Capitolo 6.~
-Non hai vestiti dietro?- Domandó James guardando il mio abbigliamento.
Indossavo ancora quella maledetta roba arancione fluorescente, cosa da far accapponare la pelle.
-Si, ho lasciato i vestiti nel cespuglio del parco qua vicino.- Mormorai con una smorfia, facendolo ridere.
-Non é il caso che tu vada in giro conciata così. Ti do' una mia maglia e dei miei pantaloni di riserva.-
Dichiarò, e infatti, mi diede dei pantaloni lunghi della tuta e una delle sue magliette.
Già mi aspettavo dei commentini da parte delle mie sorelle, cosa che volevo evitare.
Arya mi avrebbe dato sicuramente della traditrice solo per il semplice fatto che indossavo la maglia della Colombia.
Quando varcai la porta della sala pranza tutti i giocatori si girarono a fissarmi, e subito andai in paranoia.
-James, forse non è il caso...- Sussurrai timidamente, ma lui fu irremovibile.
Mi presentò a tutti come una sua amica e poi si sedette in un tavolo vuoto.
Grazie al cielo nessuno fece domande su come mi avesse conosciuto.
Era meglio così.
-Pronta per un piatto di pasta?- Chiese il ragazzo, dopo che io ebbi occupato il posto di fronte al suo.
-Certo, ho una fame!-Annuì realmente affamata.-Beh, ma voi mangiate proprio come le galline.
Era solamente mezzogiorno, e io solitamente mangiavo verso le due. Ma per quel giorno mi sarei accontentata.
-Ehi, non é colpa mia se oggi abbiamo la partita alle sei e quindi abbiamo l'allenamento da fare.- Rispose lui con un sorriso divertito.
-Tutte scuse, sisi.- Lo punzecchiai mentre addentavo una forchettata di pasta.
Era deliziosa e cotta al dente come piaceva a me.
Feci un'espressione di puro piacere, cosa che lo fece ridacchiare.
-Sei proprio buffa, Abby.- Sussurrò qualche secondo dopo, e potei giurare che il modo in cui pronunciò il mio nome era adorabile.
-Lo prenderò come una cosa positiva.- Sorrisi, giocherellando con la forchetta.
Sapevo che prima o poi dovevo chiedergli quella cosa che mi premeva fare da tempo.
Forse era meglio anticipare le cose.
-Abby, a cosa stai pensando?- Domandó lui dopo attimi di silenzio.
Ma come potevo rispondere a quella domanda? Stavo pensando a troppe cose.
-Pensavo che non ti ricordassi di me.
Cioé é stata una semplice chat di pochi minuti che hai pure interrotto appena sono andata in bagno.
Ma devo essere sincera, c'é qualcosa in te che mi colpisce. Ben prima di scoprire la tua vera identitá.
È questa mia sensazione che mi ha portato fino a te, dopo tutti questi giorni.
Di solito non é che mi camuffo con roba arancione per incontrare tutti i tipi conosciuti su chatroulette.-
E tutto in un colpo espressi tutta la mia confusione.
Lui fortunatamente non scoppiò a ridere e neppure mi giudicó, anzi mi guardò comprensivo.
Non con quella comprensione fasulla che si usa nei confronti di una persona che ha subito un lutto, ma quella sincera di uno che è nella tua stessa situazione.
-Abby, non volevo chiudere la chat, te lo giuro.
Si è spento il pc da solo...-Si scusó lui, realmente addolorato.-E hai descritto le stesse sensazioni che provo io.
Quando si è spento il pc non sai come mi sono sentito.
Ho iniziato ad indagare su Robin la youtuber canadese, e quando non ho trovato nulla mi sono sentito sconfitto. Grazie al cielo non mi sono arreso, e cliccando su un video a caso di quelli trovati, ti ho riconosciuto. Non eri Robin, eri Abby. Ecco perché ho fatto fatica a trovarti.
E ho guardato ogni tuo singolo video. Fidati, non sai che testa ho fatto alla mia squadra!
Quando ho saputo che c'era uno che si spacciava per me, tutte le mie speranze si sono cancellate.
Una parte di me sperava che anche tu cercassi un modo di entrare in contatto con me, e questa cosa del sosia complicava le cose.
Non so dirti come mai, ma parlare con te su chatroulette mi ha lasciato un segno. È tremendamente difficile da spiegare.- Ammise lui, guardando sconsolato il piatto vuoto.
Tutto questo era assurdo quanto un sogno.
Ero seduta al tavolo con un calciatore, dopo essermi finta una guardia di sicurezza, che mi confermava che anche lui era colpito da me. Ma la vera domanda é: Cosa ho fatto per attirare la sua attenzione?
Probabilmente se la stava ponendo anche lui.
-Quindi non hai chiuso la chiamata?- Domandai, come se quella fosse la cosa più importante di tutto il discorso.
Lui annuì.
-Non l'ho fatto.- Dichiarò nuovamente.
-Bene, ti avrei perdonato comunque.-Sorrisi.-Mio caro James dalla pronuncia strana, siamo vittima di un colpo di menti. Tralascia il nome, io sono un'artista, faccio schifo con le parole.-
Lui mi fissò, cercando di non ridere, ma entrambi non riuscimmo più a trattenerci.
Ridemmo di gusto e questo sembrò alleviare la mia confusione.
Non ci importó che tutti ci stessero guardando.
Lasciammo ugualmente spazio alla nostra risata liberatoria.
Quando ci calmammo, entrambi rossi in viso, lui si alzò dalla sedia.
-É già tardi. Mi spiace essere stato cosí poco con te, ma tranquilla, sto qui in Canada per tre giorni. Ci vediamo, vero?- Chiese lui, speranzoso.
Io finsi un'espressione dispiaciuta e negai con la testa.
-Mi spiace, ma ho da fare. E poi neppure ti conosco.- Risposi, abbassando lo sguardo, cosí che lui non potesse accorgersi che stessi per scoppiare nuovamente a ridere.
Lui mi allungò la mano e io gliela strinsi.
-Piacere James Rodriguez.
-Piacere Abigail Williams.-Risposi alzando lo sguardo, e incrociando i suoi occhi castani.
-Ora ci conosciamo, no?
Gli angoli delle sue labbra si incurvarono in un sorriso, prima di schioccarmi un bacio sulla guancia.
Sperai vivamente che non si accorgesse del mio improvviso bollore, ma era impossibile.
La mia carnagione troppo chiara mi tradiva sempre.
-Non hai tradito le mie aspettative. Il colpo di menti funziona.- Mi sussurró all'orecchio. -Ci vediamo in questi giorni, Gail. Non m'importa se non vuoi, ti vengo a prendere a scuola.-
Mi fece l'occhiolino, mentre chiamava una vera guardia per accompagnarmi fuori.
Lo avrebbe fatto lui stesso, ma era fin troppo rischioso.
-Mi raccomando. Le assegni quattro posti in una buona posizione, mi fido di lei. Le faccio dare anche un piccolo aumento, é una brava persona, Adam.-
Dopo aver dato una piccola mancia alla guardia, che continuava a guardarmi con odio, si allontanò.
La distanza ci separava di tanti centimetri quando un pensiero mi pervase la mente.
-James, ma non vuoi indietro i tuoi vestiti?- Urlai, e lui si girò a fissarmi con un sorriso obliquo.
-No. Ti dona il rosso, Gail.
Nessuno mi aveva mai chiamato Gail.
Era decisamente un bel soprannome, più di Aurora sicuramente, ma soprattutto sentirlo dire da James era ancora più bello.
Chissà, forse il tempo ci avrebbe fatto capire cosa ci avesse portato ad incontrarci.
Spazio autrice.
Vi piace? Avete dei consigli? Qualche curiosità? Sono a vostra disposizione. ♡
Ps: Vi piacciono le copertine?
Ps: Good Luck, James. ☆
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