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Capitolo 2 • Persuasione

SHAWN

È buffa la vita: pone sul tuo cammino persone davvero strane, ognuna fatta a modo proprio. Camila è una di queste, strana e probabilmente poco mattiniera, a giudicare dalla pigrizia con cui passa lo straccio sul bancone. Sbuffa per l'ennesima volta da quando la osservo, nei pressi dell'entrata del Me Gusta, la caffetteria e trattoria dove lavora. Quel ciuffo ribelle sulla tempia sinistra deve darle molto fastidio.

«Potrei avere un caffè macchiato?»

I suoi occhi scuri mi catturano non appena varco la soglia e si spalancano, terrorizzati. Sono sicuro che mi abbia riconosciuto.

«Suvvia, non sarà mica una richiesta impossibile...» continuo, pacato.

«Oh, ehm... Certo. S-subito.» balbetta, cercando di ricomporsi. «E... Sì, be', ecco... Come stai? Tutto bene? Tutto a posto? Come mai qui?» domanda a raffica, malgestendo il nervosismo.

Mi lascio sfuggire una risata che, suppongo, la metta ancor più in soggezione. Eppure, non riesco a trattenermi: adoro la sua spontaneità.

Prendo posto su uno degli sgabelli alti che costeggiano il bancone ligneo, di un dolce color caramello. Camila prepara il piattino da caffè e il cucchiaino per potermi servire.

«È tutto okay, non preoccuparti. Sono capitato da queste parti andando al lavoro e ho deciso di fare una piccola sosta, tutto qui.» spiego, cercando di placare la sua ansia. Riesco a percepirne le vibrazioni attraverso il bancone.

«Ah! E che lavoro fai, già?» si interessa, ancora un po' tesa.

Sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio e si volta per prepararmi il caffè, mentre il mio sguardo si perde fra le onde sinuose di cheratina che le accarezzano la schiena.

«Io? Strimpello la chitarra. Se sono di buon umore, mi capita anche di canticchiare.»

Lei si gira per guardarmi con attenzione, inquisitoria.

«"Strimpelli" e "canticchi" per vivere? Sicuro che basti? A meno che non ti facciano un bel contratto, è un po' rischiosa come scelta di vita, sai...»

«Non è un lavoro stabile, un giorno potresti essere sulla cresta dell'onda e quello dopo dimenticato da tutti, bla bla bla... Ho già tutto il discorso salvato nell'archivio.» liquido rapidamente le sue parole.

«Okay... Intanto, eccoti il caffè.» annuisce, scostandosi dal terreno di guerra.

Sorrido e la ringrazio.

Le sue attenzioni mi vengono sottratte da una coppia che vuole ordinare la colazione. Non riesco ad indovinare né l'età del ragazzo né quella della fidanzata, ma gli zaini abbandonati contro le gambe del tavolo mi fanno ipotizzare che siano ancora degli studenti. Al pensiero che io non devo più sostenere alcun esame, mi si alleggerisce la percezione della vita. Nessuna preoccupazione sulla mole di studio, nessuna ansia da prestazione, nessun compagno insopportabile con cui avere a che fare. Libertà.

Anche Camila ha terminato gli studi, ma non è voluta andare nello specifico sul percorso che ha seguito: perché? Cosa intendeva dire con "vacanza lontana da casa"? Se fosse davvero in vacanza, non starebbe lavorando in questo momento.

«Quindi... Ti ritroverò in pista stasera? Ho saputo che si festeggia sia di venerdì sia di sabato.» le chiedo ancora, costringendola a dedicarmi la sua attenzione.

Mi rivolge uno sguardo sorpreso.

«N-non credo. Ho un sacco di cose da fare... » esita.

«Tipo?»

«Tipo...»

Incrocia le braccia al petto, pensierosa. La divisa rosa cipria esalta ancor di più il colore scuro, intensamente contrastante, e la lunghezza dei suoi capelli, che arrivano fino alla vita. Certo, è piuttosto bassa di statura, ma si tratta ugualmente di una chioma notevole. Mi chiedo distrattamente se, in altezza, Cami arrivi a superare il metro e cinquanta centimetri.

«Laurearti ti sei laureata, lavorare stai lavorando adesso e avrai certamente finito entro stasera.» proseguo.

«Ho anche altri impegni nella vita, sai?» controbatte lei, infantile.

Alzo le sopracciglia, per nulla convinto che sia sincera.

«Impegni improrogabili?» domando, con una certa ironia.

«Molto.»

Colgo la palla al balzo e mi sporgo sul bancone.

«La soluzione è semplice: cancellali.» insisto.

«Perché dovrei?» replica, stizzita.

Accarezzo il suo viso con lo sguardo, affascinato. Gli occhi nero pantera, la carnagione caraibica, il labbro inferiore in lieve sporgenza rispetto a quello superiore, tinteggiato appena di rosa lucido. Tutto di lei mi incanta, anche la voce.

«Ne varrà la pena.» cerco di convincerla.

Leggo i suoi dubbi nelle iridi scure, nascoste poi dalle palpebre che si abbassano e rivestono le sue fattezze di aria meditabonda. Trovo sensuale il modo in cui le lunghe e folte ciglia le sfiorano le guance.

«Fidati di me.» aggiungo.

Alza lo sguardo, improvvisamente decisa.

«No. Non ci sarò. Mi dispiace, ma non posso.»

«Che cosa?»

«Concedermi questo lusso.»

Assottiglio lo sguardo. Perché è sempre così enigmatica? Il suo modo di fare mi manda fuori di testa.

Sbuffa.

«Ti prego... Non insistere. Lascia perdere.» mi esorta.

Le sue parole hanno l'incontrovertibile effetto di stimolare ancor di più la mia curiosità. Cosa si cela dietro tanto mistero? Perché si affanna tanto a tenermi a distanza? Il modo in cui mi guarda è totalmente in contrasto con ciò che dice: lo vedo che gradisce le mie attenzioni, che ne vorrebbe di più e che non è convinta delle sue parole.

Invece di ribattere, decido di stupirla e fare esattamente ciò che mi chiede.

«Va bene. Era un invito, ma sei libera di rifiutarlo. Il mio ego sopporterà la sconfitta con coraggio.» affermo.

Ed ecco, precisa e ben delineata, la ruga d'espressione fra le sopracciglia aggrottate. Non se l'aspettava.

«Ti lascio al tuo lavoro, allora. Buona giornata, Camila.» mi congedo.

Lascio sul bancone i soldi per il caffè, noncurante dell'eccesso di qualche monetina, e mi avvio verso la porta della caffetteria.

Sento la sua voce nel momento esatto in cui afferro la maniglia.

«Il resto! Non ti sei preso il resto!» esclama.

Rimango fermo dove sono e volto solamente il capo.

«Puoi tenerlo. Strimpellerò qualcosa di diverso stasera per compensare.» faccio un mezzo sorriso.

«Oh... Farina del tuo sacco?» domanda lei.

Lascio passare una signora che vuole entrare in caffetteria e tengo la porta aperta. Inizia a farsi sentire l'afa.

«Credevo che non t'importasse.»

«No, infatti è così. Cosa vuoi che mi importi... Però, chissà, magari sta nascendo una futura celebrità superfamosa e io non ne so niente. Non posso perdere questo privilegio, non pensi?»

«Penso soltanto che tu debba cancellare i tuoi impegni e presentarti stasera verso le undici.»

Camila sospira, gli occhi fissi nei miei.

Improvvisamente è come se la distanza dei pochi metri che ci separano non ci fosse. Mi sento come se fosse a portata di bacio.

E penso a come sarebbe baciarla... Se le sue labbra saprebbero di dolci e frutta come immagino io. Sono morbide come appaiono?

«Le undici?»

Annuisco, calando piano dalle mie fantasie per planare a terra.

«No, non ci sarò.» ripete, con metà della convinzione di prima.

«Va bene.» acconsento, come se mi avesse detto che invece verrà. Il tono di voce che ha usato, quasi sognante, non può che abbinarsi allo sguardo assorto per dare un'unica combinazione: quella dell'accettazione all'invito.

Predichino le tue corde vocali quel che più pare e piace loro, il cuore non ha orecchie per ascoltare e non sente ragioni.

__________

Sembra che a Shawn non sia ignota l'arte della conquista... Ma Cami cadrà in trappola?

Appuntamento al prossimo capitolo!

Besos 💖

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