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2- Visioni II

*

L'Hogwarts Express si era allontanato dal Binario 9 e 3/4 ormai da un pezzo, ma Lucius non si era mosso dal posto che stava occupando davanti al portello ormai chiuso. Lo sentiva oscillare per la forte velocità, mentre fuori dal finestrino il paesaggio cambiava e nell'aria si respirava uno strano odore secco, forse dovuto alla frizione con le rotaie. Lucius stava assorbendo ogni nuova sensazione, senza quasi distinguerla da se stesso. L'unica coscienza di sé che gli era rimasta, stava rivivendo davanti ai propri occhi la spaventosa immagine vista sul Binario.

Accanto ai suoi genitori, che si tenevano per mano e che sembravano finalmente riappacificati, era apparsa la cugina Lily. Fino a quel momento, Lucius l'aveva vista soltanto in foto, ma anche a metri di distanza poteva ancora giurare che fosse lei. Alta, la testa adorna di lisci capelli rossi, portava un abbigliamento aderente che la faceva somigliare a una guerriera pronta alla battaglia.

Seppur impaurito, Lucius non sapeva che in modo avvisare i suoi genitori del pericolo; Trevor aveva infine capito ed era intervenuto, ma a quel punto Lily era già sparita; prima che il treno si fosse allontanato, Lucius comprese dagli sguardi confusi dei tre adulti che nessuno aveva idea di cose fosse accaduto. Comprese così che doveva essersi trattato di una visione. L'arrivo di Lily non era stato reale. Le sue allucinazioni erano tornate, e stavolta era stato spaventoso.

Una delle porte per i vagoni si aprì alle sue spalle, e al rumore insopportabile delle rotaie si mischiò quello delle voci gioviali di alcuni studenti più grandi.

"Ehi, ragazzino. Tutto okay?" Domandò uno di loro. Gli amici accanto a lui smisero di ridacchiare.

Lucius si voltò. Non conosceva quei ragazzi, ma osservando le loro divise capì che appartenevano a ognuna delle Case di Hogwarts, eccetto Slytherin. Sul loro petto era appuntata la spilla da prefetto, che Lucius conosceva dalla volta in cui sua madre gli aveva mostrato la sua. Pensando a Rose, spaventato e pieno di vergogna per essere stato beccato nel mezzo di una crisi, rimpianse quei momenti in cui poteva correre a rifugiarsi tra le sue braccia.

"Sì." Rispose Lucius, fingendosi forte. "Stavo solo guardando il paesaggio."

Il Prefetto che gli aveva rivolto la parola strabuzzò gli occhi; portava i colori di Hufflepuff. "Beh, non dovresti farlo qui. Hai già uno scompartimento? Se non ce l'hai, ti aiuto a cercarne uno."

Lucius non poteva immaginare niente di peggio, per il suo primo giorno a Hogwarts, di essere scortato su e giù per il treno da un Prefetto con eccesso di zelo. "Ce l'ho." Affermò in fretta. "Ci vado subito."

Oltrepassò i Prefetti senza salutare, e andò a infilarsi nello stesso vagone dal quale loro erano usciti. In realtà, non sapeva dove andare. Sua madre aveva fatto levitare il suo baule in uno degli scompartimenti del treno, ma lui non ricordava più in quale. Si ricordò invece di come, poco prima della partenza, gli avesse suggerito di cercare Rémus Lupin, anche lui del primo anno, e di fare amicizia con lui. Lucius lo aveva già incontrato altre volte - era un lontano cugino sia da parte di madre che di padre - tuttavia non avevano avuto molte opportunità di giocare insieme, un po' a causa della riluttanza di Rose nel lasciarlo solo, un po' per colpa del netto rifiuto di Draco di frequentare i Weasley.

Il bambino lo cercò tra gli scompartimenti, sbirciando da ogni finestrino alla ricerca di una testa verde (ricordava infatti che Rémus fosse un Metamorfomago e che amasse colorarsi i capelli di verde), ma la ricerca rischiava di essere infinita. Poi gli parve che una voce nella testa gli suggerisse di andare avanti, e alla fine del vagone lo trovò. Nello scompartimento di Rémus erano soltanto in due, tutti gli altri posti erano liberi. Lucius si fece coraggio, trascinò la porta e si fece avanti.

"Ciao, sono nuovo anche io." Si presentò alle due giovani facce che lo stavano fissando. "Posso sedermi con voi?"

Rémus spalancò un largo sorriso: "Ehi, io ti conosco! Papà mi aveva detto che ti avrei incontrato. Siediti accanto a me! Dov'è il tuo baule?"

"Da qualche parte sul treno." Rispose Lucius semplicemente, e fu ben felice di richiudere la porta e di andarsi a sedere al fianco del Metamorfomago. Davanti a loro, sedeva una ragazza dall'aria timida. Aveva i capelli rossi e stringeva un libro al petto. Lucius lesse il titolo: Storia di Hogwarts.

"Ti piace leggere?" Esclamò stupito, saltando le presentazioni.

La ragazzina accennò un sorriso. "Sì. Questo è il mio libro preferito. L'ho letto almeno una volta all'anno da che ho imparato a leggere."

"Wow." Disse lui. "Conosco una sola persona che abbia letto Storia di Hogwarts da bambina, e tu le somigli un sacco."

Le sue lentiggini si dipinsero di rosso, sorrise e abbracciò più forte il suo libro. Lucius era incantato da lei; data la sua somiglianza con Rose, aveva l'impressione di conoscere quella bambina da sempre.

"Lei è Artemisia Sprout." S'intromise Rémus, con l'espressione furba di chi ha capito. "La sua famiglia viene Smistata in Hufflepuff da generazioni. O almeno, una parte della sua famiglia, dato che sua madre è Babbana. La conosco perché abitiamo nello stesso villaggio, e le nostre madri sono amiche."

Qualcosa in Lucius si spense. I Malfoy l'avrebbero accettato se lui avesse avuto per amica la figlia di una Babbana? Forse sì, se fosse stata una Slytherin e - soprattutto - se fosse rimasta soltanto un'amica per sempre.

"Lui invece è Lucius Malfoy." Aggiunse Rémus, presentandolo ad Artemisia. "Lo so, il suo nome fa paura, ma lui è un tipo a posto."

La ragazza aveva sussultato nel sentire quel nome; diffidando anche delle parole di Rèmus, il suo atteggiamento cambiò.

"Scorpius Malfoy era un tuo parente?" Domandò lei, in tono accusatorio. I suoi occhi castani lanciavano fiamme.

Lucius odiava dover rispondere a domande del genere. Avrebbe detto di no, se solo non avesse fatto la figura del bugiardo.

"Era mio fratello, ma non l'ho mai conosciuto." Affermò con forza, cercando di mascherare l'insicurezza. "Io non c'entro niente con lui."

Sembrava che Artemisia fosse rimasta ferma alla prima risposta. Lo fulminò con lo sguardo, strinse le dita attorno al libro ed esclamò:

"Mia zia era una dei trentasette Auror che tuo fratello ha ucciso a Londra. Neanche io l'ho mai conosciuta."

La ragazza posò lo sguardo fuori dal finestrino, molto arrabbiata, e lì lo lasciò per molto tempo. Lucius sospirò; era stato umiliante, anche se suo padre lo aveva previsto. Prima di lasciarlo partire, Draco gli aveva spiegato che a causa del suo cognome avrebbe incontrato delle difficoltà a integrarsi a scuola, e aveva anche insistito perché lui non ne facesse un dramma; non doveva piacere a tutti, era sufficiente che si comportasse bene e che si concentrasse sulla propria istruzione. Secondo l'ottica di Lucius, però, era ingiusto che proprio a lui toccasse pagare per le colpe commesse da qualcun altro.

"Mio padre è rimasto ferito in quella battaglia. Scorpius lo ha lanciato contro il muro, e poi giù dalla finestra." Commentò Rèmus; si era rabbuiato, seppure fosse evidente che non volesse incolpare Lucius per questo. "È vivo per miracolo, e solo perché ha battuto la testa sul suo collega e non sull'asfalto. Mia madre però era incinta di me, e quando ha saputo dell'incidente è quasi morta di paura."

Lucius non voleva parlare di suo fratello, né tantomeno giustificarlo. Si vergognava di lui e avrebbe preferito, piuttosto, che non fosse mai esistito. "Mi dispiace." Mormorò, a nessuno in particolare. I compagni di viaggio non risposero, ma Lucius intuì che avessero apprezzato entrambi.

Il resto del viaggio trascorse tranquillo, e con pochi spunti di conversazione. Né Rémus né Artemisia sembravano emozionati per la Cerimonia dello Smistamento, perché entrambi si dicevano sicuri di diventare degli Hufflepuff. Nessuno domandò a Lucius in quale Casa si aspettasse di entrare, come se la risposta, nel suo caso, fosse ancora più scontata della loro. Ci fu un momento di spensieratezza soltanto quando la signora col carrello arrivò dalle loro parti, e Lucius si offrì di comprare le caramelle a tutti. Artemisia si ritrovò costretta a ringraziarlo per le Cioccorane - e perché, per merito suo, aveva finalmente trovato la figurina di Harry Potter - ma continuò a guardarlo in cagnesco anche dopo i regali, finché non arrivarono a Hogsmeade e il treno si fermò.

Se non altro, Lucius non aveva più pensato alla sua visione per tutto il giorno. Scese alla stazione di Hogsmeade insieme ai suoi compagni, e presto si ritrovò in mezzo agli altri studenti del primo anno, a inseguire il Mezzogigante Hagrid su per il sentiero per Hogwarts.

Dovevano essere più di trenta ragazzi in tutto e, tra il buio e la folla, Lucius perse di vista i suoi primi amici. Intuì che loro non lo avrebbero cercato - chiaramente, Artemisia avrebbe impedito a Rèmus di farlo - e decise che neanche lui l'avrebbe fatto. In compenso, stava per sperimentare lo scenografico viaggio in barca sulle rive calme del Lago Nero, di cui sua madre gli aveva tanto parlato.

Il manto nero del Lago si estendeva dinanzi a lui come un'immensa pianura; sullo sfondo vi era un'alta montagna, in cima alla quale era il castello di Hogwarts, con le sue torri e le finestre illuminate, circondato soltanto dalla volta celeste. Lucius rimase estasiato da quella vista, tanto da non ascoltare una sola parola delle istruzioni di Hagrid. La chioma grigia del Mezzogigante s'intromise nel suo campo visivo, schiarita dalla lanterna che teneva in mano:

"Sali, ragazzo." Ordinò gentilmente. "Non mi hai sentito? Ho detto, non più di quattro per battello."

Lucius si accorse solo allora che c'erano delle piccole imbarcazioni a riva, completamente immerse nel buio. Dato il suo equilibrio spesso difettoso, il ragazzo temette di cadere. Sarebbe stato umiliante, se fosse diventato lo zimbello della scuola ancora prima di essersi presentato, così si allontanò dove nessuno lo potesse vedere. Trovò un battello che sembrava vuoto, solo per accorgersi che non lo era affatto. Una ragazza con dei capelli così neri da confondersi con la notte, si era già seduta e lo stava guardando con diffidenza.

"Che c'è, hai dimenticato come si piegano le ginocchia?" Gli domandò, notando il suo maldestro tentativo di salire a bordo.

Lucius valutò la possibilità di voltarsi e di cercare un altro battello. Si accorse infatti che Rèmus e Artemisia si trovavano a due barche di distanza dalla sua, e se si sbrigava faceva ancora in tempo a occupare l'ultimo posto. Una voce interiore gli diceva di farlo, tuttavia, l'isolamento di quella strana ragazza gli ricordava un po' il suo e, ripensando alla conversazione sul treno, si rese conto di non essere in condizione di poter fare lo schizzinoso.

Alla fine, riuscì a salire a bordo senza inciampare nemmeno una volta. "Visto? Me lo sono ricordato." Disse alla ragazza. Con grande soddisfazione, si accorse che lei aveva disteso le labbra in un minuscolo sorriso. "Io sono Lucius. Tu chi sei?"

Aveva evitato con cura di pronunciare il proprio cognome, così non si sorprese quando neanche lei lo pronunciò:

"Constance. Ma se avessi degli amici, mi chiamerebbero Connie."

"Posso chiamarti io così."

"Noi non siamo amici." Rispose lei, col tono di chi vuole fingere indifferenza.

Proprio in quel momento, Hagrid diede l'ordine, e le barche presero vita. Si staccarono dalla riva e iniziarono la traversata, scivolando sulla superficie del lago come se fosse ghiaccio. Risero insieme quando dovettero abbassarsi per evitare la scogliera, ma una volta raggiunto il porto sotterraneo i due ragazzi si persero di vista. Dopo lo sbarco, Connie era scappata da lui come fosse un appestato, ed era andata a isolarsi lontano dal gruppo.

"Vipe, Constance!" Esclamò la voce monotona del Professor Kettleburn, dopo aver dato inizio alla Cerimonia dello Smistamento.

Il suo nome era stato il primo ad essere chiamato. Sembrava che a Connie non importasse nulla di quel che stesse accadendo, ma Lucius si accorse che aveva accelerato il passo, come se cercasse di farla finita il prima possibile.

Vipe è uno strano cognome, pensò Lucius, sicuramente non è una Purosangue. Lui stesso si sorprendeva dei pensieri che faceva; era come se non potesse farne a meno, anche se non gli piaceva.

"Slytherin!" Annunciò il logoro Cappello Parlante, un paio di secondi dopo essersi posato sulla chioma liscia della ragazzina.

Connie si alzò con indifferenza, e andò a unirsi al tavolo degli Slytherin, dai quali venne accolta con un gelido battito di mani.

"Lupin, Rèmus!"

Lucius vide il ragazzo dai capelli verdi scambiare un'occhiata complice con la sua amica, prima di saltellare pimpante verso il Cappello. Il quale non impiegò molto a urlare:

"Hufflepuff!"

Rèmus alzò le braccia al cielo ed esultò come se avesse appena vinto la Coppa delle Case. Passò vicino ad Artemisia, battè un cinque con lei e si unì agli Hufflepuff più grandi, a loro volta inebediti dal suo entusiasmo.

"Malfoy, Lucius!"

Nella Sala Grande cadde un silenzio anormale e prolungato che gli fece tremare le gambe. Il ragazzo cercò di non farci caso, mentre si muoveva in avanti. Nella tavolata degli insegnanti riconobbe soltanto il Professor Longbottom, che aveva vicino a sè una macchina fotografica e gli stava sorridendo calorosamente.

Seduto sullo sgabello, avvolto fino alle palpebre dalla pelle sgualcita del Cappello Parlante, Lucius cercò di non pensare all'intera scuola che lo stava osservando e - forse - giudicando. Quando sentì la voce acuta del Cappello, capì che per il momento avrebbe parlato soltanto con lui:

"Ooh, vedo innumerevoli potenzialità, qui dentro. C'è sia l'ambizione che il coraggio, un'ottima intelligenza e soprattutto una grande onestà. Riusciresti a trovarti bene in ognuna delle Case di Hogwarts, ma ce n'è soltanto una che può condurti alla via della grandezza, ed è...

Hufflepuff!"

Soltanto gli studenti più distratti applaudirono alla proclamazione del Cappello Parlante, e lo schiocco delle loro mani si perse in un silenzio glaciale. Lucius, credendo di non avere capito bene, era rimasto fermo sul posto.

"Si alzi, signor Malfoy, il Cappello ha deciso." Mormorò il Professor Kettleburn, al suo fianco.

Il ragazzo alzò lo sguardo sull'insegnante, osservando dal basso i suoi folti capelli bianchi, pettinati come quelli di un giovane, e la soffice barba bianca che gli ricopriva il mento. Lucius aveva sentito, ma il suo cervello non riusciva a elaborare i fatti. Quando i pochi applausi si spensero e alcune voci iniziarono a mormorare, dal tavolo degli insegnanti si levarono degli applausi ancora più fragorosi. Erano l'anziana Preside McGonagall e il Professor Longbottom, che cercavano di rompere l'imbarazzo per spronare Lucius a raggiungere i suoi legittimi compagni di Casa.

I piedi del ragazzo si mossero e lui sgambettò confuso fino al primo posto libero, di fronte a Rèmus. Gli Hufflepuff furono i primi a rompere l'incantesimo, subito dopo gli insegnanti. Applaudirono al suo arrivo, e i compagni più vicini si allungarono per stringergli la mano.

"Chi l'avrebbe mai detto?" Esclamò Rèmus, felicemente attonito. "Malfoy è dei nostri!"

Persino Artemisia fu più gentile con lui quando, poco dopo, si unì al gruppo. Forse per scusarsi del comportamento avuto sul treno, si sedette accanto a Lucius e chiacchierò con lui per tutto il resto della cena. Il ragazzo era ancora sotto shock, ma era riuscito lo stesso a unirsi ai festeggiamenti, e nel giro di mezz'ora aveva fatto amicizia con tutti i suoi nuovi compagni di classe.

Alla fine della cena, quando ormai si sentiva stanco e appesantito dal cibo, gettò un'occhiata al tavolo degli Slytherin. Da che poteva ricordare, aveva sempre creduto che un giorno avrebbe indossato quei colori verde-argento, così come ogni singolo Malfoy aveva fatto prima di lui. Non gli importava, ma a suo padre sì, e quando se ne rese conto una profonda tristezza si radicò nel suo petto. Fu allora che si ricordò di Constance. La cercò, e la vide che giocava coi suoi avanzi di cibo nel piatto, mentre scambiava nient'altro che monosillabi coi suoi compagni. La frangetta nera le copriva gli occhi ed era troppo lunga, forse non a caso. Sembrava una tenda con la quale poter tenere gli altri a distanza.

Che ragazza strana, pensò Lucius. Non era sicuro che gli piacesse, ma la stava osservando lo stesso perché c'era in lei qualcosa di familiare. Connie sembrava la figlia che i Malfoy non avevano mai avuto. Proprio quando si rese conto di volerla conoscere meglio, Artemisia lo richiamò all'attenzione. Il Prefetto di Hufflepuff - lo stesso ragazzo col quale aveva parlato sul treno - si era alzato e stava ordinando agli allievi del primo anno di seguirlo fino all'ingresso della Sala Comune. La cena era finita. Finalmente Lucius poteva crollare a letto e fare i conti con la sua incredibile giornata.

Era così stanco che quando entrò in Sala Comune posò appena lo sguardo sull'arredamento, sulle piante che cadevano dolcemente dal soffitto, realizzando che avrebbe potuto abituarsi in fretta a quell'incredibile novità. Raggiunto il dormitorio maschile del primo anno, ottenne il letto centrale e ci si fiondò ancora vestito, giusto il tempo di riposare gli occhi e le membra.

Poco dopo, Lucius era di nuovo in piedi. I suoi compagni erano scomparsi nei loro letti a baldacchino, nessun altro era sveglio e il dormitorio era buio. L'unica fonte di luce giungeva alle sue spalle, da un'alta finestra che rifletteva la luce bluastra del Lago Nero. Il ragazzo pensò che fosse strano. Sua mamma gli aveva spiegato che soltanto la Sala Comune di Slytherin si affacciava sulle profondità del lago; gli Hufflepuff vivevano sottoterra, ma dalla parte opposta. Quando una creatura marina nuotò vicino alla finestra, investendolo con la sua ombra sinuosa, Lucius venne colto da un dubbio terribile e si precipitò fuori dalla stanza, in Sala Comune.

Il fuoco che scoppiettava nel camino creava delle ombre inquietanti che si riflettevano sulle mura di pietra, scure e tappezzate dagli stendardi verde-argento. Niente più piante appese al soffitto, i divani in pelle avevano sostituito quelli in tessuto giallo. Non c'erano dubbi, Lucius si era svegliato nella Sala Comune sbagliata. Ma com'era possibile?

"Vattene."

Una voce risuonò nella sua testa, e il ragazzo rabbrividì. Si guardò intorno, ma non c'era nessuno che potesse aver parlato.

"Non è reale." Disse a se stesso; si dondolò in cerca di conforto e si conficcò le unghie sulle spalle. "È già capitato. Non è reale."

"Vattene!" Ripeté la voce.

"Me ne vado!" Gridò Lucius; la paura aveva acceso in lui la rabbia. "Non voglio stare qui. Non ho mai voluto essere uno Slytherin! Non m'importa se è la Casa della mia famiglia. Io li odio, odio quello che ha fatto Scorpius!"

La Casa verde-argento era il simbolo di tutto ciò che non andava nella sua vita, di quelle colpe non sue che avrebbe dovuto espiare per sempre. Tirò giù dal muro il più vicino stendardo, lo calpestò e cercò di distruggerlo. Non ci riuscì, poichè aveva la consistenza di un tappeto, allora lo trascinò verso il fuoco, lo gettò tra le fiamme e lo guardò bruciare. Un senso di pace lo travolse. Tuttavia, la voce misteriosa divenne aggressiva ed emise un grido penetrante che fracassò i timpani e fece gelare il sangue. Terrorizzato, il ragazzo corse verso il passaggio segreto e fuggì in corridoio, ma non andò lontano, perché qualcosa di invisibile lo afferrò per le spalle e lo bloccò.

"I Figli di Salazar stanno tornando." Tuonò la voce.

"Lasciami! Non mi avrete mai! Io non sono come voi!" Gridò il ragazzo, senza neanche sapere con chi stesse parlando. Si dimenò per sganciarsi dalla presa, ma chiunque lo avesse catturato era più forte di lui e non lo lasciava andare.

"Hermione non me lo aveva detto che suo nipote è anche sonnambulo." Mormorò tra sé una voce molto diversa dalla precedente e, allo stesso tempo, molto più concreta.

Lucius si calmò. Ora capiva cos'era successo: la sua mente aveva giocato con lui ancora una volta. Quella voce era stata spaventosa, ma tutto era accaduto nella sua testa. I suoi occhi si riaprirono lentamente. Davanti a lui, c'era il viso tondo e paffuto del Professor Longbottom. Si guardò intorno, e scoprì che aveva davvero corso per i sotterranei di Hogwarts, con l'unica differenza che nella realtà si trovava ancora nel corridoio degli Hufflepuff.

"Professore..." Biascicò Lucius, cercando le parole giuste. "Per favore, non dica niente a casa."

"Non questa volta, va bene." Concordò l'insegnante, che continuò a studiarlo, come a sincerarsi della sua salute.

Lucius non si oppose quando Neville lo invitò nel suo appartamento. Si trovava proprio in fondo al corridoio, ed era lì che stava tornando nel momento in cui aveva incontrato il ragazzo. La sua casa era molto simile alla Sala Comune di Hufflepuff. Ovunque Lucius posasse lo sguardo, non vedeva altro che piante: erano appese al soffitto, in fila ordinate sulla libreria, alcune uscivano persino dai cassetti, e avevano colori sgargianti, rossi, lilla e blu. Non c'era da stupirsi che ce ne fossero tante, dato che il Professor Longbottom era l'insegnante di Erbologia.

Il ragazzo si accomodò in poltrona, e Neville gli portò un bicchiere di acqua magicamente riscaldata, nel quale aveva immerso un sacchetto di camomilla. Lucius ringraziò, e per i primi secondi osservò soltanto l'acqua colorarsi di giallo.

"Va meglio?" Domandò il professore. Accese il camino con un colpo di bacchetta, e prese posto di fronte a lui con fare amichevole.

Lucius annuì. "Non l'ho fatto apposta." Spiegò. "Lo so che è proibito uscire di notte dalla Sala Comune, non volevo farlo. Toglierà dei punti alla mia Casa?"

"No, se mi prometti che non lo farai più."

"Lo sa, il fatto è che non posso prometterlo." Lucius abbassò lo sguardo. La sua camomilla non si era colorata abbastanza da essere bevuta, e lui giocò a fare oscillare il bicchiere.

"Va bene così." Affermò Neville, in tono affabile, dopo un lungo momento di silenzio. "Abbiamo tutti delle particolarità che preferiremmo non avere. Prova a riderci su!"

Era come se il Professor Longbottom sapesse. Il che, considerando che era amico dei nonni Weasley, doveva essere vero. Pur immaginando che avessero parlato di lui a fin di bene, Lucius lo trovò anche un po' umiliante.

"Ci proverò." Rispose, forzando un sorriso.

"Cerca solo di stare attento." Continuò l'insegnante, stavolta più seriamente.

Rimasero in silenzio per un po'. Lucius bevve la sua camomilla e finalmente si rilassò. Ora che era più tranquillo, era anche più disposto a parlare.

"Ho sentito una voce." Affermò. Piuttosto che comunicare con le persone guardandole in faccia, preferiva fissare un punto casuale davanti a lui. "Ha detto: i Figli di Salazar stanno tornando."

Neville rimase spiazzato, come se non sapesse cosa pensare. Non c'era ragione di credere che l'incubo di un ragazzino affetto da allucinazioni avesse il valore di una profezia. Lo stress del trasferimento a Hogwarts, la cena piuttosto abbondante, erano già delle spiegazioni valide. Lucius capì di non essere stato creduto, e si preparò ad andare.

"Beh, grazie per l'ospitalità, professore. Ci vediamo domani a Erbologia."

"I tuoi incubi si sono mai avverati, Lucius?" Domandò Neville, che era così pensieroso che le sue sopracciglia bionde sembravano toccarsi, e le rughe sulla sua fronte leggermente stempiata si erano ingrossate.

Lucius aveva già raggiunto l'uscita. "Qualche volta." Rispose. E se ne andò.

*

*

Note.

Il riferimento ai 37 Auror uccisi e all'attacco a Teddy Lupin risale al capitolo 30 di Finite Incantatem ("Radici").
Invece, il nome di Rémus ha l'accento per distinguerlo dal nonno!

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