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Capitolo 8. Non siamo fidanzati

Charles' POV

Alcune volte ci sono cose che non puoi spiegare, perché non ci sono motivazioni razionali. Proprio per questo non saprei dire cosa mi spingesse a confidarmi con Daniele. Finii col raccontargli del rapporto difficile che avevo con mia madre, del fatto che lei soffrisse di depressione da molti anni e che non sapevo come starle vicino in certi momenti. Gli dissi che mi odiavo quando mi allontanavo da lei, ma farlo mi faceva sentire libero dalle preoccupazioni. Gli parlai anche dei miei fratelli, che erano sempre stati dei figli migliori di me e un po' li invidiavo per questo. Pensai di poter apparire ai suoi occhi, dopo tutte quelle confessioni, una persona orribile, eppure Daniele mi fece sentire semplicemente...umano. 

«Non possiamo pretendere di essere perfetti e nemmeno gli altri possono pretenderlo. Una persona che non sbaglia mai, in realtà sta già facendo uno sbaglio: si fa mancare la possibilità di capire come ci si sente a seguire l'istinto. Non puoi colpevolizzarti per quello che ti succede, ti servirà per capire i tuoi sbagli e un giorno tutto questo dolore ti sarà utile».

Mi chiesi al lungo quando sarebbe arrivato quel giorno, ma in realtà durante quel periodo non sentivo più quel dolore opprimente che avevo avuto addosso subito dopo la morte di mio padre. Sì certo, non era sparito, ma si era un po' attutito. 

«Perché quelli ci stanno mettendo così tanto a cambiare le gomme?» chiese Daniele, concentrato su quello che stava succedendo in TV, come per paura di potersi perdere qualcosa.

«Perché quelli della Williams sono delle mezze seghe», gli spiegai. «Non sono riusciti a fissare al primo colpo l'anteriore destra». Lui annuì, spostando lo sguardo su di me. Gli sorrisi, passandogli un braccio attorno alla spalla e lui si avvicinò a me. 

Aveva insistito per guardare il GP insieme a me, anche se era evidente che non gliene fregasse niente. Cercai di spiegargli come funziona una gara di Formula Uno, ma il suo sguardo vuoto su di me mi aveva fatto capire che non sarebbe mai stato un fan di questo sport. 

«Mia nonna mi ha invitato a pranzo domani», mi fece sapere buttando un'occhiata sullo schermo del suo cellulare. «Che palle!» aggiunse buttando il telefono sul divano.

«Vuoi che venga con te?»

«Davvero?»

«Sì, perché no! Poi magari possiamo andare a fare un giro in moto...però guido io».

«Oh mio Dio, ma la smetti di offendere la mia guida!?»

«Dani, seriamente...guidi come una nonnina».

«Solo perché sono responsabile alla guid-». Lo interruppi, dandogli un bacio a stampo ma bastò quello per farlo smettere definitivamente. Mi guardò un po' male, ma poi mi baciò lui.

«D'accordo», si arrese alla fine. Andai alla ricerca di un altro bacio, però sentimmo sbattere una porta e questo portò Daniele a staccarsi da me. Quando vidi entrare in sala i suoi genitori, il modo in cui li guardò mi fece capire quante fragilità si portasse dentro quel ragazzo.

***

«Greta, le dico seriamente: questo risotto è il migliore che io abbia mai mangiato!» feci sapere alla nonna di Daniele, beccandomi un'occhiataccia. Lui stendette per bene quello che aveva nel piatto, prendendo una forchettata e soffiandoci sopra prima di mangiare. C'era una certa tensione, fare un complimento alla cucina di sua nonna mi sembrava il minimo.

«Grazie tesoro», rispose lei prendendo posto vicino a me. «Almeno qualcuno apprezza la mia cucina», aggiunse guardando con la coda dell'occhio Daniele. Lui fece finta di niente. Non si stava nemmeno sforzando, chissà come sarebbe andata se non ci fossi stato io. Sembravano entrambi il tipo di persona che se non ne hanno per le balle, sono anche capaci di rimanere in silenzio per ore. 

«Comunque, ti volevo vedere perché mi servirebbe un favore», disse la donna. Daniele si lasciò cadere all'indietro sulla sedia, stringendo però più saldamente la forchetta. «L'ultima settimana di luglio una coppia inglese arriverà a Firenze. Siccome io sarò al mare con la zia, mi chiedevo se potevi occuparti te di far vedere loro la casa e tutto il resto».

Daniele rimase in silenzio per alcuni secondi, sia con il mio sguardo che quello di sua nonna addosso. Non so che cosa pensò, ma sicuramente niente di gentile. Eppure, la sua risposta fu la versione migliore dei suoi pensieri.

«E io che pensavo che mi avessi invitato solo per potermi fare il tuo risotto ai funghi, perché sai che è il mio preferito! Che sciocco, eh?» La donna rise, allungando la mano verso la sua e prendendogliela. «D'accordo nonna, nessun problema», disse alla fine. 

Quando alzò gli occhi su di me gli sorrisi, ma lui rimase dannatamente serio. E lo fece per tutto il pomeriggio. Nemmeno gli andò di litigare perché voleva guidare lui lo scooter. Salì semplicemente alle mie spalle e si strinse forte. Io guidai senza una meta precisa, ma riuscii a capire quale fosse il posto giusto per fermarmi appena lo vidi.

Si vedeva tutta la vallata da lì: una distesa infinita di verde che nascondeva al meglio le poche case disseminate qua e là. Addocciai un posto dove potevamo stare per un po', all'ombra di un albero. Io mi sedetti contro il tronco, allungando la mano verso Daniele e facendogli capire che poteva mettersi tra le mie gambe. 

Lo sentii rigido tra le braccia finché non mi avvicinai alla sua guancia e gliela baciai.

«Credo adesso tocchi a te», sussurrai.

«Tocca a me...che cosa?»

«Parlare», precisai. Daniele si lasciò andare contro il mio petto, accarezzandomi le dita della mano destra con le sue e tenendo gli occhi fissi sui suoi movimenti circolari.

«Non so, non credo di aver molto da dire».

«Io invece credo di sì...i tuoi non sanno che sei gay?» La mia domanda lo prese visibilmente alla sprovvista e non potei biasimarlo: alla sua età non è semplice capirsi. Scosse semplicemente la testa, senza però dire qualcosa. «Luisa e Giulio mi sembrano due persone molto aperte, soprattutto tua madre. Pensi davvero che potrebbero prenderla male?»

«Come posso avere l'assoluta certezza che non daranno di matto?»

«Non puoi averla», dissi. «Però come puoi avere l'assoluta certezza che invece succederà?» Il suo silenzio mi fece capire che mi stava dando ragione, quindi continuai. «Non ti sto dicendo che dovresti farlo subito, ma credo che più aspetterai e più sarà difficile. E cosa dirai loro quando ti chiederano se hai una ragazza? Sarà difficile per te mentire e per loro capire perché ti comporti in modo strano».

«In realtà non ci ho mai pensato», mi confessa. «Non mi piace molto pensare al futuro e odio dannatamente tanto quando mi chiedono che ho intenzione di fare! Perché non mi posso vivere il momento?» sussurrò, sospirando e si stringe un po' di più a me. 

Daniele aveva ragione ed ero d'accordo con lui: non ero mai stato un grande fan dei progetti a lungo termine. Ma sapevo che prima o poi entrambi avremo dovuto pensare al futuro.

***

Mercoledì sera della settimana dopo riuscii, con l'aiuto di Margherita, a convincere Daniele a venire con noi a bere qualcosa. Lo rassicurai dicendogli che non mi sarei seduto vicino ad Elisa, così da evitare che mi si appiccicasse come una cozza. Ma dimenticammo entrambi che il vero problema non era Elisa ma Cesare. Erano giorni che continuava a scrivermi, ricevendo da parte mia risposte sbrigative che avrebbero potuto far capire a chiunque che non ero interessato. 

«Mi stai evitando?» mi chiese raggiungendomi al bancone del bar. Ci si appoggiò contro, puntando gli occhi su di me, mentre io guardai oltre le sue spalle, in direzione di Daniele. Anche da lì riuscii a vedere un'espressione di totale disappunto sul suo viso.

«Non direi», tagliai corto. Al che Cesare si avvicinò di più a me.

«Sai il detto Date a Cesare quel che è di Cesare? Beh, pensavo fossi roba mia e ti fai attendere un po' troppo».  Mi lasciai sfuggire una risata, abbassando la testa mentre mi morsi il labbro. Mi era abbastanza impossibile non riconoscere che fosse un bel ragazzo e che ci sapesse fare. E nemmeno feci in tempo a pensarlo, che quando alzai la testa vidi Daniele uscire a grandi passi fuori dal locale. 

Lo seguii ignorando Cesare, che cercò di prendermi la mano. Uscendo lo trovai appoggiato al muro vicino all'entrata. Quando si rese conto di me si staccò velocemente e prese a camminare. Mi bastò accelerare leggermente il passo per riuscire a raggiungerlo, fermandolo.

«Che ti prende?»

«Mi stai prendendo per il culo?» chiese a sua volta. «Hai flirtato davanti a me con un altro e hai anche il coraggio di chiedermi che mi prende!?» Nel farmi la seconda domanda alzò un po' di più la voce ed io decisi di lasciargli andare il braccio.

«Non ho fatto un cazzo e se anche lo avessi fatto, qual è il problema? Guarda che non siamo fidanzati! Quindi smettila di fare l'isterico per niente», gli dissi. Daniele serrò la mascella, chiudendo contemporaneamente le mani a pugno e portandole lungo i fianchi. 

«Perché pensi davvero che serva essere "fidanzati" per mostrare un minimo di rispetto nei confronti della persona che ti sta accanto? Forse non te ne sei reso conto, ma è con me che dormi ogni notte da qualche settimana a questa parte. Per quanto tu possa essere cinico non puoi dirmi che condividere il letto non significhi un cazzo per te».

Mi resi conto in quel preciso istante che le cose stavano diventando più grandi di ciò che credevo. Mi resi conto che anche se Daniele era più piccolo di me di qualche anno, sapeva bene cosa significasse costruire un rapporto. Io non lo sapevo perché i sentimenti mi avevano sempre fatto paura e lasciai che la paura avesse la meglio anche quella volta. Feci qualche passo indietro, alzando le spalle.

«Forse dovresti dormire nel tuo letto stanotte», dissi.

Però era l'ultima cosa che volevo.

***

angolo autrice: Ci ricordo che ieri è anche uscito un nuovo capitolo di Prima Pagina. Vi ringrazio per il continuo sostegno che mi date, a lunedì prossimo.

p.s. vi do il permesso di uccidere Charles.

Ale.

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