XVI
Damon
Tamburellavo le dita sul legno scuro del tavolo e di tanto in tanto lanciavo uno sguardo all'orologio. Attendevo che i genitori di Jane arrivassero, seppur l'attesa fosse straziante.
La mia pazienza era ai livelli minimi ed agivo sempre impulsivamente e ciò mi portava allo svantaggio; decisi dunque di non obbiettare alla decisione di William e aspettare un paio di giorni prima della mia partenza.
Angel sembrava essere tranquilla, leggeva uno dei suoi libri preferiti e sembrava scollegarsi totalmente dal mondo; forse credeva ciecamente in me e non si preoccupava minimamente del peggio.
Mi alzai e la affiancai sul divano, poggiano la testa sulla sua spalla.
«Sono sicura che nostra madre sarebbe orgogliosa di te, anche lei avrebbe affrontato anche la più dolorosa delle peni per nostro padre.»
«Penso di star per capire cosa sia veramente l'affetto per qualcuno», sussurrai, afferrando la mano che aveva allungato verso di me.
«Ne sono felice, non c'è niente di più potente dell'amore», abbassò il viso con mezzo sorriso. Ultimamente era tanto cambiata, non riuscivo più a capire cosa pensasse o quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Il mio allontanamento l'aveva colpita come un fulmine a ciel sereno e ciò l'aveva portata a maturare, non aveva più me che la proteggessi ed ero sicuro che il suo smarrimento era stato devastante; se avessi avuto modo di tornare indietro con il tempo, darei una serie di pugni a ciò che ero.
«Amore eh? Sei piuttosto esperta in argomento, c'è forse qualche bel giovanotto a cui devo spezzare le gambe?», cercai di buttarla sul ridere, ma era la pura verità.
«Mmm... Forse.»
«Ti stai frequentando con un ragazzo?», sobbalzai alla voce stridula di Leila. «È una notizia fantastica! Come si chiama? È un bel ragazzo? Lo conosco!», si avvicinò di fretta e furia, lasciando alle sue spalle un William scioccato.
«Perché non ne sapevo nulla?», chiese proprio quest'ultimo. «Da quando va avanti questa storia?»
«Padre non c'è nessuna storia tra di noi, abbiamo semplicemente passato del tempo insieme», sospirò lei.
«Lo spero per te Signorina.»
Adoravo il William geloso e protettivo, almeno ero sicuro che mia sorella non sarebbe capitata nelle mani di qualche figlio di cagna. Fu proprio che in quel momento che una domestica entrò e ci avvisò, finalmente, dell'arrivo dei Reali.
Scattai dal divano, non attendendo altro, ma quando provai a fare un passo in avanti, un improvviso giramento di testa mi bloccò e fui costretto ad appoggiarmi al tavolo. «Damon, va tutto bene?», mi affiancò Angel, mentre William e Leila già erano usciti per dare il benvenuto agli ospiti.
«Io... Sì, va tutto bene, mi sento solo un po' stanco.»
«Ti sta stressando troppo questa situazione, vedrai che quando tutto sarà risolto, starai meglio.»
Annuii e la seguii verso lo studio di William, il quale già stava spiegando la situazione al fratello. Era trepidante quanto me e voleva che quella spiacevole situazione passasse quanto prima. Abel annuì semplicemente, forse era talmente disperato da aver accettato qualsiasi opportunità.
Angel, come suo solito, già era pronta per l'incantesimo ed io anche. «Affidiamo tutto a voi, non ci deludete», disse Abel con un viso più pallido del solito, chissà da quanto non si nutriva per bene.
«Il vostro desiderio, è anche il mio, non avete di che temere.»
«Damon», intervenne Angel, porgendomi la perla, «è ora.»
Nel momento esatto in cui l'afferrai, un brivido mi percorse la spina dorsale e serrai il pugno destro quando riuscii ad inspirare un odore familiare; basta con le allucinazioni.
«Damon», disse una voce familiare... Troppo familiare, non era possibile!
Il mio corpo ebbe un sussulto e mi portai una mano al braccio, quando avvertii una pressione proprio lì, come se qualcuno lo stesse tastando.
Non era possibile. Mi voltai verso destra, ma non vidi nulla. Ero un illuso se speravo di rivederla così facilmente.
«Riesci a sentirmi? Sai chi sono? Ti prego aiutami!»
Sobbalzai ancora, non ci potevo credere.
«Jane», sussurrai. Era lei, era davvero lei, finalmente si era messa in contatto con me. Perché, però, mi aveva chiesto se sapessi chi era? Ovvio che la conoscevo.
«Lo... Riuscite a sentirlo?», chiese Meredith.
«Sento il suo profumo, ma è impossibile, sono ufficialmente pazzo.»
«Allora stiamo impazzendo tutti, lo sento anch'io», lo affiancò William.
«Si è messa in contatto con noi! Questo è meraviglioso!»
«Ho sentito la sua voce», avanzai, «mi ha chiamato, ne sono sicuro, questa volta non era mia immaginazione, ho davvero sentito la sua voce. Mi ha detto di aiutarla e mi ha chiesto se la conoscevo, ve lo giuro, non me lo sono inventato!»
«Devi andare immediatamente da lei, potrebbe essere seriamente in pericolo!»
«Non c'è tempo da perdere», disse Angel, poggiando una mano sulla mia fronte e pronunciando parole alle mie orecchie strambe ed incoerenti.
Un'ora dopo
Avevo perso i sensi, o almeno fu la prima cosa che pensai quando aprii gli occhi dopo chissà quanto tempo. Mi trovavo vicino ad un paese, era sicuro, ma non capivo esattamente dove.
Mi alzai con difficoltà e mi guardai attorno. Le palpebre tremavano e sembravano volersi chiudere.
Mi strofinai gli occhi e tappai le orecchie quando udii un caos infernale, non capivo esattamente da cosa provenisse, ma era assurdo.
«Damon», qualcuno mi chiamò. Ero nel futuro, sicuro come la morte, come poteva -dunque- qualcuno conoscere il mio nome?
Mi voltai verso la voce e vidi un uomo avanzare verso di me. Alle sue spalle vi era un altro uomo con accanto una... Non sapevo cosa esattamente fosse.
«Come conoscete il mio nome?», chiesi, squadrandolo dalla testa ai piedi. Com'era vestito? Era buffo, ma ciò che mi faceva accapponare la pelle era la sua estrema somiglianza con me.
«Aspettavo con ansia il tuo arrivo, dopo quello di Jane, ho iniziato a contare i giorni e come previsto -dopo esattamente tre mesi- sei arrivato. So qual è la tua missione, sei stato mandato nel futuro per riportarla indietro ed io farò quanto possibile per aiutarti.»
Al suo avanzare, feci un passo indietro. «Come fate a conoscere la mia missione e soprattutto me, non ci siamo mai incontrati e non mi risulta che Angel mi abbia accennato alla vostra presenza.»
«Non c'è da preoccuparsi, devi fidarti di me, infondo sono te.»
A quelle parole non vidi più nulla, se non intendo bianco.
Jane/Eva
Per tutta la giornata non avevo fatto altro che squadrare la camera che mi era stata data dalla cameriera. Era bella, ma mediocre, mancava quel tocco di classe che tanto amavo, ma era buffo pensare una cosa del genere; infondo soggiornavo nel castello dei Reali e il lusso sicuramente non mancava.
Dopo lo spiacevole episodio della sera precedente, ero stata costretta a fasciare il braccio. In seguito alla visione avuta, ero ritornata con i piedi per terra, ma più che atterrare normale, venni spiaccicata al suolo come una palla rimbalzante.
Avevo detto una bugia a Coraline, ma sapevo che non mi credeva; la mia bocca esprimeva bugie, il mio viso urlava la verità. Siccome la Regina si era offerta di aiutarmi, avevo deciso di parlarne con lei, ma non subito, prima avrei aspettato alcuni giorni per capire le loro mosse successive.
Qualcuno bussò alla mia porta ed entrò dopo nemmeno un secondo. «La Regina mi ha chiesto di dirle che l'attende in veranda.»
«Va bene, arrivo subito, protesti condurmi da lei, purtroppo non so dove sia la veranda.»
«Certamente», annuì, facendomi spazio per passare.
Mentre giungevo in veranda, mi accorsi che vi era un chiacchiericcio proveniente dalla camera accanto alla mia e mi chiesi che vi risiedesse, dato che quando ero arrivata, quella camera era vuota.
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