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3. Il dizionario.

Dopo circa un’ora passata seduta a tavola insieme ai miei amici e al mio nuovo coinquilino, comincio a maturare la convinzione di dover fingere un malore e chiudermi in camera per non sentir più parlare anima viva.
Sono decisamente stanca di sentire gli strani approcci di Martina e le stupide associazioni di Luca tra me e i cervi.
Okay, Marco mi ha tradita, ma non c’è bisogno di ricordarmelo parlando di corna e animali selvatici.

Bevo tutto d’un sorso un bicchiere con del vino e poi cerco di trattenere uno sbadiglio.
Ecco.
Ho sonno.
Quando finirà tutto questo?
Lancio una veloce occhiata a Mattia e sospiro.
Non ha praticamente aperto bocca.
Michela ha cercato di strappargli qualche informazione privata, ma il ragazzo non si è mai lasciato sfuggire nulla di personale.
Mattia Caruso, ventitré anni, nato e cresciuto a Catania.
Fine.

Ha detto di aver cominciato a frequentare l’università con qualche anno di ritardo, ma non ha aggiunto altro.
Non ha parlato della sua famiglia, né dei suoi amici o dei suoi gusti personali.
E se c’è una cosa che ho capito sul mio nuovo coinquilino è che è estremamente riservato.

«Hai una fidanzata?», Martina sbatte le palpebre e inumidisce le sue labbra mentre fissa insistentemente Mattia.
Lui punta le sue iridi scure su di lei e accenna un sorriso che non mi sembra sincero.
Per un istante cala il silenzio.
Michela si schiarisce la voce in attesa di sentire la risposta, Luca beve un po’ di coca cola e Martina pende dalle labbra del moro.
Anch’io sono curiosa di sentire la risposta.
Non che mi importi, sia chiaro.

«Sì», dice.
E mi è sembrato di sentire il “crack” che ha appena fatto il cuore di Martina.
«Oh», è tutto quello che riesce a dire mentre le sue guance si colorano di rosso, «Ehm, bene, anche Luca è fidanzato», farfuglia poi, «Si è trasferito qui perché non è in grado di stare lontano dalla sua ragazza! È così innamorato!», e allunga il braccio per lasciargli un buffetto sulla guancia.

Il mio amico ride nervosamente e scuote la testa, «Mi sono trasferito qui per sfuggire da mia madre», borbotta e Mattia accenna un sorriso, «La conoscerai. È piuttosto opprimente. Nonostante Bagheria sia a pochi minuti da Palermo, quando vado via da casa mi saluta sempre con gli occhi lucidi e con una scorta di cibo che basterebbe per un esercito. Oh, a proposito, puoi mangiare tutto quello che c’è in frigo. Abbiamo lasagne per un mese, almeno».

Il nuovo arrivato si lascia sfuggire una piccola risata, ma non aggiunge altro.
Mamma mia, che gran chiacchierone.
Poi punta le sue iridi nere su di me e ho un leggero sussulto quando parla: «Tu da dove vieni, Adè?»
«Taormina», rispondo in fretta, «Un paese vicino, in realtà»
«Io vengo da Messina», Martina alza un po’ il tono di voce e Mattia adesso smette di guardarmi e si concentra su di lei che comincia a parlare della sua città natale.

L’ennesimo sbadiglio sfugge dalle mie labbra e poi decido di mettere in atto il mio piano: fuggire da questa noiosa cena.
Fingo una smorfia di dolore e provoco un finto mugolio.
Sono un’attrice nata.
«Scusate», mi alzo e porto la mano sullo stomaco, «Non mi sento bene. Vado in camera mia, se non vi dispiace».
Michela sistema una ciocca dei suoi capelli rossi dietro l’orecchio e trattiene una risata.
Lei ha capito.

«Ma non abbiamo ancora mangiato il dolce!», Martina mette il broncio ed io scrollo le spalle.
«Proprio non ce la faccio. Mangiatelo anche per me. Buonanotte», e poi scappo letteralmente via dalla cucina per fiondarmi nella mia stanza.
Libera.
Mi lascio cadere sul letto e passo una mano tra i miei capelli neri, poi afferro il cellulare e faccio una smorfia nel trovare l’ennesimo messaggio di Marco.

Impazzisco quando mi fermo a pensare che ti ho persa… Dammi una seconda possibilità, ti prego”.

Un nodo si forma alla gola e lancio con poca delicatezza lo smartphone sul comodino.
Fa male.
Sono brava a nascondere il dolore, sono brava a fingere che tutto vada bene, ma quando la sera chiudo gli occhi e resto da sola con me stessa i pensieri più negativi si aggrovigliano nella mia testa e mi sento soffocare.

Una lacrima attraversa la mia guancia e mi affretto ad asciugarla, poi ignoro le risate e le chiacchiere che provengono dall’altra stanza e chiudo gli occhi per sprofondare in un profondo sonno.

Mi sveglio nel pieno della notte a causa di uno strano rumore che mi strappa via dal mio sonno.
Il mio cuore comincia a battere più veloce e balzo giù dal letto quando sento un piccolo botto.
Oddio.
Ci sono i ladri.
Merda.
Mi guardo intorno e cerco di afferrare il primo oggetto utile per difendermi, ma tutto quello che trovo è un vecchio dizionario di latino che non tocco dai tempi del liceo.
Almeno è pesante.

Lo afferro e apro piano la porta della mia camera, quindi noto la luce della cucina accesa e cammino in punta di piedi fino a riuscire a vedere il mio nuovo coinquilino intento a bere un bicchiere d’acqua.
Ah.
Niente ladri.
Mattia si accorge di me e si gira a guardarmi. Lascia scorrere il suo sguardo lungo tutto il mio corpo e poi si concentra sul dizionario che tengo tra le mani.
Inarca un sopracciglio, però non dice una parola.

«Ehm, ho sentito dei rumori», farfuglio mentre sento le guance colorarsi di rosso.
«Il mobiletto che c’è in corridoio», spiega, «L’ho preso in pieno»
«Okay», mi schiarisco la voce e rido nervosamente, «Adesso vado, uhm, a dormire»
«Come stai adesso?», poggia il bicchiere dentro il lavandino ed incrocia le braccia al petto.

La t-shirt che indossa aderisce perfettamente al suo corpo e sono costretta a deglutire quando i miei
occhi si posano sui suoi pettorali scolpiti.
«Adesso? Bene, perché?».
Le sue labbra rosse si inarcano in un sorriso diabolico, «Hai detto che stavi male, prima».
Oh.
Vero.

«Certo. Prima. Adesso… Adesso sto alla grande», sollevo il pollice e poi corrugo la fronte nel notare che indossa un paio di jeans.
Non stava dormendo?
«Sei uscito dopo cena?», lo chiedo senza pensarci due volte e lui annuisce. «Sì. Avevo da fare», detto questo, avanza a grandi passi verso di me ed il mio stomaco si contorce
quando si ferma al mio fianco e si abbassa per arrivare all’altezza del mio orecchio, «Con quel dizionario riusciresti ad ammazzare solo le mosche», sussurra e mi sento avvampare.

Che figura di merda.
«Ho trovato solo questo in camera», mi schiarisco la voce e fisso le mie ciabatte, incapace di alzare lo sguardo.
«Metti una padella sotto il letto», consiglia, «O un cacciavite. Non si sa mai».
E adesso ho i brividi.

🌺🌺🌺

«Non avrò mai una laurea. Mai. Ingegneria non fa per me. Ho il cervello bloccato, chiuso, completamente fulminato come una lampadina vecchia! Forse dovrei cominciare a fare qualcos’altro. Sì. Dovrei cercarmi un lavoro», cammino avanti e indietro per il corridoio semivuoto della facoltà di medicina e passo nervosamente una mano tra i capelli.

Michela, seduta sul pavimento e con un sandwich al prosciutto in mano, mi segue con lo sguardo e poi sospira, «Okay, okay. Calmiamoci», mormora e fa un cenno col capo in direzione delle mattonelle chiare, «Siediti e raccontami che cosa è successo».
Punto i miei occhi blu nei suoi grigi e cerco di farle capire i motivi della mia crisi nevrotica: «Stanotte non ho dormito bene», comincio mentre prendo posto al suo fianco.

«E questo ti ha fatto capire che devi abbandonare gli studi?», inarca un sopracciglio.
«No», ringhio, «Ti sto raccontando l’inizio della mia giornata pietosa»
«Va bene»
«Mi sono svegliata nel pieno della notte perché Mattia è andato a sbattere contro il mobiletto che c’è in corridoio»
«Ehm, okay?»
«Tu lo hai sentito uscire ieri sera?»
«No, ma cosa c’entra tutto questo con te?», sembra ancora più confusa.
E in effetti fa bene ad esserlo.

«Nulla. Solo… Ho avuto paura. Pensavo ci fossero dei ladri e ho preso un dizionario di latino per difendermi»
«Un dizionario di latino?», trattiene una risata e scuote la testa.
«Sì. È tutto quello che ho trovato. Comunque, mi ha detto una cosa, poi, che mi ha messo ansia»
«E sarebbe?»
«Mi ha detto di mettere una padella sotto il letto. O un cacciavite perché non si sa mai».
Silenzio.

Michela continua a guardarmi come se fossi una squilibrata e annuisce lentamente, «E quindi?»
«Sono cose da dire nel pieno della notte alla tua nuova coinquilina? Cristo Santo, mi ha fatto venire in testa un sacco di paranoie!»
«Ti stava solo prendendo in giro. Anch’io lo avrei fatto. Chi volevi spaventare con un dizionario in
mano? L’ignoranza?».
Ah.
Ah.
Ah.

«Questo tipo non mi convince», sentenzio, «Non ha detto niente di personale durante tutta la cena, lo hai notato?»
«Anche noi siamo per lui degli sconosciuti, sai? Cosa avrebbe dovuto dire? E si può sapere cosa c’entra tutto questo con i tuoi studi?»
«Per colpa dell’ansia che mi ha messo addosso non sono riuscita a dormire per tutta la notte e stamattina mi sono addormentata. E sai cosa avevo da fare stamattina?»
«Cosa?»
«Dovevo vedermi con il professore di analisi per dei chiarimenti prima dell’esame. Chiarimenti che non avrò mai perché ero troppo impegnata a dormire! Non passerò l'esame un’altra volta», piagnucolo e Michela sospira, quindi mi porge il suo sandwich e accarezza la mia testa come si fa con un cucciolo di cane.

«Ti stai facendo prendere dal panico», mormora, «Sta tranquilla. Riuscirai ad incontrare il professore e supererai quell’esame»
«Mi boccerà per la settima volta», continuo.
«Non lo farà», poi si schiarisce la voce e ride nervosamente, «C’è Mattia».
Ed il mio cuore ha un leggero sussulto.
Corrugo la fronte e mi giro di scatto in direzione della luminosa entrata, «Che ci fa qui?», bisbiglio, «Lui non studia medicina!»
«È venuto a ridarmi le chiavi. Gliele ho prestate per farne una copia», quindi smette di parlare e balza in piedi quando il ragazzo si ritrova a pochi passi da noi.

Lui accenna un sorriso e non mi degna nemmeno di un’occhiata.
Porge le chiavi a Michela e si passa una mano tra i capelli castani, «Grazie», le dice, «Sto tornando a casa. Ti serve un passaggio?»
«Che gentile!», lei si gira a guardarmi e sgrana gli occhi.
Vuole mandarmi un messaggio che io non riesco a decifrare.

«Però devo rimanere qui per ancora altre due ore. Adele, invece, accetterà il tuo passaggio. Sai, deve subito tornare a studiare».
Mattia adesso punta le sue iridi scure su di me ed inarca la testa da un lato, «Andiamo?»
«Ehm, no, tranquillo. Vado a piedi. Devo pure fare la spesa!»
«La spesa!», Michela sta urlando, «Potete andare insieme! Così Mattia può aiutarti a portare a casa le cassette d’acqua».
Silenzio.

Il ragazzo continua a fissarmi senza proferire parola ed io adesso mi sento un po’ agitata.
Ha qualcosa di cattivo nello sguardo che non mi convince.
Ed il mio sesto senso mi consiglia di non fidarmi di lui.
«Se per te non è un problema», aggiunge Michela e Mattia scuote la testa, «Nessun problema»
«Perfetto allora. Andate», e farfuglia delle parole a bassa voce mentre afferra il mio braccio per aiutarmi a mettermi in piedi.

Mi strappa dalle mani il sandwich ed io passo una mano sui jeans per ripulirmi dalla polvere, quindi punto i miei occhi in quelli neri di Mattia e ancora una volta una strana sensazione mi colpisce come un pugno allo stomaco.
Lui non mi piace.
Non è una buona persona.
Ne sono sicura.
«Possiamo andare?», mi fissa dall’alto ed io annuisco con poca convinzione.
«Andiamo».

E approfitterò di questo momento per indagare.
Dimostrerò a Michela di avere ragione.
Costi quel che costi.
Santa Rosalia, tu però veglia su di me, mi raccomando.
Amen.

Buon pomeriggio e buon primo dell'anno! 🌺
Come state passando questo primo giorno del 2019?
Io lo sto dedicando alla scrittura e alle serie tv 🎉🤷‍♀️
So che questa storia non viene aggiornata da un po', ma quando Fammi un Cocktail sarà finita avrà la massima priorità e ci saranno aggiornamenti più frequenti.
(Inoltre sarò libera dagli esami, quindi potrò scrivere molto di più).
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ovviamente siamo ancora all'inizio della storia, ma spero che vi appassioni fin da subito.
Adele avrà ragione su Mattia? 😈
Adesso vi lascio.
Un bacio e buona giornata ❤️🌺

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