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Dillo!

giugno 1997
Dillo!

La scuola è un casino.
La mia vita è un casino.
Sembra che tutto cambi intorno a me.
Che nulla sia più come prima.
Solo Piton resta uguale a se stesso.
Unica certezza in mezzo ad un tornado di assurdità.
Piton.
Già.
Lo odiano tutti.
Si fa odiare da tutti.
Quei suoi sguardi taglienti.
Quel suo sopraciglio alzato.
Sampre.
Qualunque cosa uno provi a dirgli.
E io provo a dirgli di tutto.
E' dalla sera in cui ci siamo incontrati in biblioteca che non faccio che pensare a lui.
Leggeva un libro, chinato su un tavolo nascosto in mezzo agli scaffali.
E aveva quegli occhi, quello sguardo di quando si sogna qualcosa di impossibile, di inafferrabile.
Mi sono fermata a guardarlo.
Perché l'ho fatto?
Se fossi andata via tutto sarebbe stato diverso.
Ho fatto rumore, lui si e voltato.
Ha indossato di nuovo la sua maschera.
Ma ci ha messo un secondo di troppo.
E io l'ho visto.
Quegli occhi erano pieni di fiamme.
Non erano gli occhi di un mangiamorte, non erano gli occhi di un bastardo, non erano gli occhi di un freddo e cinico professore di pozioni.
Erano gli occhi di un uomo pieno di sogni.
E di incubi.
Non ho più smesso di pensare a lui.
Ho cominciato a seguirlo.
Ad osservarlo.
Forse nessuno lo aveva mai fatto prima di me.
L'ho visto annegare la sua vita in un libro, poi in un altro.
Come faccio io.
Monto la maschera dell'amica perfetta, della studentessa perfetta, della grifondoro perfetta.
Poi apro un libro e lascio uscire Hermione.
Non riesco a togliermi dalla testa quel Severus che ho visto scivolare tra le parole impresse sulla carta.
Perché so che c'è.
Io l'ho visto.
E adesso sono qui.
Lui in piedi davanti a me.
In biblioteca, ancora una volta.
Mi guarda con il suo solito ghigno.
E io ho solo voglia di piangere.
Si è accorto di me un po' di tempo fa.
Stupida!
Come potevo pensare che chi ha ingannato per anni l'oscuro signore non si accorgesse di una ragazzina petulante nascosta dietro agli scaffali.
Voleva delle risposte, me le ha chieste con il suo solito modo sgarbato.
Con le sue solite parole forbite, con il suo solito sarcasmo pungente.
In un aula che non mie era mai sembrata così soffocante.
E io gliel'ho detto.
Gli ho detto perchè lo seguivo.
Gli ho detto che ho visto i suoi occhi.
Quelli veri.
Lui mi ha zittita.
Mi ha allontanata.
E io ho ripreso a seguirlo, ancora.
E più lo seguivo, più mi piaceva.
E più mi piaceva, più mi innamoravo di lui.
Assurdo eh?
La perfetta grifondoro innamorata del viscido professore.
E ora sono immobile davanti a lui, ancora zitta.
Sempre.
Perché so cosa dire.
Ma non posso dirlo.
Lui ha capito.
Lo ha fatto già da un po'.
Perchè tutto si può dire di Severus Piton, tranne che sia uno stupido.
Mi guarda ridendo.
Sa di ferirmi.
Non gli importa.
O forse sì.
Perchè io quelle fiamme le vedo.
Anche quando si impegna a nasconderle.
Le vedo anche adesso.
Mi mordo un labbro.
- "Dillo!"
Sibila.
Resto ferma, attonita.
Se avessi un po' di coraggio mi avvicinerei.
Lo abbraccerei.
Glielo direi.
E invece resto qui a tormentarmi le labbra ormai sanguinanti.
- "Dillo!"
Ripete.
Alzo lo sguardo.
Lo fisso nei suoi occhi così neri da sembrare infiniti.
Ripesco il fiato in fondo a due polmoni che mi sembrano fatti di legno.
- "Io... Non smetto di pensare a lei."
Lo dico.
Tremo.
Attendo che arrivi l'ennesima sfuriata.
Che le fiamme gelate che tutti conoscono invadano il suo sguardo.
Resto ferma.
Lo fa anche lui.
Non dice nulla.
Mi guarda e basta.
E i suoi occhi sono sempre immobili.
E i miei polmoni sempre più aridi.
- "Perché?"
Sussurra.
Non sibila, non sbuffa.
Sussurra.
I suoi occhi sono diversi adesso.
Sembrano quelli che accarezzano le pagine dei libri.
Resto immobile.
Cosa stai facendo Severus Piton?
Cosa vuoi che ti dica?
Vuoi davvero la mia verità?
O semplicemente non sai cosa dire?
- "Perche lei non è così... io... io ho visto chi è veramente."
Balbetto.
Ho preso tutto il coraggio di cui sono capace, l'ho fatto risalire dalla gola e l'ho sputato fuori.
Senza più pensare.
Ho passato una vita intera a pensare.
Adesso no.
L'ho detto e basta.
E lui resta fermo.
Continua a guardarmi.
La polvere aleggia ovunque in questo posto.
I raggi del sole la accendono, la fanno vorticare tra i nostri occhi che non si vogliono staccare.
Fa un passo verso di me.
Tremo, di nuovo.
E' emozione, non paura.
Si ferma.
Il suo sguardo cambia, di nuovo.
Ha rimesso la maschera.
- "Tu non hai visto niente."
Non sono parole.
Sono lame gelate.
Si volta.
Il suo mantello scivola sulle pietre lise del pavimento.
Si allontana, senza guardarsi indietro.
Senza guardarmi.
E io resto ferma tra la polvere.
A sorridere.
Si, perché la maschera è tornata al suo posto.
Ma per due interminabili minuti, davanti al mio sguardo, c'è stato solo il suo volto.

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