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15. Bella da fare male.

Fisso la scritta sul post-it e comincio a tremare.
Sta attenta.
Da cosa?
Da chi?
Non riesco a trattenere una lacrima che sfugge dal mio occhio e attraversa in fretta la mia guancia, seguita subito dopo da un'altra.
Stringo i pugni e cerco di mantenere lucida la mia mente.

«Dove sei?», sto urlando, in preda al panico.
Colpisco tutte le porte dei bagni con un calcio e continuo a guardarmi intorno, spaesata e confusa.
Ci sono solo io qui.
Il mio cuore martella forte nel petto, la mia vista è appannata e le mie gambe stanno per cedere quando corro in fretta al tavolo dei miei amici.
Il primo ad accorgersi del mio grave turbamento è Mattia, che non appena punta i suoi occhi scuri sul mio viso, balza in piedi e si avvicina a me.

«Che è successo?», afferra il mio volto tra le sue mani e sto davvero cercando di formulare una frase di senso compiuto, ma sono troppo impaurita per farlo.
Dietro di lui si piazzano subito Luca e Daniele, anche loro curiosi di sapere cos'è che ha provocato le mie lacrime.
«C'era un post-it», riesco a dire, «Sullo specchio. Sta attenta. Qualcuno ce l'ha con me», comincio a guardarmi intorno e la mia testa gira.
Osservo le facce di tutti, i ragazzi che ridono nei tavoli vicini, la barista, un gruppo di amiche intente a ballare.
C'è troppa confusione.
Dentro e fuori dalla mia testa.

Mattia molla la presa sulle mie guance e cammina a grandi passi in direzione del bagno.
Luca morde il suo labbro con forza prima di seguirlo in fretta.
«Si può sapere cosa è successo?», è Michela a parlare mentre prendo posto accanto a lei.
Martina mi porge un bicchiere d'acqua e la mia mano continua a tremare mentre bevo a grandi sorsi il liquido fresco.
«C'era un post-it sullo specchio. C'era scritto che devo stare attenta», ripeto ancora ed un nodo si forma in gola quando Mattia torna da noi, il pezzetto di carta giallo tra le dita.

Si abbassa all'altezza del mio viso e mi inchioda con lo sguardo: «Hai visto qualcuno, in bagno?»
«N-no, c'ero solo io»
«Sei sicura?», insiste, sembra arrabbiato.
«Certo che sono sicura!», strillo e allora decide di lasciarmi andare.
Si guarda intorno e sospira rumorosamente prima di cominciare a fare lo slalom tra la gente per cercare chissà chi.
Anche Luca sembra essere sparito nel nulla.

«Forse non era rivolto a te», mormora Martina, visibilmente spaventata, «Forse era lì già da prima»
«Non c'era», piagnucolo, «Era per me»
«Chi dovrebbe farti una cosa del genere, Adè?», Michela deglutisce e picchietta le dita contro il tavolo.
«Non lo so!», mi alzo e provoco un fastidioso rumore con la sedia.
«Dov'è Luca?»
«Sono qui», il mio amico sbuca alle mie spalle, preoccupato e con l'espressione maledettamente seria.

«E Mattia? Dov'è andato?», mordo le mie dita e mi sollevo sulle punte dei piedi per riuscire a vedere meglio tra la folla.
«Non lo so», ammette, «Cerca di tranquillizzarti»
«Qualcuno mi segue, Luca. Ne sono sicura. Quel post-it ne è la prova evidente. Non sono paranoica», i miei occhi si riempiono di lacrime e Daniele si affretta a porgermi un fazzolettino.

I miei amici mi fissano silenziosamente senza dire una parola, poi Mattia ci raggiunge e fa un cenno col capo in direzione dell'uscita: «Torniamo a casa, okay?».
Aspetta un mio consenso e sussulto quando afferra il mio polso e mi trascina letteralmente fuori dal locale.
L'aria fresca della sera mi fa rabbrividire e continuo a tirare su col naso.
I miei amici, alle nostre spalle, stanno cercando di tenere il nostro passo veloce.

«Sicura di non aver visto nessu-», Mattia parla all'improvviso, le sue dita stanno ancora stringendo il mio esile polso.
«Sono sicura», lo interrompo e strozzo un urlo quando mi abbandona sul ciglio della strada e corre in direzione della sua moto.
Un ragazzo con il cappuccio di una felpa in testa è seduto sul marciapiede e si alza di scatto quando il mio coinquilino lo raggiunge con due grandi falcate.

Il moro solleva il pugno e lo blocca, sfilandogli immediatamente il cappuccio dalla testa.
Lo sconosciuto chiude gli occhi e aspetta di ricevere qualche tipo di violenza, ma Mattia lo lascia andare immediatamente e scuote la testa: «Scusa», gli dice, «Pensavo fossi qualcun altro».
Il povero malcapitato non risponde nemmeno, cerca di scacciare via la paura e si allontana da noi correndo.

«Ma che ti è preso?», è Luca a parlare mentre Mattia continua a respirare in modo affannato.
Afferra un casco e me lo porge: «Pensavo fosse il suo ex», parla sinceramente.
«Marco non farebbe mai una co-»
«Non me ne frega un cazzo della tua opinione», ringhia e Luca schiude le labbra.
Non si aspettava una risposta del genere.
E nemmeno io.

«Forse siamo un po' troppo scossi, eh?», è Daniele a parlare, «Magari è stato semplicemente un caso. Ci sarà una spiegazione»
«Andiamo a casa», sono io a rispondere.
Forse mettere il pigiama e sistemarmi sotto le lenzuola mi calmerà un po'.
Forse è stato davvero un caso.
Ci sarà una spiegazione, mi dico.
Sicuramente.

«Torni con me?», Daniele si stringe nelle spalle e annuisco, ma qualcuno ha qualcosa da ridire a riguardo.
«Torna con me», tuona Mattia, «Viviamo insieme. Non c'è bisogno che tu faccia della strada in più per accompagnarla», detto questo, salta sulla sella e aspetta che io lo raggiunga sulla moto.
Faccio una smorfia e mi sforzo di fare un sorriso a Daniele, «Noi ci vediamo domani, okay?».
E Mattia non aspetta nemmeno una risposta del mio amico perché decide di partire senza degnare gli altri di un saluto.
Ma cosa diavolo gli prende?

Mi stringo di più al suo addome e cerco di mandare via le lacrime.
Sono terrorizzata.
E se davvero qualcuno volesse farmi del male?
Perché, poi?
Cosa ho fatto?
«A cosa pensi?», Mattia parla a voce alta per farsi sentire.
«A niente», mento.
«Va bene», risponde, «Ti sento tremare, Adè. Non avere paura. Era solo un post-it del cazzo»
«Forse era uno scherzo di cattivo gusto», propongo, anche se non credo a questa ipotesi.
Lo faccio per la mia sanità mentale.
«Può darsi», Mattia cerca di rincuorarmi, ma anche lui non sembra tranquillo, «O forse non era rivolto a te»
«Lo spero», premo la guancia contro la sua schiena e mi concedo un respiro profondo, poi un altro.
«Lo spero anch'io».

Fa lo slalom tra le macchine bloccate nel traffico e osservare le strade caotiche di Palermo, sotto il cielo stellato e sereno, in qualche modo mi tranquillizza.
La mia agitazione torna prepotentemente quando Mattia ferma la sua moto davanti al garage in cui ho pranzato insieme ai suoi amici.
La strada è buia e silenziosa e mi muovo nervosamente sul sedile.

«Che facciamo qui?»
«Cerchiamo di rilassarci, mh?», scrolla le spalle e mi aiuta a liberarmi del casco. Le sue dita sfiorano la mia pelle e ho un leggero sussulto nel momento in cui lascia una delicata carezza sulla mia guancia: «Asciughiamo queste lacrime», borbotta poi, passando i pollici sul mio volto bagnato.
Un dolce sorriso aleggia sulle sue labbra rosse, «Adesso mi fai vedere I dentini», arriccia il naso e le mie labbra si inarcano in modo spontaneo.

«Ecco. Così va meglio», lascia un'ulteriore carezza sul mio viso e subito dopo mi regala un bacio sulla guancia, «Adesso entriamo. Ci sono gli altri, okay? Sta tranquilla», mi aiuta a scendere dalla moto e la mia pelle si riempie di brividi quando lascia intrecciare le nostre dita.
E per un attimo vedo solo le nostre mani unite.
Mi scordo del post-it, della paura, del cuore che batte ad una velocità inaudita.

«La gonna», mormora lui mentre si abbassa per tirare su la porta metallica del garage.
«Come, scusa?»
«Abbassa la gonna. È salita sulle gambe. Andrea ci lascia le penne, se entri così».
Le guance vanno a fuoco e sistemo immediatamente il mio vestitino sotto lo sguardo attento del mio coinquilino.
Quando si assicura che tutto sia al proprio posto, apre la porta e subito si sentono due voci maschili che sto imparando a riconoscere: Andrea e Luigi.

I due sono stavaccati sul divano intenti a bere una birra; in tv stanno trasmettendo un documentario sulle balene ed i due sembrano piuttosto interessati.
Il primo a girarsi verso di noi è Andrea che, dopo aver posato gli occhi su di me, lancia un'occhiata alla bottiglia che tiene tra le mani e si stringe nelle spalle: «Era forte, la birra»
«Prima che tu possa dire altro, sappi che è vera. In carne ed ossa», Mattia interrompe subito i deliri del suo amico che scoppia in una risata.

«Lo so, lo so. Stavolta stavo scherzando. Ciao, Adè!», mi fa ciao con la mano e anche Luigi mi saluta con un radioso sorriso.
Mi sforzo di ricambiare e rimango immobile mentre Mattia afferra un sacco della spazzatura e comincia a camminare per la stanza per fare pulizia di bottiglie vuote e cicche di sigarette.
«È un porcile», si lamenta il moro, «Potreste dare una ripulita, ogni tanto»
«Tu lo fai meglio», ribatte Luigi e si becca una brutta occhiata da parte del mio bel coinquilino.
«Avevamo intenzione di pulire», borbotta Andrea, «Ma poi è iniziato questo documentario sulle balene e tutto è passato in secondo piano».

Mattia trattiene un sorriso divertito e lancia due bottiglie nella spazzatura, poi punta i suoi occhi nei miei: «Siediti pure, Adè. Andrea non morde», fa un cenno col capo in direzione del divano ed il biondo si difende: «Mordo, all'occorrenza»
«Intanto vedi di stare a cuccia. Mordo pure io», e la risposta di Mattia pone fine al dibattito.
«Vuoi una birra, Adè? Un pezzo di pizza?», Luigi si avvicina al frigo ed ispeziona attentamente tutto ciò che ha da offrirmi, «C'è anche la crostata al cioccolato che ha fatto la nonna di Andrea. Te la consiglio vivamente»
«Io ne voglio un pezzo», dice Andrea.
«Pure io», mormora Mattia.
«Tu, Adè?», Luigi mi guarda e mi stringo nelle spalle: «E crostata sia».

Mezz'ora dopo siamo tutti e quattro sul divano, la pancia piena ed una birra tra le mani.
Mattia, seduto accanto a me, assottiglia gli occhi mentre accende una sigaretta e soffia il fumo fuori dalle labbra.
Osservo questo suo gesto come incantata e, con un movimento che non riesco a controllare, gli sfilo la sigaretta dalla bocca e faccio un tiro.
Mattia si gira di scatto verso di me e decide di riappropriarsene: «Non stavi cercando di smettere, tu?»
«Lasciami fumare», piagnucolo e lui scuote la testa.

«No»
«Dai, Mattì»
«Resisti», detto questo, strizza l'occhio e si concentra sull'ennesimo documentario che stanno trasmettendo.
Coccodrilli.
Stiamo guardando un documentario sui coccodrilli.
E di solito queste cose mi annoiano a morte, ma riuscirei a guardare documentari per tutta una notte, accanto a Mattia Caruso.

«Ma cosa cazzo stiamo guardando?», il mio coinquilino fa una smorfia quando alla TV mostrano la ferita di un uomo che è stato aggredito da un feroce coccodrillo.
«Non lo so», commenta Luigi e afferra il telecomando, mettendolo nelle mie mani.
Si alza e sorride, seguito a ruota da Andrea che passa una mano sui suoi pantaloni sgualciti: «Noi andiamo. Domattina c'è l'esame di chimica»
«Prega per noi», aggiunge Andrea e mi scappa una risata.
«Ci vuole un miracolo», dice Mattia.
«Sei un bastardo. Non fare pressione psicologica, okay? Andrà tutto bene», Luigi si abbassa all'altezza del mio viso per lasciare un bacio sulla mia guancia e Andrea fa lo stesso.

I due amici ci salutano ed una brutta sensazione prende possesso del mio corpo quando la porta del garage si chiude e cala il silenzio.
Siamo soli.
Mattia riduce gli occhi a due fessure e soffia ancora una volta il fumo fuori dalla bocca: «Come stai?».
Mi schiarisco la voce e mi allontano un po' dal suo corpo, sistemandomi sull'estremità opposta del divano.
«Bene, credo. Va meglio»
«Okay. Hai avvisato Luca del fatto che sei con me?»
«Gli ho inviato un messaggio», lo informo.
Silenzio.

«Va bene», spegne la cicca nel posacenere e si stiracchia un po' prima di sistemare meglio la testa su un cuscino.
Studia ogni dettaglio del mio volto e picchietto le dita sulle mie ginocchia nude per scaricare la tensione.
«Avvicinati», mormora, «Che fai così lontana?»
«Sono comoda così», ribatto in fretta.
La verità è che stare a pochi millimetri dal suo corpo, adesso che siamo soli, mi farebbe un certo effetto.
Sento caldo da lontano, figuriamoci da vicino.

«Vabbè. Mi avvicino io», quindi rimango come paralizzata quando cambia lato e viene a sdraiarsi accanto a me, la testa poggiata sulle mie cosce.
Gesù, Giuseppe e Maria.
«Marco ti ha inviato altri messaggi? Ti ha cercata altre volte?», osserva un punto a caso nel vuoto, come se stesse cercando di risolvere un difficile problema.
«No. È come sparito nel nulla»
«Mh»
«Non credo sia stato lui», lo informo, «Marco è davvero un tipo con la testa a posto»
«Okay», stranamente non ribatte.

Cala il silenzio e mi guardo intorno per diversi minuti, poi decido di parlare: «È carino, questo posto»
«È la casa di tutti», si limita a dire, «Qui dentro ci troverai sempre qualcuno. Andrea, ad esempio, vive praticamente qui. C'è la sua sagoma sul divano», e accenna un adorabile sorriso.
«Mi piace», commento mentre osservo le lucine colorate appese al muro, «E anche i tuoi amici non sembrano male»
«Andrea si è preso una cotta per te», m'informa, «Dice che somigli ad una Dea greca. Per questo crede che le tue siano apparizioni divine. Io e Luigi continuiamo a prenderlo in giro, fingendo di vederti in giro per il garage».

Scoppio a ridere e scuoto la testa: «Non siete normali»
«Parla per te», borbotta e deglutisco rumorosamente nel momento in cui passa un dito sulla mia gamba.
Questo gesto mi provoca una marea di brividi, ma fingo di mantenere le calma.
«Come vi siete conosciuti?»
«Non lo ricordo», dice semplicemente, «Siamo amici da una vita. Abbiamo fatto anche l'asilo, insieme»
«Anche loro vengono da Catania, quindi?»
«Già», solleva il busto e allunga il braccio in direzione del piccolo tavolino per afferrare una sigaretta e l'accendino.

«Fumi un sacco», lo rimprovero.
«Mamma? Sei tu?», strabuzza gli occhi e finge un'espressione confusa.
«Che idiota», farguglio ed infilo le dita tra i suoi capelli morbidi quando torna a poggiare la testa sulle mie cosce.
Soffia il fumo fuori dalla labbra rosse e torna ad accarezzare la mia gamba con un dito.
Sento le guance in fiamme, giuro.
Rimaniamo immobili per istanti che sembrano interminabili, accompagnati da una strana quiete che viene interrotta dal suono del mio cellulare.
È Salvo.

Mi schiarisco la voce e cerco di assumere un tono rilassato e allegro.
Non voglio farlo preoccupare.
Spintono un po' Mattia e mi alzo dal divano, concedendomi un respiro profondo prima di rispondere.
«Salvo», lo saluto allegramente, camminando avanti e indietro per la stanza.
Il mio coinquilino, intanto, studia il mio corpo e segue ogni mio movimento.

«Piccolo cervo», mi saluta lui, «Che stai facendo?»
«Oh, ehm, niente», farguglio e mi schiaffeggio la fronte.
Che diavolo mi prende?
Non so più parlare?
«Niente?»
«Niente», ripeto.
«Mh, okay. Ti chiamo per ricordarti che sabato è il compleanno di papà»
«Lo ricordavo da sola», borbotto.
«Pensavo di organizzare una festa a sorpresa», continua lui, «Mi farò aiutare da Giordana».

Un sorriso diabolico compare sulle mie labbra, «Non farla arrabbiare, mi raccomando»
«Ne approfitterò per rubarle due o tre baci», m'informa.
«Al massimo ricevi due o tre pugni in faccia. La conosciamo entrambi»
«Cederà», borbotta, «Lascia fare»
«Va bene»
«Tu occupati del regalo», dice poi, «Ci sentiamo domani, okay? Buonanotte piccola alce»
«Ti odio», e riattacco mentre lui ride.

Lancio il cellulare nella mia borsetta e torno a sedermi sul divano.
A debita distanza da Mattia.
«Quanto sei ricercata?», è lui a parlare, «Salvo, Daniele, Davide, Marco...»
«Ti sei segnato i nomi?», lo prendo in giro.
«Tutti sul mio libro nero», ribatte, un sorrisetto divertito stampato sulla bocca.

«Salvo è mio fratello», spiego.
«Lo cancello dalla lista, allora», mormora, «Vieni più vicino. Di che hai paura, Adè?».
Le sue parole mi provocano un brutto formicolio allo stomaco e cerco di assumere un'espressione poco sconvolta: «Di niente»
«E allora perché mi eviti come la peste bubbonica?»
«Non ti sto evitando», rido nervosamente e mi avvicino di più a lui, dunque mi si mozza il fiato in gola nel momento in cui circonda le mie spalle con un braccio, facendomi arrivare alle narici il suo profumo dolce.

«Ti senti un po' più tranquilla?», sussurra al mio orecchio ed il mio stomaco fa le capriole nel sentire le sue labbra sfiorare il mio lobo.
«Sì», ammetto, «Va decisamente meglio».
A parte il fatto che il tuo corpo spalmato addosso mi sta uccidendo, ovviamente.
«Vuoi tornare a casa?»
«Torniamo quando vuoi tu», rispondo, «Non ho impegni, domattina»
«Nemmeno io», allunga le sue gambe e mi tira giù sul divano, facendomi sdraiare completamente addosso a lui.
La mia testa è premuta contro il suo petto e chiudo gli occhi mentre ascolto il battito del suo cuore.

Sento lo sguardo del moro addosso e mi sfugge un sospiro quando passa delicatamente un dito sul mio braccio. «Martina si starà chiedendo che fine abbiamo fatto», borbotta e mi scappa una risata.
«Conoscendola, starà aspettando il nostro ritorno»
«In piedi e pronta per darti una sprangata sui denti», aggiunge ridendo, «Sabotatrice seriale di piani di rimorchio».

Lascio un pizzicotto sul suo fianco ed il suo torace si abbassa e si alza velocemente sotto la mia testa.
Come un gesto spontaneo, allaccio le braccia attorno alla sua vita e mi stringo più a lui che, in tutta risposta, lascia un bacio tra i miei capelli.
«Adè», sussurra.
«Cosa?»
«È meglio tornare a casa», deglutisce e mi spintona delicatamente per alzarsi dal divano.
Controvoglia, anch'io balzo in piedi e sistemo la gonna sulle gambe.
A Mattia non sfugge questo gesto ed i suoi occhi saettano immediatamente sulle cosce, poi sul mio viso.

Sospira e si gira di spalle per spegnere la TV: «Sei così bella da fare male, Adè. Come cazzo ha fatto, quello lì, a traditi, non me lo spiego proprio».
Le guance si colorano di rosso in fretta e la situazione peggiora quando punta le sue iridi scure dentro le mie.
«Evidentemente cercava altro», è tutto quello che riesco a dire.
Il moro fa una smorfia e si stringe nelle spalle: «Evidentemente non meritava di averti accanto»
«Sicuro», confermo mentre ci avviciniamo alla porta.
Mattia spegne tutte le luci e chiude a chiave il garage; mi porge il casco e cala il silenzio quando entrambi notiamo un post-it giallo attaccato alla sella, accompagnato da un petalo di girasole.

Mattia afferra in fretta il biglietto mentre io, con le gambe tremanti, guardo a destra e a sinistra per riuscire a scorgere la presenza di qualcuno.
«Ti vedo», legge ad alta voce lui, piuttosto sconvolto.
Ma io non lo sento più.
Mi manca il fiato.
Il cuore pulsa forte.
La vista si annebbia.
Poi il vuoto.

Buonasera!
Come state?
Spero bene.
State studiando o avete finito la scuola e vi state godendo le vacanze?
Io, come sempre, studio disperatamente sognando un Cocktail ghiacciato.
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e tutte le ipotesi che avete. Mi diverto un sacco 😍😍
Un bacione.
😈

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