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17. La baita sul lago

Se c'è una cosa che odio, sono le auto.
Ma se c'è una cosa che odio più delle auto, sono le moto.
Odio guidarle, odio salirci, le odio.
Non mi fa stare sicura qualcosa di così traballante e instabile che viaggia a velocità impossibili, perderne il controllo sarebbe troppo semplice.

Così mentre Matt sembra estasiato dal posto e da qualunque cosa ci circondi, io faccio una smorfia disgustata che cerco di camuffare quando Jennette mi guarda per ricevere il mio feedback.

Ci addentriamo nel magazzino, Nathan parla con un tizio sulla trentina e torna poco dopo con un mazzo di chiavi. Ci guida in un edificio adiacente, spalanca la porta di legno scuro e ci fa cenno di entrare.
La rimessa dei caschi.
Gironzolo su e giù per gli scaffali carichi, senza davvero interessarmi di cercare qualcosa da indossare, fin quando gli altri non hanno trovato il casco soddisfacente e le altre protezioni. Jennette mi passa un casco nero lucido che riluttante accetto. Poi usciamo e torniamo nella rimessa accanto, Nathan restituisce le chiavi e ci guida ad un secondo garage, dove file e file di moto e quad sono parcheggiate. Immagino questo sarebbe il paradiso per Avan... ma non per me, seguo gli altri.

Matt opta per una moto dall'aspetto molto potente e veloce. Jennette ne prende un'altra che sembra più solida e robusta. Nathan si prende, invece, un quad.

Mat: -E tu Liz?- domanda Matt accorgendosi solo ora della mia riluttanza per questo posto.

Eli: -Emh, non mi piace molto l'idea di guidare una di questi cosi traballanti.- confesso, Matt scuote la testa e alza lo sguardo al cielo.

Nat: -Oh beh, Elizabeth, dovrai... non c'è altro modo per raggiungere la baita sul lago; ormai farla a piedi è da pazzi, non arriveresti a metà sentiero con il sole.- ribatte Nathan, io alzo le spalle.

Eli: -Vuol dire che vi aspetterò qui.- dico con un sorrisino.

Jen: -Oh! Andiamo! Prendi uno di quei cosi e muoviti!- sbuffa Jennette indicando i quad alle mie spalle.

Eli: -No. Non lo farò. C'ha provato anche Avan a farmi guidare, non lo ho fatto con lui... figuriamoci con voi!- esclamo incrociando le braccia sotto al seno.

Nat: -Allora salimi dietro.- propone lui accarezzando la sella nera dietro di sé.

Eli: -Oh, non mi fido di me stessa e mi fido di te? Non credo proprio. Non ci vengo là su, tantomeno montata dietro di te.-

Mat: -Vuoi salire con me? Di me ti fidi?- chiede Matt, mi guarda dritta negli occhi e sa che così cederò.

Eli: -Si, ma io veramente...- borbotto cercando una scusa.

Mat: -Dai Liz, giuro che vado piano e tutto il resto.- promette lui portandosi una mano sul cuore, mi mordicchio il labbro inferiore.

Eli: -Matt è che io...-

Mat: -Ti prego.-
Alla fine cedo, mi avvicino alla moto che ha scelto il mio migliore amico.

Eli: -Ma tu non hai neanche la patente...- sospiro indossando il casco e le protezioni che mi ha fornito Jennette.

Nat: -Oh, qui non serve la patente. Se hai più di sedici anni puoi guidarle, solo nei sentieri segnati, ma puoi guidarle.- si intromette Nathan salendo in sella al suo quad.
Matt prende le mie mani tra le sue e le avvicina al suo cuore.

Mat: -Elizabeth, già lo sai che se ti succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai. Ti chiedo solo di fidarti di me.- mormora avvicinando poi le mie dita alle sue labbra, ci lascia un bacio leggero; uno dei suoi dolci e rassicuranti.

Eli: -Si Matt, va bene.- acconsento in fine, lui mi rivolge uno di quei suoi soliti sorrisi e sale in sella, ancora titubante mi sistemo dietro a lui e stringo le mie braccia attorno al suo torso. Con un rapido movimento del piede spinge il pedale e mette in moto. Inizio a pregare sotto voce mentre lui gira la manopola del manubrio per far ruggire il motore.

Jen: -Ci siamo?- grida Jennette per sovrastare il rumore sordo dei motori ruggenti, si abbassa la visiera del casco e io faccio lo stesso.

Eli: -Matt, ti prego non correreeeeh!- supplico, lui parte sgommando sul ghiaino davanti il garage.
Mi stringo più che posso a lui, chiudo gli occhi e mi affido alla mia buona stella lassù.

Non so quanto duri esattamente la salita, ma so che Matt è davvero bravo a guidare, per essere la prima volta che prende in mano qualcosa che non sia il ciao rosso bordò ereditato da suo nonno.
Nathan aveva ragione riguardo al sole e alla durata della sua luce.
Quando arriviamo sù è l'imbrunire.
Appena Matt ferma la moto, con il motore ancora acceso e ruggente, mi fiondo giù in terra e resto in ginocchio per diversi istanti cercando di recuperare la fermezza nelle mie membra. A farmi sollevare è Matt, tenendomi per mano mi accompagna dentro la casupola.

È molto piccola e carina; la stanza d'ingresso è la sala centrale della casa, ha un camino di mattoni scoperti e un piccola zona cucina, in un angolo sono ammassate due poltrone e un divanetto. Ai lati ci sono tre porte: due camere e un bagno. Io e Matt ci sistemiamo in quella accanto al bagno, lasciando a Jennette e Nathan la privacy dell'altro lato della casa.
In camera nostra ci sono sue letti singoli che Matt, per prima cosa, unisce al centro della stanza, un armadio imponente, un paio di sedie e un'enome finestra che si apre a vita sul lago. Subito mi affaccio e resto a bocca aperta.
L'acqua fresca e cristallina della piccola sorgente riflette il bagliore rossastro del tramonto, gli alberi accanto sembrano cantare una ninnananna al giorno che se ne va, con il vento che sottile ne muove i rami e fa fremere le foglie, un coro di cinguettii leggeri lo accompagna. Ma la cosa più estasiante di tutte è aldilà delle fronde degli ultimi alberi, quelli che accompagnano la discesa del sentiero, oltre quelle chiome informi si scaglia la pianura che ospita Boston e le città vicine, si intravvede anche il mare nello sfondo.

Sento le mani di Matt stringermi da dietro, il suo petto aderisce alla mia schiena in questo abbraccio, posa il mento sulla mia spalla e sospira.

Eli: -È fantastico, non è vero?- mormoro senza poter distogliere lo sguardo dal paesaggio davanti a me.

Mat: -Oh, si... senza dubbio.- conferma lui, sento anche solo dalla voce che c'è qualcosa che non va di cui vuole parlarmi, è il momento buono per farmi raccontare e raccontargli ciò che gli ho promesso in auto.

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