I Johnson
Le onde del mare, il vento tra i capelli e il profumo della salsedine. Quanto amavo quei profumi e quegli odori, fissavo il mare con sguardo spento, ero distrutto, quanti giorni passati e centinaia di estati a giocare con mia sorella su questa spiaggia, ed ora forse non vedrò più il suo sorriso.
Questa maledetta politica sta distruggendo tutto, la corruzione ormai è ovunque. Il principe senatore, vuole il nostro sostegno per ampliare le forze del loro esercito, e avere così maggiori armi e mezzi da guerra, il motivo? Dichiarare guerra alle uniche zone che erano rimaste al di fuori di quella legge, i ribelli.
Quelle zone erano composte da reietti, ladri, gente in fuga, nemici della politica e dagli insani. Eppure lui e la sua famiglia non erano d'accordo con quelle idee, un'altra guerra avrebbe voluto dire altri morti, altre vite spezzate, loro non volevano tutto quello.
I miei pensieri furono interrotti, sentii in lontananza la voce di mia madre chiamarmi. Fissai ancora il mare, e i pescherecci in lontananza, da sempre proprietà della mia famiglia, i Johnson. Alla fine decisi di incamminarmi verso l'immensa villa dipinta di rosso. Mia madre anche da lontano splende nella sua bellezza, il suo vestito bianco sventola sotto la brezza marina mette in risalto il suo meraviglioso fisico, i suoi capelli biondi e i suoi occhi verdi mentre mio padre che le era accanto, come sempre, è così alto da far sembrare mia madre minuscola, ma anche io non scherzo, ho i capelli neri come quelli di mio padre, ma i miei occhi verdi, quelli li ho ereditati da mia madre.
Una volta arrivato, Franck il nostro inserviente mi apre. "Carlos, figlio mio, vieni in salotto, ci sono delle persone che vorrei tu conoscessi" faccio un cenno di assenso a mio padre e mi dirigo con lui verso il salone. Mentre cammino in crocio lo sguardo di mia madre, i suoi occhi sono rossi e lucidi, ha di nuovo pianto, sta soffrendo troppo per la sua bambina che non è più con noi. Vorrei consolarla, abbracciarla, ma ora non posso, sono stato chiamato da mio padre e le regole sono chiare, in pubblico niente smancerie con le donne, madri o sottomesse non cambia.
Varchiamo la grande porta di legno del salone, il parquet legno massello del pavimento si riflette sul muro con una carta da parati beige, le applique a forma di candelabro dorate e il cammino rendono la stanza molto elegante. Al centro sono dei divani enormi di velluto, sotto di loro un tappeto rosso fuoco, il colore preferito di mia madre. Sui divani sono seduti due signore della stessa età di mio padre, non capisco cosa sta succedendo, ma ho un brutto presentimento.
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È l'alba, ancora una volta la mia routine nelle miniere deve riprendere, quando sono stato svegliato stavo facendo un bel sogno, di quelli rari, ho sognato una grande villa, un letto comodo ed io che dormivo su di esso.
Un cavallo bianco, poi d'improvviso, ecco svanire tutto, davanti a me due occhi nocciola e delle labbra morbide e bellissime, a quel punto mi hanno svegliato. Meglio così, sono ricordi che non voglio più rivivere. Guardo la stanza in cui ogni sera ci rinchiudono, non è altro che un capannone di cemento, con una porta in metallo che viene chiusa ogni sera dall'esterno. In alto sulle pareti laterali sono poste delle piccole finestrelle, aperte giorno e notte, ma sono così piccole che nemmeno un bambino ci passerebbe. Il loro unico scopo è far entrare aria pulita, ma essendo così piccole ne entra davvero poca, i raggi del sole faticano a filtrare da esse. A terra vi è molto fieno, su cui noi dormiamo, ci tiene caldo nelle fredde notti di questo luogo. Poi a infondo al capannone è il luogo destinato ai nostri bisogni corporali. Si dormiamo tra i nostri stessi escrementi, infatti, sono molti quelli che tra di noi muoiono di malattia. Un giorno fuggirò da questo posto orribile, ma fino ad allora io sarò solo N.
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So che è un po' corto, ma spero vi piaccia ugualmente, continuate a seguirmi e se vi piace votate!
Grazie a tutti quanti.
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