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3- Indicibile

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La notizia che Rose Malfoy fosse stata assunta all'Ufficio Misteri, aveva fatto il giro del Ministero alla velocità di un Boccino d'oro. Sebbene nessun impiegato fosse stato tanto incauto da lasciarsi sfuggire dei commenti inappropriati sull'amata figlia del Ministro della Magia, l'accoglienza che avevano rivolto a Rose non era stata delle migliori. Era infatti opinione universalmente conosciuta che associare la parola "Misteri" a quella di un ex Mangiamorte fosse tanto pericoloso quanto ricevere il bacio del Dissennatore.

A poco importava se il cognome da nubile della Malfoy in questione fosse stato Weasley: anche da quella famiglia, un tempo impeccabile, erano sorti dei Maghi Oscuri. In ogni caso, niente garantiva che Rose avrebbe tenuto per sé certe informazioni segretissime e potenzialmente pericolose, invece di condividerle col suo nuovo oscuro parentado.

Il mestiere di Indicibile - intorno al quale regnava un'aura di segretezza impenetrabile - era infatti molto più adatto a tipi taciturni e solitari, senza famiglia, da sempre lontani da ogni tipo di riflettori. Niente di più diverso da ciò che era Rose, la cui condizione era pure ingiustamente aggravata dal suo matrimonio con Draco.

"Ignorali." Disse Hermione con sorprendente dimestichezza, seduta in Sala Ristoro insieme alla figlia, mentre qualcuno dai tavoli vicini lanciava occhiate fugaci dalla loro parte e bisbigliava. La strega afferrò la sua tazza di tè bollente e l'avvicinò con disinvoltura alle labbra colorate di rosso.

Rose desiderava agire come la madre, ma l'insicurezza faceva da freno. Fissò tristemente il fondo della propria tazza, come se le risposte ai dubbi che la tormentavano potessero trovarsi incise sulla ceramica.

"Forse non è stata una buona idea." Commentò, a bassa voce. Sentirsi osservata la intimidiva. "Non ho esperienza, e tu sei il Ministro della Magia. Se commetterò un errore, diranno tutti che mi hai assunta perché sono tua figlia."

"Sciocchezze." Ribadì Hermione, facendo tintinnare la tazzina, rimettendola sul piattino. "Ti ho assunta perché ho completa fiducia in te. Inoltre, hai superato i test attitudinali con punteggi altissimi. Sfido chiunque a negare che te lo sia guadagnato."

Rose prese un biscotto e lo bagnò pigramente nel tè. Non sapeva nemmeno com'era riuscita a superare tutti quei complessi test psicologici a cui era stata sottoposta, dato che da giorni aveva la mente altrove. Era un bene che Hermione non se ne fosse accorta, o che, accorgendosene, avesse fatto finta di niente per il solo piacere di non pronunciare il nome di Draco. La sua reticenza nell'accettare il loro matrimonio batteva persino quella di Ron, andando di pari passo con l'anziano Lucius Malfoy, il quale avrebbe potuto dare lezioni di odio imperituro a chiunque. In ogni caso, a Rose andava bene così: chiudendosi in se stessa, sua madre le stava risparmiando il fastidio di mentire.

Anche il reparto Auror entrò in pausa. Teddy Lupin e Trevor Nott avanzarono insieme in Sala Ristoro - un grande spazio separato dal resto del Secondo Livello da una corta palizzata quadrangolare, piena di tavoli in metallo rotondo che luccicavano sotto le luci intense del soffitto - presi da una discussione importante. Non si accorsero delle due donne finché non furono vicini. Il volto stanco di Trevor si illuminò nell'istante stesso in cui incrociò lo sguardo di Rose, che accorgendosene rabbrividì. Lui è pazzo di te, le aveva detto Draco, e ora tutto sembrava dargli ragione.

"Ciao, ragazzi." Li salutò Hermione, amichevolmente. "Volete sedervi con noi?"

Trevor salutò Rose, la quale si affrettò a distogliere lo sguardo per assecondare quell'improvvisa voglia di immergere un altro biscotto nel tè. Sperò che nessuno si accorgesse che fosse avvampata. Almeno non ho dovuto incontrarlo da sola, pensò. Quello sì, che sarebbe stato imbarazzante.

Teddy non se lo fece ripetere, e spostò rumorosamente una sedia per gettarcisi sopra, esausto. Trevor fece lo stesso, nel posto accanto a Rose.

"Ho bisogno di qualcosa di forte." Affermò l'Auror dai capelli blu. "È da stamattina che non vedo altro che cadaveri. Harry ci ha fatti entrare nell'obitorio di Little Hangleton per analizzare i corpi delle vittime."

"Ti sembra il momento di parlarne?" Lo rimbeccò, fiacco, il suo collega. "Le signore stanno prendendo il tè."

Trevor rivolse a Rose un altro debole sorriso, come a volersi scusare del comportamento di Teddy. Lei si accorse per la prima volta che il suo amico, pur non essendo mai stato una tipica bellezza mozzafiato, aveva un sorriso incantevole. Era un ragazzo semplice, privo di ogni forma di vanità e abituato a preoccuparsi soltanto di ciò che contava; non aveva vizi, e il suo unico saltuario capriccio era la palestra del Reparto Auror, come confermavano le sue braccia toniche, sempre strizzate dentro magliette troppo strette. Nel complesso, Trevor si faceva notare, ma era il suo carattere gentile e premuroso a renderlo amabile.

"Le signore qui presenti non si fermano mai." Precisò Hermione. "Harry ha confermato l'ipotesi dei vampiri?"

"Non ancora." Continuò Teddy. La sua professionalità faceva a pugni col colore blu dei capelli. "L'ultimo cadavere - una ragazza - era sfigurato, come se qualcuno si fosse accanito su di lei con un coltello. Forse salterà fuori che è solo una faccenda tra Babbani pazzi."

Hermione ponderò, e Rose capì dalla sua espressione che non fosse d'accordo; tuttavia, preferì virare il discorso su argomenti più adatti al loro momento di pausa e, per un po', Trevor e Rose si tennero fuori dalla conversazione. La ragazza rimosse lo sguardo dalla sua tazza solo per farlo oscillare tra sua madre e Teddy, come se fosse molto interessata ai problemi di sciatica del mago e ai rispettivi consigli di Hermione. Doveva essere evidente che cercasse di evitare Trevor, il quale poco dopo bisbigliò alla sua destra:

"Tutto bene?" Le domandò. I suoi occhi erano affossati dalle occhiaie, eppure tinti di una dolcezza insopportabile. Rose annuì, forzando il sorriso più convincente di cui fosse capace, e Trevor le domandò ancora: "Come se la passa Lucius tra gli Hufflepuff?"

"È felice, si trova molto bene. Ha fatto amicizia con Rémus." Rose non ebbe più bisogno di recitare, perchè sapere che il suo Lucius stesse bene faceva sentire bene anche lei. Sperò ugualmente che Teddy si unisse alla conversazione per parlare di suo figlio, ma il marito di sua cugina non aveva neanche ascoltato, impegnato com'era a descrivere a Hermione la bontà di quell'ultimo piatto francese che aveva assaggiato a casa di Bill e Fleur.

Era quasi scontato che Trevor chiedesse di Draco - in famiglia, erano tutti segretamente curiosi di sapere quanto avesse dato di matto per lo Smistamento di Lucius - ma, proprio com'era accaduto durante una conversazione con Ron e Hermione, anche lui decise di tacere per non diventare inopportuno. Per Rose era stato un sollievo, dato che pensare a Draco e al suo malumore non faceva che peggiorare anche il suo.

I pensieri intrusivi la stavano facendo impazzire fin da quella mattina. Tra l'intero Ministero che sparlava di lei e l'insopportabile affabilità di Trevor - che tanto strideva con la costante irritabilità del marito - si accorse presto di non poterli più sopportare. Fingendo di avere scordato un impegno importante, la ragazza si congedò in fretta, uscì dalla Sala Ristoro e corse a infilarsi in un ascensore vuoto. Era stremata. Finalmente al sicuro, premette il pulsante, non pensando ad altro che ad abbandonare il Ministero; prima che le porte si fossero chiuse, però, una mano comparve nel mezzo e le costrinse a riaprirsi. Quando Trevor si fece largo in ascensore, Rose credette di svenire. Non aveva più il fiato, e si appiattì per istinto contro il fondo, temendo che qualcosa di irreparabile stesse per accadere.

"Sembri un gatto che ha appena assistito a un incantesimo." Scherzò Trevor. Rose immaginò che si riferisse alla sua improvvisa rigidità, e al fatto che lo stesse fissando senza quasi sbattere le palpebre. "Stavi tornando nell'Atrium, suppongo."

Il mago premette il pulsante giusto, e l'ascensore ripartì. Rose aveva ancora paura del suo amico, pur non sapendo dire il perché; conoscendolo, Trevor avrebbe fatto del male a se stesso prima di farne a lei.

"Devi andarci anche tu?" Gli domandò confusamente, solo perché non le parve educato chiedere cosa diavolo ci fai qui?

"No. Scusa se ti ho seguita, il fatto è che ci vediamo talmente poco che non ho mai tempo per parlarti." Spiegò Trevor, tranquillo. "Volevo farti i complimenti per il tuo nuovo lavoro. So che sei stata presa all'Ufficio Misteri, in reparto non si parla d'altro. È grandioso!"

"È una grossa responsabilità." Rispose la voce atona di Rose. Non era ancora sicura delle intenzioni dell'amico, ma era felice di poter affrontare l'argomento con qualcuno che non fosse sua madre. "Non ho mai gestito niente del genere. Spero di esserne all'altezza."

Trevor strabuzzò gli occhi per lo stupore: "Rose Weasley... scusa, Malfoy, che teme di non essere all'altezza? Ma è impossibile! Non accadrà mai. Sarebbe come chiedere al Sole di non brillare."

La naturalezza delle sue parole la colpì. Non aveva cercato di lusingarla, era stato spontaneo e quelle parole le pensava veramente. Visto il periodo di crisi col marito, la ragazza accolse il complimento con gratitudine e sconforto. Draco poteva essere tanto egoista, a volte. Rose aveva bisogno di supporto, di qualcuno che credesse in lei, e non era giusto che quel qualcuno dovesse essere Trevor.

"Sei troppo buono, ma grazie." Disse timidamente. "Non so cosa ho fatto per meritare un amico come te."

Trevor la guardò ancora una volta come se avesse detto qualcosa di molto sciocco. Le sorrise benevolmente e spiegò:

"Mi hai soltanto cambiato la vita, ecco cos'hai fatto. Prima di Harry, non avevo altri che te. Senza la tua amicizia, non avrei trovato il coraggio di sfidare Scorpius e i Figli di Salazar, né tantomeno avrei tagliato i ponti con mio padre, e probabilmente il Wizengamot mi avrebbe condannato. Ho piena fiducia in te perché so chi sei e quanto vali. Sei speciale, Rose. Non dubitarlo mai."

Improvvisamente, il piccolo spazio dell'ascensore sembrò ancora più piccolo. Anche se Trevor restava rispettosamente al suo posto, Rose lo sentiva ovunque attorno a sé, sulla propria pelle, e il suo disagio cresceva. Non lo sopportava, ma sapeva di non poter essere sgarbata con l'unica persona che era sempre stata buona con lei. Per fortuna, proprio in quel momento raggiunsero l'Atrium. Le porte si aprirono, e Rose si affrettò ad andare via.

"Aspetta." La richiamò Trevor, seguendola ancora. Rose strinse i denti e lasciò che lui la raggiungesse. Almeno adesso erano circondati da altre persone. "C'è un'altra cosa che volevo chiederti. Sai, Harry pensa che io stia lavorando troppo. Non fa che insistere perché esca con Hugo, ora che è tornato dal suo ennesimo viaggio in giro per il mondo."

"Lo zio Harry ti vuole bene. Ti ha adottato. Non ufficialmente, ma è così." Ribatté Rose, che in tutti quegli anni aveva avuto modo di leggere nel legame tra lo zio e Trevor lo stesso rapporto filiale che vedeva in suo padre e Hugo. In tutta onestà, capiva come mai Harry gli fosse così affezionato. Trevor ispirava fiducia - a meno di non restare isolati con lui dentro agli ascensori - e chi gli stava accanto non poteva fare a meno di provare simpatia per lui.

Anche Trevor si sentiva legato a Harry da un affetto figliare. Alle parole di Rose, il suo volto stanco si era riempito di tenerezza. Harry era l'unico vero padre che avesse mai conosciuto.

"Esci con noi, qualche volta. Non oggi, quando vuoi. Anche tuo fratello vorrà vederti."

"Non lo so, Trev. Lo sai, ho una famiglia, non posso semplicemente andare dove voglio." Spiegò Rose, sapendo che se anche avesse potuto farlo, non l'avrebbe fatto. Hugo poteva farle visita a casa, se proprio ci teneva a incontrarla.

"Non mi devi spiegazioni." Ribadì il mago serenamente. "Sappi solo che, se vorrai, io sono qui."

Dannazione, pensò Rose, in imbarazzo, è proprio questo il problema.

*

Rose non era più riuscita a fare scivolare via il disagio di quella mattina. Sentirsi voluta da un amico era stato tremendo, ma sapere di averlo perso era stato anche peggio. Sebbene Trevor non si fosse dichiarato, lei sentiva che prima o poi lo avrebbe fatto. Era costretta a mantenere le distanze.

L'indomani sarebbe stato il suo primo giorno da Indicibile, e anche questo la preoccupava. Erano lontani i tempi in cui il Ministero poteva permettersi di coccolare Rose Weasley per accattivarsi le simpatie di Hermione; all'epoca, lei era solo una bambina. Ora, invece, era coinvolta in qualcosa di significativo che nessuno voleva dimenticare.

Sarebbe stata dura vincere le diffidenze degli altri maghi. Pur essendo arrabbiata con coloro che mettevano in dubbio la sua integrità senza nemmeno conoscerla, lo era ancora di più se pensava a Draco. Al suo ritorno, non si era fatto trovare in casa. Aveva lasciato Cissy alle cure degli elfi domestici e non aveva lasciato detto dove fosse andato, né quando sarebbe tornato. Un comportamento così irresponsabile non era da lui, e Rose sapeva di dover dare la colpa alle sue angosce, ma non poteva perdonarglielo. Aveva bisogno del suo supporto, voleva parlargli, e lui non glielo permetteva.

A pomeriggio inoltrato, Draco non era ancora tornato. Rose stava ormai giocando con Cissy per distrarre entrambe dalla burrasca in arrivo; sedeva per terra, nella stanza della bambina, accettando di fare da trespolo ai suoi mini-draghi volanti. Un draghetto viola brillantinato andò a posarsi in cima alla sua testa. Piegò il lungo collo in avanti e lo abbassò fino a guardare Rose negli occhi. Lei vide solo una macchia ridicolmente vicina, ma in qualche modo la scena doveva risultare divertente, perché Cissy scoppiò a ridere fragorosamente.

"Perché non cambiamo gioco?" Propose Rose, allungando la mano verso il drago viola e cercando di toglierlo via dai capelli, ai quali si era aggrappato con la tenacia di una piccola creatura vivente. Un altro drago verde lime planò dal soffitto e si adagiò sulla sua spalla per godersi lo spettacolo. "Dove sono le tue bambole? Possiamo giocare a mamma e figlia."

Rose si morse un labbro in silenzio quando, oltre al drago viola, vennero via anche alcune ciocche di capelli. I giochi di oggi erano fin troppo realistici. I dettagli della pelle, le unghie delle zampe, persino gli sbuffi di fumo che uscivano dalla gola erano fatti talmente bene da sembrare veri. Tirò fuori la bacchetta per acciuffare gli altri draghetti colorati, ma loro avevano capito, e provarono a nascondersi in giro per la stanza.

"Non ho voglia di giocare a fare la mamma." Borbottò Cissy, mentre accarezzava il drago rosa che aveva cercato rifugio tra le sue mani. "È difficile. Non sarò mai brava come te."

Rose si dimenticò dei draghetti, e i pochi che aveva catturato sgusciarono via. I suoi occhi si erano commossi. In mezzo a tante fatiche, c'era almeno qualcuno che l'apprezzava.

"Oh, Cissy!" Esclamò. "Invece lo sarai, così come ora sei la figlia migliore che potevo sperare di avere!"

Cissy lanciò in aria il giocattolo rosa, e si precipitò ad abbracciare sua madre, ancora accovacciata per terra. Madre e figlia si coccolarono per un po'.

"Che spettacolo commovente." Tuonò una voce terribile alle loro spalle. Rose rabbrividì. Conosceva quella voce, ma non le pareva possibile che fosse reale. "Non mi sorprende che vi piacciate a vicenda. Hai contaminato ogni singolo Malfoy con la tua sporcizia."

La ragazza si voltò verso la porta aperta, e li vide: gli anziani Lucius e Narcissa Malfoy torreggiavano su di loro dall'alto del loro sdegno. I capelli biondi si erano ormai colorati di bianco, ma erano ancora lunghi, e scendevano lungo le loro spalle con delicata eleganza. L'età aveva lasciato il segno sui loro bei volti, i quali erano però ancora intrisi di disprezzo.

Cissy si aggrappò al collo della madre, e Rose capì che avesse paura dei suoi nonni. Un motivo in più per essere furiosa con loro. Si rialzò, strillando:

"Come vi siete permessi... Andatevene! Non avete il diritto di giudicare me e la mia famiglia..."

"È dei miei eredi che stai parlando!" Tuonò Lucius, interrompendola. "Tu sei una malattia! Hai rovinato Scorpius, Draco, e ora anche quel bambino... Se è diventato un Hufflepuff, è stato a causa tua! L'hai fatto per umiliarci, non è vero? Accadrà la stessa cosa con lei, perché sei tu il problema."

Gli occhi glaciali del mago si erano soffermati sulla piccola Cissy per un momento. Lei sobbalzò e si strinse più forte ai fianchi della madre.

"La pensiamo diversamente su chi tra noi sia il vero problema della famiglia." Ribatté Rose, freddamente. Non voleva fare scenate di fronte alla figlia, ma si sentiva animata da una rabbia vecchia di dieci anni. "L'ultima volta che siete stati qui, so che avete cercato di convincere Draco a lasciarmi e a tenersi il bambino. Volevate crescerlo secondo la vostra idea di educazione, e guardate com'è finita? Io sono ancora qui, mentre voi comunicate con Draco soltanto tramite lettera, e lui, a volte, nemmeno vi risponde. È finita, avete perso."

Lucius e Narcissa non erano più cauti come un tempo, per cui di fronte alla schiettezza di Rose non avevano saputo nascondere il loro stupore. Narcissa tentennò e guardò la nipote omonima come se rimpiangesse di non averla vista crescere. Lucius divenne rosso di rabbia.

"Lurida figlia di una Mudblood, come osi usare quel tono con noi?" Sbottò a denti stretti. "Dieci anni fa era impossibile fare ragionare nostro figlio. È un uomo, e tu eri una ragazza giovane e disponibile. Non potevamo aspettarci che continuasse a prendere le sue decisioni usando il cervello. Ci siamo messi da parte e abbiamo aspettato che Draco capisse. E finalmente l'ha fatto. Non andate più molto d'accordo, vero?" Domandò, allungando la bocca in un ghigno sottile.

Rose sentì le sue sicurezze spezzarsi. Come faceva lui a saperlo? Forse uno dei suoi elfi li spiava, o forse era stato Draco a scriverlo loro in una lettera... quest'ultima idea le era insopportabile, e decise di accantonarla prima che Lucius si accorgesse di averla ferita.

Narcissa fece un passo in avanti. Guardava la piccola Cissy, e sembrava che volesse andare da lei. La bambina, però, si tirava indietro, e la nonna preferì rinunciare piuttosto che tentare di guadagnare il suo affetto.

"Che razza di stupida sei stata." Commentò Narcissa, con una nota amara nella voce, rivolgendosi a Rose. Aveva deciso di prendersela con lei. "Eri giovane, non sapevi come crescere dei figli; potevi ascoltare i consigli di Draco, invece hai preferito fare di testa tua. Gli hai dato i nostri nomi per ingraziarci, e poi li hai cresciuti come i più pezzenti tra i Weasley!"

"I nonni Weasley sono a posto! Loro sono sempre gentili con me!" Strillò Cissy, e poi si nascose dietro la madre. La rabbia nel sentir offendere i suoi amati nonni le aveva colorato le guance di rosso.

"Stà buona, Cissy! Non parlare!" Le ordinò dolcemente Rose.

Gli occhi di Lucius emanarono scintille d'odio, e Rose sapeva che stavolta erano rivolte anche a sua figlia. "La pagherai per questo, signorina Weasley." La minacciò, con voce sottile. "La pagherai per tutto. Parlerò con Draco, e so che stavolta capirà. Non avrò pace finché non ti avrò allontanato da questa famiglia per sempre!"

"Bene! Non so dove sia andato vostro figlio, ma se lo trovate ditegli che è arrivato il momento di fare una scelta. O sarete voi a non mettere più piede in questa casa, o sarò io. Ma di una cosa sono sicura: potete scordarvi che lascerò i miei figli con voi!" Di nuovo, le parole che Rose non aveva avuto modo di esprimere durante l'ultima visita dei Malfoy, dieci anni prima, uscirono fuori con facilità. "Tutti mi dicevano che non sarei mai riuscita a farmi accettare da voi. Neanche io l'ho mai creduto possibile, e se ho dato il vostro nome ai miei figli è perché speravo che capiste che non sono una minaccia. Non volevo distruggere la vostra famiglia, volevo solo renderla più felice. Ho sperato di costruire una tranquilla neutralità con voi, per il bene dei vostri nipoti. Ma ora ho chiuso, ne ho abbastanza. Fuori da questa casa!"

Come se qualcuno li avesse incitati, i dieci piccoli draghi colorati calarono sugli anziani Lucius e Narcissa, aggrappandosi ai loro capelli e bruciacchiandoli col loro fiato. I due Malfoy si dimenarono nel tentativo di scacciare i giocattoli, ma la presa delle loro zampe sui capelli era ben salda. Iniziarono a correre via, giù per le scale, borbottando insulti e minacce di difficile comprensione. Rose li seguì fino al camino della sala da pranzo. Quando Narcissa afferrò la Metropolvere dal vaso d'argento, i draghetti smisero di attaccarli. Continuarono a volare oltre le loro teste, come a tenerli d'occhio, e anche Rose rimase in attesa.

Narcissa entrò subito nel camino; i suoi capelli non erano mai stati così arruffati. Lucius, a sua volta così spettinato da sembrare ridicolo, si voltò verso Rose.

"Non finisce qui, ragazzina." La minacciò. "Abbiamo appena cominciato. Ci riprenderemo questa casa e i tuoi bambini. I Weasley saranno solo un lontano ricordo."

"Provateci, non vedo l'ora." Ribatté Rose, a braccia incrociate. Si sentiva straordinariamente sicura di sé, pronta a lottare e a vincere la sfida. Ma quando i Malfoy sparirono tra le fiamme della Metropolvere, le sue gambe iniziarono a tremare. Dopotutto, non era poi così sicura di vincere. Draco era il problema. Forse aveva ragione Lucius: stavolta non avrebbe scelto lei.

*

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