44. Giorgia.
Penso che lo sguardo sia l'arma più potente sulla faccia della terra.
Se gli occhi potessero uccidere, proprio ora, Mattia sarebbe già morto davanti alle mie iridi blu.
Continuo a fissarlo, le braccia incrociate al petto e le gambe accavallate. Me ne sto ferma qui, sul suo letto, ad inchiodarlo con la mia espressione arrabbiata.
«Sto aspettando», dico.
«Non so da dove iniziare», sospira piano, spostando il peso del suo corpo da una gamba all'altra.
Io comincio a sentire il fiato mancare.
È come se le mura di questa stanza si stessero stringendo attorno al mio corpo pieno di rabbia. Mi sembra di soffocare.
«Beh, potresti cominciare parlandomi dell'uomo che mi segue. Chi è? Cosa vuole?», non riconosco nemmeno la mia voce.
«È un uomo malato. Ossessionato»
«Fin qui c'ero arrivata anch'io, Mattia. Potresti dirmi qualcosa di utile?», assumo, senza troppi sforzi, un atteggiamento di sprezzante superiorità. È come se tutta la mia paura stesse venendo fuori sottoforma di collera.
È un meccanismo di difesa.
«Calmati, Adele», le sue iridi scure cercano le mie ed io affondo nel suo sguardo, sollevando la testa per guardarlo ancora meglio.
«Come faccio a calmarmi, Mattì? Come!?», balzo in piedi e mi avvicino più a lui. Il suo profumo dolce raggiunge fin troppo velocemente le mie narici; chiudo gli occhi e mi sembra di assaporarlo, come quando poso le mie labbra sul suo collo e riesco a sentirne l'aroma in bocca.
Calma, Adele.
Sta calma.
«Il suo nome è Mario Ricciardi», comincia, indietreggiando di un passo, «Lui... Lui mi segue da tre anni. Per questo ho dovuto cambiare casa. Per questo mi sono trasferito da voi. Aveva scoperto dove abitavo e-»
«E non ti è mai venuto in mente di denunciarlo?», sono sconvolta, confusa.
«L'ho fatto. Più volte, ad essere sincero»
«E la polizia non ha fatto niente per aiutarti?»
«Niente», mi dice.
«Niente», ripeto, scioccata. Le mie spalle sono tese e continuo a torturarmi le mani, incapace di fermarmi.
«Benvenuta in Italia», continua, «Il Paese in cui la giustizia non esiste».
E mentre lui parla, mi sembra di rivedere nella mia testa la faccia del poliziotto che ha ascoltato la mia denuncia, non prendendomi sul serio.
«Perché ti segue? E perché segue me?», mi lascio ricadere sul letto, sfinita. Voglio solo vivere in pace. E senza paura.
«Adele, io non volevo coinvolgerti in tutto que-»
«Mi hai coinvolta», lo interrompo, «Sono coinvolta. E ti dirò di più, Mattia, sono furiosa. Io sono davvero, davvero incazzata. Tu-tu conosci il suo nome, cazzo. Potevi dirmelo, potevi avvisarmi! Invece no! Mi hai lasciata da sola a combattere contro un mostro senza volto!».
Come punta da un ape, muovo le mani velocemente e mi affretto a scrivere un messaggio ad Edoardo.
Mario Ricciardi.
Lo invio senza battere ciglio e torno a scrutare l'espressione di Mattia. Prima confusa, poi rabbiosa.
«A chi stai scrivendo? Ti sembra il momento di inviare un messaggio?»
«Edoardo», taglio corto, senza dare nessun tipo di spiegazione.
Lui non me ne ha mai date. Nemmeno quando ne avevo più bisogno.
«Edoardo», ripete, le vene del suo collo si fanno sempre più esposte ed un guizzo di ira gli attraversa il viso.
«Edoardo», confermo, «Possiamo andare avanti con il nostro discorso, adesso?»
«Cosa vuoi sapere, Adè? Quell'uomo ce l'ha con me, okay? Ha visto in te un mio potenziale punto debole e sta cercando di ferirmi, sfruttandoti»
«Ma perché?»
«Per vendetta»
«Ma vendetta di cosa!?», alzo il tono della voce e stringo i pugni.
Basta girarci attorno. Voglio sapere tutto e adesso.
La porta che si apre, però, interrompe il nostro dialogo ed entrambi rimaniamo paralizzati davanti allo sguardo stanco della nonna di Mattia.
Lei ci fissa in silenzio, poi sorride e si concentra solamente su di me: «Oh, ma quando sei arrivata, mia cara?», dice, «Vieni, fatti abbracciare. In famiglia tutto a posto?».
Il mio sgomento adesso sembra sparire e le mie labbra si inarcano in un piccolo sorriso mentre osservo il modo in cui si avvicina per stringermi.
«Tutto bene, grazie», mento.
«Ne sono felice! Venite a mangiare? Le lasagne sono pronte», adesso i suoi occhi si posano su suo nipote che, in tutta risposta, annuisce debolmente.
Ci scambiamo un veloce sguardo prima di avviarci in direzione della piccola cucina.
«Parleremo dopo», sussurro al suo orecchio, poi decido di non degnarlo più di nessun tipo di attenzione.
🌺🌺🌺
Quattro mura bianche, una tovaglia da tavola a fiori e tre sedie vecchie in legno. Continuo a guardare ciò che mi circonda ed il mio sguardo si sofferma sulla foto di un più giovane Mattia sistemata dentro ad una vecchia cornice, sopra il piccolo frigo verde.
«Quanti anni avevi, lì?», parlo senza pensare ed il mio coinquilino sembra stupito nel sentire il modo in cui gli sto rivolgendo la parola.
Non ho parlato con lui per tutta la durata del pranzo.
«Sedici», mormora.
«È sempre stato un bel ragazzo. Era il più alto della classe», commenta fiera sua nonna, «Aspetta, vado a prendere altre foto!»
«Non è necessario, nonna»
«Oh, lo è eccome!», e mentre lei sparisce immediatamente dalla nostra vista per andare a recuperare le foto, il mio cellulare squilla e non mi stupisco di vedere il nome di Edoardo lampeggiare sul display.
E lo vede anche Mattia, che fissa l'Iphone silenziosamente prima di mormorare un "vado a fumare una sigaretta" e uscire dalla stanza.
Rimasta da sola, decido di rispondere alla chiamata; una strana angoscia a farmi compagnia.
«Mario Ricciardi», Edoardo scandisce bene le parole.
«È lui», confermo, «È lo stalker. Segue Mattia da tre anni», bisbiglio.
«Perché lo segue?»
«Non lo so. Questo dovresti scoprirlo tu. Sei tu il poliziotto»
«Sei tu la sua ragazza», borbotta, nascondendo un tono divertito, «Cerca di estrapolare informazioni. Potrebbero esserci utili».
Passo nervosamente una mano tra i capelli e sbuffo: «Ci sto provando, ma Mattia non è un gran chiacchierone»
«Beh, sì, ho notato la sua grande simpatia».
Alzo gli occhi al cielo: «Puoi trovare delle informazioni su quest'uomo?»
«Sto già cercando, donna di poca fede!»
«Hai scoperto qualcosa?»
«Mattia lo ha denunciato quattro volte per stalking. Ha un'ordinanza restrittiva. Non può avvicinarsi a lui»
«Non mi pare stia funzionando», ribatto, scettica.
«No, infatti», sembra concentrato su qualcos'altro mentre mi parla.
Passano diversi istanti di silenzio, poi decido di prendere parola: «C'è altro?»
«Sua figlia», dice in un sussurro.
«Eh?»
«Senti, ti chiamo dopo, okay?»
«Che succede?»
«Nulla. Tu dove sei, Adele?»
«Io sono a Catania. A casa di Mattia. Hai scoperto qualcosa?»
«Non ancora. Ti chiamo dopo», poi riattacca, lasciandomi con le labbra schiuse ed il cuore che martella forte nel petto.
Sua figlia?
«Le ho trovate! Non ricordavo più dove le avevo messe», la voce debole della nonna di Mattia interrompe i miei pensieri e mi fingo disinvolta mentre poggia una scatola rosa sul tavolo e la apre, afferrando immediatamente la foto di suo nipote appena nato.
«Com'era carino!», commento allegra.
Continuiamo a guardare le foto fino a quando Mattia non torna nella stanza, alzando gli occhi al cielo davanti alle immagini che lo ritraggono nelle pose più spontanee.
Sorride raramente anche in foto.
«Il suo primo giorno di scuola», sua nonna mi mette una foto tra le mani e la osservo, senza riuscire a trattenere un sorriso.
«Direi che le hai mostrato abbastanza», Mattia comincia a raggruppare le foto per rimetterle al proprio posto, ma proprio mentre seguo i movimenti delle sue mani noto una foto dentro la scatola.
Una foto di Michela. Abbracciata a Mattia.
L'afferro in fretta senza pensarci e cala il silenzio.
Mi pare di sentire solo il mio cuore scalpitare.
Più osservo Michela, più mi sembra di notare dei dettagli che stonano.
I capelli sono castani, non rossi.
Presumo sia quello il suo colore naturale.
E c'è un piccolo neo all'angolo della bocca che non credo di avere mai notato.
Poi il sorriso sembra diverso. E lo sguardo.
Ma gli occhi sono i suoi. Grigi e grandi e... «Non è Michela», la voce roca di Mattia blocca i miei pensieri.
«Cosa?», un sussurro è tutto ciò che riesco a provocare.
«Non è Michela», ripete ancora, come se mi avesse letto il pensiero.
«Io non... È lei. Gli occhi e il viso e-»
«Giorgia. Che bella ragazza che era», la nonna di Mattia sospira e scuote la testa, «Pace all'anima sua».
Eh?
Uno scambio di sguardi veloce, gli occhi di Mattia si fiondano nei miei e mi sembra di annegare nelle sue iridi scure.
«È morta?», domanda stupida, ne sono consapevole.
E se fosse lei la figlia dello stalker?
«Qualche anno fa», mi dice lei, «Una tragedia»
«Che cosa le è successo?»
«Un incidente stradale», Mattia taglia corto e decide di togliere di mezzo tutte le foto, compresa quella che tengo tra le mani.
Sua nonna schiude le labbra per protestare, ma poi lascia perdere.
L'argomento non viene più affrontato.
Ma io ho intenzione di saperne di più.
🌺🌺🌺
«La figlia del presunto stalker è morta a causa di un incidente stradale», dall'altro lato del cellulare, la voce di Edoardo conferma la mia ipotesi.
Seduta sul bordo della vasca da bagno, mordicchio nervosamente le mie unghie prima di rispondere: «Era la ragazza di Mattia. Credo. Ho visto delle foto e-»
«Lo era», m'interrompe, «Ma sono più concentrato sulle dinamiche dell'incidente, al momento»
«Le dinamiche?»
«Ha avuto un problema ai freni»
«Un problema ai freni?»
«Perché continui a ripetere tutto quello che dico? È snervante», si lascia sfuggire una risata.
Sistemo il cellulare tra la spalla e l'orecchio e lascio scorrere l'acqua dal rubinetto per essere più credibile.
Sono in bagno da parecchi minuti.
«Pensi che abbiano manome-», un forte getto d'acqua mi colpisce dritto in faccia ed un urlo scappa dalle mie labbra.
Spero che il getto si estingua, ma l'acqua continua a premere forte contro la mia faccia ed il cellulare cade a terra mentre cerco di coprirmi il viso con le mani.
Ma cosa diavolo succede a questo stupido rubinetto?
«Adè, va tutto bene lì dentro?», la voce di Mattia sovrasta le mie urla, ma solo per pochi istanti.
«NO! Sto urlando come una forsennata, secondo te va tutto bene!? Perché mai dovrei urlare in ba-», il mio piede scivola a causa dell'acqua che ha ormai raggiunto il pavimento ed un nuovo strillo si fa sentire forte.
Il mio coinquilino finalmente prende la decisione di entrare e lo vedo imprecare quando scivola e va a sbattere contro il muro.
«Torno subito», annuncia per poi sparire in fondo al corridoio.
Torna da me dopo qualche istante, degli attrezzi in mano e alcuni panni.
Mi scansa con delicatezza e mi ritrovo ad osservarlo mentre armeggia con il rubinetto impazzito.
Quando finalmente il getto d'acqua cessa, si gira a guardarmi, uno strano sorrisetto ad increspargli le labbra.
I suoi occhi scuri scannerizzano il mio corpo dal basso verso l'alto e pure io mi ritrovo ad osservare la sua maglietta bagnata appiccicata all'addome scolpito.
Mi si secca la gola.
«Chiedo scusa per l'incidente. A volte capita», spiega, «Le tubature sono vecchie».
Si abbassa ad aprire un cassetto e tira fuori un asciugamano, quindi tende il braccio verso di me per farmelo afferrare. Un breve contatto delle dita mi fa sussultare.
«Grazie», sussurro, poi mi chino per recuperare il cellulare e scoppio a ridere quando cado a terra.
Prima di battere il sedere contro le mattonelle bagnate, mi aggrappo alla coscia di Mattia che crolla al suolo accanto a me.
Anche lui adesso ride.
Per un istante sembra che non ci sia successo. È come se non avessimo mai litigato, nemmeno per un istante.
È come se ci fossimo incontrati e amati, senza ansie, senza paure, senza dolori, senza nessun contorno spiacevole.
I suoi occhi brillano e, lo giuro, stanno brillando anche i miei.
Non so nemmeno perché io stia ridendo. Forse non lo sa nemmeno lui, che senza mai smettere di mostrarmi i suoi dritti denti bianchi, si sporge verso di me e mi abbraccia, scaldando il mio corpo bagnato e infreddolito.
«Dovevi vedere la tua faccia quando sono entrato», dice ridendo, poi imita la mia voce: «No CHE NON VA BENE! PERCHÉ DOVREI URLARE IN BAGNO?», il suo petto si abbassa e si solleva più volte e gli colpisco la spalla con un leggero pugno.
«Pure tu, Mattì, che domande fai?».
Schiude le labbra per dire qualcosa, ma il suono del mio cellulare interrompe il momento ed una ruga compare sulla sua fronte quando legge sul display il nome di Edoardo. Ancora.
La tranquillità viene spazzata via da un suo sorriso amaro. Si rimette in piedi, mi aiuta a fare lo stesso e mi porge il cellulare.
Non mi guarda più come prima. I suoi occhi non ridono, né le sue labbra pronunciano parole leggere.
Per la sua mente sta sicuramente passando qualche pensiero contorto, ma sembra volerlo scacciare via. Si gratta la nuca, fissa il pavimento e poi solleva gli angoli delle labbra in un sorriso forzato e finto: «È meglio se ti cambi», mormora, «O ti verrà un raffreddore».
Sta per uscire dalla stanza, ma mi ritrovo ad afferrare il suo polso per trattenerlo: «Mattì»
«Dimmi»
«Abbiamo un discorso in sospeso»
«Lo so», sospira, «Ne parleremo quando ti sarai cambiata»
«Okay»
«Okay», il suo sguardo si posa sulle dita che premono sulla sua pelle e mi schiarisco la voce.
«Usciremo insieme da questa situazione, okay? Non chiedermi più di starti lontana. Non servirebbe a niente»
«Va bene», annuisce senza troppa convinzione.
Mollo la presa sul braccio e indietreggio di un passo, poi mi stupisco nel sentire le labbra di Mattia premute sulle mie.
Non mi aspettavo un bacio.
Il mio cuore comincia a battere forte e le mie gambe tremano un po'. Mi mancava sentire il sapore della sua bocca, mi mancava sentire il profumo del suo collo, così vicino al mio.
Sento una sorta di voragine nello stomaco quando si allontana ed esce dalla stanza, lasciandomi sola e con uno stupido cellulare tra le mani che non vuole smettere di squillare.
🌺🌺🌺
Quando torno in camera, trovo Mattia seduto sul letto, gli occhi fissi al muro.
Con le mani dietro la nuca, non si gira nemmeno a guardarmi: «Perché quel tipo ti chiama così spesso?».
Parla come se fosse l'unica cosa a cui è riuscito a pensare nel tempo in cui è stato da solo.
«Chi?»
«Non fare la finta tonta», si sistema su un fianco e si regge la testa con una mano. Adesso le sue iridi scannerizzano ogni parte del mio corpo.
«Parli di Edoardo? È solo un collega»
«Non è un tuo collega», scuote la testa, un sorriso diabolico sulle labbra.
«Come, scusa?»
«Non è un tuo collega», ripete ancora, «I tuoi amici non lo conoscono nemmeno. Ho parlato con Davide».
Ah.
Deglutisco rumorosamente e prendo posto su una sedia: «Hai parlato con Davide? Non ti fidi delle mie parole?»
«L'ho incontrato per caso alla stazione. Gli ho chiesto se conosceva un certo Edoardo e mi ha detto di no. Quindi, Adele, o il tuo amico soffre di amnesia o tu mi stai mentendo»
«È un poliziotto», sbotto poi, «Ho denunciato lo stalker. Mi sta aiutando a cercare una via d'uscita».
Gli scappa una risata.
Poi ancora un'altra.
Mi chiedo cosa ci sia da ridere.
«Non ti aiuterà nessuno, Adè. Mettitelo in testa»
«Gli ho dato il nome dell'uomo di cui mi hai parlato tu. Sta già indagando su di lui e-»
«E lo sbatterà in galera», mi prende in giro, «Raccoglierà prove inesistenti e butterà la chiave della sua cella. Non funziona così»
«Edoardo può-»
«Edoardo, Edoardo, Edoardo. Chi cazzo è Edoardo? Cosa può fare lui che un semplice poliziotto non può fare? Ho denunciato quell'uomo quattro volte. Quattro. E guarda in che situazione mi trovo! Adesso segue pure te!».
Le vene del suo collo si fanno più evidenti e decido di avvicinarmi a lui.
Cerco di afferrargli la mano, ma si scansa.
«Perché ti segue, Mattì?»
«La ragazza che hai visto in quella foto», mormora, «La ragazza che somiglia a Michela. Era sua figlia»
«Stavate insieme, non è così?»
«Sì», conferma, «Stavamo insieme».
Un lungo silenzio precede la ripresa del discorso: «Una sera abbiamo discusso pesantemente. Eravamo a casa sua e suo padre ci ha sentiti litigare. Era una ragazza molto emotiva e non riusciva a contenere le sue emozioni, né l'istinto. Quando sono andato via da casa sua, a quanto pare mi ha seguito»
«Quella sera ha avuto l'incidente», concludo io.
La sua espressione triste mi fa capire che ho concluso nel modo corretto.
«Ha avuto un problema ai freni»
«Li hanno manomessi?»
«Non lo so», passa la mano tra i suoi capelli, «Era la macchina di suo padre. Non è mai stato un signore amabile. Forse aveva dei nemici e qualcuno voleva toglierlo di mezzo o semplicemente i freni sono andati a farsi fottere. Il punto è che lei è morta e che suo padre, da quel giorno, pensa che sia stato io ad ucciderla», i suoi occhi diventano lucidi e riesco a percepire la stanchezza e la sua pazienza ormai distrutta.
«Ha maturato una psicosi. Mi segue ovunque. E segue te perché sa che così mi fa male. E vuole avvisarti. Per non farti fare la stessa fine di sua figlia»
«Per questo i biglietti», sussurro, «E le foto»
«Vuole metterti in guardia. Spaventandoti, ovviamente. E nel suo modo malato. Cazzo, ti ha aggredita!»
«Per questo cerchi di tenermi lontana?».
«Non era mia intenzione farti finire in questo guaio. Ho scelto di trasferirmi a casa vostra perché ho trovato l'annuncio di Michela e sono rimasto sconvolto dalla sua somiglianza con Giorgia. Pensavo fosse l'unica ragazza della casa e che se anche lui l'avesse vista, non l'avrebbe attaccata. Non poteva attaccarla. È identica a sua figlia. Invece c'eri tu e... E Martina. Mi serviva una nuova casa e sono stato stupido. Ho pensato che forse, questa volta, non mi avrebbe trovato e mi avrebbe lasciato in pace»
«Ti lascerà in pace», annuncio, «Ci lascerà in pace. Dobbiamo dire tutto a Edoardo»
«Non servirà a niente», ripete per l'ennesima volta.
«Invece sì»
«No», tuona, alzandosi dal letto, «Troverò un modo per farmi giustizia da solo», detto questo, esce dalla stanza a grandi passi.
Io però non sono della stessa idea.
Afferro il cellulare e sto per chiamare Edoardo quando mi arriva proprio un suo messaggio: Ho un piano.
E non vedo l'ora di attuarlo.
Tutto questo finirà.
SALVE A TUTTI.
Strano ricevere una notifica per questa storia, eh? Dopo tutto questo tempo fa strano pure a me aggiornare.
Io mi scuso per l'assenza. Vi ho già detto che ho avuto qualche problemino e che anche l'ispirazione era andata a farsi fottere. Ho risposto ad alcuni di voi e ad altri no. La verità è che non sapevo cosa dire. Mi sembrava inutile ripetere sempre la stessa cosa. Ho pensato: aggiornerò e basta. Prima o poi.
Fortunatamente il giorno è arrivato.
Non ci credo nemmeno io.
Chiedo ancora scusa e mi dispiace tanto essere stata così assente per così tanto tempo.
Gli esami e l'università, inoltre, non stanno contribuendo alla scrittura.
Ad ogni modo cercherò di aggiornare il prima possibile, anche perché siamo alla fine della storia. (Mancano davvero pochissimi capitoli).
Vi ringrazio per essere state pazienti, presenti, gentili.
Siete uniche.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia dato le informazioni di cui avevate bisogno.
Il prossimo capitolo sarà un po' di azione 😂😂 e vedremo di far scongelare Mattia. 😜😈
Un bacione.
E grazie.
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