Resoconto
E così, la testa sprofondata nel cuscino, lo sguardo perso nel buio del soffitto, la mano stretta al cellulare surriscaldato dalla lunga telefonata, la voce rovinata dalle lacrime a lui invisibili, stremata dall'incomprensione, mi ritrovai a chiedergli come avrei dovuto interpretare una delle tante frasi, per me decisamente equivoche, che mi aveva inviato. Nello specifico:
"Non riesco a immaginare la mia vita senza di te."
La sapevo a memoria, ma finsi di non ricordarmene esattamente, vista l'incompatibilità dei nostri stati d'animo, faticavo infatti a ripeterla e ad ammettere di averla accarezzata tante volte nei miei pensieri. Inoltre, volevo sentirlo dire a voce alta quella che mi pareva ora un'assurdità, incastrarlo in qualche modo, fargli confessare da solo le sue contraddizioni, ma, ancora una volta, mi rispose sicuro, senza neanche accorgersi del contrasto con il resto dei suoi comportamenti, ma anzi, convinto di persuadermi di aver torto.
"Non riesco a immaginare la mia vita senza di te nel senso che io ci sarò sempre per te: quando ti sposerai, io spero sinceramente di essere al tuo matrimonio."
Inevitabilmente, mi balenò nella testa che in questo ipotetico e fantomatico matrimonio avrebbe potuto esserci lui come sposo, ma più per fare una battuta, del resto me la stava servendo su un piatto d'argento, alimentando il mio uso dell'ironia come arma di difesa. Tacqui invece e cominciai a mettere in questione le sue capacità cerebrali.
Nonostante fossi in uno stato pietoso, non mi era sfuggita la totale mancanza di tatto della persona all'altro capo della linea: cosa stai cercando se parli di matrimonio a qualcuno innamorato, anche solo temporaneamente, di te e non ricambiato, single da anni e leggermente depresso? Sberle? Praticamente, è come se il vostro vicino di casa venisse a rompervi una gamba con una mazza da baseball e, mentre agonizzate per terra chiedendogli che cazzo sta facendo, lui vi gridasse, felice, che verrà a tifare per voi quando farete la maratona. Ma quale maratona?
Per un attimo però, grazie a questa sua risposta poco diplomatica, mi ricordai dei suoi difetti e intravidi, attraverso le nuvole della tristezza, la spirale di luce della delusione, del cinismo trionfante e salvatore.
Dovevo aggrapparmi a queste sue figuracce, annotarle come una professoressa severa, ricostruirle meticolosamente, erigerle a mia difesa, usarle come barriere per le prossime volte in cui Raimondo avesse deciso di aprire il suo rubinetto da giardino con cui, distrattamente e noncurante delle conseguenze, ogni tanto, mi annaffiava di affetto.
A lungo c'ero riuscita, con razionalità e senza sforzo, osservando i suoi comportamenti strambi con distacco, al massimo una leggera apprensione e un po' di amarezza. Ma ora ero fragile, uscivo da mesi di lockdown, da un anno in cui avevo passato più tempo con mia nonna sorda che con degli amici, da due anni senza nessuno che mi piacesse o a cui piacessi e allora c'ero cascata, avevo lasciato che Raimondo, con la sua vita così diversa, con le sue menzogne a cui credeva lui per primo, occupasse lo spazio che la mia voglia di emozioni gli lasciava prontamente.
Sì, ero ancora viva, riuscivo ancora a provare dei sentimenti per qualcuno, il mio cuore non si era trasformato ancora in pietra, era questo che contava no? Ora però potevo anche lasciar andare, tornare alla mia esistenza cinica, razionale, smetterla di farmi del male, ascoltando un tale personaggio spiegarmi il senso della vita o chissà cosa. In fondo, però, mi piaceva crogiolarmi in quel dolore, così da romanzo, quasi ottocentesco, se si omettevano alcuni particolari, così diverso dalle mie solite preoccupazioni, un male di cui potevo parlare con amici e conoscenti, di cui potevo bearmi quando qualcuno mi avrebbe chiesto la mia situazione sentimentale o com'erano andate le vacanze.
Perché era tutto nato durante l'estate, durante anzi una settimana in Portogallo, a casa di Raimondo appunto, che doveva servire a distrarmi, a rivedere un vecchio amico, a staccare dalla pandemia, a farmi sentire la mia vera età, perché a ventidue anni devi uscire, devi approfittare, devi viaggiare, e perché io dovrei sottrarmi a tutto ciò, anche a costo di forzare le cose?
Mi ero praticamente invitata da sola infatti, ma, in realtà, nella vita di Raimondo, va spesso così. In generale, lui non cerca, non ha bisogno di elemosinare affetto, non so neanche se ne sia davvero capace, non capisce la volpe del Piccolo Principe, quella che gli chiede di addomesticarla, pur sapendo che poi soffrirà se lui non viene.
"La volpe è masochista secondo me."
Del resto, è naturale, è ovvio, l'ho visto con i miei occhi, Raimondo vive in un mondo sommerso e protetto dove tutti lo amano, perché è l'unico nipote di centomila vecchi, perché è cresciuto circondato da amici di famiglia, perché per gli standard delle sue frequentazioni, è un mezzo genietto e fine letterato, addirittura. Perché cercare altri da cui dipendere emotivamente quando hai una corte di ammiratori che ti fa da rete di sicurezza anche quando agisci in modo casuale e irresponsabile?
"Sai, uno dei problemi con le mie ex era che loro mi vedevano come perfetto, senza difetti."
Già questa confessione mi aveva stupita, ma era talmente incredibile per me che non ci feci troppo caso, qualche spiegazione c'era, certo, ma mi era impossibile verificare quale fosse quella giusta: un'incompatibilità evidente di culture? La mia milanesità mi impediva di vedere in lui quella perfezione portoghese che a quanto pare incarnava? Oppure l'esistenza di persone che provano dei sentimenti tali da esserne letteralmente accecati e che confessano al proprio partner di trovarlo ineccepibile. Ma forse, più umanamente, erano tutte bugie. Bugie da parte di queste passate compagne? Bugie che stava raccontando a me? Bugie che racconta a sé stesso, più o meno consapevolmente? Ma tutto ciò fa parte di Raimondo, lo sapevo da tempo, da qualche mese dopo il nostro primo incontro, cinque anni prima, quando mi ero accorta che c'era tanto fumo e un arrosto che, messo alle strette, scappava a gambe levate.
Però, avevo sempre creduto che Raimondo mi volesse bene e credo ancora che sia vero, anche se lo fa secondo le sue condizioni, le sue abitudini. Per questo, avevo approfittato delle tariffe convenienti ed ero partita, da Milano e verso Porto, alla volta di una settimana piacevole e intensa, avendo ben chiaro a chi stavo andando incontro, credendo di avere abbastanza sicurezze per godermi la vacanza e rimediare qualche abbraccio, un po' di ossitocina, che sapevo non mi avrebbe risparmiato.
Non posso lamentarmi di nulla al di fuori di lui per quei sette giorni portoghesi: ho visto posti interessanti, ammirato panorami mozzafiato, fatto il bagno nell'oceano, approfittato della sua bolla felice, della sua famiglia adorabile, trattata come una regina. Perché allora poi soffrire così tanto? E non solo perché la vacanza era finita?
La prima mattina, tra l'eccitazione di trovarsi lontano da casa e il fuso orario, mi ero svegliata ben prima di Raimondo e sua sorella. Salendo una rampa di scale avevo trovato la madre che faceva la sua ginnastica mattutina, Sandra. Poi era arrivata Augusta, la donna di servizio, dal piano di sotto. Entrambe mi affascinavano, con i loro corpi piccoli ma formosi e ordinati, abitudinarie, Sandra nella sua divisa da stretching in casa e Augusta in quella nera al ginocchio con il colletto bianco, che si vede nei rari negozi di abbigliamento da lavoro domestico che restano anche a Milano, solitamente in centro. Non avevo voglia di vestirmi subito, farmi la doccia, mentre la casa trasudava tranquillità e sogni tranquilli, scattai qualche foto al panorama in pigiama.
Poco dopo, in cucina, arrivò anche Raimondo, svegliato da Sandra. Mi salutò con una carezza e anche lui in pigiama, ma non feci a tempo ad approfittare del contatto fugace, che lo vidi abbracciare a lungo Augusta, con uno dei suoi abbracci ampi che qualche volta mi aveva riservato, la testa appoggiata e gli occhi socchiusi, forse ancora impastati dal sonno, i corpi incollati.
Certo, quando ci eravamo conosciuti a Parigi avevo notato anch'io che Raimondo era molto più a suo agio con il contatto fisico che i francesi, ma qui, nei suoi spazi, questo e numerosi altri esempi, mi portarono a pensare che la differenza era molto più marcata di quello che credessi. La mia raccolta di evidenze sperimentali che legittimano il dolore che mi ha provocato Raimondo comincia qui. Prego quindi la giuria di notare con me che il soggetto è abituato ad avere contatti fisici anche prolungati con membri della famiglia, amici, conoscenti, cosa che è stata anche confermata da lui stesso.
"Mi è già capitato di dormire nello stesso letto di mia cugina, abbracciarla, anche tenerle la mano, insomma io non ci vedo nulla di strano, mi viene naturale."
Tra l'altro, perché mi raccontasse queste cose non lo so, ma purtroppo per me invece non è naturale, forse anche perché non vedo mia cugina da dieci anni. Però, devo ammettere, che se qualcuno che non mi mette particolarmente a disagio mi prende la mano, dico a te Raimondo, non gli tiro un pugno, soprattutto se sono sua ospite. Quindi non dire che sono io che ho incoraggiato chissà cosa. Ora comincio a giustificarmi io, era inevitabile, ma ci tengo a farlo, per sgravarmi da questi pensieri: Raimondo è tutto sommato un bel ragazzo, è inutile girarci intorno, e io sono umana, primordiale, non rifiuto un abbraccio, non rinuncio alle scariche di ossitocina, a meno che non si tratti di uno psicopatico che ci sta provando con me.
Già perché Raimondo non poteva starci provando con me, sarebbe stato assurdo, la sera stessa, per esempio, avremmo incontrato la sua ragazza, che aveva gentilmente prenotato per tutti e tre una visita al giardino botanico di Porto. Ma non è tutto! Raimondo si era appena lasciato con la sua storica compagna degli ultimi quattro anni, colei che gli aveva rovinato il secondo e ultimo anno in cui avevamo vissuto nella stessa città, colei che lo teneva sveglio fino alle quattro del mattino, in videochiamata, mentre alle otto cominciavano le lezioni fino alle cinque di sera, colei per cui lui aveva rinunciato a davvero tante opportunità, che gli aveva inculcato abitudini e opinioni, forgiandolo letteralmente a suo piacimento, insomma una personalità ingombrante nella sua vita. Quindi, signori della giuria, Raimondo aveva come minimo in testa già due ragazze e, entrambe, molto diverse da me.
"Sono mediocre forse, ma di sicuro felice di me stessa"
Mi aveva detto Anna, l'ultima conquista, tra una domanda su Berlusconi e una sulla mafia, argomenti che credo tirasse fuori con tutti gli italiani che incontrava, secondo un certo suo istinto statistico. Da questo scambio, avevo potuto confermare la distanza abissale tra il tipo di donne che ammaliavano e soggiogavano Raimondo e la sottoscritta. L'unico punto che forse abbiamo in comune è la mediocrità, ma il resto lungi da me.
Lontanissima dai miei ricordi e prova della sua manipolazione costante della realtà, fu la rivelazione che mi fece la sera dopo, in spiaggia.
Torniamo prima ad Anna però, Anna la tipica intellettuale autoproclamata e autocelebrata, che si credeva Hermione 2.0 perché aveva una mantella, pazzesco. Anna che ammiravo per la sua capacità di dire che quel convegno, quella lettura, quell'incontro con non so chi le aveva cambiato la vita, che la masterclass di femminismo era stata davvero una rivelazione per la sua esistenza di donna, certo, ma no, non sapeva fornirne un esempio concreto, no io, donna invece banalmente razionale, non riuscivo a cogliere la meraviglia delle sue esperienze e ne rimanevo affascinata, sì affascinata da questa sicurezza strafottente. Io che non riesco mai a dire che qualcosa è fantastico, a prescindere, se non so spiegare esattamente perché, la osservavo con stupore zoologico. La stessa cosa mi era capitata con Rita, la fidanzata storica, del resto avevano molti punti in comune, era ricaduto nella stessa trappola. Però ora era Anna quella con cui Raimondo scambiava baci, abbracci e mani intrecciate sulla tavola, Anna che lo chiamava "my boyfriend" oppure "my lover", vabbè. Ma Anna non aveva finito di stupirmi. C'erano dettagli e clausole e rivelazioni ancora da scoprire.
Come Rita, Anna aveva infatti fatto "coming out", oltre ad aver stipulato di volere una relazione aperta, naturalmente, la differenza era che Rita aveva ammesso la propria bisessualità, mentre Anna la propria asessualità. De gustibus. Che poi, non è che se ti piace anche la figa casca il mondo, lo dico con cognizione di causa, ma per Rita sì invece: da quando se ne era accorta aveva cambiato radicalmente il suo aspetto e le sue abitudini, come se per avere i capelli corti fosse obbligatorio essere attratta dalle donne, vabbè. L'asessualità invece è forse un po' più concretamente vincolante. Ma Raimondo accetta, si lascia trasportare, è lo stendardo della tolleranza! Ne pretende anche, come capii dopo. L'unico problema è che questa tolleranza, questo piegarsi alle condizioni dell'altro, sconfina a volte con la presa in giro, come spero di dimostrarvi.
Quella sera in spiaggia, mi aveva portato a guardare il tramonto sull'oceano, io e lui soltanto, il che poteva sembrare sospetto, ma, anche se non lo sapevo, poco dopo avremmo di nuovo rivisto Anna, a cena con il resto della famiglia. Decisi quindi, prudente, di confessargli i miei problemi, per metterlo inconsciamente in guardia, per chiedergli di non farmi del male. Mi aveva colpito una frase che pronuncia un personaggio del Murakami che stavo leggendo, "Promettimi che non mi dimenticherai".
Mettendomi a nudo e a confronto con la dichiarata serenità di Anna, gli dissi che io non mi sentivo né particolarmente felice della mia vita né così interessante da poter anche solo immaginare di implorare qualcuno di non lasciarmi scivolare nell'oblio. Raimondo era così stato messo al corrente, se non l'aveva già capito, della mia insicurezza, della mia fragilità che doveva, come minimo, garantirmi un trattamento radicalmente diverso dalle sue amiche varie e geniali.
Per consolarmi, mi confessò che, per lui, ero meglio di quello che si era immaginato che fossi diventata, come poi mi scrisse anche:
"I colori dei sogni a volte sono ben più terni della realtà."
Sì, aveva sognato, a quanto pare desiderato tante volte di vedermi e mostrarmi il suo paese da quando ci eravamo allontanati, io ancora a Parigi, lui in Portogallo, anche se non me l'aveva mai espressamente chiesto, le ragioni qui sono nebulose.
Ripercorremmo poi insieme i nostri anni nella capitale francese, gli rimproverai con leggerezza le sue assenze e il suo distacco, già presenti in quei giorni, malgrado il suo più volte proclamato volermi bene.
"Mi vergognavo, mi ero comportato così male con te, non volevo più farti stare male."
Fermi tutti. All'inizio dell'avventura parigina, questo è vero, lui mi aveva davvero colpito, eravamo anche gli unici sudeuropei della promozione, ed era uno di quei periodi in cui il suo rubinetto dell'affetto si era bloccato su aperto, mi scriveva messaggi poetici, mi abbracciava e passavamo del tempo insieme. Poi, però, la sua incapacità di adattarsi al ritmo delle lezioni e dei pasti, il suo mettersi costantemente in mostra anche con i professori di materie in cui non andava bene, oltre al fatto che aveva una ragazza anche all'epoca, mi avevano alquanto raffreddata, facendomi accettare serenamente il suo scivolarmi via. Inoltre, avevo trovato un gruppo di amici interessanti e piacevoli e non sentivo eccessivamente la sua mancanza.
Questa però non era la sua versione, secondo lui, io ero invece stata da cani quando mi aveva confessato di stare con una certa Rachele portoghese e poi non mi ero ripresa per non so quanto tempo. Quindi, logicamente, era lui ad essersi allontanato da me e per il mio bene.
Signori della giuria, questa visione è alquanto problematica: primo, io non stavo da cani, anzi mi ero anche innamorata di un'altra persona qualche mese dopo, secondo, se fossi stata così male non sarebbe stato meglio chiarire le cose? Aiutarmi? Di modo da poter riprendere un'amicizia normale? Se ci teneva? Ma soprattutto, signori, questa è la prova che anche lì, sul cuscino con il telefono incollato all'orecchio, che stavo male davvero, non mi avrebbe aiutato, avrebbe usato la strategia dello struzzo, fuggire, nascondersi, lanciando ogni tanto qualche "ti voglio bene" e "ci sarò sempre per te" per tenermi tranquilla.
Cosa ci legò allora in quegli anni vi starete domandando? Per lui, innumerevoli esperienze, come le feste a casa di Luisa, una nostra collega, a cui io credo di averlo visto al massimo due volte, sulla quindicina che mi ricordo. Per me, ci sono i suoi sprazzi di affetto, le sue presenze improvvise, che, quando non erano annacquate dalla sua voglia di mostrare che andava tutto bene, anzi alla grande, mi scaldavano il cuore, anche se brevemente. Quando mi sono lasciata con il mio primo ragazzo, lui c'era, per una sola sera, anzi per forse due ore, c'era, sì, e mi ha aiutato molto, ma poi sparì per giorni. Anzi, la sera stessa andò dalla mia coinquilina, una vera autistica della matematica, a discutere di cose che di sicuro lui non capiva, mettendomi nella situazione imbarazzante di sentirli ridere dall'altra parte della parete dopo che aveva asciugato le mie lacrime e cercavo di addormentarmi.
Sono una debole io? Avrei dovuto incazzarmi? Raimondo era così abile con le parole, con la manipolazione delle sue stesse emozioni, che era ed è difficile dimostrargli che il suo "volermi bene" non è per niente affidabile.
"Per te sono una puttana dei sentimenti quindi? Non che abbia qualcosa contro le prostitute."
Mi chiese al telefono, mentre io avevo quel raffreddore temporaneo che mi assale dopo un bel pianto.
Non saprei, l'espressione è francamente strana, ma lui prova, declama, si riempie di questi venti dell'Amore, dell'Amicizia, con una facilità estrema, sconcertante, ne sono convinta a questo punto, e poi, inevitabilmente, fatica a stare dietro a queste chimere maiuscole.
Ma cosa mi faceva male esattamente? Ero stata ospitata, visto bei posti, certo se poi Raimondo ti ignora non è un problema, no? Sei abituata, vero? Potevi aspettartelo.
Signori della giuria, ho taciuto finora qualcosa, anzi più cose, fondamentali.
Primo, durante la vacanza, bellissima certo, sono stata umiliata, ma ho fatto finta di niente, perché insomma, non si litiga quando si è ospiti e poi cercavo di non darci peso, ora vi spiegherò come. Secondo, qualcosa è cambiato, Raimondo non è più solo un giullare che gioca a dirmi che gli piaccio e, scusate per l'ennesima ripetizione, che mi vuole bene.
Raimondo ha voluto alzare la posta in gioco, sissignori.
Per carità, ci avevo pensato anch'io, prima di rivederlo, l'avrete pensato anche voi, mentre leggete, ma poi, lucidamente e considerando la situazione nel complesso, avevo scartato l'opzione.
L'opzione sesso, se non si era capito.
Perché non si trattava di fare l'amore con un tipo qualunque, di divertirsi per una sera, si trattava di Raimondo, uno che mette sempre i sentimenti di mezzo, uno che ama sviscerare le sensazioni fino a disumanizzarle, uno che poi ricama per anni su quello che è successo, soprattutto uno che in quella settimana viveva con i genitori.
Quando improvvisamente me lo sono ritrovato sopra in spiaggia, ho pensato che fosse finita, invece si è scostato da solo: anni con le femministe sono serviti a qualcosa, evviva. Però ormai la frittata era fatta, ormai era chiaro che voleva ancora quella cosa, quella cosa che voleva cinque anni prima, che non era mai successa, voleva tentarla in quella settimana o mai più. Ormai, soprattutto, si era infilata l'idea nel mio subconscio affamato.
Davanti al garage poi, mi chiese un bacio, dopo un lungo abbraccio, che, come ho già detto, non poteva essere un mio segno di incoraggiamento, visto che, dai fatti e dai suoi racconti, lui abbracciava tutti, sempre, a lungo, eccetera.
Tonnellate di domande mi stordirono: cosa sarebbe successo dopo? Chi me lo faceva fare? Ne avevo voglia? Non è che poi il mio stesso corpo mi avrebbe tradito? A queste le risposte furono rispettivamente: niente perché poi sarebbe arrivato suo padre, Raimondo, no, forse.
Però lo feci. E fu come baciare un pezzo di gomma, infatti, me ne vergognai. Il buon Raimondo disse, da vero gentleman, che andava bene, non era male. Una parte di me urlava che non me ne fregava niente se avevo baciato da schifo, i suoi incoraggiamenti paternalisti poteva anche ficcarseli dove non batte il sole, è che non sentivo niente, sapevo che era un nido di problemi, perché dovevo posarci la bocca? Per il resto, invece, la mia mente malata cominciava a farci un pensierino.
Si fecero sentire gli effetti di: una giornata al mare senza crema solare, svariati bicchieri di vino, euforia generale, casa diversa perché eravamo ospiti di amici di famiglia, assenza per una notte dei suoi che avrebbero dormito altrove, improvvisa noncuranza e semplicemente voglia di buon sesso, visto che si era sempre vantato delle sue performances. Già.
Però quando si era fermato nella piazzetta illuminata dai lampioni avrei dovuto capire, poi quando non mi era propriamente saltato addosso in camera, avrei dovuto fermarmi, ma non sono solo gli uomini a non ragionare con il cervello quando si palesa la possibilità di un orgasmo.
Quello lo ebbi, anche due volte, ma lui niente, non gli si rizzava nemmeno. Effetto della dieta da vegano radicale che gli aveva imposto Rita, quella che aveva reso le sue gambe due stuzzicadenti? Stanchezza? Gli facevo schifo nuda? Gli facevo schifo e basta? Poi mi disse che era perché ormai con Anna si era abituato a non farlo, ma allora perché provarci così spudoratamente? Perché portarsi dietro preservativi e lubrificante, signori? Tenetene conto, perché qui si tratta di premeditazione.
Ma per il momento mi convinsi che era stanchezza e, avendo fottuto completamente quel poco di dignità che mi restava, aspettai con ansia le prossime notti, poche, che ci restavano.
Invece, l'indomani: stanco. Il giorno dopo ancora: la confessione.
"Mi sono accorto che in realtà volevo che tra noi rimanesse platonico".
Signori della giuria, vi ricordo che io non è che scopi ogni due per tre, che non ho tutta questa autostima e, soprattutto, che lui lo sapeva.
Cattiveria allora? Noncuranza? Sensibilità inesistente? Perché umiliarmi così? Perché incoraggiarmi a tenerci la mano davanti ai suoi o addirittura baciarsi (questo mi sono rifiutata per fortuna) per poi privarmi della continuazione naturale delle cose? Perché? Sii tollerante, mi raccomando, ricordati, la tolleranza!
Invece no, fanculo la tolleranza, la verità è che Raimondo ha dei seri problemi, perché in fondo è un vero maschilista, che sfoga le sue frustrazioni sulle donne più insicure.
Perché Raimondo, la mattina del giorno in cui abbiamo scopato, se mi ricordo bene, ha trovato la sua ex nel letto con un altro, ma si erano lasciati, era una relazione aperta e poi la tolleranza, no? Cosa c'è che non va? C'è che Rita era stata avvisata che lui sarebbe passato a ritirare le ultime cose dall'appartamento, che la cosa era chiaramente premeditata, c'è che la cara Rita poi ha anche rincarato la dose, dicendo tutto il giorno che sarebbe passata a salutarci, perché secondo loro io morivo dalla voglia di rivederla, no non mezza nuda, no ma più tardi passo, dopo, arrivo, ah no, non riesco. In italiano abbiamo un'espressione che si addice a queste cose: ma vaffanculo Rita. Ma questo no, Raimondo non lo dice.
Non ammetterà mai sbagli, difetti, problemi. Tant'è vero che ho dovuto sapere da mia madre, che l'ha saputo dalla sua, con tre anni di ritardo, che Raimondo ha avuto anche problemi al cuore durante quel fatidico secondo anno di università. Questo non gliel'ho ancora detto, mi sono limitata a chiedergli come ha intenzione di mostrare il suo cazzo di affetto concretamente, perché, malgrado l'incazzatura, sto ancora un po' male.
"Ti capisco sai, so cosa vuol dire cercare di tenersi stretta una persona a distanza."
Ed eccola, limpida, la vera confessione, il maschio frustrato in tutto il suo splendore. Ve la traduco:
Come io ho sofferto per cercare di accontentare Rita quando stavamo insieme a distanza, ora tu dovrai fare di tutto per trattenermi nella tua vita. Perché io ne valgo la pena, perché io sono l'uomo perfetto.
Ma certo.
Ma sai che ti dico? Continua pure a scrivermi i tuoi messaggi sporadici, in cui puoi anche giurarmi amore eterno se vuoi, poi raccontami che ti sei fatto una vasectomia contro il patriarcato e che ti nutri solo di foglie, che hai letto dieci pagine di quel libro che ti trascini da cinque anni e che ti hanno rivoluzionato la vita, che hai trovato una ragazza fantastica che però vuole solo relazioni aperte, dal martedì al giovedì e fare sesso solo se c'è la luna piena (peggio per te se cade dal venerdì al lunedì) e un non binario che guarda.
Intanto io rimugino, certo è la mia specialità, ma prima o poi mi passerà, e potrai finalmente considerarmi semplicemente come un paio di occhi e un paio di orecchie in più a cui raccontare la tua mirabolante vita.
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