Follia
Quella mattina, il mio padrone mi disse di vestirmi bene con un vestito che lui aveva già scelto per me, e dirigermi velocemente nel suo studio, così tolsi gli abiti della cameriera sexy per indossare un abito davvero corto, tutto nero e di pizzo bianco, poi notai sul letto il guinzaglio, sapevo che dovevo portarglielo, così lo presi, mi guardai allo specchio vergognandomi di me stessa, e mi diressi nel suo studio.
Appena fui difronte all'immensa porta di mogano bussai, "avanti" lentamente aprii la porta, appena dentro mi misi in ginocchio difronte a lui, "vieni qui, ma senza alzarti in piedi" cosi camminai a quattro zampe difronte a lui e agli uomini con cui stava parlando, "bella la tua cagnetta" "già" mi accarezzò la testa e poi permise ad uno di loro di toccarmi il seno "dammi il guinzaglio, stiamo uscendo a fare una passeggiata, piccola" detto questo lego il guinzaglio al collare e cominciò a strattonarmi per farmi camminare dietro di lui, durante il viaggio in limousine, si divertì a farmi toccare ancora e ancora da tutti i suoi amici o acquirenti, non saprei dirvelo. Finalmente dopo un viaggio che mi sembrò un eternità arrivammo in un meraviglioso lungo mare, era un sogno, c'erano negozi ovunque e strade fatte di lastre di vetro, macchine che non toccavano nemmeno la superficie terrena, soldati nelle loro splendide uniformi bianche e oro, con i loro fucili tutti super tecnologici, gente che rideva e passeggiava felice, vedevo donne allegre, e altre come me, la vita era bella o brutta per noi donne a seconda della fortuna che avevi nel matrimonio, questa era la verità poteva capitarti un padrone premuroso, dolce e poco sadico, o poteva capitarti il mio padrone.
Appena la portiera fu aperta il padrone scese strattonandomi per seguirlo, mi diede uno strattone così forte da farmi cadere a terra, li sentii ridere "andiamo piccola, fai la brava micia" detto questo vidi di nuovo quelle maledette orecchie da gatta e la coda che infilo in me senza troppe cerimonie, "andiamo" camminai a quattro zampe per tutto il tragitto che ci separava dal lussuoso ristorante in cui avrebbero pranzato, ed io che credevo sarebbe stato almeno in quel momento dolce, ma lui era il futuro Senatore principe doveva mostrarsi più crudele di tutti e di certo non è che faticasse molto.
Giunti al ristorante mi legò alla gamba del tavolo, avevo le gambe e i palmi delle mani pieni di lividi, i graffi di certo erano impossibili con quei pavimenti di vetro, c'erano molte donne e tutte legate come me, ma ciò che mi colpì fu una scena particolare un uomo e una donna con le loro figlie e i loro figli entrare nel ristorante, l'uomo fece sedere tutti accanto a lui, ansi spostò la sedia alla donna e lasciò che fosse lei a scegliere cosa mangiare "che scena patetica, chiamate le guardie che siano arrestati, minano alla sicurezza dello stato" disse il mio padrone infuriato io non potevo credere alle mie orecchi, non ci trovavo nulla di sbagliato in tutto questo "si, vado subito" il signore difronte ad Erik si alzò per andare a chiamare le guardie, io provai a dire loro qualcosa, ma il mio padrone mi tappò la bocca, prima che potessi parlare "te, sta zitta" dicendo così mise nella mia bocca quella dannata pallina ed io vidi, quella famiglia distrutta davanti ai miei occhi. Sentii l'uomo gridare "io sono un dominatore, ma non voglio che mia moglie e le mie figlie abbiano solo paura di me, do loro rispetto e amore, perché loro lo danno a me, se sbagliano le punisco, ma solo se sbagliano" le risate della gente e i pugni dei soldati mi fecero capire che quella famiglia non avrebbe avuto scampo, ma notai una cosa, non tutti gioivano difronte a quella scena, c'erano molti padroni che d'istinto avevano stretto a se le proprie schiave, vedevo un affetto diverso, non erano tutti d'accordo su queste leggi, c'era chi come me voleva un equità.
Finita tutta la baraonda, il padrone mi costrinse a stendermi sulle sue ginocchia e per tutto il tempo giocò con il mio sedere carezzandolo, tirandogli schiaffi, quando arrivò il dolce però mi tolse la pallina e mi pose sotto al tavolino "fammi un bel bocchino piccola" io dissi di no con la testa, davanti a tutta quella gente, già mi sentivo abbastanza umiliata, così era troppo! "no? Vedremo" mi prese di nuovo sulle sue ginocchia e cominciò a colpirmi fortissimo, vedevo gli sguardi dei padroni su di me, erano divertiti e altri di loro che invece erano indignati, ma lo nascondevano, non tutti trattavano le loro sottomesse in quel modo. Alla fine cominciai ad urlare dal dolore aveva iniziato a picchiarmi con un mestolo che si era fatto portare dal cameriere "b-asta v—vi prego" "mi fai il bocchino?" Scossi ancora la testa e lui ricominciò, alla fine stufo mi gettò a terra apri la cerniera dei suoi pantaloni, strinse la mia bocca fino a costringermi ad aprirla e me lo mise dentro, era in piedi davanti a tutti ed io mi sentivo sempre più umiliata, mentre lui tra le risate e gli applausi, continuava a spingere sempre più forte, quasi a soffocarmi, cominciai a piangere per l'umiliazione ed il dolore, quando ebbe finito mi diede una spinta e si rimise seduto a mangiare il suo dolce "vedete, così si trattano le donne".
Per fortuna i suoi acquirenti non tornarono con noi. Anche se dolorante e umiliata, vedere il tramonto sul mare per la prima volta, per me fu meraviglioso, ma camminare a quattro zampe lo rendeva meno bello. Percorremmo a piedi tutto il lungo mare sino al parcheggio, ed io per tutto il tragitto non smisi un secondo di fissare il mare, quanto avrei voluto fare un tuffo in quell'acqua meravigliosa. Saliti in macchina finalmente mi tolse il guinzaglio "sei stata cattiva oggi, e a casa faremo i conti" "ma, mi avete già punita" "non come desidero io, e non ribattere mai più ciò che decido" detto quello mi tirò a sé e senza cerimonie mi mise a quattro zampe per scoparmi. Quando intravidi il cancello di casa cominciai a tremare, cosa avrebbe potuto farmi di più? Cosa mancava a tutto quello che già aveva fatto? Mi aveva umiliata e maltratta tutto il giorno, ora cosa altro voleva da me? Cammina, provai a mettermi in piedi, ma le ginocchia erano così gonfie che caddi subito a terra, lui perse subito la pazienza e cominciò a strattonarmi per i capelli, fino a che non fummo nella stanza da letto, lì mi gettò sul materasso ed io mi rannicchiai tremante in attesa della punizione, piangevo tantissimo "smettila, di frignare" si pose sopra di me e cominciò a tirarmi dei pugni e degli schiaffi, poi mi colpì con la cinta e di nuovo con i pugni, all'improvviso tutto si fece nero intorno a me l'ultima cosa che sentii furono le sue parole "tu, sei mia e ubbidirai" poi tutto scomparve.
Mi risvegliai con lui accanto che mi teneva la mano ed un medico "ora che ha ripreso i sensi non è più in pericolo, arrivederci, continuate a dargli le medicine" "va, bene grazie" "ciao, piccola, sono tre giorni che dormi sai, mi hai fatto preoccupare" appena si avvicinò a me io mi scansai terrorizzata, ed iniziai a piangere, il mio corpo era cosparso di lividi e graffi, "mi dispiace piccola, ma è stata tutta colpa tua, se tu non ti comportassi cosi io non ti punirei in questa maniera capito?" La sua voce era dura e calma, ma io ero terrorizzata risposi ciò che voleva "si, padrone" poi mi riaddormentai.
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