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06. The second lesson.

«Scusami?» risponde altrettanto arrabbiata Allison, come se abbia ragione lei; cosa che, evidentemente, non ha.

«Tieni di più ad un ragazzo che alla tua migliore amica; sei una stronza!» urlo mentre mi alzo dal mio tavolo, sotto lo sguardo indagatore di Harry che, giustamente, non ha capito la situazione.

«Non alzare il tono con me!» dice abbastanza calma; così tanto che mi verrebbe voglia di affettarle la testa.

Prima che possa rispondere altro, le chiudo il telefono in faccia onde evitare la dicitura di cose di cui mi sarei, sicuramente, pentita.

Raggiungo il tavolo e, con molta calma e pazienza, spiego al mio fratellastro - ignaro della tragedia, la situazione andatasi a creare per quella testa del cavolo che è in realtà Allison Malik.

«Non posso davvero crederci.» butto un urlo frustrato ed inizio a mangiare la pizza che mi è stata appena portata da Grace che, nello scontrino dove c'è scritto il conto, ha scarabocchiato il suo numero con un cuore alla fine.
«In realtà è stata un po' stronza, ma, ehi, la vita è sua.» ribatte Harry passandosi una mano tra i ricci annodati.
«Sì, ma nella sua vita, fino a qualche minuto fa, io ero una persona necessaria! Che se ne vada al diavolo!» sputo le parole con rabbia mentre ficco una patatina fritta in bocca.

Ride per il mio atteggiamento aggressivo e porta il bicchiere pieno di birra verso le labbra. Tutti movimenti che compie, li fa con estrema lentezza, inconsapevole, che tutte le donne presenti nel locale lo stiano spogliando con gli occhi.
«Cosa c'è?» mi chiede con voce roca, quando vede che lo sto osservando con occhi maliziosi.

«No, niente.» mento pensando al fatto che, in realtà, oggi avremo la nostra ''seconda lezione''.
«I nostri genitori oggi arrivano a casa.» dice d'un tratto portando alla bocca un triangolo di pizza.
«Già.» sbuffo sonoramente prima di bere un sorso della birra di Harry.
«Ma la cosa peggiore sai qual è?» continuo sperando che non sia vero.
«Tra poco inizia la scuola.» getto un finto conato di vomito e mi sistemo meglio nella scomoda sedia del piccolo locale.

~

Arrivata a casa, dopo un lungo viaggio passato ad ascoltare Harry che parlava di quanto sia brutta la suola e cose varie, finalmente mi sdraio nel mio letto afferrando saldamente il mio iPhone. Inizio a scrivere al mio migliore amico per vedere se era al corrente di tutte le cose disastrose successe poco prima. Non ricevendo una risposta mi alzo dal soffice materasso e mi dirigo sul retro per potermi rilassare all'interno della vasca idro-massaggio - ebbene sì, finalmente ho ottenuto questa meraviglia.

Pochi minuti dopo, proprio quando mi sto infilando il reggiseno del costume, fa il suo ingresso Harry.
«Con comodo eh.» lo prendo in giro ed entro anch'io nella piccola vasca rotonda, sedendomi sopra il riccio.

«Oggi abbiamo la nostra seconda lezione.» dice baciandomi fortemente il collo, iniziando a succhiare avidamente, lembi di pelle al di sotto dell'orecchio. Mugolo in tutta risposta e muovo il mio bacino contro il suo; lui, d'altro canto, per adagiare i miei movimenti, mette le mani a coppa sul mio sedere stringendolo violentemente.

«No, Holland. Per quanta sia la mia voglia di infilare il mio cazzo duro dentro di te, oggi non possiamo. Partiamo da qualcosa di semplice: il controllo.» dice fermando i miei, ormai, veloci movimenti di bacino.
«Ho notato che quando mi baci non hai controllo né su me né su te stessa.» continua baciandomi il collo lentamente, facendomi gracchiare sensualmente.
«Vedi, ti ecciti con poco. Prendi il controllo, Holland.» mi ordina prima di lasciarmi andare e mettersi dall'altra parte della vasca. L'acqua intorno a me è diventata improvvisamente più calda e, non perché non mi voglia assumere le mie responsabilità, ma non sono stata io.

Mi avvicino a lui e ripenso alle sue parole: ''devi avere controllo''. Prendo il suo viso tra le mani e lo stringo dolcemente prima di sedermi a cavalcioni sul suo corpo rilassato e bagnato.
«Oh Dio, quante cose sporche vorrei farti in questo momento.» cerco di provocarlo e, quando in risposta ricevo un gemito, sospiro soddisfatta. Inizio a muovere dolcemente e più lentamente possibile - cosa che, sia per per lui che per me, è straziante, il bacino prima di iniziare a baciargli il collo. Lascio vari succhiotti sui lembi di pelle che contornano l'orecchio e la congiuntura tra il collo e la spalla e godo tremendamente nel  sentirlo ansimare pesantemente sotto il mio tocco.

«Immagina le mia labbra carnose attorno al tuo enorme cazzo.» lo stuzzico meravigliandomi delle parole poco innocenti che sono uscite dalle mie labbra.
«Immagina le tue labbra attaccate alle mie, con fare ossessivo.» dico prima di far scontrare le nostre bocche in un bacio poco casto. Le nostre lingue si scontrano inconsciamente e le nostre intimità si sfiorano appena facendoci gemere e fremere avidamente.
«E se magari andassimo in camera mia?» propongo per vedere l'effetto che la mia voce gli dona.

«Okay okay. Staccati.» dice ansimando pesantemente e, dolcemente, stringendomi il sedere. Appena mi stacco lentamente da lui, continua a parlare con gli occhi chiusi.
«Bene, il controllo lo sai avere.» parla sorridendo leggermente, ma abbastanza da mostrare quelle meravigliose fossette che amo con tutta me stessa.

«Ragazzi! Siamo tornati!» sentiamo gridare dal piano inferiore. Ci giriamo di scatto verso la mia piccola veranda ed iniziamo ad asciugarci velocemente.
«Siete a casa?!» urla invece il padre di Harry che, sinceramente, non riuscirò mai a chiamare ''patrigno''.
«Ci siete?» chiedono all'unisono prima di salire le scale - sento perfettamente che stanno calpestando i quattro scalini che portano al grande corridoio.

«Cazzo sbrigati!» urlo in un sussurro ad Harry, mentre si strofina l'asciugamano nei capelli.
«Sì sì, calma.» ribatte sbuffando.

Saliamo velocemente dal retro ed entriamo in camera mia, quando vediamo il pomello della porta girare, spingo Harry nel mio bagno per nasconderlo.
«Ehi! Vi siete divertiti?» chiedo appena li vedo all'entrata della mia stanza. Poggio le braccia sopra le spalle di entrambi e li guido fuori, aspettando che vadano via per far uscire il riccio.
«Sì, tesoro.» risponde mia madre sorridendo enormemente; non mi piace affatto il nomignolo che usa - solo qualche volta nella sua stupida ed inutile vita, per chiamarmi dolcemente.

«E tu, Des?» sorrido falsamente e immetto molta enfasi nel nome che, quando pronuncio, mi fa bruciare malamente lo stomaco.

«Chiamalo papà!» mi rimprovera mia madre.
«Cosa?» rispondiamo all'unisono io ed il suo compagno, anche se con toni diversi: lui l'ha chiesto incredulo, io l'ho domandato infuriata! Brutta idiota!
«Cosa? Lui non è mio padre e mai lo sarà, nessuno può rimpiazzare mio papà.» ringhio a denti stretti prima di salire le scale che stavamo scendendo e dirigermi in camera mia.

Sbatto la porta e grido meglio che posso soffocando la mia voce, ovattandola con il cuscino bianco.
«La odio.» tiro leggermente le punte dei miei capelli rossi e porto le ginocchia al petto.
«Posso?» sussurra Harry poggiando la fronte nella porta del bagno. Annuisco e chiudo gli occhi cercando, invano, di calmare il mio respiro pesante.

«Cosa succede?» chiede poggiando una mano sulla mia coscia.
«Mia madre è una pezza di merda. La mia vita fa schifo, il ragazzo che mi piaceva è andato a farsi fottere, la mia migliore amica mi ha abbandonato per un fottuto biondino del cazzo, tra poco inizia la scuola e mio padre non mi chiama da circa tre mesi, ecco cosa succede!» urlo velocemente in risposta. So perfettamente che non è giusto sfogarsi con il mio fratellastro, lui non c'entra niente, ma, in qualche modo, esternare tutte queste disgrazie mi sta aiutando abbastanza.

«Che vita di merda!» diciamo all'unisono prima di buttarci entrambi, a peso morto, sul letto ormai sfatto.

Ci guardiamo alzando un sopracciglio e scoppiamo entrambi a ridere, così, spensierati come due bambini piccoli. Il suo sorriso, in qualche modo, anche se irritante, nella maggior parte dei casi, è dolce e, allo stesso tempo, accattivante. Prima che possa ragionarci due volte, infilo il mio piccolo indice nella sua fossetta destra. A questo gesto, lui, seppur sorridendo ancora, alza un sopracciglio e mi rivolge un'espressione abbastanza interrogativa.

«Che c'è?! È carina.» dico ridacchiando, girando il dito in quel piccolo foro formatosi nella sua guancia abbastanza paffuta.
«Secondo me, è la parte più bella del tuo corpo.» esclamo sorridendo ampiamente.
«Strano...» commenta mugugnando. Alzo un sopracciglio e assumo un'aria interrogativa.
«Le ragazze di solito preferiscono qualcos'altro...» riflette guardandosi a lungo la patta dei bermuda.
«Simpatico, davvero.» ridacchio falsamente picchiettando, con le dita, la spalla del riccio.

«Ho fame.» diciamo, per l'ennesima volta in una giornata, all'unisono.
«La smetti di dire quello che dico io!?» ripetiamo le parole come se fossero sincronizzate.
«Basta!» esclamiamo questa parola nello stesso momento, come se fossimo disperati.

Scoppiamo a ridere per la seconda volta ed io, nel modo in cui stavo appoggiando la testa alle testiera del letto, sbatto la nuca producendo, così, un gridolino.
«Fottuto ferro!» grido in un sussurro mentre le risate di Harry aumentano notevolmente.
«Che cosa ridi, imbecille?» lo riprendo in modo scherzoso prima di cacciarlo fuori dalle mie lenzuola.
«Porta del cibo.» ordino mentre lui, per uscire dalla porta, inciampa nel piede della scrivania.
«Veloce.» lo riprendo ridacchiando sotto i baffi.

Mangiamo piuttosto con appetito, considerando che un panino lo abbiamo finito in quindici secondi. Appena finito buttiamo i piccoli tovaglioli a terra e ci distendiamo meglio nel comodo e largo materasso che ci accoglie perfettamente.
«Ti rendi conto di quello che stiamo facendo?» chiedo ad un tratto facendo girare la mia testa verso la sua riccioluta.
«Sì, e allora?» continua ad osservare il soffitto, come se ci fosse qualcosa di interessante da scrutare.
«Beh, è abbastanza sbagliato, non trovi?» domando lentamente.
«Sì, ma non ti dispiaceva quando poche ore fa ti ho fatto un ditalino...» dice ghignando.

«Harry!» lo rimprovero bonariamente per avermi appena messa in imbarazzo; non che si sbagliasse, comunque.
«Mh, dovremmo provare qualcosa di nuovo, innovativo, per poter testare quelle magnifiche labbra che celi dietro il rossetto.» continua facendomi il broncio e accarezzandomi, con il pollice, il labbro inferiore.
«Del tipo?» domando dandola vinta alla mia stupidissima curiosità.
«Però devi fare silenzio piccola, okay?» chiede accarezzandomi i capelli. Annuisco velocemente e lui si sposta su un lato per guardarmi meglio.

«Ora vedrai.»

Detto questo Harry alza il lenzuolo fin sopra il mio collo e con un movimento scaltro, che mi coglie di sorpresa, abbassa i miei slip ed io, con un leggero movimento, li faccio cadere ai piedi del letto. Dopo questo, risale verso il mio viso ed inizia a lasciare una serie di baci umidi, come se già li avesse premeditati qualche ora fa. Comincia poggiando le labbra sulla mia fronte - imperlata da un leggero strato di sudore causato dall'eccitazione, poi prosegue verso la punta del mio naso ed infine lascia un tenero ed innocente bacio a fior di labbra. Scende sempre più in giù, baciandomi il collo e, dopo avermi guardato negli occhi come per trovare un'approvazione che non tardo a dare, sgancia il mio reggiseno facendo uscire i miei seni al di fuori. Bacia ogni capezzolo - facendomi venire la pelle d'oca, e lo spazio tra le mie due tette, per poi scendere fino all'ombelico. Poggia le labbra in esso e, dopo avermi guardato con cautela, continua fino alla mia intimità dove immerge la testa.

Con l'aiuto delle mani apre maggiormente le mie cosce e, dopo una lunga agonia durata qualche secondo, bacia il mio clitoride, facendomi avvampare e afferrare i suoi ricci che non esito a tirare.

«Cazzo.» sibilo quando abbandona, momentaneamente, la mia parte sensibile per raggiungere la mia stretta entrata nella quale immerge la lingua. Dopo qualche secondo che la sua lingua ha compiuto movimenti che mi hanno dato estremo piacere, quest'ultima viene rimpiazzata da due delle sue lunghe dita. Pompa sempre più velocemente ed io penso di non poter resistere ancora a lungo. Con le labbra carnose afferra il mio clitoride ed inizia a succhiarlo avidamente e, questo, migliora solamente la situazione.

Continua per altri pochissimi secondi con questi movimenti che, con il tempo trascorso, hanno acquistato sempre più velocità, cosa che mi sta facendo gemere dal piacere.
«Porca tro-ia.» dico tra un affanno ed un altro. Quando sento che le gambe sono diventate molli come la gelatina, capisco perfettamente che è arrivato il momento di buttare un urlo per esternare tutto il piacere che mi sta facendo provare. Poggio una mano sulla bocca e, quando le mie corde vocali producono un piccolo strillo acuto - suono ovattato dalla mano che ho saldamente poggiato sulla mia bocca, butto la testa all'indietro e mi mordo il labbro violentemente, fino a quando non sento il sapore metallico del sangue riempirmi la lingua.

«Com'è stato?» mi raggiunge per stamparmi un bacio sulla mandibola.
«È stato... wow.» divago io, ancora incapace di formare una frase di senso compiuto, a causa del mio corpo ancora attraversato da violenti spasmi che mi fanno mordicchiare ansiosamente il labbro superiore. Poggia la sua testa riccioluta sopra la mia pancia ed io, come se fosse un piccolo cagnolino in cerca di affetto e coccole, gli accarezzo i capelli arricciando, ogni tanto, qualche ciocca nel mio dito fine.

Quando sento il suo respiro farsi leggermente più pesante capisco che si è addormentato e non è una delle migliori situazioni, dato che sto iniziando a sudare. Ha gli occhi chiusi, le labbra un po' aperte e ricci sparsi sulla fronte oltre che sul mio addome. Qualche minuto dopo i miei occhi piano piano si chiudono, ma qualcosa o meglio qualcuno me lo impedisce.

La maniglia si gira lentamente e, quando capisco che è sicuramente uno dei miei ''genitori'' - dato che erano le uniche persone ad essere dentro casa, spingo Harry giù dal letto, facendolo svegliare.
«Ma che caz - » non finisce la frase perché vede, come me, suo padre sulla soglia della porta.

«Sai, esiste un metodo per non disturbare la gente e si chiama ''bussare''.» lo guardo alzando un sopracciglio con fare imbronciato ed infastidito.
«S-scusa, volevo solo chiederti se avessi fame.» dice balbettando, quasi mi fa tenerezza, così cerco di addolcire il mio atteggiamento nei suoi confronti.
«No, grazie, ma non ho tanta fame.» dico scuotendo lentamente la testa, facendo ondeggiare i miei lunghi capelli.
«Beh, volevo anche avvisarti che mia figlia arriverà tra poco e... mi chiedevo se potesse stare nelle tua camera.» tortura le sue povere dita strappando le pellicine attorno alle unghie.
«Oh, si certo.» dico accennando un leggero sorriso che subito ricambia.

«Okay... ora vado, grazie e scusa ancora.» tentenna un po' quando parla con me, forse ha capito che non mi piace molto la sua presenza.
«Buonanotte.» mi saluta prima di afferrare il pomello della porta bluastra.
«Ah, ancora una cosa.» dice quando sto per chiamare Harry e chiedergli scusa per averlo fatto cadere dal materasso.
«Sai dov'è mio figlio?» chiede guardandosi intorno, proprio quando quest'ultimo ride sotto il letto facendomi andare nel panico.
«Sì, è nel mio bagno, perché nel suo non c'era l'acqua calda.» dico maledicendomi per l'orribile scusa che ho appena trovato. Cavolo, e se non ci crede?

Mi tranquillizzo quando con un ''oh'' si dilegua, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Harry, puoi salire.» gli do il ''via libera'' e lo faccio accomodare ancora sul mio letto che, stranamente, senza il suo corpo a riempirlo era diventato incompleto. Scoppia a ridere come un pazzo per la situazione che abbiamo affrontato qualche minuto fa ed io arriccio il naso.

«Non è stato divertente!» sbuffo dandogli uno scappellotto sulla nuca.
«Ma che sei scemo? Ti sei messo a ridere come un fottuto bimbo, mentre dicevo a tuo padre che stavi usando il mio bagno senza un reale motivo!» inizio a ridere anch'io senza saper più fermarmi.
«Comunque, tu hai preso le somiglianze da tua madre?» chiedo avendo notato che, Des - uomo più bello che io abbia mai visto: occhi azzurri, biondo, alto - (''bella scelta mamma'' penso), non ha niente in comune con Harry, a parte la forma degli occhi.

«Sì, anche mia sorella.» risponde annuendo con un sorriso accennato.
«Tu invece, non assomigli per niente a tua madre.» continua squadrando il mio corpo.
«Mh mh.» concordo.
«Sono uguale a mio padre, dai capelli rossi alle labbra grandi e carnose.» dico mettendomi più comoda sopra al suo braccio.

«Ho sonno.» spara d'un tratto appoggiando la testa sul mio petto nudo, coperto solo dal leggero lenzuolo.
«Buonanotte.» dice infine chiudendo gli occhi.

«'Notte.» mi metto comoda anch'io e chiudo gli occhi cercando di rilassarmi, non molto facilmente, visto che Allison ad Ashton continuano ad apparire nella mia mente.

~

Mi sveglio con leggero dolore al braccio e, quando vedo la testa del mio fratellastro appoggiata su quest'ultimo, capisco il perché. Mi muovo lentamente e cautamente, per poi poggiare i piedi a terra ed alzarmi. Mi dirigo in cucina dove, mia madre e Des, stanno già facendo colazione.
«Oggi esco.» dico all'improvviso afferrando il cartone contenente il succo d'arancia.
«Harry viene con te, vero?» mi chiede suo padre allungando un po' il collo per afferrare il cucchiaio con i cereali al miele.
«No, mi ha detto che deve studiare.» mento spudoratamente prima di ficcare un biscotto in bocca e salire in camera mia.

Appena apro la porta vedo ancora Harry dormire, così, per non svegliarlo e disturbarlo, decido di prepararmi nel suo bagno. Prendo i vestiti adatti e corro verso la camera del riccio dove inizio a lavarmi. La doccia mi rilassa molto e, quando avvolgo l'asciugamano attorno al mio corpo, la mia pelle si ricopre di brividi. Ho appena usato il bagnoschiuma del mio fratellastro e, il profumo che ha invaso sia la mia cute che il piccolo bagno, si sta diffondendo notevolmente.

Inizio a truccarmi e lisciarmi i capelli lasciandoli morbidi sulle spalle. Metto un leggero strato di cipria color terra ed un po' di mascara accompagnato da un filo sottilissimo, quasi inesistente di matita. Applico il lucida labbra di un colore roseo e mi infilo la t-shirt blu lucida che avevo scelto tra il mio guardaroba. Indosso i bermuda attillati, dò un'ultima occhiata allo specchio, per vedere se tutto coincide con le mie aspettative e scendo giù con le chiavi in mano.

«Ciao.» urlo per poi sbattere la porta d'ingresso alle mie spalle.

~

«Quindi ora sei incazzata...» dice Louis portando la birra alle labbra.
«Esattamente! Cioè, come può preferire lui a me?!» mi sfogo con il moro che si trova seduto di fronte a me.

Addento una patatina alla paprika e sposto i capelli sulla spalla sinistra.
«Tu invece? Che mi racconti?» chiedo poi, per non sembrare troppo scortese, non che mi annoi il mio amico dagli occhi blu come il ghiaccio, sia chiaro.
«Sto un po' male per il fatto che Luke e Michael se ne vadano, sai, siamo amici...» spiega sbuffando silenziosamente.
«Beh, ti capisco.» annuisco in accordo con lui prima di bere la mia birra.

Quando usciamo dal piccolo chiosco, raggiungiamo la sua auto e guida fino alla spiaggia comune. Ci sediamo sopra la sabbia umida e iniziamo a parlare e ridere senza sosta, il che mi fa ricordare i vecchi tempi. Era da tanto che non ridevo così, ma, con Louis, non c'è da sorprendersi. Lui ti potrebbe far ridere o accennare un sorriso solo guardandoti con una faccia buffa. Amo quando il suo viso assume quella strana smorfia: occhi storti, sorriso sghembo e naso arricciato.

«Basta ti prego!» urlo in modo stridulo quando mi ruba la scarpa ed inizia a correre lungo tutto la spiaggia.
«La mia scarpa!» continuo a gridare, rincorrendolo saltellando su un solo piede come un emerita scema - ma, Dio!, se poggio il piede sulla sabbia, si riempirà di granelli fastidiosi. Alla fine, dopo qualche minuto di agonia e gioco, riacquisto il mio indumento e lo infilo nel piede, dopo averlo pulito per bene.

«Non è giusto così.» borbotto sdraiandomi nel telo colorato che abbiamo steso a terra prima.

«Posso fare una cosa?» chiede d'un tratto sdraiandosi quasi appiccicato al mio corpo abbastanza scoperto.
«Posso fidarmi?» domando titubante vedendolo avvicinarsi alle mie parole.
«Sì, penso.» dice ridacchiando leggermente.
«Okay, beh, allora sì.» confermo e, prima che me ne possa rendere conto, le sue labbra sono sulle mie.

Un bacio semplice e casto, singolare, non come quelli che mi da solitamente Harry, no. È semplice, puro e dolce, quasi insignificante. Ma, al contrario, per me è significato molto; non pensavo che il moro dagli occhi blu mi vedesse in quel modo.

Quando ci stacchiamo apro gli occhi e cerco di regolarizzare il respiro e non schiaffeggiarmi per l'orribile figura che ho appena fatto.
«Lou? Cosa?» chiedo, ma vengo interrotta dal suo indice che si poggia lentamente sulle mie labbra.
«Shh.» scuote leggermente la testa e mi abbraccia.
«Scusa, non volevo veramente farlo era per testare una cosa...» dice titubante.

«Cosa?» domando curiosa.
«Beh, qualche giorno fa un ragazzo gay mi ha baciato ed io, come dire.. ho provato qualcosa. Così, volevo vedere se avrei provato qualcosa nel baciare una ragazza, ma niente...» divaga muovendo velocemente le mani in aria. Vedo perfettamente che si trova in imbarazzo, così cerco di sviare il discorso.

«Oh, beh, quindi pensi di essere... gay?» chiedo titubante, guardandolo negli occhi.
«Penso, non so... Mi sento confuso, uhg!» sbuffa sonoramente e butta un urlo di frustrazione, ovattato dalle sue labbra pressate in una linea piatta e dura.

«Uhm...» dico e scorgo in lontananza una figura alta che avanza verso di noi.

Non pensavo che le persone potessero essere così tanto fastidiose. Poi, lui, è proprio l'ultima persona che immaginavo di vedere qui, in spiaggia.

«Possiamo parlare un minuto!?» più che una domanda sembra un'esclamazione e, così, mi alzo porgendo le mie scuse a Louis e vado con il moro.

«Cosa vuoi?» chiedo direttamente, evitando giri di parole che ci farebbero solamente perdere tempo.
«Davvero, parla velocemente, hai detto solo un minuto ed il tempo passa.» dico muovendo l'indice come se fosse la lancetta di un orologio.

«Volevo scusarmi.» ammette abbassando lo sguardo verso i suoi piedi nudi a contatto con i granelli di sabbia.
«Sono stato un coglione, non avrei mai dovuto picchiato una ragazza.» afferma Ashton sicuro di quello che dice. Anche se non voglio, gli credo: lo conosco abbastanza bene da poter dire che non ha mai toccato una ragazza per farle del male.

Anche se lo voglio ''perdonare'', non posso:
«Non mi servono le tue scuse.» dico per poi calciare un sassolino davanti a me.
«Davvero. Comunque, cosa mi dici del trasferimento?» chiedo per cambiare abilmente l'argomento.

«Volevo cambiare aria.» detto questo raggiungiamo Louis e, tutti e tre, ci sediamo ed iniziamo a parlare nonostante io lanciassi occhiate di ghiaccio a quell'imbecille.

Angolo autrice

Grazie mille a tutti per le visualizzazioni, i voti e i commenti che, giuro, mi fanno morire dalle risate. Perdonate la mia perversione, ma a quanto pare, non vi dispiace...
Non immaginate quanto ci voglia per scrivere un maledetto capitolo: la fantasia scarseggia, ma per continuare a scrivere farò del mio meglio.
Volevo avvisarvi che dal prossimo capitolo inizierà la vera e propria storia, quindi continuate a leggere e votare.
Grazie ancora. Alla prossima.

La vostra Tori.

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