mio povero collo. Non mi ero accorta di essermi addormentata in quella scomoda posizione. Mi alzo e guardo il display del mio iPhone; le 6:45, decisamente troppo presto. Decido di iniziare a prepararmi, così sveglio Gemma e le dico che tra quindici minuti si può preparare lei.
Vado nel mio piccolo bagno e mi infilo sotto la doccia non prima di aver guardato l'immagine riflessa nel mio specchio: sembro un'orribile barbona. Ho il mascara colato, il rossetto sbavato da un lato e i capelli arruffati sulla testa.
Dopo essermi fatta una doccia, asciugo i miei lunghi capelli e decido cosa indossare per affrontare uno della lunga serie di giorni che la scuola durerà. Opto per una gonna fino a metà coscia di color nero e una t-shirt verde scuro con il logo dei Rolling Stones in giallo (il loro famoso marchio di fabbrica, penso, si possa definire).
Scendo in cucina appena ho finito di sistemarmi e inizio a bere una tazza di caffè caldo. Non appena mi giro, trovo Des che mi osserva curioso, appoggiato allo stipite della porta in mogano bianco.
«Buongiorno.» dico di malavoglia quando lui avvolge un suo braccio attorno alle mie spalle.
«Come stai?» chiede abbastanza interessato alla mia possibile risposta.
«Una merda, come sempre.» dico semplicemente prima di scivolare giù dalla sua presa quasi ferrea e raggiungere la mia camera a passo strascicato.
«Ehi.» trovo Gemma in pigiama, ma già truccata e pulita.
«Come va?» mi abbraccia, come ha fatto ieri sera per tranquillizzarmi e mi guarda con occhi dolci.
«Bene, grazie mille.» rispondo guardandola dalla testa ai piedi.
«Cosa indosserai?» chiedo squadrando i vestiti poggiati sul letto dietro di lei. Mi indica quest'ultimi ed io sorrido, scrutando la sua ottima scelta.
«Bene, ora sbrigati che è davvero tardi.» gli do un leggero schiaffato sulla chiappa per incitarla ad andare a cambiarsi.
«Okay okay.» ridacchia prima di chiudersi in bagno.
~
Usciamo dalla mia Lamborghini con lo zaino su una spalla e il cellulare in mano. Siamo appena arrivati a scuola e già vedo che tutti gli occhi maschili sono sopra le mie gambe e la nuova arrivata. Mentre Harry si è acceso una sigaretta mentre parla energicamente con Louis che, invece, è a quanto pare più calmo. Porta la sigaretta alle labbra prima di offrirmela, io l'accetto e faccio un tiro veloce.
La prima ora di chimica è passata molto velocemente, sicuramente perché l'ho passata a chiacchierare con mia sorella, di ragazzi carini e cose da ragazze (o almeno, tipi di cose che possono piacere a due femmine come noi).
Ora siamo in giro per i corridoi, aspettando che la campanella che indica l'ora di pranzo, suoni. Quando lo fa ci dirigiamo verso la sala mensa e troviamo Louis ed Angie che sventolano una mano per attirare la nostra attenzione. Ci sediamo accanto a loro ed iniziamo a mangiare ognuno il nostro pranzo.
«Ehi.» ci saluta noiosamente Harry. Alzo un sopracciglio e lo guardo mentre da un enorme morso al suo panino.
«Ehi! Cosa ti ha fatto quel povero pezzo di pane, amico?» chiede ironico Louis che, ora, sta ridacchiando leggermente.
Lui sbuffa mentre io, Gemma ed Angie ridiamo per il tono che il mio amico dagli occhi color ghiaccio ha utilizzato.
«Ho sonno! Ieri sera non ho dormito.» si lamenta il mio fratellastro poggiando la testa nelle braccia incrociate sul tavolo.
«Eh... chissà cos'hai fatto ieri sera...» se ne esce Gemma facendomi quasi affogare brutalmente. Il boccone che stavo masticando mi si blocca giù per la gola ed io non riesco quasi più respirare.
«Ehi, stai bene?!» mi chiede Angie dando dei piccoli colpetti sulla mia schiena per cercare di farmi riprendere un po' d'aria per i polmoni.
«Cazzo.» riesco a dire tra i piccoli colpi di tosse.
«Oh Dio.» quando Gemma pronuncia quelle parole con tono di preoccupazione, finalmente, riesco a sputare il piccolo pezzo di cibo che stava compromettendo la mia respirazione.
Quando mi metto di nuovo composta, noto che tutte le persone presenti nella sala mensa, ci guardano come se fossi un alieno.
«Che cazzo avete da guardare?!» alzo leggermente il tono per farmi sentire da tutti i presenti. Quest'ultimi, spaventati dal mio temperamento, girano velocemente la testa e ritornano a farsi i fatti loro.
«Okay, è stato abbastanza imbarazzante...» parla Gemma mettendosi una mano davanti il volto, diventando leggermente rossastra.
Rido per l'orribile figura che ho appena fatto fare ai miei amici e ritorno a mangiare, come se nulla fosse successo.
Angolo autrice
Ho cercato di aggiornare in pochissimo tempo e, con mia grande sorpresa, ci sono riuscita.
Il massimo che dovrete aspettare per un nuovo capitolo sarà di una durata di circa sette giorni. Spero che continuiate a leggere e votare.
Lasciate un commento, vorrei tanto sapere cosa ne pensate.
Volevo ricordare una cosa: IO SONO UNA LARRY SHIPPER, NONOSTANTE IO STIA SCRIVENDO UNA STORIA ETERO. Credo nei Larry più di qualsiasi altra cosa al mondo.
La vostra Tori.
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