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Capitolo 9 - Forse

Dan doveva ammettere che Autumn Song era una bellissima canzone.
L'aveva riascoltata tre o quattro volte, anche dopo che Daphne se ne era tornata nella sua camera.
Aveva provato a suonarla con la chitarra. Gli sarebbe piaciuto impararla e cantarla ad Hailey, quando sarebbe tornata dalle vacanze.
Quando lo aveva detto a Daphne, per un attimo si era sentito stupido. Forse era troppo romantico.
Ma lei aveva detto che era una cosa davvero carina e che ad Hailey avrebbe fatto davvero piacere.
Riflettendoci, si rese conto che Daphne non era affatto come la descrivevano gli altri. Si rese conto che non era così male, e nonostante i suoi modi da stronzetta era una bella persona.
Era contento di aver passato del tempo con lei, perché aveva avuto modo di conoscerla un po meglio.
Non che Daphne fosse il tipo da sbilanciarsi troppo. Gli era sembrato che non le piacesse molto parlare di sé.
Era molto abile nel cambiare discorso quando la conversazione entrava nel personale.
Così, mentre se ne stava seduto sul suo letto a strimpellare la chitarra, si ricordò della fotografia che aveva trovato nel prato quando l'aveva incontrata quella notte al lago.
In qualche modo si era dimenticato di ridargliela, e l'aveva conservata in uno dei suoi libri.
Posò la chitarra e si alzò dal letto, per prendere la foto.
La guardò, poi guardò l'ora sull'orologio a parete. Erano appena le 22, e molto probabilmente Daphne era ancora sveglia.
Uscì dal dormitorio e si diresse verso la camera della ragazza.
Bussò un paio di volte, ma non aprì.
Le luci erano spente, forse stava già dormendo.
Infilò la foto nella tasca posteriore dei pantaloni e decise di andare a leggere qualcosa in biblioteca.
Durante i periodi di vacanza la biblioteca della scuola era facilmente accessibile a qualsiasi ora.

Jason era contento di essere tornato a casa. Lui e la sua famiglia avevano cenato tutti insieme e poi avevano visto un film in televisione, nel salotto. Quando i suoi decisero di andare a letto, lui restò sdraiato sul divano a guardare i cartoni animati.
Stava quasi per addormentarsi quando sentì un rumore provenire dalla finestra.
Sollevò la testa e per un attimo pensò che stesse sognando.
Eliza Woods era lì fuori, con la faccia schiacciata sul vetro, che gli sorrideva.
Si strofinò gli occhi e guardò meglio. Eliza stava dicendo qualcosa, così si alzò ed indicò la porta, andando ad aprirle.
«Cazzo, Jason, sono tre ore che giro per questa stupida cittadina!» fu la prima cosa che disse la ragazza entrando in casa.
Si guardò intorno. L'intera casa di Jason era grande quanto il salotto del suo attico di New York.
Era arredata male, con mobili vecchi e graffiati, e c'erano un mucchio di inutili gingilli in giro.
Niente a che vedere col lusso al quale era abituata lei.
«Che ci fai qui?» le chiese Jason imbarazzato.
Eliza gli aveva chiesto il suo indirizzo prima di partire ma non immaginava che sarebbe davvero andata a trovarlo.
Ovviamente era contento della sorpresa.
Eliza era bellissima.
Lei lo guardò e sorrise «A casa mia mi annoiavo. Mia madre si è fidanzata con un coglione e se lo è portato a casa e puoi immaginare che scena disgustosa sia vederla flirtare come una cagna in calore» disse alzando gli occhi al cielo, poi si sedette sul divano «Voglio sballarmi».
Jason annuì. Era un po dispiaciuto del fatto che Eliza fosse lì unicamente perché aveva voglia di drogarsi.
Sperava in qualcos'altro. Avrebbe voluto baciarla, ad esempio.
Lei lo aveva baciato in quella sala giochi, quando erano andati con i loro amici ad Hoboken. E poi lo aveva baciato di nuovo una sera in cui si era intrufolata nella sua camera del campus per prendere un po' d'erba. E ancora una volta qualche pomeriggio prima, sul lago.
E Jason avrebbe voluto baciarla anche ora.
Ma si trattenne, sospirando.
Disse ad Eliza di seguirlo nella sua cameretta.
Aveva una scorta d'erba, ed aveva comprato un po di cocaina.
Eliza si guardava intorno. Le pareti erano tappezzate di disegni vari. Jason era bravissimo, e lei non ne aveva idea.
Lo vide prendere qualcosa dalla scrivania.
Lo guardò in silenzio, mentre il ragazzo sistemava la polverina bianca sul tavolo, tagliandola con una scheda e sistemando due strisce.
Prese una banconota dalla tasca dei pantaloni e la arrotolò, per poi porgerla ad Eliza, che lo ringrazió prima di sniffare la sua parte.
Jason la osservò, poi sniffó anche lui.

Dan entrò nella biblioteca cercando di non fare rumore. Nonostante non aveva visto nessuno nei paraggi, aveva comunque paura di venire beccato da qualcuno di quei coglioni del servizio d'ordine. Non che rischiasse nulla, era certo che la preside non si sarebbe mai scomodata a tornare al campus perché uno studente era stato trovato nella biblioteca in tarda serata, ma comunque non aveva voglia di stare a discutere con quei fomentati della sicurezza.
La biblioteca era grandissima. Gli scaffali in legno scuro arrivavano fin sopra il soffitto, ed erano tutti colmi di libri.
Al centro di ogni corsia c'erano delle file di tavoli, e lungo il perimetro della grande stanza dei divanetti.
Dan gironzoló nel reparto dei romanzi classici, guardando i titoli alla ricerca di qualcosa di interessante a cui dedicarsi.
Sentì una risatina sommessa provenire dalla sua sinistra, qualche corsia più in là. Incuriosito andò a vedere chi c'era. Gli sembrava fosse la voce di Daphne.
Camminò piano, ed intravide uno dei tizi del servizio d'ordine nascosto dietro uno degli scaffali.
Non fece in tempo a fare marcia indietro che Bob lo vide, e stranamente, invece di dirgli di tornarsene in camera, gli fece segno di fare silenzio, indicando con la testa i tavoli dall'altro lato della libreria.
Dan si avvicinò incuriosito, sbirciando nello spazio vuoto tra i libri.
Riconobbe il professore di Francese intento a pomiciare con una ragazza seduta a cavalcioni su di lui.
Bob sembrava davvero intenzionato a gustarsi tutta la scena.
Dan restò in silenzio, osservando il professore sussurrare qualcosa nell'orecchio della ragazza, per poi sollevarla e sdraiarla sul tavolo.
Fu in quel momento che Dan riconobbe Daphne.
E in qualche modo, la scena lo infastidì.
Pensava che fosse inappropriato e fuori luogo, e poi Bob era lì a guardare tutta la scena come un pervertito ed era davvero una situazione imbarazzante.
Quando vide il professore slacciare i pantaloni della ragazza si voltò per guardare altrove.
Fece un cenno a Bob come per dirgli di andarsene, ma sembrava non averne alcuna intenzione.
Lui però aveva visto abbastanza, e si allontanò. Quando uscì dalla stanza cercò di fare più rumore possibile sbattendo la porta. Per lo meno, sperò, quei due avrebbero interrotto la loro performance e Bob non avrebbe visto nient'altro.

Jason ed Eliza avevano parlato per ore, eppure non avevano idea di cosa si fossero detti per tutto quel tempo.
Avevano sniffato ancora e bevuto un paio di birre.
Alla fine si erano sdraiati sul letto, ed ora Eliza si era avvicinata a Jason, poggiandogli una mano sulla pancia.
«È una fantastica serata» disse guardandolo negli occhi.
Jason sorrise. Era vero. Era una bella serata.
Anche se non era totalmente lucido.
Vide il viso di Eliza farsi sempre più vicino, e senza esitare la baciò.
La ragazza non si tirò indietro, anzi ricambiò il bacio, per poi salirgli addosso.
Jason le infilò le mani sotto la maglietta, sperando che non fosse solo un sogno: stava per fare sesso con la ragazza dei suoi sogni.

La mattina seguente Daphne fu sorpresa di vedere Leah nella caffetteria.
Era seduta al solito tavolo, con la solita aria triste che la contraddistingueva.
Sorrise andando a sedersi accanto a lei.
«Ehi, che ci fai qui? Credevo fossi partita anche tu!» le disse.
Leah fece una smorfia, stringendosi nelle spalle «Quando mai ho passato un Natale con i miei, da quando ci conosciamo?» rispose, nervosa.
Era incredibile che Daphne si fosse totalmente dimenticata di lei.
Erano giorni che non la vedeva, e Leah si era sentita invisibile.
Il giorno prima l'aveva vista uscire dal campus con Dan, e poi rientrare sempre con lui, ed entrare nel dormitorio maschile, e poi uscire da lì per andarsene in biblioteca e in tutti quei spostamenti Daphne non aveva pensato nemmeno per un secondo di controllare che fine avesse fatto.
Non si era preoccupata minimamente di cercarla, e la cosa l'aveva ferita profondamente.
Daphne le mise una mano sotto al mento, facendole sollevare il volto per guardarla negli occhi «Scusami se non sono stata molto presente, ultimamente» le disse accennando un sorriso.
Sembrava sincera, ed anche Leah sorrise.
Voleva chiederle di passare la giornata insieme, e stava per farlo quando Dan entrò nella caffetteria.
Lo vide prendere qualcosa al bancone ed incamminarsi verso di loro.
Sbuffò. Non voleva essere messa da parte un'altra volta, ma il modo in cui Daphne lo stava guardando parlava chiaro: non aveva occhi che per lui.
La vide sorridergli, la guardò mentre si sistemava i capelli con le mani, e dentro di sé desiderava che Dan sparisse dalla circolazione.
Ma il ragazzo prese posto al loro tavolo.
Sembrava di cattivo umore.
C'erano pochissime persone nel campus, e Leah avrebbe preferito che Dan andasse a sedersi da qualsiasi altra parte. Invece lui si era sistemato al loro tavolo, e a parte un saluto sommesso non aveva detto nient'altro e sembrava che non avesse alcuna voglia di parlare.
Leah sperò che stesse così perché sentiva la mancanza di Hailey. Magari era così innamorato della sua ragazza che Daphne presto si sarebbe arresa ed avrebbe ricominciato a passare il suo tempo con lei.
«Che facciamo oggi?» chiese Daphne guardandolo.
Dan scrollò le spalle, giocando col suo yogurt «Mah, io non ho grandi progetti. Tu, invece?» le domandò, sollevando lo sguardo.
«Nemmeno io, ma sono pronta ad accogliere qualsiasi proposta!» rispose allegra.
Dan sospirò sollevando un sopracciglio «Già, posso immaginarlo» commentò, con tono leggermente severo «Comunque, ieri sera sono passato a cercarti ma non c'eri nella tua stanza. Dove sei stata?».
Daphne lo guardò e scrollò le spalle «Non riuscivo a prendere sonno».
Leah osservava la scena infastidita dal modo in cui i due si guardavano negli occhi, come se stessero provando a leggersi dentro.
«Allora, che facciamo oggi?» chiese intromettendosi.
«Credo che me ne starò nella mia stanza» mormorò Dan afferrando il suo vassoio ed alzandosi dal tavolo.
Leah sorrise mentre Daphne corrugò la fronte «Sul serio? Tutto il giorno?».
Dan annuì e se ne andò.
Leah si schiarì la gola avvicinandosi a Daphne «Siamo solo io e te» sussurrò, contenta.
L'altra si morse il labbro, pensando a come fosse giù di tono Dan quella mattina.
Eppure quando lo aveva salutato la sera prima era di ottimo umore.
Sospirò, scrollando le spalle. Afferrò la mano di Leah e si alzò «Andiamo a vedere se hanno già iniziato ad addobbare la sala per la festa di Capodanno!» disse sorridendo.
Leah annuì, seguendola. Avrebbe preferito fare qualcos'altro, ma non disse nulla.
Le andava bene anche seguire Daphne e ficcanasare in giro per la scuola con lei.
Le andava bene qualsiasi cosa, purché fosse al suo fianco.
Le ragazze camminarono verso la sala da ballo.
Era lì che venivano organizzati gli eventi più importanti della scuola, come i balli studenteschi.
E la festa di Capodanno era alle porte, ed era la preferita da tutti gli studenti, perché potevano fare casino fino a notte fonda e non dovevano rispettare quei noiosissimi coprifuoco.
E poi Jason solitamente dopo il Natale rientrava al collegio carico di roba.
Un anno Daphne ed Eliza avevano commissionato un tizio per preparare dei muffin alla marijuana e poi li avevano sistemati sul tavolo del buffet tra tutte le altre cose, ed avevano riso per ore nel vedere come reagivano i loro compagni dopo averli mangiati.
Un'altra volta Bob e gli altri delle squadre di football e di canottaggio avevano fatto una raccolta di sperma e l'avevano versato nel dispenser del sapone dei bagni delle femmine. Era stata un'idea stupidissima, ma divertente allo stesso tempo.
Daphne aprì le porte della sala e si guardò intorno, chiedendosi cosa avrebbero potuto fare di nuovo quest'anno.
La sala era stata già addobbata, per anticipare i tempi visto che i ragazzi del comitato di organizzazione delle feste si sarebbe assentato per le feste Natalizie.
Daphne fece una smorfia di disapprovazione, guardando i fiocchi di neve in polistirolo ricoperti di glitter che scendevano dal soffitto appesi a lunghi fili invisibili.
«Ah, hanno riciclato gli addobbi dell'anno scorso» disse alzando gli occhi al cielo «faceva già schifo lo scorso anno, non vedo come gli sia venuto in mente di riproporre la neve finta anche quest'anno».
Fece un giro della sala, poi si fermò al centro.
Leah la guardò e cercò di trovare il coraggio per parlare.
«Perché non veniamo insieme, alla festa di fine anno?».
Il suo volto pallido si coloró di un lieve tono roseo.
Daphne le sorrise, e le afferrò entrambe le mani «Mi stai invitando al ballo?».
Leah annuì.
«Non possiamo andare al ballo insieme, lo sai» le disse, parlando a voce bassa. Vide l'espressione delusa di Leah, così le sorrise di nuovo, spostandole una ciocca di capelli scuri dal viso «Sai che dovresti fare? Cercare qualcuno che ti meriti».
Leah sbuffò, indietreggiando di un passo «Certo, come no» mormorò.
Daphne fece un respiro profondo cercando di trovare le parole giuste «Ascoltami, non voglio ferirti, va bene? Ma sono sempre stata molto chiara, riguardo questa cosa tra me e te. Ti voglio bene, dico davvero, e ci siamo divertite e giuro che sono contenta di aver sempre potuto contare su di te. Però tu fai sempre così, vuoi qualcosa di più ed io devo dirti di no...».
Guardò la sua amica, sperando che non iniziasse a piangere.
Non era mai stata brava con quel genere di situazioni, e proprio per questo aveva sempre cercato di evitarle.
Leah si passò una mano sul volto, delusa.
Sembrava così piccola e così fragile.
«Non fare così, dai» disse Daphne cercando di abbracciarla, ma lei si scansó bruscamente.
Sollevò lo sguardo, ora era decisamente arrabbiata «Non fare cosi? Non sto facendo nulla! Io non faccio mai nulla!» sbottò.
La sua voce rimbombava tra le pareti della sala.
Daphne sbuffò, e la cosa fece innervosire Leah ancora di più «Faccio sempre e solo quello che dici tu. Quando lo decidi tu. Le persone qui mi prendono in giro, dicono che sono il tuo stupido cagnolino, ed hanno ragione, perché non faccio altro che obbedire ai tuoi ordini, o seguirti ovunque, ma sempre e solo se tu decidi di dedicarmi un po di tempo. Mi usi, quando non hai nessun altro, poi mi scarti, e poi torni a usarmi di nuovo!».
Aveva iniziato a piangere, e teneva i pugni stretti lungo i fianchi, e Daphne se ne stava lì in silenzio a guardarla e a sentirsi dannatamente in colpa.
Eppure non sapeva ribattere. Perché Leah aveva ragione, era proprio così che andavano le cose tra loro.
Cercò di pensare in fretta a qualcosa da dire per riuscire a calmarla.
Aveva imparato, col tempo, che non era mai un bene far agitare Leah in quel modo.
Soffriva di attacchi di panico e sapeva che poteva diventare un pericolo per sé stessa, e nonostante tutto Daphne non voleva che Leah stesse male.
Eppure non riusciva davvero a dire nulla.
Leah la guardò per qualche secondo, respirando profondamente. Poi la lasciò lì da sola, per andare a chiudersi nella sua camera.

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