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III

Non ci stavo capendo più nulla, sognavo o era realtà? Era sicuramente un incubo, certo come la morte.
Era impossibile che fossi nel futuro e che non avessi memoria della mia vita né del mio nome, eppure quando mi svegliai era nuovamente in quella maledetta stanza bianca.

La donna mi aveva portato del cibo, che avevo accettato senza obiezioni, e mi aveva spiegato che mi avevano dato una medicina per calmarmi, dopodiché mi aveva sottoposto alla tac.

In me non c'era nulla che non andava, il mio fisico si era ripreso dall'incidente e ancora mi chiedevo com'era possibile che fossi caduta dal cielo. Il 2019 era un secolo assurdo e rumoroso, udivo suoni ovunque e il baccano non aveva fine nemmeno la notte; infatti avevo avuto problemi a dormire per le due notti successive.
La considdetta tecnologia, come aveva detto la donna, aveva subito gravissimi cambiamenti in peggio e per piccoli aspetti in meglio: gli uomini parlavano agli oggetti e definivano me pazza perché dicevo di venire dal 1642, assurdo.

«Allora Eva, come ti senti?», entrò la solita donna con la colazione; avevo vietato ad ogni uomo di avvicinarsi, eccetto quel dottore che tanto odiavo. Se nel passato avevo un marito, o un promesso, sarebbe stato sicuramente fiero di me; anche perché odiavo avere troppa gente intorno.

Eva era il nome che mi era stato dato temporaneamente, fino a quando non avrei riacquistato la memoria. «Bene, come lo sono stata negli ultimi giorni.»

«Esatto, devo parlarti proprio di questo», mi avvicinò quella delizia che iniziai a mangiare. Purtroppo non ero riuscita a farmi rispettare nel linguaggio, brutta generazione la loro.
«Purtroppo non puoi rimanere qui, hai soggiornato in ospedale per quasi una settimana e la tua salute adesso è stabile.»

«Non potete scaricarmi in mezzo ad una via, non so chi sono, né chi è la mia famiglia. Devo capire come tornare indietro con il tempo, o meglio, come sono arrivata qui», bevvi il succo.

«Ancora con questa storia, Eva così non ci sei di aiuto, devi concentrarti e ricordare la realtà.»

«È quel che sto facendo, ma non riesco a ricordare nulla-»

«Non la realtà del 1642, ma questa attuale. Ragiona, è impossibile che tu venga da quell'epoca, come ci saresti arrivata qui, magicamente?»

«La magia non esiste», alzai gli occhi al cielo.

«Appunto, la magia non esiste ed è la tua mente che vuole farti credere questo, non hai lesioni fisicamente, ma mentalmente; il tuo cervello si è messo in modalità protettiva, capisci? Ti fa credere cose che non esistono e fugge da ciò che esiste.»

«Sono io che comando il mio cervello, non lui a me.»

Sospirò, «una volta uscita da qui, sarai nelle mani di uno psicologo, lei ti aiuterà.»

«Psicologo? Cos'è un altro oggetto rivoluzionario?»

«No, Eva, è una persona che ti aiuterà con la tua memoria. Nel frattempo soggiornerai a casa mia. Ho già parlato con i medici e siamo giunti alla conclusione, data la tua fobia per gli uomini, di portarti con me. Mi sono presa una bella responsabilità, ti prego non rendermi il compito più complicato di quello che già sia.»

«Dovrò abitare in casa vostra? Con la vostra famiglia?»

«Abito da sola, non ci sarà alcun problema. Questo pomeriggio ti porterò qualche mio abito, ti preparerai e verrai con me.»

«Abitate da sola? Senza protezione? È pericoloso, potrebbero... Non serve che io stia qui ad elencarvi gli innumerevoli pericoli che correte vivendo da sola, giusto? Nel 2019 voi donne potete abitare da sole, gli uomini dove sono? Proprio non vi capisco», osservai con disgusto ciò che indossava, «io non indosserò i pantaloni come un maschiaccio!»

«Preferisci i vestiti?»

«Avete vestiti decenti?», chiesi con occhi brillanti.

«Certo!»

Quattro ore dopo

«Questo lo chiamate vestito? Ci manca la stoffa! Il vostro sarto deve essere assolutamente licenziato!», dissi estrafatta, guardando con disgusto la veste che indossavo. Era lunga fino a metà gamba, le braccia erano scoperte e la stoffa mi ricadeva lungo i fianchi delicatamente, il colore rosa pallido mi piaceva.

«Sarto? L'ho comprato al centro commerciale, era in saldo», disse lei, chiudendo la borsa.

«Non vi capisco, comunque sia io non esco con indosso questo... Non posso nemmeno definirlo abito!»

«È il più lungo che possiedo, non fare i capricci.»

«Se un uomo dovesse guardarmi io-»

«Siamo nel 2019, le ragazze si vestono con abiti molto più corti di quello, gli uomini certamente non vengono a guardare te. Perché hai tanta paura che ti guardino? Sei una bella ragazza, forse hai... Hai avuto qualche brutta esperienza con un uomo, per questo sei terrorizzata?»

«Non ho avuto alcuna brutta esperienza, o almeno non che ricordi. Tengo alla mia reputazione, se vado in giro con questo abito, verrei scambiata come una donna di poco conto.»

«Una volta uscita da qui, capirai che ti sbagli.»

La seguii fuori dalla stanza e successivamente scendemmo le scale che ci condussero all'ultimo piano, dove vidi una marea di persone seduto, in piedi, che parlavano animatamente tra di loro.
Mi bloccai di botto e mi guardai attorno, circondandomi il busto con le braccia e cercando di esporre quanta meno pelle possibile, il che era impossibile.

«Sbrigati, casa mia è vicina, possiamo arrivarci a piedi», mi afferrò per un braccio e mi trascinò via. Che brutte maniere che avevano questi tizi.

Non appena mettemmo piede fuori dalla struttura, mi dovetti tappare le orecchie, tanto era il rumore che mi circondava. Chiusi gli occhi e li riaprii dopo pochi secondi, davanti a me vidi l'inverosimile.

«Ti senti male?», chiese preoccupata.

«Io... Io... Cosa sono quei cosi?», inorridita indicai un mostro altissimo situato proprio di fronte a noi.

«Sono i grattacieli, lì ci vivono delle persone... Tante persone.»

«Sono sicuri?»

«Certo, coraggio andiamo», mi afferrò la mano -non dissi nulla in contrario perché avevo troppa paura- e iniziammo a camminare.
Alzai il viso verso il cielo e notai l'assenza di volatili, il colorito di questo era molto chiaro e in parte vi erano delle striscioline bianche.

Dov'era il mio amato cielo azzurro?

Ci fermammo accanto a tante altre persone, tutte con lo sguardo puntato verso un... Cos'era quello coso rosso, arancione e verde?

«Cos'é?»

«Quello? Davvero non sai cosa sia? Accidenti... La situazione è molto, ma molto critica. È il semaforo, ci dice quando camminare per non essere investiti», mi spiegò dolcemente. Sembrava stesse parlando con una bambina, bhe... In parte lo sembravo, ma non potevo farci nulla, era tutto così nuovo ed estraneo.

«Investiti? Cioè vi fanno del male? Chi?»

«Se non stiamo attenti alle auto», iniziammo a camminare insieme a tutti gli altri e cercai di non toccare qualcuno.

Auto?
Un rumore assordante mi fece urlare ed aggrappare alla donna, mentre le persone che ci circondavano mi fissavano confusi. Accidenti, volevo restare nell'ombra. «Non spaventarti, è solo il clacson, vedi? Lo ha suonato lui», mi indicò una donna dentro ad un...

«Un carro con quattro ruote e fatto con il metallo delle spade?»

«Non è... È una macchina, trasporta anche lei persone, come la sedia della scorsa volta.»

«Perché le date del lei? Non è mica una persona.»

Alzò gli occhi al cielo e si fermò davanti ad un mostro chiamato grattacielo. «Siamo arrivati, io abito al dodicesimo piano.»

Cosa aveva appena detto?

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