IV
Damon
Non ci riuscivo, non riuscivo a far niente che non fosse pensare a lei. I suoi genitori si erano appena ritirati dai funerali, io non ci ero andato, poco mi importava del loro popolo e di quello di William.
Luke era accanto a me e si stava versando del whisky, mentre rifletteva sulle condizioni del padre; purtroppo Ken non era stato un ottimo padrone di casa, non garantiva ospitalità e le sue condizioni fisiche non erano delle migliori; quel maledetto conosceva i suoi punti deboli e li aveva colpiti tutti.
«È migliorato?», chiesi inespressivo, gettando della legna nel camino. Non che avevo bisogno di calore, ma dovevo pur intrattenermi, o avrei distrutto l'intero castello.
«Sì, ieri ha aperto gli occhi, ma è subito crollato.»
«Vedrete che con un po' di riposo tornerà in sesto, sono sic-»
«Damon», il mio nome venne pronunciato da una voce flebile. Vidi una chioma scura e liscia passare lo sguardo da Luke a me e fare un passo indietro. «Scusate non volevo interrompervi.»
Indossava una veste nera, che le copriva interamente il corpo, ma nonostante ciò le sue forme saltavano sempre all'occhio e a Luke quello non scappò.
«Tranquilla, non avete interrotto nulla, volevate chiedermi qualcosa?»
«No, in realtà volevo informarvi su qualcosa che penso vi renderà sereno», dalla schiena estrasse una clessidra, la cui sabbia scorreva molto lentamente verso il basso. «Dopo i funerali zia Meredith mi ha portato nella sua camera e mi ha mostrato questa clessidra. Era un normale oggetto prima della nascita di Jane, dopo ciò lei stessa lanciò un incantesimo che collegò l'oggetto a Jane: fin quando lei sarà viva, la sabbia scenderà.»
Fissai l'oggetto e nel cuor mio mi sentii più sollevato. Sapevo che era viva, ma avere una prova concreta era un punto in più. Jane era viva, viva! Dovevo trovarla, il suo posto era qui... Per sempre. «Sapevo che fosse viva, è bloccata nel tempo, chissà dov'è finita la sua anima. Angel ho un piano, ma mi servirà il vostro aiuto, sono sicuro che a William non farà piacere.»
Chiuse la porta alle sue spalle e poggiò la clessidra sul tavolo, «in cosa consiste questo piano?»
«Il piano è diviso in due fasi, la prima è riuscire a capire più o meno in quale secolo è bloccata, la seconda fase è quella più critica: mi dovrete trasportare da un anno all'altro per riuscire a trovarla.»
Scosse il viso, «è impossibile, non conosco alcun incantesimo che permette ciò.»
«Io sì, lo usava la madre di Luke, ho il libro qui con me. Vi basterà trovare il secolo, collegare la mia anima ad un oggetto e lanciarmi da un anno all'altro.»
«Damon trattate un argomento estremamente delicato come se nulla fosse. Sigillarvi interamente in un oggetto richiede una gran fonte di magia, è troppo rischioso; se l'oggetto dovrebbe disintegrarsi nel passaggio degli anni, voi non sarete più in grado di tornare indietro.»
«È un rischio che voglio correre, ho detto che farò qualsiasi cosa pur di riportarla indietro ed intendo mantenere la parola data.»
Si stronfinò il braccio destro, segno che era nervosa. «Non posso, io... Mi dispiace, ma non voglio essere la colpevole della vostra morte. Siete mio fratello e nonostante tutto vi voglio bene.»
«Avete il mio consenso, non sarete responsabile della mia morte perché non succederà, vi scongiuro», mi avvicinai a lei e le presi delicatamente le mani, «so che è una pazzia, ma dobbiamo provarci o non andremo mai avanti.»
«Io...»
«Ti prego, Angel, ho bisogno di lei, devo dirle tutto quello che provo», la fissai negli occhi e la vidi tentennare.
«Va bene.»
Jane
«Devi fare assolutamente un bagno, puzzi di sudore da morire!», urlò isterica la donna.
«Non è colpa mia, il sole del futuro è troppo cocente per il mio corpo, mi sta squagliando viva. Come fate a vivere con questo caldo?», mi sventolai una mano sul viso. Era assurdo quanto facesse caldo, non ricordavo che l'estate fosse così soffocante.
«L'estate divora tutti, adesso basta fare storie, prima di andare dallo psicologo devi fare una doccia! Non vorrai ucciderlo con un'alzata di ascelle.»
«Non so cosa sia uno psicologo e non mi muoverò da qui fin quando non capirò come tornare a casa. Se magari mi spiegaste cos'è una doccia, potrei farla.»
Alzò gli occhi al cielo e si passò le mani sul viso. «Adesso basta, tra quaranta minuti ho il turno in ospedale, quindi muoviti!», mi afferrò con forza il braccio e mi trascinò in un'altra stanza priva di colore e con oggetti bianchi sparsi ovunque. Vidi una botte, ma era leggermente diversa.
Afferrò un lungo filo grigio, molto spesso e con un coso rotondo sul bordo, e me lo puntò contro. «Questa è la doccia. Spogliati, entra nel box, chiudi le vetrate, alza la manovella verso il centro e buttati l'acqua addosso!»
«Affascinante», esclamai, afferrando quella meraviglia. «Quindi voi non riscaldate l'acqua? Esce tutta da questa... Cosa?»
Annuì e rimase in silenzio. Iniziai a spogliarmi davanti a lei, infondo era una donna e non vi era nessuna vergogna da parte mia. Come da lei detto, entrai nel lungo tubo di vetro a forma quadrata e alzai... Quello che aveva detto ed indicato lei.
Acqua, potente acqua a grande velocità uscì per miracolo dal cosino che avevo in mano. Balzai all'indietro e allungai il braccio, allontanandolo dal mio corpo. Era... Era stupefacente!
Lei mi disse che non era pericoloso e che non sarei morta, invitandomi a metterlo sul corpo. Avvertivo il mio corpo rilassarsi, l'acqua calda usciva da lì e la velocità con cui arrivava mi pizzicava sulla pelle.
La donna, vedendomi ferma ed incantata, mi aiutò a lavare i capelli e il corpo, per poi invocare Dio per essersi bagnata tutta. Corse nella sua camera, mentre io indossavo l'ennesimo e corto vestito. Proprio li odiavo, mi scoprivano troppo le gambe e le braccia.
Il color grigio di questo mi piaceva particolarmente e la mini e soffice gonna si allargava leggermente dal busto in giù.
Tornò in bagno e mi spazzolò i capelli, facendomi una coda di cavallo alta, così l'aveva chiamata, ma non capivo; gli essere umani non avevano una coda, quella solo gli animali la possedevano. Mi disse che il sole mi avrebbe asciugato i capelli e quindi non c'era bisogno del phon, ma io proprio non capivo cosa fosse.
Infine mi fece indossare delle scarpe altrettanto carine che lei non indossava da tempo, le cosiddette bamboline... Ma non erano bambole!
Mi disse di restare accanto a lei per l'intero tragitto e non me lo feci ripetere. Il mondo esterno era pieno di pericoli, vedevo oggetti che camminavano da soli e quei strani carri che trasportavano le persone.
Purtroppo, e con dieci minuti di protesta da parte mia, salimmo su un carro che si mosse subito dopo. Restai per tutto il tempo immobile e di tanto in tanto mordicchiai il labbro inferiore.
«Ecco, al primo piano c'è lo studio dello psicologo. La seduta dura solo un'ora, nelle seguenti due starai insieme ad altre donne con il tuo stesso problema.»
«Quale problema? Anche loro vengono da un altro secolo?»
«No... Ma sono nella tua stessa condizione, adesso ti accompagno e poi vado via.»
Quella situazione non mi piaceva proprio e, anziché di pensare ad un modo per tornare a casa, mi ritrovai in una camera con un uomo e seduta su un divano. Seguivo ciò che la donna diceva solo perché prima di tornare a casa, dovevo capire chi ero.
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