Suite del resoconto
Eravamo rimasti che Raimondo poteva andare a farsi fottere.
E l'avrà anche fatto, magari.
Solo che continuavano a ronzarmi frasi cattive nella testa: prendevo l'autobus e mi sorprendevo da sola ricordando all'improvviso che era l'ennesimo giorno che si faceva i cazzi suoi, stavo per addormentarmi ed era l'ennesimo giorno che potevo usare le sue frasi melense come carta igienica, cercavo le chiavi e l'ennesimo giorno in cui pentirsi di perdere così tanta serenità e tempo a pensarci.
Mi sembrava di avere una personcina sadica e rancorosa nel cervello che nei momenti più disparati si divertiva a punzecchiarmi le tempie con tutte le considerazioni, giuste per carità, che avevo fatto su Raimondo.
"Lo vuoi capire che non serve a niente?"
Cercavo di costruire con la sabbia della mia immaginazione una sorta di angioletto cinico e ragionevole che mi dicesse queste cose e combattesse quell'altra parte di me, ma crollava ancora prima di pronunciarle, sommerso dal livore liquido.
Poi un giorno, non ce l'ho fatta, non potevo più tenermi dentro tutto questo fastidio, tutte queste cose che Raimondo non sapeva, sempre convinto di essere il Lancillotto dei sentimenti, il paladino delle belle parole, il brillante affabulatore.
Anzi una sorta di prurito mentale mi pervadeva all'idea di avergli fatto credere di aver capito tutto e gestito tutto magistralmente, che con quell'ultima telefonata e le sue frasi decisamente contraddittorie se l'era scampata.
Così gli scrissi un messaggio cattivo, lasciai, forse per la prima volta nella vita, che quella parte di me, divoratrice, disperata, giudicante e impietosa, mettesse fuori la testa.
E la sentii, accecata dalla luce della realtà, muoversi con timidezza sulla tastiera del cellulare, ma comunque efficace, visto che, sarà stata la sorpresa, ma Raimondo rispose immediatamente e mi chiese una telefonata.
E sia.
Avrei anche voluto ricacciare indietro quel rettile che avevo tirato fuori, forse un po' ne avevo paura io stessa, ma Raimondo o, come dice lui, il destino, fece di tutto per farmi incazzare ben bene prima della fatidica telefonata.
Telefonata prevista alle 22.
22.22
Ancora nulla, scrivo un piccolo "Ehi", ribollendo.
Silenzio radio.
23.19
Ma va a cagare che ho pure sonno e sei un incivile, tradotto in un messaggio leggermente meno diretto.
Il dramma: non aveva ricevuto la notifica, lui mi stava aspettando da ben venti minuti, sì perché, ovviamente, non si era ricordato che le 22 per me erano le 23 per lui.
"Aspetta che chiamo mia madre, tre minuti."
Letteralmente.
Immaginate quindi lo stato in cui poi ho risposto alla telefonata: ero diventata una vipera di sessanta chili.
Gli ho sputato tutto addosso, tutto il primo capitolo di questa storia praticamente. Le sue scuse erano una più merdosa dell'altra.
"Non sei l'unica con cui mi comporto così, è un mio problema."
Ma che cazzo me ne frega che ti comporti male con tutti? Il risultato è sempre lo stesso, non è che se prendi a sberle chiunque allora fa meno male prendersi un ceffone da te.
"La mia vita è lungi dall'essere perfetta, però non condivido con nessuno i miei problemi."
La strategia migliore, davvero, per stare bene e superarli, di sicuro non avrai frustrazioni da scaricare sugli altri.
E poi la stoccata che avevo già anticipato.
"Siccome mi avevi detto che un mese prima avevi avuto uno scopamico, ho pensato che non ti avrebbe tanto sconvolta andare a letto insieme."
Sì, è vero, mi era scappato che, un mese prima, dopo quasi due anni di astinenza, ero andata a letto senza impegno un paio di volte con uno.
Bella roba.
Non conta che fosse un tizio a caso, rilassato, che non ha mai creato il minimo malinteso riguardo a sentimenti in quelle settimane che ci siamo frequentati, che non c'era alcuna relazione di nessun tipo, solo qualche chiacchierata, bicchiere di vino e due risate.
No perché se, per una volta nella vita, decidi di mollare un attimo, allora sei una specie di cretina da usare come pare e piace, tanto per provare, farcendoti bene anche di frasi amorose ad cazzum, forse per fare contrasto.
Ma poi, se era giusto per andare a letto, perché non fare le cose bene? Fino in fondo? Perché lasciarmi lì, interrotta, affamata?
A voi il giudizio.
Alla fine della telefonata, svuotata e anche assonnata, chiusi dicendogli che ci saremmo risentiti ai nostri compleanni, con i soliti messaggi falsi e poetici, almeno i suoi. Anche il mio serpente voleva tornare a riposarsi.
"Ma no, non dire così, risentiamoci tra poco, te lo prometto."
E lo sapete qual è stata la cosa più bella? Che, immediatamente, l'ho catalogata come bugia, mi è entrata da un orecchio e uscita dall'altro, il mio cervello si è proprio rifiutato di registrare l'ennesima minchiata.
Naturalmente avevo ragione.
Gli ho anche scritto al suo compleanno, per prenderlo per il culo.
"Eccoci al famoso compleanno! Auguri, spero che passi una bella giornata con famiglia e amici, sai che se mi ero arrabbiata era perché ci tenevo. Alla prossima!"
Cinque giorni dopo, la risposta che dimostra che certa gente non capisce proprio un cazzo di nulla:
"Grazieeeee! Sì, i miei genitori e Anna sono venuti apposta a Lisbona per il mio compleanno e abbiamo fatto quattro cene di compleanno (qualunque scusa va bene per far festa per una settimana); è stato molto carino, un po' di calore in un momento in cui le strade sono davvero fredde!"
Perché era inverno. Con tanto di faccine che non riporto perché mi fanno vomitare.
Mi è venuto da ridere, però, e sorrido ancora adesso. Mi è sfuggito qualcosa, c'è qualche messaggio in codice tra le righe? O è la risposta più omertosa e stupida del mondo? Da notare la frase finale, con il pensierino da bacio perugina innaffiato di coca cola con Babbo Natale sopra.
Dopo questa, non ho proprio niente da dire, è come sentire My Heart Will Go On suonato con il flauto delle medie: non puoi emozionarti, puoi solo ridere o piangere per l'assurdità della cosa.
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