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8. Così è la vita.

La mattina prima di ogni esame di Analisi, di solito, mi sveglio con uno strano formicolio all'altezza dello stomaco e con il respiro affannato.
Le mani tremano, gli occhi pizzicano e l'ansia si fa sentire pesantemente.
Ma oggi no.
Sono ferma sotto le lenzuola a fissare il tetto con una strana calma addosso.
I miei muscoli sono rilassati ed il mio respiro risulta regolare.
Il sole penetra dalla finestra e sento provenire dall'altra stanza il rumore di tazze e posate, segno che qualcuno è sveglio a parte me.

Continuo ad osservare le mura per altri minuti, poi decido di alzarmi e sbadiglio mentre raggiungo la cucina con gli occhi quasi chiusi.
Comunque li apro completamente quando trovo Mattia a torso nudo intento a bere un cappuccino.
Indossa i pantaloncini di una tuta, i suoi capelli sono bagnati ed il taglio sulla guancia non è più coperto dal cerotto, per di più emana un buonissimo profumo di bagnoschiuma.
È appoggiato al bancone della cucina e porta la tazza alla bocca con calma mentre Martina e Michela, sedute attorno al tavolo, stanno letteralmente sbavando.
Io pure, comunque.
Forse sto sbavando.

«B-buongiorno», la mia voce è rauca.
Tutti si girano a guardarmi: Michela sorride allegramente, Martina mi dedica una mezza smorfia e Mattia studia attentamente il mio viso per poi farmi l'occhiolino.
I tre continuano a fissarmi e sento le guance andare a fuoco mentre vado a recuperare la mia tazza e avvio la macchinetta del caffè.
«Avete pulito i pavimenti», mormoro.
È l'unica cosa più o meno intelligente che mi viene in mente da dire per rompere il silenzio imbarazzante.

«È stato Mattia», Michela risponde in fretta e mi schiocca un bacio sulla guancia quando le passo accanto.
Prendo posto vicino a Martina e anche lei, forse presa da chissà quale tipo di senso di colpa, decide di darmi il buongiorno con un bacino.
Mattia osserva la scena silenziosamente, finisce il suo cappuccino e recupera il mio caffè quando la macchinetta smette di erogarlo.
Mi porge la tazzina e punta i suoi occhi scuri e profondi nei miei.
«Grazie», evito il suo sguardo e fingo una disinvoltura che non mi appartiene.
Ho capito che la sua presenza mi fa sentire un po' nervosa ed impacciata.
E non va bene.

«Di niente», passa la lingua sulle labbra rosse e si stiracchia un po', «Vieni con me, dopo?».
Eh?
Sta parlando con me?
Mi giro a guardare se c'è qualcuno alle mie spalle e poi indico il mio viso: «Io?»
«No, il fornetto elettrico dietro di te», ribatte con sarmasmo.
«Perché dovrei venire con te? E per andare dove? Porta Martina. Io devo studiare», parlo così velocemente che sono costretta a smettere per prendere fiato.

Nella cucina cala il gelo.
Michela si schiarisce la voce mentre Martina aspetta un segno di vita da parte del nostro bel coinquilino che non vuole proprio smettere di fissarmi.
«Adé»
«Sì?»
«Finisci quel caffè e vestiti. Devi venire tu. Io e Martina usciremo un altro giorno», detto questo, si avvicina più a me e sobbalzo quando mi stampa un bacio sulla guancia: «Buongiorno, comunque», e poi se ne va, lasciandomi con le ragazze e il cuore in gola.
«Mah», esordisce Martina e Michela trattiene una risata.
Non ce la posso fare.

🌺🌺🌺

«Dove stiamo andando? Ricordi che ho un esame domani, vero?», sovrastata dall'altezza del mio coinquilino, scendo le scale al suo fianco mentre un senso di inquietudine comincia a farsi sentire dentro di me.
Mattia tiene tra le mani due caschi e alza gli occhi al cielo porgendomene uno, «Chi se lo scorda? Ti lamenti ogni due minuti»
«Io non-», smetto di parlare quando mi fulmina con lo sguardo.
Okay, è vero, mi lamento di continuo.

Raggiungiamo il garage e mi concedo dei respiri profondi mentre Mattia si attiva per tirare fuori la moto.
Spero guidi senza tentare di ucciderci.
L'ultima volta è stata decisamente traumatica.
Sistemo il casco sulla mia testa ed il mio stomaco si contorce quando è lui stesso ad allacciarlo, sfiorando il mio mento con le sue dita affusolate e ruvide.
«Ti da fastidio?», chiede.
«Perché dovrebbe darmi fastidio?»
«Alle corna, dico», e si stampa un sorriso così odioso sulle labbra che mi fa venire voglia di passare sopra il suo corpo con un cervo.
«Fanculo», non riesco a non ridere mentre prendo posto sulla sella.

Mi stringo più a lui e le mie mani tremano un po' quando le afferra per sistemarle sul suo stomaco.
Cerco di trattenere uno stupido sorriso quando parte e sfreccia sull'asfalto, facendo lo slalom tra le macchine bloccate a causa del traffico.
Il sole colpisce i miei occhi, il cielo è azzurro e le mie labbra continuano ad essere arricciate.
Perché io sia di buon umore, ad essere sincera, non lo so nemmeno io.

Ci fermiamo al rosso di un semaforo e ne approfitto per chiedere ancora una volta dov'è che siamo diretti.
«Andiamo a parlare con il relatore della mia tesi»
«E perché servo io?»
«Poi andiamo a farci un giro», ingnora la mia domanda e strozzo un urlo quando scatta il verde e la moto balza immediatamente in avanti.
Raggiungiamo la cittadella universitaria e mi viene un po' di ansia quando entriamo nella facoltà di ingegneria.

«Chi è il relatore della tua tesi?», attraversiamo il corridoio fianco a fianco e saluto con la mano un mio collega che è fermo vicino ad un distributore automatico.
«Quante domande fai?»
«Hai il ciclo, Mattì?»
«A te ancora non è passato, invece?»
«Non mi passa mai»
«Fattelo passare o ti soffoco nel sonno con un cuscino», saliamo le scale e alzo il mio dito medio per mostrarglielo.
Lui ricambia subito dopo.

Continuiamo a battibeccare fino a quando Mattia non si ferma davanti alla porta dell'ufficio del professor Bono.
Quel professor Bono.
Io mi strozzo con la mia saliva e indietreggio: «Ti sei bruciato il cervello? È lui il tuo relatore?»
«Con me non è stato un cattivo insegnante, anzi»
«Hai dato Analisi con lui?»
«Sì»
«Okay, io torno a casa. Non voglio vederlo prima dell'esame o si ricorderà dell'odio profondo che cova nei miei confronti», cerco di scappare via, ma il moro mi tiene ferma per un polso e non riesco proprio a fuggire.
Ho voglia di piangere.

Mattia bussa alla porta ed il mio stomaco si contorce quando sento la voce del professore urlare un secco e scocciato "avanti".
«Professore, buongiorno!», il mio coinquilino si stampa un sorriso sulle labbra ed entra nella stanza mentre io rimango un po' sulla soglia prima di entrare con gli occhi puntati sul pavimento.
«Caruso! Gran furbone, che fine avevi fatto? Ti aspettavo la settimana scorsa».
Gran furbone.
Ti aspettavo la settimana scorsa.
Perché con me si limita a dire due parole con espressione schifata?

«Ho avuto degli imprevisti», si giustifica Mattia, «Lei come sta?»
«Oh, bene. Sto ancora cercando un assistente. Vedi di laurearti in fretta».
Boh.
Io sono scioccata.
«Il prima possibile», risponde il mio coinquilino.
Io, intanto, me ne sto ferma ed impalata fino a quando il professor Bono non si accorge della mia presenza.
Ed eccola lì, l'espressione schifata.

«Signorina Costa, adesso si imbuca anche ai ricevimenti degli altri?».
Voglio morire.
E poi, si imbuca.
Manco fosse un party hard.
Vecchio pancione antipatico.
«Ehm, no, i-io in realtà... », sono stata portata qui con l'inganno?
«Lei è con me», interviene Mattia, assumendo un tono di voce serio.

A questa affermazione il professore inarca un sopracciglio: «Le dai ripetizioni? Ti sei messo a fare volontariato?».
Figlio di troia.
Ti odio, ti odio, ti odio.
Stringo i pugni e conficco le unghie nei palmi delle mie mani.
Ho già detto che voglio piangere?
Che umiliazione.

«In realtà stiamo insieme, prof. E non ha bisogno delle mie ripetizioni. Se la cava benissimo da sola».
Silenzio.
Mattia sfida il professor Bono con lo sguardo ed io sento il pavimento tremare sotto i piedi.
«Ah», è tutto ciò che il vecchio riesce a dire.
Io manco quello.
Sono senza parole.

«Domani farà un ottimo esame, glielo posso assicurare», Mattia continua e si siede, quindi tira fuori dalla sua tracolla dei fogli e li poggia sulla scrivania, «Adesso parliamo della mia tesi?»
«Certamente», ribatte lui con un sorriso, quindi mi lancia una veloce occhiata e sorride anche a me, «Si sieda, signorina. Non se ne stia lì in piedi».
E mentre prendo posto, mi regala l'ennesimo sorriso.
Boh.

🌺🌺🌺

«Si può sapere per quale motivo gli hai detto che stiamo insieme?», è tutto quello a cui riesco a pensare una volta fuori dall'ufficio di quel professore bipolare.
Mattia scrolla le spalle, «Mi irritava il modo in cui ti parlava»
«E quindi hai deciso di farmi diventare la tua ragazza?»
«Ha smesso di trattarti come uno scarafaggio. Ha funzionato, mi pare».
Beh, sì.
«Ma gli hai detto che farò un ottimo compito. Cosa dirà quando domani sbaglierò pure ad inserire il mio nome?».

Mattia ride e scuote la testa mentre ci avviciniamo alla sua moto: «Sei brava, Adé. Non sbaglierai niente. Secondo il mio parere è tutta questione di antipatia»
«Hai notato anche tu l'odio che prova nei miei confronti», penso ad alta voce, quindi sistemo il casco sulla mia testa.
«Domani andrà tutto bene. Non boccerebbe mai la mia ragazza», mi fa l'occhiolino e fa un cenno col capo in direzione della sella: «Salta su. Ho fame»
«Torniamo a casa?»
«Con questo sole? Sei pazza. Andiamo al mare».

Mi blocco davanti ai suoi occhi scuri e passo il peso del mio corpo da una gamba all'altra.
Una parte del cervello suggerisce di tornare a casa e studiare, ma l'altra parte mi sta urlando a gran voce di andare a pranzare in spiaggia.
«Prima di domani», il mio coinquilino si lamenta e sbuffo mentre mi affretto a prendere posto sulla moto.
«Mangiamo e torniamo subito a casa», lo avviso.
«Tu rilassati», quindi esegue la manovra per uscire dal parcheggio e si immette nel traffico.
Nessuno dei due dice una parola per diversi minuti, ma sono costretta a parlare quando ferma la moto in doppia fila, nelle vicinanze di una panineria.

«Sei in doppia fila», gli faccio notare.
«Sono un incivile», ribatte, il tono visibilmente divertito.
«Infatti»
«Tu rimani qui, se qualcuno ha bisogno di uscire dal parcheggio sposti la moto»
«Sposto la moto?», scoppio a ridere immediatamente, «Non so guidare nemmeno la bicicletta»
«Questa cosa non mi stupisce», risponde, stronzo come sempre.

«Cosa vuoi mangiare?», si toglie il casco e passa una mano tra i capelli castani.
Balzo giù dalla moto e mi sgranchisco un po' le gambe: «Uhm, non lo so»
«Faccio io?»
«Fai tu. Mangio di tutto tranne i funghi»
«Okay»
«E oggi non mi va la pizza», continuo.
«Va bene»
«Evita anche le patatine»
«Mh-mh»
«E la milza»
«Va bene», sospira.
«E non fare mettere la maione-»
«Gesù», alza gli occhi al cielo e smette di ascoltarmi, volta le spalle e comincia a camminare.
«NON MI VANNO NEMMENO I CALZONI FRITTI!», urlo per farmi sentire e scoppio a ridere quando solleva il dito medio senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
Poi serro le labbra nel sentire uno strano formicolio all'altezza dello stomaco.
Oh, no.
È tornata l'ansia.

🌺🌺🌺

Mattia Caruso ha preso per me un panino con le panelle.
E lo ammetto, ha scelto bene.
Ci troviamo in spiaggia e siamo seduti sulla sabbia a mangiare silenziosamente.
Il moro indossa degli occhiali da sole e continua a tenere lo sguardo puntato in direzione del mare calmo e azzurro.
Ad interrompere la quiete è il suono del mio cellulare. Lo tiro fuori dalla borsa e faccio una smorfia nel leggere il nome di Marco sul display.
Ovviamente rifiuto la chiamata.

«Non rispondi?», Mattia inarca un sopracciglio e addenta il suo panino con porchetta e patatine.
Ci manteniamo leggeri.
«È Marco», spiego e lui annuisce senza fare domande.
Il cellulare torna a squillare e sbuffo sonoramente, poi alla terza chiamata consecutiva decido di spegnere lo smartphone.
Ecco.
Pace.

Torno a mangiare e cerco di rilassarmi, ma la mia calma è stata rovinata.
Lo odio.
«Non ho più fame», annuncio.
«Mangia»
«Non ho fame», ripeto e Mattia mi lancia una veloce occhiata, quindi sospira e scuote la testa.
«Fa come ti pare».
Cala il silenzio e mordo l'interno della mia guancia mentre fisso la vastissima distesa d'acqua che è proprio davanti ai miei occhi.
Un leggero venticello muove i miei capelli e fa arrivare il profumo di Mattia alle mie narici.
Come diavolo sono finita col mangiare un panino in spiaggia insieme a lui?
Dovevo evitarlo o sbaglio?

«Mattia», lo chiamo.
«Dimmi»
«Potresti farmi un favore?».
Silenzio.
Il moro arriccia le labbra e sembra pensarci un po' su: «Spara»
«Hai capito che Martina ha un debole per te, no? Non è un segreto»
«Non faccio quel tipo di favori», mette in chiaro e scoppio a ridere.

«Ma che idiota! Non mi riferisco a quel tipo di favori. Solo... Martina è una ragazza molto permalosa e non voglio discutere con lei per delle sciocchezze»
«Ho capito», addenta il suo panino e deglutisce subito dopo.
«Cosa hai capito? Non ho ancora detto nulla»
«Vuoi che eviti di parlarti davanti a lei o qualcosa del genere, no?»
«Beh, ecco... », mi blocco perché non ho voglia di smettere di parlare con lui.
Ma forse è la cosa giusta da fare.
«Scordalo», lo dice di getto, serio più che mai.
«Perché?»
«Martina può pensare quello che vuole. Non me ne frega niente», detto questo, si alza e si passa una mano sui jeans per liberarsi dalla sabbia, poi mi aiuta a mettermi in piedi.

«Importa a me di lei», farfuglio, «E continua a fraintendere tutto. Arriva a conclusioni affrettate e pensa che io ci stia provando con te».
La mia ultima frase sembra divertirlo e mi dedica un lungo sguardo, «È la verità»
«Cosa!?»
«Ci stai provando spudoratamente con me. Soprattutto ora, con questi occhioni blu illuminati da sole».
Silenzio.
Io boccheggio, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
Mattia si gode la mia espressione sconvolta e poi ride, dandomi una leggera spinta che mi fa barcollare.

«Sto scherzando, Adé. Andiamo, ti accompagno a casa», recupera i caschi e me ne mette uno tra le mani.
«Tu non vieni?»
«Vuoi smetterla di flirtare con me?»
«Ma-», sento le guance diventare a poco a poco sempre più rosse e lui ride ancora.
Si diverte.
Pure io.
Mi fa ridere con una facilità disarmante.
E questo non va bene.
Proprio per niente.

🌺🌺🌺

«Mattia non torna per cena?», Luca punta i suoi occhi verdi nei miei e scrollo le spalle mentre preparo il mio nutriente e sano pasto: i sofficini.
«Chiedilo a lei», Martina mi indica immediatamente e mi viene voglia di darle una testata.
«Martì, adesso smettila», interviene Michela, «Non è colpa sua se Mattia non ti caga. Cambia strategia di rimorchio».
Sistemo i piatti sulla tavola e ringrazio con un sorriso la mia amica.
Almeno qualcuno mi difende in questa casa.

«Allora? Torna per cena o no?», Luca insiste ed io sbuffo.
«Non lo so. Ha detto che aveva un impegno questo pomeriggio. Mi ha accompagnata a casa e non l'ho più visto», ammetto.
«Okay», risponde lui mentre Martina sospira.
«Che avete fatto oggi?», domanda.
«Siamo andati dal professor Bono»
«E poi?»
«Abbiamo mangiato un panino. Hai finito con l'interrogatorio? Sei irritante», sistemo i sofficini dentro il piatto e prendo posto accanto a Luca che sta cominciando a tagliare il suo petto di pollo.

«Va bene, va bene», lei schiocca la lingua sotto il palato e si stringe nelle spalle, «Secondo voi cosa sto sbagliando?».
Luca si strozza con il boccone e Michela colpisce in fretta le sue spalle per aiutarlo.
Io riempio un bicchiere d'acqua e glielo porgo.
Quando si riprende decide di dare una risposta a Martina: «Tutto. Stai sbagliando tutto»
«Tutto?», sembra non capire.
«Smetti di seguirlo ovunque e di fargli domande sulla sua fidanzata, tanto per cominciare»
«Ma io non lo seguo ovun-», smette di parlare quando si accorge dei nostri sguardi.
«Okay, forse lo seguo un po' ovunque»
«Un po'?», è Michela a parlare, «Sei una palla al piede»
«E voi siete troppo sinceri. Ho capito», ringhia e Luca ride.
«Che vuoi farci? Tu sei una palla al piede e Adele è una renna. Così è la vita»
«E tu sei un bastardo», pizzico il suo fianco e lui salta sulla sedia, però ridiamo insieme.

Il resto della cena prosegue tranquillamente tra battute e consigli di rimorchio. Passare del tempo con i miei amici mi rilassa e mi scordo dell'esame e dell'ansia fino a quando non rimango da sola nella mia stanza.
Prima di mettermi a letto decido di fare alcuni esercizi e poi decido di infilarmi sotto le lenzuola.
Basta.
Come va, va.

Afferro il cellulare e invio un messaggio di buonanotte nel gruppo WhatsApp di famiglia.
Il primo a rispondere è Salvo, mio fratello maggiore.
"Buonanotte, piccola alce. Spacca tutto domani".
Pure lui continua a fare battute stupide da quando ha scoperto che Marco mi ha tradito.
"Appena torno a casa ti spacco la faccia. Smetti di chiamarmi alce", digito in fretta la risposta e immagino il modo in cui sta sicuramente sorridendo davanti allo schermo.
Non vedo la mia famiglia da due settimane e già mi manca.
Una volta svolto l'esame, domani, indipendentemente dall'esito, tornerò a casa.

Aspetto le risposte da parte dei miei genitori e poi mando la buonanotte pure a zia Matilda che mi augura di passare l'esame con ottimi voti.
E poi, spinta da non so quale atto di pazzia, stavo per scrivere un messaggio a Marco.
Ma per fortuna la mia parte sana di mente mi ferma e mi spinge a mettere via il cellulare.
Incrocio le mani sullo stomaco e fisso il tetto.
Ecco, adesso sono nel panico.

Rimango immobile nella stessa posizione per interminabili istanti e non mi stupisco di non riuscire a prendere sonno.
Dopo circa un'ora riesco a sentire anche Mattia rientrare in casa. Chiudo gli occhi e ascolto il rumore dei suoi passi che attraversano il corridoio, poi la porta della sua stanza che si apre piano.
Sospiro rumorosamente e mi rigiro sul letto, cercando con tutta me stessa di placare i battiti del mio cuore.
Devo stare calma.
Domani andrà tutto bene.

La mia frequenza cardiaca, comunque, aumenta di velocità quando sento nuovamente i passi di Mattia che si fermano vicino alla mia stanza.
Poi due delicati colpi contro la porta.
Sta bussando?
«Adele», la sua voce è bassa, ma riesco comunque a sentirla.
Devo fingere di dormire o vado ad aprire?
Rimago immobile, indecisa sul da farsi, fino a quando non scelgo di balzare giù dal letto e aprire la porta.

Il viso del mio coinquilino è immerso nella penombra: «Immaginavo di trovarti sveglia», sussurra, «Sono venuto a vedere come stai».
Ed il mio cuore si stringe davanti ai suoi occhi scuri.
Ma questo ragazzo è un piccolo cupcake.
Che cos'è questa dolcezza?
«Bene», bisbiglio, «Solo un po' di ansia, sai»
«Posso entrare?».

Annuisco in fretta e mi scanso per lasciarlo entrare, poi accendo le luci e finalmente riesco a guardarlo in faccia.
E lui riesce a guardare me, il mio pigiama e le mie gambe nude.
«Continui a provarci con me. Assurdo», sentenzia e scoppio a ridere.
«Sei tu quello che viene a bussare alla mia porta di notte»
«Touché», sorride furbo e alza le mani in segno di resa.

«Hai studiato nel pomeriggio?», lancia un'occhiata ai quaderni ancora aperti sulla scrivania e faccio segno di sì con la testa.
«Non troppo, però. Ho cercato di seguire il tuo consiglio»
«Okay», incrocia le braccia al petto e poi indica il mio letto, «Prova a dormire e sta tranquilla. Domani andrà tutto bene. Sei raccomandata, ormai», strizza l'occhio e continua a prendermi in giro.

«Certo, come no», borbotto e apro la porta, «So già che non chiuderò occhio»
«Andiamo a prendere una camomilla?», propone, «O non lo so... Un sonnifero per cervi?»
«Ma certo che sei proprio un figlio di-».
Lui ride e si avvicina a me, dunque mi scompiglia i capelli e lascia un bacio sulla mia guancia: «Buonanotte, Adé. Credi in te stessa e tutto andrà bene. Sei brava».

E mentre lui sparisce in fondo al corridoio, io raggiungo il mio letto quasi volando.
Premo le mani sulla guancia che ha baciato e cerco di scacciare via quella brutta sensazione allo stomaco.
Cazzo.
Forse non è ansia.

Buongiorno!
Ecco a voi un nuovo capitolo.
Che ne dite di Mattia e Adele?
Vi piace il rapporto che si sta creando?
Io, al momento, amo Mattia 😂
Al momento. 😈
Adesso vi lascio.
Buona giornata ❤️😍

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