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7 - Il dono III

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*

Quando Lucius riprese conoscenza, era ancora intorpidito; i suoi occhi si schiusero lentamente sulla surreale cornice dell'Infermeria di Hogwarts. Non era mai stato lì prima, ma aveva riconosciuto il luogo grazie alle numerose file di letti e all'odore pervasivo di disinfettante e pozioni medicinali.

Indossava il pigiama, un indizio sottolineato dalla comodità che non poteva derivare da altro. Mentre tentava di orientarsi, il calore del tessuto gli ricordò che non avrebbe dovuto trovarsi lì.

Ma c'era qualcosa di più. Accanto al suo letto, una presenza silenziosa vegliava sui suoi sogni agitati.

Trevor aveva appoggiato i gomiti sul soffice lenzuolo; con le dita si accarezzava lentamente le labbra, lo sguardo perso nel vuoto. Il suo viso magro, contornato da capelli neri in disordine, era segnato dalla stanchezza e tormentato da angosce che Lucius poteva soltanto immaginare. Quando Trevor notò che il ragazzo aveva finalmente aperto gli occhi, la sua postura si corresse e la sua attenzione si focalizzò su di lui.

"Si è svegliato!" Esclamò con un accento di sollievo. "Madama Abbott, si è svegliato! Come ti senti?"

"Voglio mia madre." Disse Lucius. Tentò di alzarsi, ma la testa gli girava e riuscì soltanto a sollevare il cuscino.

"Sta arrivando, l'ho già informata. Ora devi riposare. Rémus mi ha raccontato che stavi male già da prima della lezione di Pozioni."

Non appena Lucius ricordò cos'avesse combinato in classe, provò un'intensa vergogna.

"Se hai parlato con Rémus, allora sai già tutto." Ribatté lo studente di Hufflepuff. Era seccato. Era dolorante ovunque e non aveva voglia di parlare. "Io invece non so perché gli Auror sono qui."

"Non gli Auror, ci sono solo io." Spiegò Trevor, con un sorriso incerto. "Avevo... qualcosa da fare, e casualmente sono arrivato nel momento giusto."

Madama Abbott, un'infermiera di mezz'età che portava i capelli biondo scuro legati dietro la nuca, porse al giovane paziente la tazza di una pozione ancora calda.

"Questo ti aiuterà a rilassarti, signor Malfoy. Prendilo. Soffia, prima di bere."

L'infermiera era nota per i suoi modi materni e amorevoli, ma anche per essere la moglie del professor Longbottom. Nonostante ciò, al lavoro preferiva essere chiamata col suo cognome da nubile.

Aiutò delicatamente Lucius a sollevare la schiena; quando il ragazzo toccò la tazza, un calore confortante si diffuse sotto la sua pelle. La pozione tranquillizzò rapidamente i suoi sensi. Ora non aveva più fastidi né nausea, solo un vago senso di imbarazzo per ciò che aveva fatto.

L'infermiera fece ritorno nel suo ufficio con la tazza, ma non prima di avere sgridato Trevor:

"Non più di due visitatori per volta, signor Nott! Anche se non ci sono altri pazienti, si tratta delle regole. Quando arriveranno i genitori, tu dovrai andartene."

Trevor acconsentì con serenità. Una volta rimasto da solo col ragazzo, si assicurò che Lucius stesse meglio e infine mormorò:

"Lo sai, anche se ho ascoltato il racconto del tuo amico, non significa che io sappia tutto. Nessuno può sapere meglio di te cosa accade nella tua testa."

Lucius ripensò a quell'orribile emicrania che ogni tanto compariva dal nulla per rovinare le sue giornate, e rispose con amarezza: "Vuoi sapere cosa provo? Dolore. Ecco tutto."

"Sembra tremendo." Rispose l'Auror, sinceramente. "Scusa se insisto, ma se le voci hanno il potere di ridurti in questo stato, allora sono importanti, e tu devi parlarcene. È difficile per noi grandi fare del nostro meglio per proteggerti, se non ci racconti cosa ti succede."

Per qualche ragione, Trevor sembrava emotivamente coinvolto nell'intera faccenda. Lucius lo trovò strano, tuttavia, riflettendo sulle sue parole, si rese conto che non erano state le voci a farlo impazzire durante l'ora di Pozioni; era successo dopo l'incontro con Scorpius.

La visione di suo fratello e del suo disgustoso rigurgito gli avevano procurato una nausea così intensa che ogni respiro nell'aula di Pozioni era diventato insopportabile, portandolo a perdere il controllo. Ma per quanto evidente fosse la dinamica, Lucius non voleva condividere la sua storia con Trevor. Non sembrava giusto. Sembrava più una questione di famiglia.

"La prima notte che sono stato qui, una voce mi ha parlato nel sonno." Iniziò a raccontare il ragazzo. "Ha detto che i Figli di Salazar stanno tornando. Mia madre non lo sa, non volevo spaventarla. Tu però mi sembri un tipo calmo. Pensi che ci sia qualcosa di vero?"

In realtà, l'Auror parve deluso, come se si fosse aspettato di sentire una verità diversa. Lucius intuì che Trevor, proprio come il professor Longbottom, avrebbe minimizzato il suo sogno.

"Non ci sono notizie sicure sui Figli di Salazar. Presto o tardi ne sentiremo parlare ancora, ma non adesso."

Proprio in quel momento, furono distratti da un rumore proveniente dall'ingresso dell'Infermeria. Draco Malfoy aveva appena sbattuto la porta e si dirigeva con passo deciso verso il letto occupato dal figlio.

L'andatura di Draco si distingueva per la sua maestosa fierezza. Ogni passo rifletteva l'idea di una sicurezza a volte apparente, e il suo portamento trasmetteva un senso di eleganza e di orgoglio innato. Malgrado ciò, il suo volto segnato dal tempo non esprimeva altro che rabbia e disprezzo, delle emozioni che parvero accrescere di intensità non appena quegli occhi azzurri scorsero la presenza familiare dell'Auror Nott.

Lucius non si meravigliò che Trevor perdesse visibilmente colore, fino a raggiungere la stessa tonalità di bianco del suo lenzuolo. Persino lui avrebbe avuto paura di Draco, se solo non fosse stato suo padre. E un po' ne aveva. Padre e figlio non si erano ancora parlati apertamente da quando Lucius era stato smistato in Hufflepuff.

Il ragazzo percepì subito il dispiacere del padre. Stava male da così tanto tempo che la fronte aggrottata e gli occhi assottigliati si erano fusi col suo aspetto. Durante le ultime settimane a Hogwarts, però, i segni della sua sofferenza si erano fatti più evidenti.

L'infermiera uscì dal suo ufficio e strillò con indignazione: "Per Merlino, Malfoy! Ti sembra questo il modo di entrare in Infermeria?"

Draco si mostrò del tutto indifferente. Sembrava distante. Nel suo mondo, combatteva contro mostri molto più terrificanti di quanto non potesse esserlo il rimprovero di una ex compagna di classe, ora infermiera scolastica.

"Sta zitta, Abbott, devo vedere come sta mio figlio."

Naturalmente, Madama Abbott e Draco avevano frequentato Hogwarts nello stesso periodo. La conoscenza che aveva di lui era forse il motivo per cui l'infermiera rinunciò a discutere.

"Che maleducato!" Borbottò soltanto.

Trevor si alzò in piedi, e Lucius si accorse della sua tremarella alle gambe. Forzò un sorriso e si preparò ad affrontare il mago più anziano, che si era fermato dall'altra parte del letto.

"Salve, Draco. Mi trovavo qui per caso quando ho saputo cos'era capitato a Lucius, e..."

"Lo so, me l'hai già scritto nella lettera che mi hai mandato." Draco non cercava nemmeno di mantenere una parvenza di calma. La sua voce parlò accesa e graffiante, minacciosa. "Perché sei ancora qui? Sai che non hai il diritto di interrogare mio figlio. Lui non è un sospettato, e non spetta a te prenderti cura di lui."

"Vogliamo tutti che il ragazzo stia bene." Si giustificò Trevor, ma debolmente. L'Auror sembrava straordinariamente piccolo di fronte all'arroganza di Draco. "Beh, forse hai ragione, è tempo di andare. Ciao, Lucius. E, naturalmente, portate i miei saluti a..."

Il portone dell'Infermeria si aprì ancora. Era guidato dalla mano frettolosa di una donna dai capelli rossi avvolta in un abito di tweed. Rose, visibilmente affannata, sembrava avere appena attraversato il castello di corsa. Con il respiro corto, rallentò il passo per recuperare fiato, mentre le sue guance arrossivano. Prima di giungere ai piedi del letto, il rumore dei suoi tacchi aveva rallentato tanto da sembrare una marcia funebre.

Lucius si ritrovò circondato da ciascun lato del letto: sua madre di fronte, i due maghi ai lati, in un'atmosfera carica di tensione. Un senso di disagio pervadeva tutti, e il ragazzo non riusciva a capire perché.

"Due visitatori per volta, signor Nott!" Gridò Madama Abbott dalla sua postazione.

L'Auror era più a disagio che mai. Cercò lo sguardo di Rose, ma lei non aveva occhi che per suo figlio.

"Va bene, vado. Allora, ci vediamo." Disse Trevor a nessuno in particolare.

"Non saluti il tuo amico, Rose?" Draco intervenne inaspettatamente, e la strega sobbalzò.

Aveva usato un tono di voce molto strano, che aveva sorpreso anche la strega. Lei guardò dapprima suo marito, come se non lo avesse del tutto compreso, poi si rivolse all'amico:

"Grazie per averci avvisato, Trevor. Sei stato molto gentile a venire qui." Lo ringraziò. Poi spiegò a Draco: "Ero molto in ansia per Lucius, ieri, così l'ho pregato di controllare che stesse bene. Purtroppo il mio istinto di mamma aveva ragione."

"Quindi non ti trovavi qui per caso." Ribattè Draco con durezza, rivolgendosi a un Trevor che lottava per mantenere il sangue freddo. "Mi hai mentito. Forse ti divertiva l'idea che voi due aveste un segreto."

"Ero veramente qui per caso. Avevo delle indagini da svolgere, molto lontano da Hogwarts, e non potevo allontanarmi. Sono qui solo perchè Teddy ha accettato di coprirmi. Semplicemente, non era previsto che trovassi il tempo per visitare il castello." Spiegò l'Auror, sostenendo lo sguardo di Draco per un lungo e intenso momento.

"Signor Nott!" Gridò ancora Madama Abbott.

"Non c'è di che, Rose. Come sai, io mantengo sempre le mie promesse." Detto questo, Trevor se ne andò senza aggiungere una parola.

L'Auror era uscito di scena, ma la tensione tra Draco e Rose era rimasta. La strega ignorò quelli che erano i tentativi del marito di continuare la discussione, e si precipitò a bordo letto ad abbracciare Lucius.

Era così bello, per il ragazzo, rivedere sua madre. A volte pensava di potersela cavare da solo, ma poi si accorgeva che la sua forza interiore maturava solo grazie alla presenza di Rose.

"Allora è questo che fai al Ministero. Cercare Nott, pregarlo di fare qualcosa per te. E chissà che altro."

La voce rancorosa di Draco rovinò il momento madre-figlio. Le braccia di Rose si irrigidirono, prima di spalancare sul marito gli occhi colmi di indignato stupore. Lucius si sentì a disagio: preoccupato, perché i suoi genitori non avevano mai litigato in quel modo, e in colpa, perché credeva di esserne la causa.

"Ti prego, taci. Tutto quello che dici è assurdo!" Rispose Rose. Era visibilmente arrabbiata, ma allo stesso tempo era presa dall'angoscia per Lucius. Da vicino, infatti, erano ancora più evidenti i suoi occhi arrossati e umidi.

"No! Questa situazione è assurda. Tu che parli con altri maghi e mi tratti come un estraneo, è assurdo."

"Credi davvero che lo farei se non mi avessi dato altra scelta?" Sbottò Rose. "Ascolta, non è il momento di discutere. Nostro figlio ha appena avuto una crisi, e noi non sappiamo nemmeno il perché!"

Lucius ne aveva abbastanza, voleva che smettessero di litigare. Cercò di alzarsi, ma scoprì che i suoi muscoli erano diventati pesanti. Anche i suoi genitori notarono le sue difficoltà di movimento, e Draco chiamò a gran voce Madama Abbott perché desse loro delle spiegazioni.

"Il ragazzo è ancora sotto gli effetti della pozione calmante." Spiegò l'infermiera al suo arrivo, e si rivolse soltanto a Rose per raccontare tutto ciò che sapeva dell'incidente.

Draco approfittò della distrazione della moglie per avvicinarsi a Lucius. Non si erano ancora parlati. Il bambino era seduto sul letto, coi piedi scalzi che sfioravano il pavimento, e Draco gli poggiò una mano sulla spalla. Non trovava le parole giuste da dirgli, ma il suo sguardo si era addolcito, e il ragazzo recepì ugualmente il suo affetto.

Neanche Lucius riusciva a esprimere ciò che provava. Si sentiva emotivamente a pezzi, senza nemmeno sapere il perché. C'erano troppe emozioni in ballo dentro di lui, troppe paure fuori controllo.

Desiderava soltanto il conforto del padre. Draco lo comprese. Lo abbracciò e gli rimase accanto senza chiedere nulla, né rimproverarlo. Poteva essere un mago di poche parole, ma in quel momento andava bene lo stesso perché non ne serviva nessuna. La sua presenza era tutto ciò che contava.

"Insomma, qual è stata la causa, Madama Abbott?" Chiese Rose, insistendo.

"Non ne sono sicura, signora Malfoy. Rémus Lupin ha suggerito che Lucius avesse scordato di bere la sua pozione, stamane. Poteva essere una crisi di astinenza, ma ho controllato la magia nel suo sangue e risulta tutto in ordine. La medicina l'ha presa."

Lucius alzò la testa per guardare suo padre. Draco dissentì con fermezza, in risposta ai timori silenziosi del figlio.

"Non preoccuparti, non hai niente che non va." Mormorò, accarezzandogli la nuca come quando era piccolo.

Rose e l'infermiera stavano continuando a parlare di lui e delle sue cure. Il ragazzo deglutì. Doveva parlarne al padre, ne aveva bisogno. Draco era il più adatto ad ascoltare quella storia, perché non avrebbe dato di matto come Rose.

Fece segno al padre di chinarsi. Quando ebbe l'orecchio paterno a portata di bocca, Lucius sussurrò: "È stato Scorpius. L'ho visto poco prima che accadesse."

Il giovane Malfoy era abituato a sentirsi ripetere che le sue visioni non potevano fargli alcun male; in fondo, ciò che vedeva non era reale! Draco, però, parve prenderlo sul serio per la prima volta. Di rimando, anche Lucius provò un'inquietudine indefinita.

Non ebbe il tempo di esprimere la sua emozione, perché a quel punto arrivò anche l'anziana Preside McGonagall, che portò Draco, Rose e l'infermiera a discutere di Lucius in privato. La signora Malfoy diede un ultimo abbraccio al figlio, poi marito e moglie, insolitamente freddi tra loro, sparirono nell'ufficio di Madama Abbott.

Lucius rimase sdraiato a letto. Stava fissando le travi in legno del soffitto, rimuginando senza sosta su Scorpius e sulle conseguenze della crisi che aveva avuto a Pozioni, quando qualcuno spostò le tende del letto accanto al suo.

Ne uscì una ragazza dai capelli neri, che portava la divisa di Slytherin. Non sembrava affatto una degente e lo dimostrò quando saltò sul letto dell'Hufflepuff e si mise a sedere a gambe incrociate.

"Connie?" Esclamò Lucius, che era rimasto a bocca aperta, aggrappandosi al materasso che ancora traballava. "Sei qui perché ti ho fatto male?"

Constance scrollò le spalle con indifferenza, come se ricevere uno spintone e cadere per terra fosse una roba da poco.

"Nah. Ho la pelle dura, io. Madama Abbott mi ha mandata via in due minuti. Io ho fatto finta di andarmene, ma poi mi sono nascosta qui."

"Ma così ti sei persa le lezioni!"

Lucius si accorse che aveva avuto abbastanza tempo da sistemare il suo smalto rovinato e dipingersi di nuovo le unghie di nero.

"Lo sai, credo proprio che mi piaci." Affermò lei, con un ghigno, dopo averlo osservato in modo furbo. "Mi dispiace che i tuoi genitori litighino. I miei non lo fanno mai."

Neanche i miei, di solito. Pensò Lucius, ma sapeva che Constance non gli avrebbe creduto dopo la scenata a cui aveva assistito. Tanto non erano affari suoi. La lasciò parlare, curioso di scoprire cosa volesse.

"E ho sentito dire che hai le visioni." Aggiunse Constance. "Imbarazzante. Credevo capitasse solo ai Babbani."

Incurante dei muscoli intorpiditi, Lucius balzò giù dal letto. Sentiva il bisogno di allontanarsi da quella ragazzina odiosa; finalmente si stava rivelando per ciò che era davvero, una Slytherin, e per di più era la prima ad avere scoperto il suo segreto.

Lucius non poteva sperare che le voci sulla sua malattia non sarebbero circolate in tutta Hogwarts, prima o poi, ma che una Slytherin dovesse essere la prima alunna a venirne a conoscenza sembrava crudele.

"Se vuoi prendermi in giro, fallo pure! Ma sappi che non ti aiuterò mai più in un compito! Sei perfida!"

Constance continuò a sorridere. Portò le mani nella tasca del mantello e ne tirò fuori una piccola fiala. La mostrò a Lucius. Il contenuto era viola, proprio come la pozione rigenerante che il ragazzo era solito prendere ogni mattina.

"No." Affermò lei, e stavolta era raggiante. "Io sono come te."

Di colpo, Lucius provò un sentimento nuovo. Le paure cessarono, l'ansia diminuì. Non riusciva ancora a credere che quella ragazzina fosse come lui. Se lo era, significava che Hogwarts non sarebbe più stato un luogo di solitudine e incomprensione.

Si ritrovò a ricambiare il sorriso di Constance, quando capì che lei aveva appena pensato la stessa identica cosa: avevano trovato qualcuno con cui condividere lo stesso destino.

*

*

Che ne pensate di Lucius e Connie?

Nel prossimo capitolo torneremo a parlare di Draco e Rose.

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