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05. Why?

Niente. Ecco quello che vedo. Non riesco a muovermi, è come se il mio corpo sia immobilizzato da mille corde. Se avessi saputo che la situazione sarebbe precipitata in questo modo, avrei bevuto tre birre in meno.

Harry è steso sotto il bacino di Ashton che, purtroppo, sta ancora sferrando pugni contro il viso del mio fratellastro che, ora come ora, sta perdendo più sangue di quanto ne abbia in corpo.

Decido di agire così mi alzo dalla sabbia, ma, ovviamente, ci ricado sopra non avendo abbastanza equilibro: maledetto alcol!

«Fermo!» decido di gridare cercando di rimettermi, con scarsi risultati, in piedi.
«Lascialo stare!» urlo una seconda volta, desiderando di aver ingerito meno vodka.
«Ora basta!» gridiamo all'unisono io e Zayn che, fino a qualche secondo fa, era seduto sulla sabbia a riflettere - penso che sia più ubriaco di me.

Con un veloce e scaltro movimento - facilitato, stranamente, dall'alcool, afferro il braccio di Ashton e lo strattono verso la mia direzione, quella opposta al ragazzo maltrattato.
«Che cazzo ti prende?!» urlo con la mano ancora avvolta al suo bicipite. Prima che me ne possa rendere conto sono a terra, un dolore pungente alla guancia sinistra. Mi ha appena dato uno schiaffo con estrema potenza; questa me la pagherà, seriamente.

«Arrivo subito.» dico ad Harry - il quale si sta tenendo il naso con una mano (credo che non si sia rotto per miracolo), prima di seguire, verso casa, Ashton.

«Cosa cazzo ti prende?!» urlo appena lo vedo contemplare un suo anello.
«No, sul serio. Spiegami, perché io non capisco!» grido una seconda volta sperando che mi ascolti e che non mi tocchi un'altra volta.
«Cazzo, guardami!» lo prendo dal colletto della t-shirt umida.
«Ho detto di guardarmi.» ringhio applicando forza sul suo collo per fargli alzare la testa.

«Cosa vuoi anche tu?! Troia.» sputa quelle parole con odio mentre si tira via dalla mia piccola presa.
«Troia non sono io, tesoro.» sputo quel nomignolo con disgusto.
«Troia è quella donna che ha avuto il coraggio di metterti al mondo!» urlo in risposta, quasi fiera di aver formulato un insulto così pesante sul momento.

«Non provare a provocarmi!» inizia a formulare una minaccia.
«O giuro su Dio...» non finisce la frase perché mi sbatte al muro e porta i miei polsi sopra la testa. Mi tiene le mani intrappolate solo con una della sue e la sua mano sinistra è sulla mia guancia destra. Prima che possa proferire parola, le sue labbra sono poggiate sulle mie con estrema violenza, come se avesse un forte bisogno di quel gesto.

Il bacio diventa ancora più rude e violento e, nonostante cerchi di spingerlo dal petto, i nostri corpi sono più appiccicati di prima. Morde il mio labbro inferiore così fortemente che grido all'interno della sua bocca; qualche secondo più tardi - dopo aver lasciato i miei poveri polsi, si avventa sulla mia bocca, mordendola; ci mette così tanta violenza e odio che sento il sapore metallico del mio sangue vagare per il mio palato.

Penso di non resistere più a lungo, ma mi sbaglio... resisto fino a quando Zayn non interrompe tutta questa patetica scenetta.
«Non osare toccarla, stronzo!» ringhia Zayn, appunto, prima di tirarmi verso di lui.
«Oh, ma guarda chi è arrivato...» Ashton si stampa sul viso un sorriso consapevole di tutte le cose anormali che sta commettendo oggi. Si lecca il labbro inferiore quando mi guarda ed io, in questo momento, mi sento molto più piccola di quello che realmente sono.

Prima che possa pensare a come controbattere, Ashton prende Zayn dal colletto e, dato che ha applicato tutta la forza che circola nelle sue arterie, il mio migliore amico si alza in punta di piedi. Se non fossi consapevole della situazione che sto vivendo, riderei per la posizione del moro: sembra una strana ballerina.

«Sta' zitto.» sibila Ashton a pochi centimetri dalla faccia del più piccolo.
«Ora basta.» ringhio io a denti stretti.
«Lascialo. Andare.» parlo lentamente prima di prendere una decisione così coraggiosa che meriterebbe un premio Nobel.

Tiro sul fianco sinistro di Ashton un gancio che, credo, gli abbia fatto abbastanza male. Prende la sua parte dolorante e cade sul divano respirando pesantemente - ringrazio le conoscenze argute che ho sul jujitsu.

«Uh.» Zayn emette un verso di approvazione e alza la mano per darmi "il cinque" con tanto di sorriso, il quale spiazzerebbe chiunque.
«Dai, andiamo.» mi mette un braccio intorno alle spalle e mi spinge, letteralmente, fuori da casa.

Attraversiamo la strada e, appena sentiamo sotto i nostri piedi la sabbia morbida ed umida che tanto caratterizza questa spiaggia, capiamo di dover trovare i nostri "amici". Appena vediamo un gruppo di ragazzi ammucchiati in solo punto indefinito ci avviamo verso quella direzione. In questo momento, immagino, che Harry stia imprecando tra i denti per le troppe attenzioni che sta ricevendo.

«Noi dobbiamo andare.» dico mentre scavalco la piccola folla che si è formata intorno ad Harry che, momentaneamnte, si sta tenendo il naso sanguinante con la mano destra.
«Ci sentiamo dopo.» saluto Allison e il mio migliore amico prima di prendere Harry per un braccio.
«Ciao.» saluto tutti con un cenno del capo, mentre io e il mio fratellastro ci avviamo verso la mia auto.

«Guido io.» dico quando sblocco la macchina con le chiavi argentate e blu.
«Sì, anche perché, se ancora non l'avessi notato, io ho un occhio nero e viola e non è una passeggiata vedere e focalizzare un'immagine.» il suono della sua voce risulta, alle mie orecchie, acuto, ma allo stesso tempo ironico e roco.

«Cosa fa più male?» chiedo consapevole del fatto che se semplicemente domandassi "come va?" mi risponderebbe con un commento rude ed ironico; cosa che io non approverei.
«Il mio orgoglio.» risponde semplicemente, prima di fare una smorfia di dolore.
«Beh, ti capisco.» ribatto.
«Se vuoi puoi dormire. Per arrivare a casa ci vuole almeno mezz'ora.» dico infine sorridendo leggermente. Lui annuisce mentre io vedo le case scorrere attraverso il finestrino.

Trentacinque minuti e due playlist dopo finalmente raggiungo il viale di casa mia.

Scuoto la spalla di Harry per svegliarlo; non pensavo si addormentasse realmente e, devo ammetterlo, è stato carino sentirlo rantolare nel sonno e averlo visto accucciarsi il più possibile al sedile di pelle.

«In braccio.» dice ancora con gli occhi chiusi.

Ridacchio tra me e me per l'innocenza con cui l'ha detto: sembra un bambino di sei anni. Il modo in cui i suoi capelli cadono disordinati sulla fronte imperlata di un leggero strato di sudore e il modo in cui le labbra sono leggermente aperte per poter respirare meglio, mi mozzano il fiato. È uno stupido, fastidioso e irritante energumeno, ma non si può dire che sia brutto; è il ragazzo più bello che abbia mai visto, dopo Ashton.

«Se tu pesassi di meno, fossi la metà dell'altezza che possiedi e se avessi dieci anni di meno, sì. Sì, ti prenderei in braccio, ma purtroppo non posso, quindi alza il culo e andiamo.» gli scuoto ancora la spalla e, senza che apra gli occhi, le sue labbra si piegano in un meraviglioso sorriso con tanto di fossette incorporate.

Finalmente apre gli occhi ed esce dalla portiera della mia auto. Lo sento lamentarsi del freddo che fa a Londra anche se è estate, mentre apro la porta d'ingresso. La chiudo con un piede e mi avvio verso il freezer da dove prendo la borsetta del ghiaccio e gliela lancio; la prende al volo e se la poggia sul viso nero e violaceo.

Mi avvio verso la mia camera e, ovviamente, sento Harry seguirmi attraverso le scale. Mentre apro la porta bluastra della mia stanza guardo il calendario disegnato sul muro di fronte: porca miseria!

«Tra poco inizia la scuola.» sbuffo prima di abbassare la maniglia e andarmi a buttare sul letto morbido e colorato.
«Mancano solo quattro giorni.» getto un urlo frustato e ovattato a causa del cuscino che ho premuto contro il viso.
«Che palle.» dice semplicemente prima di sedersi accanto a me.
«A chi lo dici?! La sopporto da ormai circa quattordici anni.» porto una mano tra i capelli prima di tirarli per la frustrazione.

E, a dir la verità, non è solo per le lezioni in sé. Penso che la scuola, anzi, sia un modo abbastanza carino (dipende dalle persone, chiaramente) per poter frequentare qualcuno. Certo, ci si deve alzare presto la mattina per poi ritornare tardi e mettersi a studiare a casa, ma comunque c'è di peggio. Per me, onestamente, la scuola è anche un'alternativa per "scappare" (seppur sia una fuga di breve durata) da casa mia; meglio vedere i miei insegnanti che mia madre. Quindi, per farla breve, quel luogo, per me, è come un rifugio. Ma, come in tutte le situazioni del mondo, esistono dei pro e dei contro; uno dei quali prende il nome di Cindy. Ho avuto troppi problemi con questa ragazza (se un mostro del genere si può definire tale, comunque) e non voglio rischiare di perdere un altro anno scolastico a causa sua. Certo, la voglia di ucciderla brutalmente davanti a tutta la popolazione della North High School è tanta, ma mi tratterrò, o almeno ci proverò.

«Non morderti il labbro.» ordina prima di farmi strisciare sotto il suo corpo pesante e muscoloso.
«Mi fai fottutamente eccitare.» dice prima di infilare una mano nella mia piccola t-shirt e raggiungere il mio seno.
«E poi queste tette, per me, sono oro.» ringhia stringendomi un seno, facendomi quasi sussultare per il tocco abbastanza rude.
«E poi queste labbra sono il paradiso.» dice prima di far scontrare le nostre bocche in un bacio che di casto o innocente non ha niente.

Le nostre lingue si intrecciano e si cercano in tutti modi possibili, mentre le nostre labbra si muovono in modo sincrono. La sua lingua vaga per tutta la mia bocca e, a causa del contatto, posso affermare che quest'ultima è soffice, calda e delicata. Morde leggermente la parte inferiore del mio labbro più carnoso ed un gemito involontario esce dalle mie labbra, sempre più desiderose di un maggiore contatto. Le sue mani vagano per il mio corpo che giace immobile ed eccitato sul letto. Chiudo gli occhi quando trascina i baci lungo il mio collo fino a raggiungere la clavicola molto evidente a causa del poco grasso presente nel mio strato sottocutaneo.

«Domani attueremo la seconda lezione.» dice stringendo in una sola mano il mio piccolo, ma sodo gluteo.
«Ti piacerà.» mi assicura spingendo i fianchi maggiormente verso la mia area pulsante.
«Perché non ora?» chiedo con un tono piagnucolante; faccio quasi ridere, maledizione.

«Perché sono stanco; sono anche le tre di notte...» ridacchia.
«Impaziente?» mi punzecchia mordendomi il lobo dell'orecchio sensibile sotto al suo tocco. La pelle d'oca si rende visibile in tutto il mio corpo ed io, per non svenire e raggiungere il paradiso, devo stringere le lenzuola nei miei piccoli pugni.
«Okay.» sbuffo leggermente e infilo una mano tra i suoi ricci folti e disordinati.
«Li amo.» dico senza pensare a quelle due parole.

«Cosa?» un sorriso appare tra le sue labbra piene e carnose e appoggia la sua testa -composta da ricci sudati e disordinati, sul mio petto. Credo che possa sentire il mio cuore battere lentamente. Quando sospiro e, di conseguenza, il mio petto, che si trova sotto la sua testa, si alza leggermente, lui mugola dal dolore a causa dei lividi violacei; dimenticavo quel brutto imbecille l'avesse picchiato!

Che idiota.

«Scusa.» lo guardo preoccupata.
«Oh, sta' tranquilla.» scrolla le spalle e si accomoda meglio sul mio seno che, grazie ai suoi ricci disordinati - sembra un dannato cespuglio, è imperlato da un leggero strato di sudore. La temperatura in questa camera penso che stia salendo di almeno cinque gradi, o magari è solo perché Harry mi è coricato di sopra.

Quando provo a dirgli di andare a dormire, lo sento russare leggermente; capisco che si è addormentato e, così, scendo - senza svegliarlo, dal letto più cautamente possibile.

Raggiungo la sua camera e mi stendo sul suo letto ordinato e coperto da un leggero lenzuolo di colore blu. Respiro il suo odore meraviglioso, ch'è impregnato nel cuscino, e chiudo gli occhi sperando di addormentarmi presto.

~

Mi sveglio a causa di un leggero movimento che il letto crea. Apro un occhio per vedere e, ovviamente, noto che un Harry assonnato si è appena coricato tra le mie gambe. Sospiro e cerco di mettermi nuovamente comoda.

«Buongiorno.» sospira mettendo una mano sopra la mia coscia scoperta.
«Perché sei nel mio letto?» chiede strofinando il naso sulla mia spalla.

«Perché tu eri nel mio e, siccome quando dormo sembro una karateka, non volevo disturbare.» rispondo infilando la mano tra i suoi folti ricci. Ridacchia leggermente per la scelta delle mie parole e si accoccola meglio sul mio petto. Ed in questo momento mi chiedo se non dovesse essere al contrario; io nel suo petto e lui che mi accarezza i capelli.

«Ho fame e devo anche pisciare.» dice d'un tratto. Rido al pensiero: Harry e la finezza sono agli antipodi.
«Allora, mentre tu vai in bagno io preparo qualcosa di commestibile.» propongo ridacchiando ancora per il modo che Harry ha di parlare. Scendo le scale e mi avvio in cucina ed inizio ad aprire tutte le credenze, il frigo e i cassetti. Decido di optare per una colazione stile americana - questa cosa mi ricorda pienamente il mio vecchio stile di vita. Preparo le uova, il bacon, le patatine fritte con un po' di ketchup sopra e del succo d'arancia. Proprio mentre sto per poggiare il piatto sul bancone di marmo -quella sottospecie di open bar, Harry trionfa in cucina facendo uno sbadiglio alquanto ambiguo.

«Uh. Siamo a New York?» chiede prendendo tra le dita una piccola fetta di bacon affumicato.
«Sì, sì.» sorrido leggermente.
«Mangia.» ordino in modo autoritario mettendo un po' di uova strapazzate in bocca.
«Oggi cosa facciamo?» chiede con la bocca piena di bacon e uova. Ha le labbra tutte sporche d'olio - quello che ho usato per la frittura; sembra uno stupido bimbo, ma andiamo... quando Harry dimostra i suoi diciassette anni?

«Al cinema oggi c'è un film meraviglioso: Fast & Furious; magari se ti va, andiamo a vederlo, poi mangiamo qualcosa fuori e poi usciamo con Allison e Zayn.» propongo sorridente.
«Sì, per me è perfetto.» ribatte pulendo, letteralmente, il piatto.
«Vedo che t'è piaciuta la mia cucina.» sorrido allegramente mettendo i due piatti nel lavabo.
«Ovvio, ma io cucino meglio. Fidati.» dice sicuro di sé stesso.

Sorrido alle parole e lascio la camera gridando dalla rampa di scale un ''preparati!''. Raggiungo il bagno ed inizio a lavarmi; appena finito prendo il mio beauty-case pieno di trucchi e mi guardo allo specchio riflettendo su cosa mettere in viso. Opto per un po' di mascara, della cipria ed un rossetto molto scuro. Quando sistemo anche i miei lunghi e folti capelli, decido di scendere al piano di sotto per vedere se Harry è già pronto. Ma, ovviamente, quel ragazzo ci mette più tempo di una donna.

«Quanto ti manca ancora?!» grido attraverso la porta della sua camera. Proprio appena sto per appoggiare la fronte sulla superficie di legno, lui apre quest'ultima ed io gli cado di sopra. Piccolo ed insignificante particolare: ha solamente un asciugamano indosso.
«Ti sbrighi?» chiedo io alzandomi dal suo corpo bagnato e luccicante - sotto la luce del sole che penetra dalle finestre, sembra un diamante.

«Senti, non riesco a trovare un cazzo. Tua madre ha sistemato tutto in modo disordinato. Non trovo neanche le mie mutande.» alza le mani verso il cielo in modo drammatico.

Lo osservo meglio e, dopo che si gira in cerca di un paio di boxer, io apro il primo cassetto accanto all'armadio e tiro fuori da quest'ultimo l'indumento che il mio fratellastro sta disperatamente cercando. Fischio leggermente e, quando si volta verso la mia direzione, faccio girare le mutande nel mio indice, come se fossero un trofeo. Alzo il sopracciglio destro e assumo un'espressione che, spero, lanci una sfida al ragazzo davanti a me. Gliele lancio, sfruttando la forza applicata sull'elastico, e lascio la stanza passandomi la mano sinistra tra i capelli arruffati.

Mi siedo sul divano ed inizio a vedere le notifiche di Facebook con il mio iPhone. Quaranta messaggi e quindici minuti dopo, Harry, finalmente esce trionfante dalla sua camera raggiungendomi al sofà. Sorrido e gli indico la porta.

«È tardi. Sbrigati!» continuo ad invitarlo a premere il piede contro l'acceleratore mentre ci avviamo verso il cinema.
«Sta per iniziare, mancano tre minuti.» poggio la mano sulla parte che va dal suo ginocchio alla sua coscia e applico una forte pressione. Lui, meravigliato e sorpreso dal mio gesto, inaspettatamente, accelera.

«Ma che cazzo?!» continua ad urlarmi da circa trenta secondi.
«Che si fotta il tuo stupido film!» detto questo, svolta strada, prendendo quella opposta al cinema. Ho capito le sue intenzioni; infatti: «Decido io ora.» dice prima di entrare in autostrada.
«Puoi metterti comoda.» continua prima di sogghignare e poggiare una mano sulla mia coscia.

Decido di non ascoltarlo e di tempestarlo di domande, del tipo: "ma dove stiamo andando?", "quanto manca?", "ma quando mangiamo?". Tutti quesiti plausibili, visto il modo in cui mi sta prendendo per il culo.
«Stiamo arrivando?» apro l'ennesima volta la bocca sbuffando sonoramente. Detesto quando le persone mi tengono nascoste delle cose, anche perché io sono una persona che, ogni qual volta deve saper qualcosa, viene mangiata viva dalla curiosità.

«Vuoi chiudere quelle cazzo di labbra piene che ti ritrovi?!» sbarra gli occhi anche se sta guardando davanti a se: una strada sterrata.
«Stai zitta. Manca ancora molto; ti puoi riposare ti chiamo io appena arriviamo.» mi intima prima di addolcire il suo ordine mettendo la mano sopra la mia coscia destra.

Discuto con me stessa se ascoltarlo o no e, dopo trenta minuti di strada, capisco che il viaggio sarà lungo, così mi accoccolo al sedile e chiudo gli occhi.

~

Una mano mi scuote gentilmente la gamba e io, piano piano - facendo abituare alle mie pupille la chiarezza della luce solare, apro gli occhi.
«Uhm.» mugolo prima di ricordare in che situazione mi trovo. Harry mi ha portata qui e, a giudicare dalla mia postazione, posso dire che è una sorta di boschetto.
«Dove siamo?» chiedo quando poggio i piedi sul terreno, così morbido che sembra quasi sabbia.
«Ora vedrai. Venivo ogni giorno qui, quando ero piccolo. Solitamente mi divertivo qui, con Gemma e il mio migliore amico.» spiega mentre mi guida verso un piccolo lago immerso tra gli alberi.

È davvero un panorama meraviglioso. Mi chiedo come mai sia così immacolato, di solito l'uomo distrugge tutto pur di costruire le proprie infrastrutture. Ammiro l'ambiente che mi circonda e non mi accorgo che Harry è già senza maglietta, steso sull'erba ricoperta dalla rugiada prodotta dall'umidità che tanto caratterizza l'estati inglesi. Vado accanto a lui, mi siedo a gambe incrociate vicino al suo viso, così, da poter giocare, nel frattempo, con i suoi meravigliosi ricci folti.

«Perché mi hai portata qui?» chiedo afferrando una ciocca e arrotolandola attorno al mio dito.
«Non so... Non sapevo dove andare così sono venuto nel luogo delle mie origini.» ridacchia all'ultima parola e scosto un riccio ribelle caduto sulla sua fronte.
«Sai, a volte penso che se mia padre non si fosse messo con Leila, io avrei una vita peggiore.» parla più a sé stesso che a me.
«Troppi ricordi in quella città di merda.» continua girando il viso verso la mia direzione: un occhio chiuso a causa della troppa luce solare.

Annuisco senza sapere cosa dire; continuo a giocherellare con i suoi capelli fin quando un'idea non colpisce la mia mente come una saetta. In un tratto di secondo la mia t-shirt e i miei pantaloncini sono scaraventati a terra, in modo a dir poco disordinato. Rimango in intimo davanti ad Harry che mi guarda sbigottito; ovviamente quel pervertito avrà pensato che volessi fare qualcosa di "divertente". Inutile dire che gli uomini, secondo la sottoscritta, non cambieranno mai; ma non è forse questa ad essere la parte più bella?

«Beh?» chiedo quando noto che i suoi occhi e l'espressione corrucciata in viso sembrano non volersene andare. Prima di poter farlo ribattere o, quanto meno, rispondere, io sono già in acqua a sguazzare tra le ninfee fiorite.

Sorride e, in men che non si dica, lascia cadere accanto a lui i bermuda tremendamente stretti. Con una leggera rincorsa si tuffa in acqua cadendo esattamente a tre centimetri dalla sottoscritta che pensava, fino a qualche momento fa, che sarebbe morta a causa del peso di Harry. Inizio a schizzarlo e, entro qualche secondo, il mio fratellastro mi ha già immerso la testa sott'acqua.

Quando cerco di riemergere, lui mi tira di nuovo giù e, mentre i miei capelli fluttuano nel liquido trasparente, lui acchiappa la mia testa e la spinge contro la sua. Le nostre labbra si incontrano e, la sensazione, è magnifica da vivere. L'acqua, che entra piano piano nelle nostre bocche che si cercano e si acclamano, è limpida e fresca. La sua lingua accarezza più delicatamente possibile la mia e, dolcemente, assaggia ogni piccola parte del mio palato. Quando non abbiamo, entrambi, più fiato per poter sopravvivere, saliamo in superficie ancora avvinghiati l'uno all'altra.

«Okay. Dobbiamo lavorare sui baci sott'acqua.» dice ridacchiando accarezzandomi i capelli bagnati.
«Dobbiamo lavorare su tante cose.» ribatto io, tirandogli leggermente le punte dei capelli che tengo stretti tra le dita.

Lui mugola in risposta e porta una mano tra le mia cosce.
«No, no.» gli sposto gentilmente la mano e gli ricordo: «La seconda lezione è questa sera.». 

~

Siamo in pizzeria da circa quindici minuti ed è da un bel po' che la cameriera del bar, Grace - o, almeno, così c'è scritto nella targhetta appesa al suo prosperoso seno, fissa Harry con occhi maliziosi.

«Salve. Cosa ordinate?» ci raggiunge e prende dal suo piccolo e stretto grembiule, un taccuino ed una penna nera.
«Due venezuelane.» rispondiamo in coro, dicendo le pizze che abbiamo scelto attraverso il menù.
Grace sorride e va via senza mai staccare gli occhi dal riccio seduto difronte a me. Era così concentrata a studiare il corpo di Harry che si è scontrata con due ragazzi ed un tavolo.

Ridicola.

«Scusa.» dico ad Harry, quando, con una piccola vibrazione prendo il cellulare dalla tasca inferiore dei miei shorts.

«Pronto?» rispondo quando vedo il nome di Louis.

«Ehi, devo parlarti.» dal suo tono, posso dire certamente che c'è qualche problema.

«Dimmi tutto.» dico e, impazientemente, aspetto che mi dica quello per cui mi ha chiamata.

«Beh...» esita un'altra volta ed io, come al solito, scatto nervosamente.

«Veloce, Louis.» lo intimo.

«Ashton, Luke, Michael e Calum cambiano città.» confessa finalmente.

«Non capisco cosa possa interessarmi...» divago io pensando al fatto che io e loro non siamo mai stati molto attaccati, soprattutto dopo il fatto avvenuto tra me ed Ashton.

«Fammi finire!» dice preoccupato, sicuramente dalla reazione che io potrei avere.
«Come sai, Allison sta con Luke e, siccome non vuole separarsi da lui, lo seguirà nell'altra città.» finisce il suo discorso lasciandomi senza parole.

«Grazie della notizia.» dico e stacco la chiamata senza neanche aspettare che, in qualche modo, Louis possa salutare.

Compongo il numero della mia "migliore amica" e digito il touch con su scritto "chiama".

«Brutta troia!» rispondo appena, dopo quattro squilli, la sua voce echeggia attraverso il mio iPhone.

Angolo autrice

Bella gente! Allora volevo specificare una cosa che in tanti, penso, si saranno chiesti. Holland ed Harry (come tutti gli altri loro amici) abitano a Londra e, in poco tempo (circa trenta minuti) riescono a raggiungere una località di mare. Sappiate che non sono così ignorante (dal punto di vista geografico, si intende); ovvero: da Londra ad una qualsiasi località con il mare ci vogliono almeno due ore e trenta minuti. Ma non ho calcolato il tempo reale semplicemente perché tante cose sarebbero cambiate.
Grazie mille di tutto, come sempre.

La vostra Tori.

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