12. Un debole per i sorrisi.
«Dobbiamo per forza aspettare quel caso umano per ordinare un benedetto caffè?», Mattia picchietta nervosamente le dita contro il tavolino rotondo e mi lancia una veloce occhiata.
«Sì», confermo, «Abbi un po' di pazienza. Sta arrivando»
«Ho sonno»
«Sta arrivando», ripeto ancora, ormai stanca di sentire le sue lamentele.
«Ho pure fame», continua lui, «Non potevi trovare qualcun altro da portare con te?».
Punto i miei occhi nei suoi e scuoto la testa.
Ci troviamo in un bar vicino alla cittadella universitaria e stiamo aspettando Marco da quasi quindici minuti.
Ha avuto un contrattempo.
«No. Tu mi hai messo ansia e tu adesso rimani qui a difendermi».
Il moro passa la mano tra i suoi capelli scompigliati e poi comincia a giocherellare con un portatovaglioli.
Cerco di ignorarlo, ma il fastidioso rumore che produce, unito all'agitazione che mi provoca l'attesa del mio ex, mi sta facendo diventare pazza.
Gli strappo l'oggetto dalle mani e lo poggio con forza lontano da lui.
Mattia mi fissa, confuso e al tempo stesso divertito.
Arriccia le labbra e cerca di trattenere una risata: «Mi sbagliavo», dice.
«Su cosa?»
«Sei tu quella malata nella testa. Il tuo ex è una povera vittima».
Silenzio.
Decido di ignorare le sue parole e continuo a guardarmi intorno, ma sento il suo sguardo addosso e mi giro di scatto: «Che hai da guardare?»
«Ho una domanda», passa la lingua sulle sue labbra rosse e assume una postura più rilassata, «Siamo qui perché vuoi chiudere con lui una volta per tutte o perché vuoi riprendertelo?»
«Ma che domanda è? Siamo qui per lasciarlo in modo drastico e definitivo»
«Mh», questa è la sua risposta.
«Mh?»
«Perché ti sei messa in tiro, allora?»
«Non mi sono messa in tiro», borbotto, «Ho solo indossato una bella camicia dentro ad un paio di jeans»
«Con tanto di collana, orecchini e profumo allo zucchero filato. Ti sei messa in tiro»
«Deve vedere ciò che ha perso e mangiarsi le mani», cedo ed esprimo il mio reale pensiero.
Mattia mi guarda a lungo, studia ogni dettaglio del mio volto e annuisce con un'espressione seria: «Ha perso tanto. Credimi».
Le mie guance si colorano di rosso e mi ritrovo ad evitare la sua occhiata.
«Grazie»
«È ciò che penso», ribatte.
Sto per aggiungere altro, ma l'arrivo del mio stupido ex interrompe il momento.
Lo ammetto, lo sto odiando ancora di più, se possibile.
Marco cammina a grandi passi verso di me e schiude le labbra quando si accorge del mio accompagnatore che lo sta salutando con un sorriso malvagio stampato sulla bocca.
«Che voglia irrefrenabile di prenderlo a pugni», sussurra Mattia al mio orecchio e drizzo la schiena.
«Sei qui per difendermi da eventuali violenze», bisbiglio, «Non per provocarle».
In tutta risposta sbuffa sonoramente.
Spero se ne stia con le mani al proprio posto.
«Sei seria? Sei venuta con lui?», queste sono le prime parole che Marco mi rivolge non appena prende posto proprio davanti a me.
«Preferivi una cenetta a lume di candela? Solo io e te?», è Mattia a ribattere e mi ritrovo a pestargli il piede per poi ammonirlo con lo sguardo.
Manteniamo la calma.
«Perché è qui?», Marco ignora il mio coinquilino e si rivolge a me.
«Abbiamo un impegno, dopo. Quindi sbrighiamoci»
«Che impegno avete, voi due?»
«Dobbiamo andare a comprare la carta igienica, okay? Dobbiamo dirti tutto? Fatti gli affari tuoi», stringo i pugni mentre Mattia cerca di camuffare una risata con dei finti colpi di tosse.
Non ci stai riuscendo, Mattì.
Sappilo.
«Va bene», Marco si concede un respiro profondo.
Sembra sul punto di esplodere.
Le sue labbra continuano ad essere serrate ed un'espressione dura è dipinta sul suo volto solitamente dolce e rilassato.
«Da dove cominciamo?», poggio i gomiti sul tavolo ed inarco la schiena in avanti.
Marco deglutisce rumorosamente, «Comincio dal chiederti scusa», mormora, «E voglio subito dirti che sono un totale idiota»
«Mi trovo d'accordo», Mattia conferma e gli assesto una pedata sullo stinco.
Il moro mi fulmina con lo sguardo e sobbalzo quando stringe la mia coscia con una mano. Le sue dita premono sulla mia carne per dei brevi istanti.
Una sorta di vendetta, la sua.
Una stretta veloce, fugace e quasi impercettibile.
Quasi, però.
Perché io l'ho sentita eccome.
«Deve stare tutto il tempo qui!?», Marco sta perdendo la pazienza, «La situazione è già complicata»
«Colpa tua», Mattia continua a riempirlo di risposte pungenti ed il mio ex sospira rumorosamente.
«Per favore, Adele, ho bisogno di parlarti», afferra la mia mano e la stringe.
Nei suoi occhi color nocciola leggo una grande tristezza e... Disperazione, direi.
Ma non può essere.
Forse sono solo io ad immaginarlo.
«Mi fai quasi pena», il mio coinquilino si alza e lo guarda dall'alto, poi mi scompiglia un po' i capelli e sistema una sigaretta tra le labbra: «Vado a fumare», mi dice, «Sono all'ingresso, se hai bisogno di qualcosa».
Una inaspettata agitazione mi colpisce allo stomaco come un pugno, ma cerco comunque di assumere un'espressione rilassata: «Va bene».
Mattia adesso schiocca una brutta occhiata a Marco: «Tu vedi di stare al tuo posto», gli dice, «Ti tengo d'occhio».
Poi se ne va.
Fisso le sue spalle larghe che si allontanano ed il mio cuore sembra voler uscire dalla gabbia toracica mentre uno strano senso di vuoto comincia a farsi sentire con prepotenza.
E lo ammetto, si stava meglio quando lui era qui con me.
Continuo ad osservarlo fino a quando non si ferma all'esterno del bar dove posso vederlo grazie all'ampia vetrata. Accende la sua sigaretta, assottiglia un po' gli occhi e soffia il fumo fuori dalle labbra rosse; si gira a guardarmi ed io mi sento sprofondare.
Beccata.
Mi fa l'occhiolino e solleva il pollice, l'espressione che sembra dirmi "è tutto okay, sono qui. Sta tranquilla".
E allora io mi calmo un po', stringo i pugni e torno a sfidare Marco con lo sguardo.
«Sarò breve», comincio, «Tra me e te è finita. Punto. Fine della storia. Da adesso in poi niente più chiamate, niente più sorprese o visite inaspettate. Sono stata chiara?»
«Ma-»
«Sto cercando di rifarmi una vita e andare avanti. Per quanto possa sembrarti assurdo, anch'io ho un cuore e sto soffrendo per tutto il male che mi hai fatto. Se davvero mi ami, lasciami in pace».
Marco si schiarisce la voce e continua a stringere la mia mano, «Mi ami ancora, Adele? Dimmelo, mi ami? Perché se dentro di te c'è ancora un briciolo di amore, sappi che non mi arrenderò e farò di tutto per farti capire che mi sono amaramente pentito di ciò che ho fatto»
«Lascia stare, Marco. Hai tradito la mia fiducia. La nostra storia è giunta al termine», quindi provo ad alzarmi e sussulto quando mi tira giù, costringendomi a stare seduta.
Oh, merda.
La mia uscita teatrale è stata rovinata.
Lancio un'occhiata a Mattia e trattengo un urlo di frustrazione nel trovarlo impegnato a chiacchierare con una ragazza.
Mattì, dannazione, ti pare il momento di rimorchiare?
«Si può sapere perché continui a guardare il tuo coinquilino? È come se tu avessi...», Marco smette di parlare ed inarca un sopracciglio, «Hai paura, Adè? Hai paura di me? Lo hai portato per questo?».
Sgamata.
Rido nervosamente e la mia schiena sbatte contro lo schienale della sedia, «Paura di te? Ma che dici? Perché dovrei avere paura di te?», a parte il piccolo particolare che mi ha riferito Mattia.
«Non lo so, Adè», continua a stringere la mia mano, «Perché sei venuta con lui?»
«Te l'ho detto. Abbiamo da fare, dopo»
«Va bene», sembra credermi e rilassa le spalle.
Una cameriera interrompe il momento e ne approfitto per allontanare la mia mano da quella di Marco.
«Cosa vi porto?»
«Per me un caffè», risponde lui.
«Anche per me», dico, «E ne porti uno anche a quel ragazzo lì fuori», indico il mio coinquilino e la ragazza sorride.
«Parli di Mattia?».
Lo conosce, ovviamente.
Ti pareva.
«Sì, proprio lui», borbotto e la seguo con lo sguardo mentre si allontana.
«Tornando a noi», il mio ex si schiarisce la voce, «Ero ubriaco, quella sera. Sai che non avrei mai fatto una cosa del genere da sobrio»
«L'alcool ti fa cadere la maschera, evidentemente»
«Ma quale maschera, Adè? Mi conosci!»
«No», ribatto immediatamente, «Non ti conosco affatto. E non cercare di dare la colpa all'alcool, Marco. Non provarci nemmeno. Ti ricordo che vi scambiavate dei messaggi già da prima»
«Ma erano messaggi innocenti, Adele!», cerca di difendersi e la cameriera sorride in imbarazzo mentre poggia le tazzine sul tavolo.
«Innocenti un corno. Non sono nata ieri», bevo il caffè in fretta e la mia lingua brucia a contatto con il liquido caldo.
Aia.
«Davvero non vuoi sapere più niente di me?»
«Davvero», confermo e mi alzo, quindi sistemo la borsa sulla spalla e lo fisso dall'alto, «Sparisci dalla mia vita, okay?».
Cerca di afferrare nuovamente la mia mano e sussulto quando Mattia lo blocca, mettendosi in mezzo tra di noi, «Tempo scaduto», gli dice, un sorriso malizioso stampato sulle labbra.
«Senti, Mattia...», anche Marco adesso si alza e poggia dei soldi sul tavolo, «Cerca di stare lontano da ciò che non ti appartiene».
Il moro non si scompone: nessun tipo di espressione è stampata sul suo volto.
Come se si aspettasse già una frase del genere.
«Ciò che non appartiene a me o a te?».
La sua risposta sembra colpire Marco come un pugno e lo osservo mentre schiude le labbra.
Colpito e affondato.
Sessanta minuti di applausi per Mattia.
«Si è fatto tardi!», annuncio e spingo il mio coinquilino in direzione dell'uscita.
Marco ci segue silenziosamente, sul volto è ancora visibile la sua confusione.
Conoscendolo, si starà già facendo trecento film.
«Ciao, Marco!», lo saluto.
«Ciao, Marco!», Mattia solleva la mano e muove le dita: lo saluta nel modo più odioso possibile.
Si impegna proprio.
Ci avviciniamo alla sua moto e mi concedo dei respiri profondi mentre lui mette il casco sulla sua testa e si sistema sulla sella.
«Lo hai lasciato in modo definitivo?», mi chiede, gli occhi scuri ridotti a due fessure.
«Sì»
«Okay. Altri ragazzi da lasciare oggi?»
«Io no, tu?»
«Per oggi passo. Ti servo ancora?», sorride gentilmente e scuoto la testa.
«Sei libero di andare»
«Ci vediamo a casa», fa un cenno col capo in segno di saluto ed io indietreggio di qualche passo.
Sto per tornare a casa a piedi, ma mi accorgo che Marco non è ancora andato via e che ci sta fissando.
Oh, no.
Torno indietro e urlo: «MATTIA! FERMO!».
Il moro si blocca immediatamente e si gira di scatto a guardarmi.
«Che c'è?», lancia un'occhiata a Marco e poi subito dopo si concentra su di me.
«La carta igienica!», dico e lui scoppia a ridere.
Indica la sella ed io mi aggrappo al suo addome mentre mi ci siedo sopra.
Il suo profumo dolce raggiunge le mie narici e mi stringo più a lui che nel frattempo saetta tra le macchine.
«Vuoi che ti porti a casa o vieni con me?», urla per farsi sentire ed uno strano formicolio invade il mio stomaco.
Non è difficile rispondere alla sua domanda: «Vengo con te».
E dopo interminabili momenti passati sulla sua moto a sperare di non morire, finalmente Mattia si ferma davanti ad un garage.
I miei piedi toccano terra e sospiro di sollievo sotto lo sguardo divertito del mio coinquilino.
«Sei una fifona», sentenzia.
«Sei un aspirante suicida», ribatto, «Vuoi ucciderti o cosa?»
«Cosa», e la sua risposta brucia l'ultimo neurone che mi era rimasto.
Sbuffo ed incrocio le braccia al petto, quindi lo osservo mentre si avvicina al garage.
«Che fai in questo posto?»
«Non te l'ho detto? È qui che nascondo i cadaveri», apre la grande porta ed immediatamente la puzza di fumo raggiunge il mio naso, così come il suono di risate maschili ed imprecazioni.
All'interno del garage ci sono tre ragazzi, tra i quali riconoscono due amici di Mattia: Andrea e Luigi.
Sono tutti seduti su un grande divano marrone, tra le mani dei joystick e gli occhi puntati su una tv dallo schermo grande e piatto.
Lanciano una veloce occhiata a Mattia e tornano al loro gioco, ma non passa molto tempo prima che i tre moschettieri tornino a girarsi di scatto per concentrarsi su di me.
Ad Andrea sfugge la sigaretta dalle labbra mentre Luigi sbatte le palpebre più volte. Il ragazzo che non conosco, invece, mi fissa con i suoi occhi verdi e l'espressione decisamente troppo confusa.
Sono sotto shock.
«L'erba era buona veramente», è Andrea a parlare, «Mi è sembrato addirittura di vedere entrare qui la coinquilina gnocca di Mattia», recupera la sua sigaretta e torna alla partita, ma Luigi gli assesta una gomitata tra le costole ed il biondo sussulta.
«Ehm, ciao?», alzo la mano e ad Andrea cade nuovamente la sigaretta.
Mi scappa una risata e lancio un'occhiata veloce a Mattia che sta richiudendo la porta del garage.
«Oddio, parla pure», Andrea sussurra ed il mio coinquilino adesso non riesce più a trattenersi. Scuote la testa e ride, poi fa un cenno col capo in direzione del divano e preme la mano sulla mia schiena per invitarmi ad avvicinarmi ai suoi amici.
«Ti ricordi di loro, no? Vi siete visti al bar. Lui invece è...»
«Riccardo», lo interrompe il ragazzo e mi porge la mano, «Piacere di conoscerti»
«Adele», ribatto.
Andrea, in tutto questo, sembra ancora più sconvolto.
«Che figura di merda», è tutto ciò che ha da dire mentre le sue guance si colorano a poco a poco di rosso.
Sto cercando di trattenere una risata, ma con scarsi risultati.
«Perdonalo», è Luigi a parlare, «Non è abituato a vedere delle ragazze qui dentro. Anch'io ho pensato di avere le allucinazioni»
«L'ho portata qui per aiutarvi», borbotta Mattia, «Non stavate studiando, voi tre?»
«Stavamo aspettando la tua suprema intelligenza per iniziare», dice Andrea.
«Spegnete quel coso e tirate fuori i libri»
«Libri?», inarco un sopracciglio.
«Hai passato l'esame di chimica, Adè?»
«Io sì», mi stringo nelle spalle.
«Loro no», ribatte, «Siamo qui per aiutarli. Un cervello e mezzo è meglio di uno»
«Per fortuna c'è la tua metà», sorrido diabolica e lui schiude le labbra.
Tiè.
Colpito e affondato.
🌺🌺🌺
Due ore dopo mi ritrovo ancora all'interno del garage, seduta vicino ad Andrea che di chimica sembra capirne meno di zero.
Gli sto spiegando le reazioni di ossidoriduzione quando Mattia si alza per sgranchire le sue lunghe gambe e si avvicina al piccolo frigo che è posizionato all'angolo della stanza.
L'ambiente è un po' cupo a causa dell'assenza di finestre, ma le luci colorate attaccate ai muri rendono questo posto più accogliente e quasi... Carino.
Sembra un piccolo monolocale per uomini, dotato di divano, frigo, una piccola cucina, Playstation, un tavolo rotondo e varie cianfrusaglie sparse qua e là.
«Hai fame, Adè?», il mio coinquilino si gira a guardarmi ed il mio stomaco brontola.
«Ha fame», risponde Andrea al posto mio e mi scappa una risata.
«Io pure», Mattia sbuffa e poi si perde a guardare l'interno del frigo per interminabili istanti: «Non c'è un cazzo», sentenzia poi prima di richiuderlo.
«Hai impegni per pranzo?», Luigi passa una mano tra i capelli neri e mi rivolge un sorriso.
«Ehm, non... », lancio una veloce occhiata a Mattia per sapere cosa ha intenzione di fare, ma lui è tornato a fissare il frigo.
«Non c'è davvero un cazzo», ripete lui e questa volta si gira a guardarmi, «Resti per pranzo? Pensavo di cucinare le mattonelle».
Uno strano sorriso si fa spazio sulle mie labbra e proprio non riesco a trattenerlo mentre osservo l'espressione seria di Mattia.
«Vado a comprare qualcosa», Andrea balza in piedi ed il moro lo fulmina con lo sguardo.
«Studia», ringhia ed il suo amico torna a sedersi, un po' impaurito.
«Che volete mangiare? Vado io», sistema una sigaretta tra le labbra e poi si guarda intorno per cercare il casco.
«Voglio mantenermi leggero», è Riccardo a parlare, «Quindi... Un po' di pasta con panna e pancetta mi andrebbe bene».
Leggero.
«Hai ragione. Meglio rimanere leggeri», conferma Mattia e punta lo sguardo su di me, «A te va bene? Ti piace la pancetta?»
«Sì, ma... Leggeri?»
«Aggiudicato», Mattia ignora la mia domanda e accende la sigaretta, poi si avvicina alla porta, «Vado e torno».
Mi muovo nervosamente sulla sedia e deglutisco.
Non vorrà lasciarmi qui, spero.
«Adè», mi chiama, «Alzati e cammina»
«Ma ci stava aiutando!», Andrea protesta e riceve l'ennesima occhiataccia da parte del mio coinquilino.
«Vai pure, Adele», il biondo bisbiglia e rido mentre mi avvicino a Mattia che fa un cenno col capo in direzione dell'uscita e mi rivolge un sorriso dolce: «Smetti di provarci con me, Adele», parla piano e corrugo la fronte.
Mi fermo davanti alla moto e mi giro a guardarlo, «Che ho fatto stavolta?»
«Continui a farmi tutti questi sorrisi», arriccia il naso, «Ed io ho un debole per i sorrisi», soffia il fumo fuori dalle labbra e lascia scorrere le sue iridi scure lungo tutto il mio corpo.
Lo sguardo che mi rivolge è talmente intenso che sento le gambe tremare un po'.
Cerco di riprendermi in fretta, comunque.
«Tu mi inviti a pranzare con i tuoi amici ed io sarei quella che ci prova?»
«Proprio così», conferma e si siede sulla sella, «Ma ora andiamo. Ho fame».
Alzo gli occhi al cielo e mi sistemo dietro di lui, quindi circondo la sua vita con le braccia e mi schiarisco la voce: «Non ci sto provando con te», lo avviso, «Mi tengo stretta per non cadere, data la tua guida spericolata»
«Sì, certo. Dite tutte così»
«Ti odio»
«Dite sempre pure questo»
«In quante siamo?», rido e anche lui fa lo stesso.
Però non risponde.
Ed io vorrei tanto saperne di più sull'argomento.
Non che m'importi, eh.
Così, per essere informata.
🌺🌺🌺
Dopo aver mangiato un enorme piatto di pasta, mi ritrovo sdraiata sul divano, incapace di rotolare o semplicemente di muovermi.
Leggeri.
Se c'è una cosa che ho imparato di Mattia e dei suoi amici, è che mangiano un sacco.
Ma proprio tanto.
In questo momento, infatti, stanno mangiando anche del gelato.
Dopo la pasta non si sentivano soddisfatti.
«Adè», Mattia mi chiama ed io emetto un verso in risposta.
«Sei viva?»
«Ancora per poco», borbotto e sbatto la palpebre quando il mio coinquilino si para davanti a me e mi guarda dall'alto, tra le mani una coppetta in vetro con del gelato al cioccolato.
Mi fissa attentamente e poi immerge il cucchiaino nel gelato e lo avvicina alla mia bocca: «Tieni, mangia»
«Vomito», ribatto, ma decido di ascoltarlo lo stesso.
Il gelato non si rifiuta.
Mai.
«Fammi spazio», spintona un po' le mie gambe e continuo a lamentarmi mentre mi metto seduta.
«Mi è sembrato di sentire la pancetta fare la capriola dentro la pancia», annuncio e Mattia ride.
«Che esagerata. Tieni», per l'ennesima volta avvicina il cucchiaio alla mia bocca e mando giù il gelato.
Sto per strappargli la coppetta dalle mani quando il mio cellulare squilla.
Mi trascino fino al punto in cui lo avevo abbandonato prima e spero con tutta me stessa di non leggere il nome di Marco sul display.
E per mia fortuna si tratta di Davide, un mio compagno di corso.
«Adele Costa», è così che mi saluta.
«Davide Messina»
«Stasera usciamo», sentenzia, «Lo sto dicendo anche al resto del gruppo. Tu dillo a chi ti pare»
«Dove andiamo?»
«Così mi piaci. Accollativa. Comunque andiamo a bere una birra. Una serata tranquilla».
Torno a sedermi sul divano e allungo un po' le gambe, «A che ora devo essere pronta?»
«Quando vuoi», risponde, «Ma se sei nei paraggi vieni a casa mia. Mi serve aiuto con Analisi»
«Mi paghi?», accenno una risata e anche lui ride.
«In natura?»
«Con i soldi»
«Allora no», il tono di voce allegro e solare come sempre, «Quindi ti aspetto?».
Lancio un'occhiata a Mattia che sta ascoltando attentamente la conversazione e poi annuisco: «Vengo da te appena posso», detto questo, riattacco e balzo in piedi.
«Avete ancora bisogno del mio aiuto?», mi rivolgo agli amici del mio coinquilino che sembrano sul punto di addormentarsi.
«Per oggi abbiamo finito», mi dice Riccardo.
Anche Mattia adesso si alza e passa una mano tra i suoi capelli castani:
«Vuoi tornare a casa?»
«No», ammetto, «Devo passare a casa di un collega. Torno dopo cena», afferro la mia borsa e mi avvicino alla porta.
«Ti accompagno», sta per afferrare il casco, ma lo blocco immediatamente.
«Vado a piedi. Casa sua non è molto lontana da qui e ho decisamente bisogno di fare una passeggiata».
Il moro mi scruta attentamente e poi scrolla le spalle: «Come vuoi».
Saluto tutti e sto per mettere piede fuori quando Mattia parla: «Adè»
«Sì?»
«Sta' attenta», ed il modo in cui mi guarda, così dolce e al tempo stesso serio, mi scioglie il cuore.
«Sempre», gli dico, quindi lascio il garage e comincio a camminare.
Un sorriso stupido proprio non vuole andare via dalle mie labbra.
Continua a stare fermo lì fino a quando non viene spazzato via da una strana sensazione di panico.
Lancio un'occhiata alle mie spalle e poi aumento la velocità dei miei passi senza un motivo in particolare.
Ho il fiatone, ma cammino sempre più in fretta per arrivare a casa di Davide il prima possibile.
E forse sono paranoica, ma qualcuno mi sta seguendo.
Buon pomeriggio!
Come state?
Spero bene.
Io non so cosa studiare prima, ma vabbè. 🙄🙄
Posso farcela.
Pregate per me. 😂
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Che ne pensate?
Quanto sono belli Mattia e Adele?
Quanto odiamo Marco?
E quanta ansia avete? 😈
Non vedo l'ora di arrivare nel vivo della storia giuro 🙄😂
Adesso vi lascio.
Vi ricordo che su Instagram mi trovate come @lovewillkillus_
Un bacione. 🌺🌺
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