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Capitolo 1 - Arrivi


«Sono diciassette».
Daphne Quinn sbuffò, guardando la pila di lettere che Jason aveva appena poggiato sul tavolo, di fronte a lei.
Nella caffetteria del Sacred Heart gli studenti si stavano affrettando a fare colazione per non arrivare in ritardo il primo giorno di lezione.
Le vacanze estive erano appena terminate, e riprendere il ritmo del collegio era dura.
La sveglia aveva suonato presto, Daphne aveva indossato la divisa scolastica, rigirando la gonna blu in vita un paio di volte per mostrare qualche centimetro di pelle in più, ed era uscita ancora prima che le sue compagne di stanza fossero pronte.
A differenza loro, che erano state in vacanza in qualche paradiso esotico, lei aveva passato l'estate nei dormitori, chiedendosi se anche quell'anno i suoi avrebbero dimenticato di mandarle una cartolina dal loro viaggio in Europa.
«Perché me le hai portate qui?» chiese Daphne scocciata, lanciando un'occhiata all'entrata della caffetteria per assicurarsi che le sue amiche non fossero nei paraggi.
Jason Bay scrollò le spalle, allontanandosi una ciocca di capelli scuri dal viso «La preside ha chiesto di svuotare le cassette della posta. Tu non ritiri le tue lettere da aprile» spiegò, prendendo posto al tavolo.
Daphne prese le lettere e le infilò dentro uno dei libri che aveva poggiato accanto al suo vassoio, sbuffando.
«Non le apri nemmeno?» chiese Jason curioso.
La ragazza gli lanciò un'occhiataccia «No. E poi che te ne frega? E sopratutto, perché diavolo ti stai sedendo al mio tavolo?» chiese con quell'aria odiosa che sfoggiava ogni volta che ne aveva occasione.
Jason Bay era uno sfigato. Uno dei più sfigati del collegio. Nella scala di popolarità del Sacred Heart, Jason Bay occupava il posto più basso.
Era uno dei pochi fortunati che avevano vinto una borsa di studio per poter frequentare il collegio più prestigioso di New York, e i suoi compagni di scuola non perdevano occasione per ricordarglielo.
Daphne invece era una delle ragazze più popolari della scuola, ricca da far schifo, ed anche estremamente bella. E l'unico motivo per cui si degnava di dar confidenza a Jason, era per le bustine di marijuana di prima scelta che lui le vendeva sottobanco.
Jason veniva dal New Jersey, ed era lo spacciatore della scuola. Faceva visita ai suoi genitori quasi ogni fine settimana e dalla sua minuscola ed inutile cittadina d'origine portava sempre con sé qualche droga.
«Quelle lettere arrivano da Hoboken. Sai quanto dista Hoboken da casa mia? Dieci minuti. E dato che hai sempre detto che il Jersey fa schifo e che noi del Jersey siamo tutti degli sfigati, non posso smetterla di chiedermi chi sia mai, a scriverti tutte queste lettere, direttamente dal Jersey».
«Beh, potresti farti una vita, tanto per cominciare, così riusciresti a smetterla di farti gli affari miei!» replicò Daphne alzandosi di scatto. I suoi lunghi capelli color miele ondeggiarono sulle sue spalle «Ma se proprio vuoi saperlo, probabilmente chi mi scrive non è altro che qualche sfigato come te, visto che continua a perseguitarmi nonostante non riceva mai la mia attenzione. Proprio. Come. Te.» fece un sorriso pieno di veleno e si allontanò.
Jason fece una smorfia. Quella ragazza era odiosa.
Ma era la migliore amica di Eliza Woods, ed averla come nemica era decisamente controproducente vista la sua clamorosa cotta per quest'ultima.
Si morse il labbro, allungando una mano sul vassoio che Daphne aveva lasciato sul tavolo. La sua colazione era ancora intatta, fatta eccezione per il caffè.
Afferrò il muffin al cioccolato e gli diede un morso, guardandosi intorno.
Si stavano dirigendo tutti verso le classi, e se non voleva arrivare in ritardo doveva sbrigarsi. Ingurgitò il muffin e si pulì la bocca con la manica della giacca, poi si alzò e si incamminò a passo svelto alla lezione di Letteratura.

Eliza sorrise al suo riflesso nello specchio.
Le vacanze a Panama le avevano regalato un'abbronzatura pazzesca, i capelli castani erano schiariti al sole dandole dei riflessi dorati, e con la divisa della scuola si disse che era una lolita niente male.
Lanciò un'occhiata ad Hailey, che sulla porta della camera stava guardando l'orologio per l'ennesima volta.
«Rilassati! Non ci bocceranno per un piccolo ritardo!».
Hailey alzò gli occhi al cielo. Eliza aveva passato gli ultimi venti minuti a guardarsi allo specchio e a provare le sue smorfie da gatta morta.
Non la sopportava.
Era ridicolo che fosse sua amica. Lei era totalmente diversa da Daphne ed Eliza, e probabilmente non avrebbe mai stretto amicizia con loro se il destino non avesse voluto costringerle nella stessa camera del dormitorio.
Quelle due non pensavano ad altro che ai ragazzi, e al loro aspetto fisico, e al sesso e a tutte quelle cavolate.
Hailey invece aveva intenzione di uscire da quel collegio con il massimo dei voti. Voleva andare all'università, innamorarsi. E poi lei aveva dei veri hobby, e non passava le sue serate a fumare erba o a fare sesso con qualsiasi soggetto in piena esplosione ormonale.
Anche perché, per dirla tutta, Hailey non era stata così fortunata da nascere in un corpo da far invidia ad una top model, e con delle amiche come Daphne ed Eliza era decisamente difficile trovare qualcuno che la notasse, o che apprezzasse quei chili di troppo che aveva sui fianchi, o quei capelli ricci che non volevano mai stare in ordine, o le sue lentiggini.
«Ok, sono pronta, possiamo andare» si decise finalmente Eliza.

Nel cortile del collegio non c'era più nessuno, era già tardi ed Hailey si maledì per aver deciso di aspettare la sua amica.
Prima di rientrare al collegio i suoi le avevano fatto la loro tipica ramanzina su quanto fosse importante, specialmente quell'ultimo anno, mantenere una condotta brillante e dei voti altissimi.
Hailey era sempre stata una studentessa modello, ed i suoi genitori le avevano raccomandato di mantenere alto il suo livello.
Con Eliza a qualche passo di distanza, Hailey entrò nel corridoio della scuola.
Vide un ragazzo, probabilmente uno dei nuovi arrivati, guardarsi intorno con aria smarrita.
Era un ragazzo carino, doveva avere la sua età. Indossava la divisa, ma aveva la camicia fuori dai pantaloni ed Hailey sapeva che quella era una cosa che faceva infuriare la preside.
Ovviamente, perché dovevano essere tutti perfetti e in ordine.
Quel tipo invece sembrava si fosse vestito in tre secondi netti, aveva i capelli spettinati e l'aria assonnata. Era l'esatto opposto dello studente tipo del Sacred Heart.
Hailey sorrise, avvicinandolo.
«Ti sei perso?» chiese timidamente, arrossendo quando il ragazzo si voltò, per guardarla negli occhi.
«Si. Cazzo questa scuola è un dannato labirinto! Devo andare nell'aula 17B» spiegò nervoso.
Hailey sorrise ancora, le guance ancora rosee «Vieni, vado lì anche io».
«Ti ringrazio. È mezz'ora che giro a vuoto. Comunque piacere, io sono Dan».
Hailey allungò la mano timidamente per stringere quella del ragazzo «Io sono Hailey».
Eliza si intromise sbuffando «Ed io sono Eliza e siamo tutti in ritardo quindi sbrighiamoci!».
I tre percorsero a passo svelto i lunghi corridoi, i suoni dei loro passi rimbombavano sul marmo bianco.
Dan si guardava intorno, cercando di memorizzare il percorso.
Sulle pareti erano appese enormi fotografie di personaggi importanti che avevano studiato in quel collegio. Nelle vetrine regnavano i trofei vinti dalle squadre della scuola. Era chiaro quanto la direzione ci tenesse a ricordare agli studenti che in quella scuola era importante sentirsi dei numeri uno.
Dan pensava che fosse ridicolo. Quella era una scuola per privilegiati, e sapeva che in quel mondo le persone riuscivano ad ottenere un ottimo posto di lavoro grazie alla famiglia che avevano alle spalle.
Era così anche per lui: i suoi genitori speravano che volesse seguire le loro orme ed entrare in politica.
Ma Dan era sempre stato chiaro al riguardo, lui aveva altre aspirazioni.
Lui sognava di fare carriera nella musica, di sfondare come chitarrista e girare il mondo in tour con la sua band.
Fortunatamente i suoi approvavano le sue passioni, ma volevano tenergli aperte più porte per il futuro.
Era per quel motivo che avevano scelto di fargli frequentare l'ultimo anno delle scuole superiori al Sacred Heart. Per quello, ed anche perché erano stufi del fatto che Dan, nella scuola pubblica che aveva scelto di frequentare, era preso di mira dai suoi compagni ed era spesso vittima di bullismo.
Si erano convinti che in un ambiente diverso, le cose sarebbero cambiate.
Dan aveva detestato quella decisione sin dal principio, dal giorno in cui sua madre tornò a casa con una brochure del Sacred Heart ed aveva iniziato a parlargli di come i figli dei suoi amici si trovavano bene in quel collegio.

Hailey sorrise, indicando l'aula 17B a Dan.
«Siamo arrivati» disse aprendo la porta della classe.
Quando entrarono dentro, tutti gli studenti si fermarono per guardarli.
Il professore di Letteratura era un uomo coi capelli grigi e una folta barba bianca.
«Siete in ritardo. Andate a sedervi» disse serio, continuando a scrivere qualcosa sulla lavagna.
Dan si guardò intorno, cercando un posto libero. C'era un banco vuoto accanto ad una ragazza seduta vicino alla finestra, ma non fece in tempo a raggiungerlo che Eliza lo sorpassó per andare a sedersi lì.
Hailey si sedette in un banco nella prima fila, così Dan, rassegnato, andò a prendere posto accanto ad un ragazzo coi capelli scuri e l'aria scazzata.
Sembrava uno di quelli che ce l'aveva col mondo intero.
Notò la copertina del suo quaderno, completamente scarabocchiata e piena di disegni.
C'era scritto, in alto a destra, Jason Bay.
«Ciao, io sono Dan» disse cercando di stringere amicizia.
Jason lo guardò sollevando un sopracciglio, scrutandolo per bene. Sollevò lievemente i lati delle labbra per accennare una specie di sorriso, ma non disse nulla.
Dan sospirò, sperando che il resto della giornata prendesse una piega migliore.

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