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Capitolo 1. Barriere

La prima mattina dopo il suo arrivo, Charles si svegliò verso le undici. A casa mia eravamo abituati ad alzarci presto, così da poter fare colazione insieme, prima che papà andasse a lavorare, quindi il suo atteggiamento mi diede subito sui nervi. Mia madre disse che aveva fatto un lungo viaggio ed era giustificato. 

Ma lo fece anche i giorni seguenti. E a quel punto non c'erano più scuse.

Quel lunedì, quando scese a fare colazione in giardino, io ero ancora seduto al tavolo, intento a sfogliare il Corriere della Sera. La Gazzetta dello Sport che mio padre aveva comprato invece era sul tavolo. In prima pagina c'era una foto di Max Verstappen, che era arrivato primo al gran premio dell'Azerbaijan. Sinceramente nemmeno sapeva chi fosse quel tizio, però il giorno prima avevo beccato Charles a guardare la gara, inveendo contro di lui. 

Prese il giornale, guardandolo distrattamente. Io lo osservai da dietro gli enormi fogli del quotidiano, ormai poco interessato all'articolo che stavo leggendo prima del suo arrivo.

«Cazzo, quanto lo odio», disse spalmando della marmellata su una fetta biscottata. Addentò quella stessa fetta, sbriciolando da per tutto ma non curandosi di ciò.

«Però dev'essere bravo, altrimenti non avrebbe vinto», dissi restando al sicuro, dietro le pagine del Cinema e lo Spettacolo. Charles rise, spingendomi quindi a guardarlo. Piegai il giornale in due e lo misi sopra la Gazzetta dello Sport.

«Anche lui lo direbbe se si trovasse qui, in un fottuto paesino sperduto nel nulla. Immagino abbia dato una grande festa quando è venuto a sapere che non ci sarai stato per un po'!»

«E di chi è la colpa se sei in un "fottuto paesino sperduto nel nulla"?» chiesi ma Charles non rispose. Quello che fece fu lasciar cadere quello che rimaneva della sua fetta biscottata sul tavolo, alzandosi subito dopo. La sedia strusciò, facendo un rumore fastidioso, tanto quanto l'improvvisa presenza di Charles Leclerc nella mia vita.

«Non resterò qui a farmi fare la morale da un ragazzino di sedici anni!»

«Ne ho diciotto!» dissi offeso. Odiavo il fatto che il mio aspetto mi tradisse sempre in quel modo. Capitava spesso che le persone credessero che fossi più piccolo. Forse a causa dalla totale mancanza di barba, i lineamenti dolci e lo sguardo da Bambi, come si divertiva a definirlo Matilde, la mia migliore amica. Mia madre diceva che quando sarei invecchiato, sentirmi dire che dimostravo meno anni di quelli che avevo, lo avrei apprezzato. In quel momento però non potevo apprezzarlo, perché agli occhi di Charles apparivo un bambino, quando in realtà tra i due il bambino era lui. 

«E comunque, in questo posto ci devi restare, che ti piaccia o meno», gli feci notare mentre se ne stava andando, rientrando in casa. Mia madre, che non so da quanto fosse ferma sulla porta, cercò di fermarlo, chiedendogli cosa stesse succedendo. Non ricevendo risposta si rivolse a me, con le braccia conserte al petto e un'espressione di disappunto sul viso.

«Daniele, ti avevo pregato di comportati bene con Charles. Per quanto possa non andarti a genio, è nostro ospite. E poi, ancora non riesco a capire cosa sia successo tra voi, insomma da piccoli andavate d'accordo».

«Le persone cambiano», dissi scrollando le spalle.

Ed era la verità: Charles Leclerc era totalmente differente dal bambino che tanti anni prima era diventato mio amico. In maniera direttamente proporzionale alla sua bravura come pilota si contrapponeva la presunzione e il sarcasmo. Credeva di essere migliore degli altri e credeva che siccome la vita era stata bastarda con lui, allora lui poteva fare come gli pareva.

Nemmeno un mese prima suo padre era morto in un incidente in barca e da lì le cose erano precipitate. Si dice che ognuno affronta il dolore in modo diverso: c'è chi piange, chi si arrabbia, chi non demorde e poi c'è chi cerca di annullarsi. Questo è esattamente quello che aveva fatto Charles dopo la morte del padre, superando tutti i limiti che gli erano stati imposti e arrivando così ad infrangere le promesse fatte. 

Ho sempre avuto rispetto per il dolore degli altri, sono una persona empatica, eppure il dolore di Charles non lo riuscivo a cogliere, perché c'erano delle barriere tra i nostri cuori. E nessuno dei due pareva intenzionato ad abbatterle.

Almeno, non nell'immediato poi.

***

«Però è carino, questo lo devi ammettere!» disse Margherita, spingendomi ad aprire gli occhi. Abbassai di poco gli occhiali da sole sul naso, guardandola con una smorfia che la fece ridere. 

«Smettila di cercare notizie su di lui su Google», la rimproverai, appoggiandomi allo schienale dalla sdraio e chiudendo nuovamente gli occhi. Pur non vedendola più, ero sicuro che stesse ancora smanettando con il cellulare, cosa che aveva fatto per tutto il pomeriggio. Aveva scoperto tutto ciò che c'era da sapere su Charles, i vari flirt che aveva avuto e, a parer suo, la cosa più importante di tutte: che fosse bisessuale. Non capii perché fosse "la cosa più importante di tutte", ma sinceramente poco m'importava il suo orientamento sessuale.

Margherita era la figlia dei Landini, i nostri vicini di casa. Avevamo molte cose in comune (tra cui il fatto che piacesse ad entrambi il cazzo), quindi non fu difficile diventare amici. Inoltre, i nostri caratteri erano totalmente complementari; lei diceva che fosse perché io sono uno Scorpione, mentre lei è Leone. Sinceramente non ci ho mai capito niente di astrologia, anche se lei si ostinava sempre di leggermi l'oroscopo e spiegarmi il movimento dei pianeti.

«Perché non lo invitiamo ad uscire con noi?» propose. 

«Non credo voglia uscire con dei "ragazzini"», risposi. Ero ancora incazzato per come mi aveva trattato quella mattina, tant'è che non gli avevo rivolto la parola per tutto il giorno. Non che ci fossimo visti molto, però quelle poche volte che ci eravamo incrociati per i corridoi e durante il pranzo, avevo ignorato la sua presenza. Anche se, il suo profumo mi aveva continuato a ricordare che c'era. Odiavo pure il suo profumo, e più di qualsiasi altra cosa odiavo il fatto che mi piacesse.

«Sai a cosa porta il più delle volte un rapporto malsano come il vostro? »

«Immagino un'ulcera. E comunque, se non me la farà venire Charles Leclerc, ci penserà la maturità», risposi alzando le spalle. Margherita si alzò dalla sua sdraio, ponendosi proprio di fronte a me, così da riuscire ad eclissare il sole. 

«Molto spiritoso», disse facendomi il verso. «Ma davvero Blair e Chuck non ti hanno insegnato niente?!» chiese seria. Ed eccola che ricominciava a parlare di Gossip Girl. Non aveva ancora capito che a me non fregava proprio niente di quella serie TV, e che la guardavo solo perché mi obbligava. Però, lo dovevo riconoscere, Chace Crawford è sexy! 

«A quanto pare mi sono perso l'episodio in cui quei due insegnano una qualche minima cosa che non sia bere champagne di lusso e fare feste nonsense».

«Blair e Chuck si odiavano, poi sono finiti a letto insieme e...si sono innamorati», disse ed io mi lasciai sfuggire una risata. Mi misi a sedere sulla sdraio, invitando Margherita a fare lo stesso. Passai un braccio attorno alla sua spalla, stringendola contro il mio petto.

«Primo: non ho intenzione di andare a letto con uno che usa il pene come se fosse una carta di credito: troppo e male. Secondo: Dovrebbe piacermi almeno un po' per sorvolare sul primo punto. E terzo: ti ricordo che ho già un ragazzo!»

«Sì certo... "un ragazzo"», disse staccandosi da me controvoglia. «Se fosse davvero il tuo ragazzo, allora dovrebbe essere la prima delle motivazioni per cui non finiresti mai a letto con un altro». 

Socchiusi le labbra, pronto a parlare ma poi mi resi conto che aveva dannatamente ragione. Margherita aveva sempre ragione, anche se mi pesava un sacco ammetterlo. 

Il mio ragazzo, o meglio quello che consideravo il mio ragazzo, si chiamava Leonardo e a metà anno scolastico avevamo iniziato a vederci, finendo più e più volte a letto insieme. Lui non era proprio il tipo di persona da relazione fissa, io invece trovavo più faticoso vivere un rapporto che non avesse un'etichetta. Quindi, l'ultimo giorno di scuola gli avevo chiesto di metterci insieme. In tutta risposta lui mi aveva baciato e aveva detto di sì. Grandioso, davvero grandioso...se non fosse stato che lui stava passando l'estate in Sardegna, mentre io ero lì, con una Margherita pronta a buttargli merda addosso. Okay, aveva le sue ragioni per farlo, considerando che non ci sentivamo da quando era partito. Mi dicevo che era solo perché magari lì il telefono non prendeva, soprattutto perché lui aveva la Wind e si sa che la Wind fa schifo come l'ananas sulla pizza!

«Non sono interessato», tagliai corto alzandomi dalla sdraio, il libro sottobraccio e gli occhiali da sole tirati sulla testa.

«Quindi ci posso provare con lui?!» mi chiese alzandosi a sua volta. Pur avendo delle ciabatte con la zeppa rimaneva più bassa di me, quindi abbassai di poco lo sguardo per guardarla negli occhi. Lei sorrise, ritrovandosi un secondo dopo in piscina, in seguito alla mia spinta.

«Intanto non ti farà bagnare più di quanto non abbia appena fatto io», urlai andandomene, mentre lei mi fece il dito medio.

***

Angolo autrice: Buongiorno a tutti! Come avevo già avvisato, il giorno di aggiornamento della storia sarà il Mercoledì pomeriggio.

Vi volevo ringraziare per l'appoggio che ho ricevuto con la pubblicazione del prologo, sono felice che la storia possa piacere. In realtà, lo ammetto, non so dove voglio andare a parare, quindi lo scopriremo insieme!

Da qui a poco farò un capitolo dove metterò i prestavolto di tutti i personaggi dalla storia, aggiornandolo con l'aggiunta di nuovi personaggi. Per il momento vi basti sapere che Daniele me lo immagino come Timothée Chalamet (adoro questo ragazzo!!)

A settimana prossima,

Ale.

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