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Il risveglio

La mattina, mi risvegliai a terra legata al letto di quel ragazzino che tanto odiavo, sotto di me era posta una semplice stuoia e una coperta, "alla buon'ora", sentii una voce gelida provenire alle mie spalle mi voltai e di nuovo mi scontrai con quei suoi occhi gelidi, "non guardarmi" e mi diede un forte schiaffo, subito la guancia iniziò a bruciare "fra sei mesi, quando la tua educazione sarà completa, ci sposeremo" "no!" Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, io non volevo non lo amavo "per quanto tu possa ribellarti, è ciò che succederà, imparerai ad amarmi e ad amare il dolore che ti infliggerò quando ne avrò voglia, imparerai che il piacere appartiene solo a me, ma ogni tanto quando vorrò potrai averne un po', imparerai che ogni tuo respiro, pensiero, movimento lo devi a me e soltanto a me, diventerai ciò che io voglio e null'altro" dette quelle parole, si alzò dal letto e mi slegò per poi legarmi nuovamente, questa volta però ero girata di schiena, e le mie mani erano state legate con delle catene più lunghe alle estremità del letto, essendo praticamente nuda in questo momento lui poteva vedere ogni cosa di me, lo sentii dietro la mia schiena, mi costrinse in ginocchio poi vidi che teneva qualcosa in mano, ma non sapevo cosa, il cuore cominciò a battere velocemente; qualcosa di ruvido sfiorò la mia pelle "non preoccuparti non lascerà ferite o almeno non molte, ora conta e ringrazia, più non lo farai più io continuerò" non capii all'istante cosa intendesse, ma quando arrivò la prima frustata mi colse impreparata, così urlai dal dolore, ma mai lo avrei chiamato padrone, mai lo avrei ringraziato, mai avrei dato adito ai suoi giochi perversi.
Ormai non sapevo più quanto tempo fosse passato, so che urlavo e piangevo disperatamente, sentivo il sangue sulla mia schiena e ad ogni sferzata il dolore aumentava, non colpiva velocemente, ma aspettava, giocava con me, per incutermi più timore e per incidere un maggiore dolore, "forza, conta e ringrazia, questa è la tua prima lezione schiava", "n-n-o" la mia voce uscì come spezzata, fragile "bene" lo sentii posare la frusta, venire verso di me afferrare i miei fianchi e tirarmi verso di lui, sentii il suo membro sfiorare il mio sedere nudo, poi un grande dolore nel didietro e in tutto il corpo, spinse con rabbia, non curandosi delle mie lacrime e delle mie suppliche, spinse e spinse finché non venne. "Lo hai voluto tu, vediamo come ti comporterai più tardi." Detto questo, mi slegò e se ne andò lasciandomi a terra, in una pozza di sangue e dolore, tremavo, ora sapevo, non avrei potuto resistere non a lungo; quella non era una casa, quello non era un mondo, ma l'inferno ed io stavo pagando peccati che non avevo commesso.

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